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A Roma intanto sempre più spesso giungevano proteste ed esposti contro il coinvolgimento dei sacerdoti nelle questioni politiche. Errington ovviamente era in prima linea nel lamentarsi con i prelati romani coi quali, quando si trovava a Londra, si teneva in contatto principalmente tramite il benedettino Smith. A fine novembre, per esempio, si affrettò a render noto quanto era accaduto in occasione di un meeting a Navan, nella diocesi di Meath. Non solo si erano contati una trentina di sacerdoti sul palco, tra i quali vi era colui che presiedeva il meeting, ma il vescovo, mons. Nulty, aveva anche inviato in stazione una carrozza a prelevare Michael Davitt, che doveva prender la parola durante l’incontro. A Roma chiesero a mons. Nulty di render conto della propria condotta, e questi si giustificò sostenendo che la carrozza, peraltro vecchia e in disuso, era stata utilizzata semplicemente per accompagnare l’oratore alla Messa55

A dicembre Errington aveva poi scritto a Smith, che certamente non mancò di render nota la lettera a chi di dovere, in questi termini:

.

“La situazione del paese è molto seria; si rischia una ripresa delle agitazioni in una forma più

rivoluzionaria di prima e, a meno che il Governo non dimostri maggiore fermezza, le cose saranno peggiori del solito. La scorsa domenica la nuova agitazione è stata inaugurata da una serie di meetings a cui hanno partecipato, mi spiace dirlo, numerosi sacerdoti, alcuni dei quali hanno tenuto i discorsi più infiammanti”56

Non bisogna però dimenticare che anche il clero irlandese aveva modo di far sentire la propria voce, sia attraverso mons. Kirby che attraverso altri canali. Per esempio quei sacerdoti che avevano studiato presso la Pontificia Università Urbaniana erano soliti inviare a Propaganda

Fide delle relazioni riguardo all’attività da loro svolta negli anni successivi, e poteva accadere

che i sacerdoti irlandesi inserissero in esse alcune considerazioni sulla situazione politica. Ad esempio a fine luglio Mulloy, un sacerdote dell’arcidiocesi di Dublino, scrivendo in un italiano non del tutto corretto, aveva fatto riferimento alle tensioni agrarie con queste parole:

.

55

C. J. Woods, Ireland and Anglo-papal relations, cit. p. 43.

56

The state of the country is most serious; we are threatened with a renewal of the agitation in a more revolutionary form than before, and unless the government shows more firmness things will be worse than ever. Last Sunday the new agitation was inaugurated by a series of meetings, attended, I am sorry to say, by numerous priests, some of whom made the most inflammatory speeches. Lettera di Errington a Smith, 3 dicembre 1882, Smith Papers. Riportata da M. Tierney, Croke of Cashel, cit., p. 140.

“Fra i [sic] agricoltori e proprietarii della terra e uno permanente fissato odio che niente puo

cambiare – al meno nelle presenti circostanze. I proprietarii erano e sono crudeli ed ingiusti. Speriamo che Dio fara buono uscire da malo [sic]”57

Ad ogni modo il desiderio di compiacere gli inglesi era sempre molto forte in Leone XIII il quale oltretutto, interessato a contenere le spinte rivoluzionarie e ad appianare i conflitti sociali che attraversavano l’Europa, non poteva che guardare con preoccupazione alle profonde tensioni che stavano manifestandosi in Irlanda. Fu così che l’1 gennaio del 1883 il Pontefice indirizzò una nuova lettera all’episcopato irlandese, nella quale si trova scritto:

.

“La causa nazionale dev’essere tenuta distinta dalle mire, dai propositi, dalle azioni di

associazioni inique […] la Divina Provvidenza fa sì che i virtuosi godano i buoni frutti della loro pazienza e della loro virtù, mentre sottopone coloro che sono disposti al male a forti punizioni da parte di Dio e degli uomini”58

Se però Leone XIII continuava a fare del suo meglio per assecondare il Governo britannico, vi era d’altro canto mons. Croke, che pareva non perdere occasione per irritarlo. Pochi giorni dopo l’invio di tale lettera il deputato liberale (e quindi filo-governativo) William J. Johnson rassegnò le dimissioni, cosicché furono convocate le elezioni suppletive nella contea di Mallow. Ci si aspettava che il seggio fosse mantenuto dai liberali, e che il candidato appoggiato da Parnell, ovvero il direttore dell’United Ireland William O’Brien fosse sconfitto. Ma ecco che mons. Croke, peraltro nativo di quella contea, intervenne con tutta la sua influenza a favore di quest’ultimo, indirizzando una pubblica lettera al Freeman’s Journal, nella quale scriveva:

.

