• Non ci sono risultati.

Leone XIII e il cardinale Rampolla erano consapevoli dei rischi che avrebbero potuto esser determinati da mosse avventate. La situazione era complessa, e assai diverse erano le letture che potevano esser date, come dimostravano le profonde differenze d’opinione che emergevano. Da un lato vi erano la stampa e i politici irlandesi, il cardinale Manning, l’episcopato e il clero irlandese, dall’altro il Governo e la stampa britannica10

Probabilmente fu la consapevolezza che, come già era successo, un intervento errato avrebbe rischiato di essere dannoso a spingere Leone XIII e il cardinale Rampolla ad optare per la scelta già consigliata al Papa nella petizione dei nobili britannici cattolici nel 1886, ovvero quella di inviare in Irlanda qualcuno che potesse rendersi conto della situazione e poi riferire.

, nonché i molti cattolici anglo-irlandesi che avevano scritto lettere di protesta.

L’uomo scelto per questa missione fu mons. Ignazio Persico, in quel momento vescovo di Equino, Pontecorvo e Sora. Nato a Napoli nel 1823, era entrato nell’ordine dei Cappuccini, e aveva trascorso diversi anni nelle missioni in India, ricoprendo anche incarichi di responsabilità, che lo avevano portato a confrontarsi spesso con le locali autorità britanniche e a compiere due viaggi a Londra. In seguito era stato inviato negli Stati Uniti, dove aveva ricoperto la carica di vescovo di Savannah (Georgia). Abbandonata la diocesi per ragioni di salute, aveva preso parte a

10

In particolare il Times tra marzo e giugno aveva pubblicato una serie di articoli dal titolo Parnellism and Crime. Fu nell’ambito di tale campagna stampa che venne divulgato il celebre facsimile della lettera, rivelatasi poi falsa, che Parnell avrebbe scritto all’indomani degli omicidi del Phoenix Park giustificando l’assassinio di Burke, lettera di cui mi occuperò successivamente.

commissioni istituite per investigare sulla situazione della Chiesa in Canada e in India, per poi tornare in Italia nel 1879 e divenire titolare della diocesi che ancora guidava nel 1887.

La scelta di questo prelato presentava diversi vantaggi. In quanto italiano, avrebbe potuto osservare e giudicare con maggior distacco ed obiettività, ma contemporaneamente egli era un profondo conoscitore della lingua inglese e della realtà britannica. Oltre ad aver già avuto modo di visitare l’Irlanda ai tempi del cardinale Cullen11

A mons. Persico fu deciso di affiancare come segretario

, nel corso della sua passata attività missionaria in paesi dell’Impero britannico o comunque anglofoni, doveva aver poi conosciuto molti irlandesi.

12

Mons. Persico fu dunque promosso arcivescovo

il sacerdote Enrico Gualdi, un funzionario di Propaganda Fide che aveva prestato servizio in Inghilterra presso l’arcidiocesi di Westminster, e che conosceva piuttosto bene la realtà anglo-irlandese.

13

Presso l’Archivio Segreto Vaticano vi sono due documenti contenenti istruzioni per mons. Persico. Nel primo

e ricevette il titolo di Commissario apostolico, titolo che sottintendeva la provvisorietà del suo ruolo, e che lo rendeva sì rappresentante del Papa, ma non gli dava mandato di trattare con le autorità politiche.

14

Il secondo documento

veniva chiarito che lo scopo della missione era investigare sulla situazione di modo che il Papa potesse intervenire in maniera pacificatrice, nell’interesse del popolo irlandese e anche del Governo britannico, che si stava dimostrando molto preoccupato. Veniva ricordato poi come differissero le opinioni sulla situazione, da una parte c’era chi descriveva gli irlandesi come ribelli, dall’altra chi sosteneva stessero resistendo ad un Governo oppressore tramite metodi legali. Si raccomandava infine all’arcivescovo di dimostrarsi imparziale, in modo da ispirare fiducia tanto all’episcopato quanto al Governo, e di evitare polemiche con la stampa.

15

11

È il Freeman’s Journal, 9 luglio 1887, a far cenno a questa passata visita di mons. Persico in Irlanda.

consisteva in una lettera di istruzioni al Commissario apostolico, nella quale gli si raccomandava di agire in concerto con l’episcopato, di render nota la volontà del Papa che il movimento nazionale si mantenesse nei limiti della legalità, di informarsi riguardo ai collegamenti dei nazionalisti con sette protestanti o feniane. Inoltre avrebbe dovuto verificare quale fosse il ruolo del clero nel Plan of Campaign, informarsi riguardo ai meetings dei vescovi e raccomandare che questi seguissero le istruzioni inviate dal Papa nella sua lettera del 1882.

