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Come ho già detto Persico, in procinto di partire da Dublino per il suo viaggio attraverso l’Irlanda, aveva fatto sapere al cardinale Rampolla che secondo Gualdi la missione non avrebbe dovuto protrarsi troppo a lungo, e che questi non riteneva fosse buona cosa soggiornare presso le dimore dei proprietari terrieri. Nei giorni successivi il Commissario apostolico fu sempre più contrariato dal comportamento del proprio segretario, al punto che il 26 agosto, mentre si trovava a Galway, prese la decisione di scrivere in proposito al cardinale Rampolla:

“Per molto tempo sono stato in dubio [sic] se scrivere a V. E. sul soggetto; e ciò per un

sentimento di estrema delicatezza, e anche nel timore di arrecare pregiudizio alla persona. Trattandosi però di cosa che riguarda la Chiesa, e in modo speciale la missione pontificia, mi fo coraggio […] Si tratta della persona del Signor D. Enrico Gualdi mio Uditore, e debbo manifestare con tutta schiettezza a V. E. che lo stesso mi ha dato dei dispiaceri col suo modo quasi indipendente e autorevole”72

Mons. Persico continuava enumerando i numerosi motivi per cui si doleva di colui che avrebbe dovuto essergli d’aiuto. Prima ancora di giungere in Irlanda egli aveva dimostrato di avere idee proprie e immodificabili riguardo alla missione; essendo minutante di Propaganda Fide e conoscendo diversi prelati irlandesi si era ritenuto autorizzato a conversare e trattare con loro scavalcandolo. Si dimostrava inoltre nettamente schierato al fianco dell’episcopato, senza voler ascoltare altre voci. Egli aveva poi ignorato ogni rimprovero fattogli dal suo superiore: all’indomani del loro arrivo a Dublino, ad esempio, aveva di propria iniziativa rilasciato ai giornalisti dichiarazioni inopportune, provocando le sue critiche, che lo avevano lasciato impassibile.

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Il Commissario apostolico era inoltre preoccupato da quanto Enrico Gualdi potesse dire in sua assenza ai vescovi:

72

“Durante la nostra dimora in Dublino, passava le ore con quell’Arcivescovo, e temo assai che

non serbasse le regole della discrezione, palesando cose a quel Prelato che sarebbe stato meglio di non palesare. Quell’Arcivescovo è un uomo eminentemente svelto, e si richiede un tatto finissimo nel trattare con lui; e son sicuro che il Gualdi non è l’uomo da tenerlo a bada. Posso dire lo stesso della maggior parte degli altri Vescovi, e perciò nelle relazioni con loro è necessario di esser estremamente cauti e prudenti”73

Aggiungendo che non avrebbe potuto servirsi del suo aiuto per stendere la relazione finale della propria missione, e che perdeva molto tempo a corrispondere con i propri amici italiani e inglesi, si lamentava pure della sua negligenza nel gestire la corrispondenza e della sua lentezza nello scrivere. Dicendosi anche preoccupato del fatto che utilizzasse la propria posizione a

Propaganda Fide per minimizzare l’importanza delle sue osservazioni sulla situazione irlandese,

mons. Persico giungeva a queste conclusioni:

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“Confesso a V. E. ch’egli, oltre di non essermi di alcuno ajuto, mi è d’imbarazzo e nulla più.

Non vorrebbe punto che si andasse da coloro che non sono nazionalisti o dai Signori, e ciò può far credere che noi siamo qui venuti per sentire i Vescovi soltanto. Né manco di rassegnare a V. E. il suo continuo desiderio di ritornare in Italia quanto più presto possibile, e mi presenta un uomo che stia su i carboni accesi. S’egli non amava di lasciare l’Italia sarebbe stato molto meglio di non accettare l’incarico. Ecco, E. Reverendissima, per summa capite la mia posizione sul Sig. Guladi”74

Mons. Persico concludeva poi la lettera sottolineando che comunque non vi era stata alcuna lite fra di loro, e chiedendo al Segretario di Stato di non prendere alcuna iniziativa che potesse metterlo nei guai.