“Io devo esercitare il più vigorosamente possibile ogni legittima influenza di cui sia capace per

assicurare l’elezione in Parlamento del dotato, intrepido, patriottico e inflessibile direttore dell’United Ireland”59

Errington, che nel frattempo era rientrato a Roma, non mancò di portare a conoscenza di

Propaganda Fide questa nuova iniziativa dell’arcivescovo, protestando ovviamente per il suo

comportamento

.

60

57

Lettera di Mulloy a Simeoni, 31 luglio 1882, APF, SC Irlanda, vol. 39, ff. 578r-579r.

.

58

Iustam patriae caussam ab studiis, consiliis, operibus iniquarum consociationum esse seiungendam [...] ac divina providentia effici ut laetis patientiae et suarum virtutum fructibus boni fruantur; malos contra vanis laboribus perfunctos gravibus Dei atque hominum iudiciis subesse. Lettera di Leone XIII a MacCabe, 1 gennaio 1883, APF,

SC Irlanda, vol. 45, ff. 352v-354r.

59

I should most assiduously exercise every legitimate influence that I possessed to secure the triumphant return to parliament of the gifted, fearless, patriotic and uncompromising editor of United Ireland. Freeman’s Journal, 8 gennaio 1883. La lettera porta la data del 5 gennaio.

60

Mons. Croke si stava occupando in maniera sempre più evidente delle questioni politiche, sempre più spesso i giornali ne pubblicavano le lettere e i discorsi. Dopo che O’Brien vinse trionfalmente le elezioni, l’arcivescovo assistette dalla tribuna alla seduta parlamentare in cui il neo-eletto prese possesso del proprio posto a Westminster.

Anche a prescindere dalla volontà del Papa di far cosa gradita al Governo britannico, non vi è dubbio che il comportamento dell’arcivescovo fosse difficilmente conciliabile con il suo ministero. Non sorprende quindi che il 26 gennaio Errington abbia potuto informare Granville61

Fu il cardinale Simeoni, in quanto Prefetto di Propaganda Fide, a scrivere all’arcivescovo. Il cardinale lo rimproverò per i suoi interventi nella vita politica, in particolare per il gran numero di lettere che venivano pubblicate dai giornali e per il supporto che aveva garantito alla campagna elettorale di O’Brien. Quindi concluse chiedendogli di spiegare il perché della propria condotta, e ordinandogli di modificarla, altrimenti avrebbe costretto la Santa Sede ad intraprendere iniziative più concrete per assicurarsi che le proprie istruzioni fossero seguite

di aver ricevuto assicurazioni riguardo al fatto che sarebbe stata scritta a mons. Croke una lettera dai toni piuttosto accesi.

62 Mons. Croke, ricevuta la lettera, rispose affermando che O’Brien era un sostenitore dichiarato della Chiesa e della Santa Sede. Difendendo la propria condotta, sostenne poi di non aver mai scritto o dichiarato nulla che non godesse dell’approvazione del 99% dei Cattolici irlandesi. Ad ogni modo aggiunse che in futuro avrebbe evitato di scrivere alcunché riguardo agli affari politici.

.

Anche volendolo, mons. Croke avrebbe però faticato a mantenere quanto promesso al cardinale Simeoni. Prima di tutto era una delle figure più autorevoli della Chiesa d’Irlanda, un paese dove la connessione tra affari religiosi e sociali era molto stretta e che in quel momento era in pieno fermento politico-sociale. Secondariamente mons. Croke era fortemente legato al movimento nazionalista, all’interno del quale contava numerosi amici. Ecco dunque che poco tempo dopo, allorché furono convocate le elezioni suppletive a Tipperary, che si trovava nella propria diocesi, l’arcivescovo garantì il suo appoggio al candidato sostenuto da Parnell, che venne trionfalmente eletto63

Quel che fece venir meno la pazienza del cardinale Simeoni e dello stesso Leone XIII però fu probabilmente l’intervento di mons. Croke in relazione al Parnell Testimonial Fund. Parnell stava attraversando un periodo di difficoltà economiche che lo avevano portato financo ad

.