12

Per l’esattezza, nei documenti pontifici Enrico Gualdi viene definito auditore di mons. Persico.

13

Nello specifico arcivescovo di Damietta, dal momento che è prassi assegnare a coloro che ricoprono la carica di vescovo o arcivescovo, senza essere effettivamente a capo di una diocesi (come appunto avviene per le figure prominenti della diplomazia pontificia), la titolarità di una diocesi che in realtà è stata soppressa.

14

ASV, Segreteria di Stato, Epoca Moderna, anno 1888, rubrica 278, fascicolo I, ff. 51r-52v.

15

Avrebbe poi dovuto informare i vescovi che Leone XIII intendeva avocare a sé le trattative col Governo relative all’istruzione, e quindi avrebbe dovuto interrogarli sulla questione affinché il Papa potesse esserne informato a dovere. Gli si raccomandava poi discrezione, evitando il più possibile meetings, dimostrazioni pubbliche, particolari contatti con i rappresentanti del Governo.

Anche se qualche voce aveva raggiunto l’Irlanda già nei giorni precedenti, l’episcopato irlandese fu informato ufficialmente dell’arrivo del Commissario apostolico tramite una lettera inviata al primate il 23 giugno16

È facile immaginare il disappunto di mons. Croke, il quale scrisse a Walsh in questi termini: . In essa era scritto che il Papa, spinto dal suo particolare amore per l’Irlanda, desiderava interessarsi personalmente ai suoi problemi religiosi, e così aveva deciso di inviare un proprio rappresentante che potesse aiutarlo ad orientare la sua azione nella maniera più conveniente.

“La fazione inglese è stata capace di far sorgere nella mente del Santo Padre tali dubbi

relativamente ai fatti d’Irlanda da indurlo ad inviare un delegato per verificare e riferire sul reale stato delle cose. Questo altro non è che un insulto all’episcopato irlandese”17

Lo stesso arcivescovo di Dublino comunque era tutt’altro che tranquillo. In una lettera inviata il 27 giugno a mons. Kirby trapelano chiaramente le sue preoccupazioni:

.

“L’annuncio della prevista missione in Irlanda ha naturalmente causato un grande fermento

nelle menti del nostro popolo […] Ritengo di dover escogitare un modo per dire una parola pacificatrice […] Tutti mi chiedono informazioni. Io devo rispondere di non saper nulla riguardo a quello che succederà. Allora mi dicono che evidentemente i vescovi irlandesi sono trattati male. Nessun’altra gerarchia al mondo sarebbe trattata così […] Possiamo solo pregare che tutto ciò non vada a finir male. Da parte mia ho i peggiori timori in merito”18

16

Lettera a McGettigan, 23 giugno 1887. Ne è conservata una copia in Ibidem, ff. 45r-46r; non è però specificato il nome del mittente.

.

17

The English faction has been able to raise such doubts about the facts in the mind of the Holy Father as to warrant, as, in fact, coerce him to send out a delegate to test and report on the real state of our case. This is nothing other of an insult to the Irish Episcopacy. Lettera di Croke a Walsh, 27 giugno 1887, DDA, Walsh papers, Ref. N. 402/6 403/1-3.

18

The announcement of the intended mission to Ireland has naturally caused much ferment of mind among our people […] I must, I think, try to devise some way of saying a pacifying word […] Everyone is asking me for information. I have to say I know nothing about what is being done. Then they say it is plain the Irish Bishops are being badly treated. No other hierarchy in the world would be treated so […] We must only pray, that all this may not turn out badly. For my part I have the gravest fears about it. Lettera di Walsh a Kirby, 27 giugno 1887, AICR,

Mentre Walsh scriveva a Kirby in tali termini, questi a sua volta gli inviava una lettera19

“Il S. Padre intende con questa missione di dare alla nazione irlandese e particolarmente ai

Vescovi una dimostrazione della sua simpatia e deferenza”

che avrebbe dovuto tranquillizzarlo almeno un poco. Il rettore era stato ricevuto dal cardinale Rampolla, che gli aveva mostrato copia delle già citate lettere di istruzioni inviate a mons. Persico. In esse vi era una frase che recitava:

20

Il Segretario di Stato aveva molto insistito sulle parole ‘simpatia’ e ‘deferenza’ come indicazione dello spirito che era alla base della missione.

.

Nel linguaggio vaticano le formule di cortesia sono molto frequenti, quindi non so quanto l’arcivescovo possa essere stato colpito da queste parole. Probabilmente gli risultò molto più gradita la lettera scrittagli il 25 giugno dal cardinale Manning21

È comunque improbabile che l’arcivescovo di Dublino sia stato del tutto tranquillizzato da queste rassicurazioni, ad ogni modo egli si sarebbe dimostrato cortese e disponibile, come d’altronde era suo dovere essere, col Commissario apostolico. Fece insomma ‘buon viso a cattivo gioco’.