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Rampolla rispose75

Contemporaneamente Gualdi ricevette una lettera da mons. Jacobini nella quale vi era scritto che, in ragione della sua cattiva salute, lo si autorizzava a tornare in Italia. Purtroppo per Persico il suo segretario si disse intenzionato a rimanere comunque con lui almeno fin che avesse terminato la visita alle diocesi irlandesi e steso la relazione. Scrivendo al cardinale Rampolla, Persico si rammaricava della situazione venutasi così a creare:

che Gualdi sarebbe stato richiamato al più presto, e suggerì di sostituirlo con un qualche ecclesiastico che si trovasse in quel momento in Irlanda, ma che non fosse né inglese né irlandese. 73 Ibidem. 74 Ibidem. 75

“Ora questa sua determinazione produce due gravi inconvenienti. Il primo è quello di una fretta

straordinaria onde terminare la visita delle Diocesi, e il secondo è il timore fondato che ho riguardo alla sua intimità con l’Arcivescovo di Dublino. In quanto alla fretta di terminare quanto più presto sia possibile la visita delle diocesi, mi sta facendo già grandi pressioni ed ha scritto a qualche persona in questo senso; ed io son sicuro che tale sua fretta mi produrrà confusione e imbarazzi, senza parlare della niuna assistenza che mi presta. Anche più seria è la mia apprensione circa i suoi sentimenti di amicizia verso l’Arcivescovo di Dublino, su di che temo indiscrezioni e comunicazioni allo stesso Prelato da parte sua”76

A questo punto era lo stesso Commissario apostolico a suggerire a Rampolla il modo in cui aiutarlo:

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“A prevenire tali inconvenienti sarei del subordinato parere che si richiamasse in Roma senza

perdita di tempo sotto il seguente pretesto. Che cioè avendo il Santo Padre saputo che si son ricevuti varii indirizzi del Clero e delle popolazioni, si ordina al Signor Gualdi di portare tali indirizzi a Roma onde presentarli al S. Padre e descrivere le ovazioni ricevute nelle diverse città”77

Ecco così che puntualmente, il 23 settembre, il cardinale Rampolla comunicò a mons. Persico il desiderio del Papa di visionare detti indirizzi, e chiedeva fosse lo stesso Gualdi a recarglieli. Se il Commissario apostolico tirò un sospiro di sollievo, esso fu di breve durata. Si può facilmente immaginare il suo stato d’animo, allorché il 29, trovandosi a Kilkenny, scriveva al Segretario di Stato:

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“Avendo fatto conoscere all’Abate Gualdi le disposizioni di Sua Santità […] non ha creduto di

mutare il programma già da lui annunziato, quello cioè di terminare la visita dei Vescovi e di trattenersi per una quindicina di giorni in Dublino […] E V. E. ben comprende che io non posso menomamente fargli pressione senza venire ad un’aperta rottura. Avendo sofferto per circa tre mesi non vorrei perdere il merito, e quindi desidero di sopportarlo fino all’ultimo. Certo di esser libero di ritornare in Italia vuole avere il vanto di terminare la visita dei Vescovi, e anche di restare qualche tempo in Dublino. Per ciò fare, mi ha premurato di abbreviare le visite, regolandole a mia insaputa per i due ultimi Vescovi che rimangono a visitarsi, e ha già fatto conoscere all’arcivescovo di Dublino il nostro vicino ritorno in Dublino. A questo proposito debbo pur dire ch’egli si corrisponde con quell’Arcivescovo […] essendo il detto Prelato sommamente astuto ha saputo guadagnare il Gualdi e se ne serve a suo talento”78

76

Lettera di Persico a Rampolla, 14 settembre 1887, Ibidem, ff. 13r-14v.

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77

Ibidem.

78

Mons. Persico terminava pregando il Segretario di Stato di far sapere a Gualdi che il Papa aveva premura di visionare gli indirizzi, e di chiedergli di rientrare senza indugio; ciò avvenne alcuni giorni dopo tramite un telegramma che indusse Gualdi ad abbandonare l’Irlanda il 10 di ottobre, quando già lui e mons. Persico erano rientrati a Dublino da un paio di giorni79

Mons. Persico non ebbe mai più occasione d’incontrare quello che era stato il suo segretario. Poco dopo essere rientrato a Roma infatti Gualdi si spense.

