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III. 1Origine di un percorso filosofico.

III.8 Una specificità rilevante.

Una prerogativa della filosofia delle capacità proposta da Martha Nussbaum, concerne il delinearsi di un approccio che pervade la vita umana nelle sue dimensioni più varie: dall’immaginazione alla capacità emotiva. Nella filosofia pratica elaborata da Martha Nussbaum, la capacità integra il diritto nella dimensione umana emotiva e desiderativa, coerente con un’analisi della dignità ed autonomia delle emozioni e dei desideri. Infatti il richiamo alle emozioni “rappresenta un fatto notevole nel diritto. […] esiste un ampio consenso sul fatto che le emozioni possono essere valutate non soltanto in termini di intensità, di sentimenti forti o deboli, ma anche in termini di maggiore o minore ragionevolezza, ossia più o meno in accordo con l’ipotetica norma giuridica dell’«uomo ragionevole»”291.

Le emozioni, sono parti umanamente significative della personalità di ognuno, sempre dotate di un elemento intenzionale e valutativo. A partire dalla riabilitazione cognitiva delle emozioni, Nussbaum rivendica l’autonoma dignità del desiderio e sostiene che le emozioni siano degne di rispetto in sé. Ciò non impedisce tuttavia alla filosofa di operare una critica alla visione dominante del desiderio che potrebbe deformare la condizione di libertà della scelta, fino a stravolgerne il senso come accade con il fenomeno delle preferenze adattive: una critica che nel caso delle donne coinvolge non solo le preferenze degli altri riguardanti le donne ma anche (e forse soprattutto) le preferenze delle donne riguardo a se stesse.

Nella vita delle donne, afferma Nussbaum, sovente la dimensione del desiderio è socialmente deformata, non solo perché esse sono di fatto costrette a desiderare ciò che è imposto da altri, ma anche perché la paura, la mancanza di aspettative, le condizioni economiche e sociali, le spingono a non riconoscere di fatto quelli che sarebbero i loro desideri più autentici, le privano persino della possibilità di immaginare e desiderare condizioni di vita diverse, obiettivi alternativi. Il desiderio deformato o adattivo impedisce l’emergere delle potenziali capacità combinate e dunque è lesivo in prima istanza per lo sviluppo pieno della persona.

L’esperienza del confronto con donne indiane, in particolare con Vasanti e Jayamma, protagoniste della riflessione proposta in Diventare persone, permette alla Nussbaum di sperimentare personalmente il dialogo empatico, che si rivela occasione effettivamente trasformativa per la concezione etica della filosofa e per una consapevole comprensione delle problematiche che hanno impegnato Martha Nussbaum durante la sua collaborazione presso la WIDER. Entrare in relazione con

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storie di vita profondamente differenti come quelle di donne vessate da esistenze vulnerabili di cui è causa una cultura tradizionale che le perseguita duramente,292 permette di elaborare un’idea di qualità della vita umana differente ma fondamentale per una comprensione più ampia della realtà, così da riconoscere un insieme di esperienze fondamentali che esprimono funzioni proprie degli esseri umani, costitutive della stessa natura umana. Martha Nussbaum intende dunque rintracciare all’interno della stessa storia di vita umana, quelle condizioni che la rendono buona e individuare eventuali zone d’ombra dove la dignità della vita appare prostrata o violata. Nel caso particolare delle donne, la riflessione si focalizza sulle capacità mancate o sugli orizzonti di vita che divengono inaccessibili. Partire dalla concreta esperienza personale, permette di riconoscere quegli abiti morali che attribuiscono valore alla nostra vita e, con l’attività immaginativa, riconoscerne la possibilità anche per la vita degli altri. In questo modo l’etica concepita dalla Nussbaum è intesa, come fa notare Bernard Williams, come una forma di abilitazione nel mondo

piuttosto che come una sua descrizione.293 La libera narrazione di storie vissute ed il carattere discrezionale della testimonianza, assumono un ruolo rilevante per la riflessione etica, dal momento che si tratta di un’esperienza intima e dolorosa che trascina con sé, anche nella rievocazione narrativa, emozioni e disagi che un dialogo carente sul piano della comunicazione umana ed empatica, ne comprometterebbe il buon esito. Susan Okin obietta che questo modo di affrontare le problematiche afferenti la vita delle donne, sia coerente con la scelta di un metodo narrativo che la Nussbaum assume anche come espediente per giustificare la lista di capacità fondamentali. Questo modo di procedere genererebbe, agli occhi di Okin, un’altra grave forzatura: quella di intellettualizzare e travisare arbitrariamente le testimonianze delle donne in favore dei tratti salienti che caratterizzano l’approccio delle capacità, distorcendone parole e pensieri.294 A questa pesante obiezione, la Nussbaum replica affermando che: “«narrative method» is a method of civic education. I use examples, here and elsewhere, to get the reader to image the problems, to see the human issues involved in what might otherwise read as bare statistics, and to show the connection between one problem and another the connection, for example, between getting a loan and escaping domestic violence”.295

292 M. C. Nussbaum, On Hearing Women’s Voices: a reply to Susan Okin, in “Philosophy & Public

Affairs”, 32, 2, 2004, p. 202.

293 B. Williams, L’etica e i limiti della filosofia, cit., pp.178-179.

294 M. C. Nussbaum, On Hearing Women’s Voices: a reply to Susan Okin, cit., p. 202 295Ibidem

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L’indagine critica condotta da Nussbaum fa emergere la presenza di problematiche correlate alla capacità narrativa e il rischio che l’acquisizione di una capacità non sia esattamente sufficiente per confutare in via definitiva abiti mentali radicati e diffusi in una cultura. “Even information about the role education plays in opening up political and employment opportunities for women may be insufficient to undermine the habit of thinking that education is for others, especially men”.296

In seno alla riflessione sulle preferenze indotte e adattive, non poche perplessità sono espresse dall’autrice in merito agli assetti familiari all’interno dei quali si celano dinamiche che alimentano la marginalità delle donne e le disuguaglianze di genere. L’autrice affronta poi alcune questioni tradizionali emblematiche per l’etica delle capacità, facendo riferimento ad esempio alla consuetudine della dote presente in molti paesi che le istituzioni dovrebbe regolamentare in quanto, afferma Nussbaum, nociva per la possibilità di dispiegamento delle capacità fondamentali dell’individuo. Il problema di indicare nello stato un ruolo attivo nella correzione della pratica, solleva molte problematiche circa la considerazione dei legami familiari e delle libertà individuali su cui altre teorie rilevanti non risultano tuttavia sostenibili, si pensi, a tal proposito, alla posizione rawsiana già espressa. La Nussbaum ritiene plausibile nei confronti delle dinamiche familiari critiche, anche la possibilità di sostenere una strategia interventista che ponga lo sguardo su forme di paternalismo giustificate dalla necessità di tutelare il benessere delle donne.297

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