, il quale lo informava di conoscere da lunga data il Commissario apostolico e il suo segretario, e di avere una buona opinione di entrambi. In particolare il cardinale sosteneva che mons. Persico fosse sensibile alle problematiche dei poveri, quindi suggeriva di portarlo a visitare le zone rurali più misere affinché potesse vedere coi propri occhi le sofferenze del popolo irlandese.

Intanto la missione causava polemiche prima ancora di cominciare. Dal momento che mons. Persico tardava a partire, in Inghilterra il Times22 pubblicò un articolo in cui si sosteneva che la missione fosse stata annullata a causa dell’opposizione di Manning e di Walsh, cosa che portò il cardinale a scrivere al quotidiano23

19

Lettera di Kirby a Walsh, 27 giugno 1887, riportata da P. J. Walsh, William J. Walsh, cit., pp. 279-280.

negando con decisione tale ricostruzione. Il giorno stesso in cui il giornale pubblicò la lettera di Manning, l’Ambasciatore italiano a Londra ebbe un colloquio con lord Salisbury, nel corso del quale gli chiese informazioni riguardo alla vicenda. Il Primo Ministro rispose di non aver ricevuto nessuna comunicazione ufficiale da parte della Santa Sede, ma che quella stessa mattina mons. Ruffo-Scilla gli aveva parlato della prevista missione, alla quale peraltro si era detto personalmente contrario, senza chiarire se fosse cosa decisa o

20

ASV, Segreteria di Stato, Epoca Moderna, anno 1888, rubrica 278, fascicolo I, f. 53r.

21

Lettera di Manning a Walsh, 25 giugno 1887, DDA, Walsh papers, Ref. N. 402/6 403/1-3, riportata anche da P. J. Walsh, William, J. Walsh, pp. 280-281.

22

Times, 27 giugno 1887.

23

meno. Interessanti furono le riflessioni che l’Ambasciatore fece pervenire a Crispi dopo il colloquio:

“Dalle parole di Sua Signoria mi sembrò trarre che essa non fosse animata da un vivo desiderio

che quel progetto fosse per realizzarsi. Sembrerebbe infatti, a prima vista, che dovrebbe riuscire vantaggioso all’Inghilterra che il Sommo Pontefice s’intromettesse per far intendere consigli di pace e di moderazione al clero irlandese, ma gravi sono le difficoltà che s’incontrerebbero per quella via. Dall’una parte quel clero è assai indipendente ed animato da passioni ardue a frenarsi, dimodochè esso minaccerebbe perfino di suscitare uno scisma se il supremo capo della religione fosse per opporsi apertamente ai loro procedimenti. Dall’altra, molti sono ancora in Inghilterra quelli che s’adombrano oltre ogni dire al solo udire che si tratta di stabilire relazioni colla Corte Pontificale di Roma […] In tali circostanze il governo di S. M. la Regina non si mostra assai disposto ad incoraggiare le tendenze che pure esisterebbero presso Sua Santità di stabilire relazioni dirette fra i due governi”24

È probabile che lord Salisbury, conversando con l’Ambasciatore, si sia dimostrato meno interessato alla missione di Persico di quanto fosse in realtà per evitare di suscitare irritazione da parte italiana. È da notare comunque che Corti riuscì ad individuare in poche parole gli aspetti essenziali del problema: da un lato il Governo non poteva non apprezzare l’ipotesi che la Santa Sede riducesse a più miti consigli la Chiesa irlandese, ma non era certo che un’iniziativa presa in tal senso sarebbe stata coronata dal successo, vista l’indipendenza e il nazionalismo di cui essa aveva già dato prova (anche se la prospettiva dello scisma appare esagerata). Salisbury deve aver inoltre valutato il rischio che, in cambio di un’iniziativa che comunque aveva esiti incerti, la Santa Sede avanzasse delle richieste relative allo scambio di relazioni diplomatiche, prospettiva che a molti nel Regno Unito risultava intollerabile.

.

Durante la missione di Persico non risulta che il Governo si sia interessato alla questione (fu piuttosto il Lord Lieutenant a compiere alcuni atti di cortesia nei confronti del Commissario apostolico), ed è molto probabile che le ragioni di questo comportamento siano state quelle addotte dall’Ambasciatore italiano.

24

Lettera di Corti a Crispi, 30 giugno 1887, MAE, Archivio Storico Diplomatico, Documenti diplomatici a stampa, Confidenziale, Serie VI Santa Sede 1887, N. 1104 p. 47

Outline

Documenti correlati