61

Lettera di Errington a Granville, 26 gennaio 1883, PRO, FO 800/237, n. 95 citata da Ibidem, p. 142.

62

Lettera di Simeoni a Croke, 9 febbraio 1883, CDA, Croke papers, citata da Ibidem.

63

ipotecare la tenuta di famiglia ad Avondale anche perché, a causa del proprio ruolo politico, era costretto a essere molto generoso coi propri affittuari. Fu così che i suoi seguaci aprirono una pubblica sottoscrizione per raccogliere fondi in suo favore. Inizialmente l’iniziativa non ebbe molto seguito, ma il 19 marzo il Freeman’s Journal pubblicò una lettera di mons. Croke64

L’intervento di mons. Croke fece registrare un veloce aumento delle sottoscrizioni, numerosi contributi vennero anche dai sacerdoti, e aderì pure circa un terzo dell’episcopato (inutile dire che il cardinale MacCabe non partecipò, è più interessante notare che non lo fece neppure mons. Moran). L’aumento delle sottoscrizioni fu particolarmente significativo nell’arcidiocesi di Cashel, dal momento che mons. Croke aveva incaricato i propri sacerdoti di raccogliere i fondi

. L’arcivescovo, che in occasione della festa di S. Patrizio aveva aderito alla sottoscrizione con la considerevole somma di 50£, scrisse che aiutare un uomo verso cui si aveva un debito di gratitudine era un dovere, e arrivò a sostenere che la lista dei sottoscrittori avrebbe dimostrato chi erano i veri nazionalisti.

65 Il 14 aprile il cardinale Simeoni scrisse a Croke

. 66

, comunicandogli che il Papa desiderava conferire con lui riguardo agli affari irlandesi, e pregandolo quindi di recarsi a Roma. Il 23 dunque l’arcivescovo partì alla volta di Roma, durante il viaggio fece però una breve sosta a Londra, probabilmente per consultarsi con il cardinale Manning67

Mons. Croke rimase a Roma solo pochi giorni, dei quali si sa piuttosto poco. Alloggiò presso il Collegio Irlandese, ma i seminaristi non ebbero quasi modo di vederlo

. 68

Egli s’incontrò dapprima con il cardinale Simeoni e con mons. Jacobini a Propaganda Fide. Errington, che saputo della convocazione di mons. Croke si era precipitato a Roma, scrisse a Granville

.

69

64

Freeman’s Journal, 19 marzo 1883.

che a Propaganda Fide l’arcivescovo aveva difeso il proprio operato e sostenuto di aver appoggiato il Parnell Testimonial Fund in quanto iniziativa caritatevole piuttosto che politica; inoltre aveva negato con decisione che la National League fosse implicata in attività sovversive. È questa l’unica testimonianza che si ha di tali incontri, probabilmente frutto della confidenza che legava Errington tanto al Prefetto quanto al segretario di Propaganda Fide.

65

C. J. Woods, Parnell and the Catholic Church, cit., pp. 16-17.

66

Lettera di Simeoni a Croke, 14 aprile 1883, CDA, Croke papers, citata da M. Tierney, Croke of Cashel, cit., pp. 146-147.

67

E. Larkin, The Roman Catholic Church and the Creation of the Modern Irish State, cit., p. 184.

68

Ibidem, p. 185.

69

Alcuni giorni dopo Errington scrisse nuovamente a Granville70 notando che a Roma mons. Croke era trattato con molta freddezza. Tierney Mark71

L’incontro tra il Papa e l’arcivescovo avvenne infine l’11 maggio. Si sa qualcosa su questo colloquio grazie a Michael Davitt

nella biografia dell’arcivescovo sottolinea anche che questi dovette attendere a lungo prima d’incontrare il Papa, ma in ciò non vede un segno di freddezza. Leone XIII aveva espresso il desiderio d’incontrare Croke, parrebbe strano che l’abbia fatto poi attendere per umiliarlo. Più probabile sembrerebbe che Leone XIII, uomo notoriamente meticoloso e preciso, prima di riceverlo abbia voluto prender piena coscienza della situazione irlandese, visionando tutto il materiale disponibile sull’argomento.