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Patrick J. Walsh80

Il dissidio fra i due prelati è materia che merita qualche riflessione, anche se la cosa non è facile dal momento che si conosce solo il punto di vista del Commissario apostolico, e non del suo segretario. È probabile che l’insoddisfazione di mons. Persico fosse imputabile essenzialmente a tre fattori. Innanzitutto la cattiva salute di Gualdi (che come ho detto non era lontano dalla morte) non deve averlo reso un aiutante particolarmente valido. Secondariamente questi aveva una visione del proprio ruolo diversa da quella che ne aveva il suo superiore. Mons. Persico avrebbe voluto avere in lui un esecutore, mentre Gualdi si riteneva un collaboratore, autorizzato anche a prendere iniziative autonome. Infine profonde erano le divergenze di vedute e le idee relative al rapporto da intrattenere con l’episcopato locale. Mons. Persico era molto più freddo e circospetto nei confronti dei vescovi irlandesi, ed era infastidito, forse anche a torto, dal rapporto di confidenza che Gualdi intrecciava con loro. Egli era preoccupato a causa della corrispondenza che Gualdi intratteneva con Walsh, ed in effetti negli archivi arcidiocesani di Dublino sono rimaste alcune lettere

sostenne che la partenza di Gualdi non giovò alla missione, in quanto circolarono voci secondo cui egli fosse stato richiamato a Roma per volere di Persico, e che l’umiliazione avesse contribuito alla sua morte. Da notare che questi, scrivendo prima che la corrispondenza di Persico conservata in Vaticano fosse consultabile, non poteva sapere quanto fossero vere le voci relative alla convocazione di Gualdi (ovviamente se e come questo abbia potuto accelerarne la morte non è possibile saperlo).

81

A dire il vero anche le dichiarazioni che Gualdi appena giunto a Dublino rilasciò alla stampa non erano poi particolarmente imprudenti, per quanto sia comprensibile l’irritazione di mons. Persico per non esserne stato avvertito. Gualdi, premesso di non potere ragguagliarli su tutti i particolari , ma non mi pare che vi fosse scritto qualcosa di particolare importanza, o che da esse l’arcivescovo di Dublino potesse venire a conoscenza di cose che avrebbero dovuto rimanere segrete.

79

Riguardo al ritorno di mons. Persico a Dublino, vedi Freeman’s Journal, 10 ottobre 1887.

80

P. J. Walsh, William J. Walsh, cit., p. 300.

81

relativi alla missione, si era limitato a dire ai giornalisti82

Wilfrid Scawen Blunt, che ebbe modo di incontrare i due prelati appena giunti a Dublino, scrisse di aver avuto l’impressione che Gualdi fosse più intelligente del suo superiore

che il Santo Padre voleva essere informato delle condizioni del paese, per potersi così adoperare in suo favore. Mons. Persico avrebbe quindi incontrato la Gerarchia Cattolica e chiunque altro avesse desiderato parlare con lui, e probabilmente avrebbero dovuto compiere un viaggio attraverso il paese, della cui durata non si poteva esser sicuri.

83

. Visto che l’esito della missione non fu soddisfacente, viene da chiedersi se Gualdi non avesse compreso la condizione dell’Irlanda meglio del Commissario apostolico. Io credo che semplicemente guardassero la questione da prospettive diverse, ma ambedue si rendessero conto della complessità della situazione, e di come sarebbe stato difficile intervenire positivamente. Il cattivo esito della missione, come si vedrà più avanti, non fu tanto da imputarsi a mons. Persico, quanto al cardinale Rampolla e a Leone XIII. Gualdi, tra le altre cose, avrebbe desiderato un soggiorno più breve e un atteggiamento più costruttivo con i vescovi. Probabilmente non aveva tutti i torti, ma non era questo il desiderio del cardinale Rampolla, che infatti avrebbe prolungato la missione al di là dei desideri dello stesso Persico, e avrebbe avuto con l’episcopato un atteggiamento assai meno costruttivo di quanto gli consigliò il Commissario apostolico.

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