72

“Bene, Santo Padre, tutto quel che devo dire riguardo a tale paragone è questo: se Garibaldi

avesse avuto dalla sua il medesimo supporto da parte del clero e del popolo d’Italia che ho avuto io nella presa di posizione che ho assunto contro il landlordismo e l’ingiustizia inglese in Irlanda, non mi sorprenderà più trovare Vostra Santità prigioniera in Vaticano”

, che ne scrisse in base a quanto gli raccontò mons. Croke poco dopo essere rientrato in Irlanda. Stando a questa testimonianza Leone XIII avrebbe accolto l’arcivescovo di Cashel con molta freddezza. L’avrebbe interrogato riguardo all’appoggio che aveva assicurato al movimento di Parnell, oltre che su quanto era accaduto tra lui e MacCabe relativamente alla questione della Ladies’ Land League. Sempre secondo Davitt, allorché il Papa giunse ad accusare mons. Croke di comportarsi come una sorta di Garibaldi irlandese, mettendosi contro la legge e l’autorità, questi gli avrebbe risposto:

73

Mons. Croke avrà davvero pronunziato parole di questo genere? Domandarselo è più che legittimo, Davitt non era uno storico super partes, l’aneddoto può essere una sua invenzione, o

.

70

Lettera di Errington a Granville, 11 maggio 1883, Ibidem, n. 118, citata da Ibidem.

71

M. Tierney, Croke of Cashel, cit., p. 148.

72

M. Davitt, The Fall of Feudalism in Ireland, cit., pp. 400-401. William O’Brien, basandosi anch’egli su racconti di mons. Croke, descrisse un incontro tra il Papa e l’arcivescovo che ebbe luogo nel 1885. Questi però riferisce particolari simili a quelli che Davitt colloca nel 1883, di modo che è probabile faccia riferimento al medesimo incontro che, considerando il tenore del discorso, appare più probabile essersi tenuto quando sostiene Davitt. Considerando però che tra i due racconti vi sono comunque delle differenze, può essere che O’Brien abbia effettivamente scritto riferendosi al colloquio avvenuto nel 1885, collocando in tale contesto anche qualcosa che aveva udito raccontare dall’arcivescovo riguardo a quello del 1883. Vedi W. O’Brien, Evening Memories, cit., p. 52.

73

Well, Holy Father, all I need say, in that connection, is this: if Garibaldi had the same amount of support from the priests and people of Italy behind him that I have had in the stand I have taken against landlordism and English injustice in Ireland, it no longer surprises me to find your Holiness a prisoner in the Vatican. M. Davitt, The Fall of

Feudalism in Ireland, cit., p. 400. Stando a O’Brien invece l’arcivescovo non avrebbe fatto esplicitamente

riferimento alla Questione Romana, ma avrebbe parlato in maniera più generale della perdita d’influenza che la Chiesa stava subendo in Italia.

un’invenzione dello stesso Croke. Stando a Davitt il Papa avrebbe apprezzato la schiettezza dell’arcivescovo e l’incontro si sarebbe concluso in maniera relativamente cordiale. Probabilmente egli ha riportato questo aneddoto, vero o falso che fosse, per divulgare un messaggio ben preciso. La Chiesa irlandese, pur nel rispetto e nella comunione con la Santa Sede, non doveva piegarsi davanti ad essa né lasciarsi intimorire, ma piuttosto doveva esigere rispetto.

Non si può verificare se davvero l’arcivescovo di Cashel abbia detto al Papa qualcosa che potesse influirne l’agire, ma non vi è dubbio che nei giorni immediatamente successivi la cattolica Irlanda avrebbe scosso seriamente il Papa e Propaganda Fide, dimostrando loro di non esser disposta a seguirne le linee politiche, né a sacrificare le proprie aspirazioni nazionali a beneficio delle mire politico-diplomatiche di Leone XIII. Questo sarebbe accaduto in seguito all’infelice idea di far intervenire Propaganda Fide in merito al Parnell Testimonial Fund.

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