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Ho già fatto riferimento alla lettera che nel febbraio del 1886 i vescovi irlandesi inviarono a Gladstone riguardo alla situazione del loro paese; ho pure accennato al fatto che, oltre che all’Home Rule, essi fecero pure riferimento alle altre problematiche che il Primo Ministro aveva sollevato nella sua lettera a lord de Vesci, ovvero la questione agraria e l’ordine sociale. Nelle prossime pagine si vedrà spesso la Chiesa Cattolica confrontarsi con la nuova ondata di agitazioni sociali, quindi è molto interessante considerare quale fosse la sua posizione espressa in questa occasione, quando il problema stava iniziando ad emergere:

“Riguardo all’accomodamento della questione agraria, non abbiamo alcuna esitazione

nell’affermare che, a nostro avviso, essa necessiti ormai di una soluzione definitiva, e che questa non potrebbe essere raggiunta meglio che attraverso determinate misure che certi giornalisti e politici inglesi hanno di recente suggerito – ovvero l’acquisizione da parte del Governo della posizione di Landlord, e il rinnovamento dei contratti d’affitto della terra agli agricoltori, a una cifra di molto inferiore agli attuali affitti giudiziari […] Ad ogni modo desideriamo chiarire nella maniera più netta che il popolo irlandese non mira alla confisca di ogni genere di proprietà, ma a un equo equilibrio fra uomo ed uomo, ovvero a quello che è stato giustamente descritto come diritto di vivere e prosperare nella propria terra nativa”29

I vescovi quindi consideravano profondamente scorretto il sistema agrario irlandese, e ne auspicavano una profonda riforma, pur cercando di non assumere posizioni che potessero esser considerate socialiste (in tal senso è da leggersi il chiarimento riguardo al fatto di non desiderare l’eliminazione della proprietà privata in quanto tale). Allorché si insediò il nuovo Governo, tutt’altro che amichevole, l’episcopato, pur rendendosi conto delle scarse possibilità di ottenere la riforma desiderata, continuò a seguire con crescente apprensione lo sviluppo della crisi, e spesso intervenne pubblicamente al riguardo. Come sempre mons. Croke era in prima linea nell’occuparsi di questo genere di questioni, ma ora aveva un importante alleato nell’arcivescovo di Dublino.

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29

As regards ‘the settlement of the land question’, we have no hesitation whatever in stating that, in our opinion, it now imperatively calls for a final solution, and that this cannot be better effected than by some such measure as that which certain English journalists and statesmen have recently advocated – that is, the purchase up by Governments and landlord interest in the soil, and the reletting of the latter to tenants farmers, at a figure very considerably below the present judicial rents […] We desire, however, to have it perfectly understood, that the Irish people do not aim at the confiscation of any species of property, but only ask for fair play as between man and man, or what has been well described as the right to ‘live and thrive’ in their native land. W. J. Walsh, Addresses by the Most Rev. Dr.

Una delle ragioni per cui a Londra era stata tanto osteggiata la nomina di Walsh ad arcivescovo era la sensibilità di cui aveva dato prova relativamente alle questioni sociali, sensibilità che avrebbe dimostrato anche in seguito. Già in marzo l’arcivescovo, scrivendo al cardinale Manning30

Nel Freeman’s Journal del dieci e del sedici agosto era stata pubblicata in due parti un’intervista rilasciata dall’arcivescovo, apparsa anche su alcuni giornali americani, relativa alle crescenti tensioni agrarie. Mons. Walsh confutava le tesi di chi affermava che gli affittuari irlandesi si rifiutassero di pagare per ragioni religiose (cioè per fare, in quanto cattolici, un dispetto ai proprietari protestanti) o perché influenzati da agitatori politici. Essi, invece, semplicemente non potevano più permettersi di pagare, non avendo ottenuto le medesime riduzioni ottenute dagli affittuari inglesi. Per risolvere la situazione, l’arcivescovo proponeva nuove riforme agrarie

, si era detto preoccupato del fatto che, se non fosse stata trovata una soluzione soddisfacente ai problemi agricoli, sarebbero stati gli affittuari a reagire, rifiutandosi in blocco di pagare il dovuto.

31 L’8 settembre i vescovi, al termine di un meeting a Maynooth, diedero il proprio assenso a una risoluzione che un po’ richiamava quella approvata in agosto dai seguaci di Parnell. Essi innanzitutto si congratulavano con Gladstone e lo elogiavano per gli sforzi da lui compiuti a favore dell’Irlanda, gioendo del fatto che molti, in Inghilterra e Scozia, avessero compreso il diritto dell’Irlanda ad avere una propria legislazione

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32

A questo punto però anche i vescovi passavano ad occuparsi delle questioni agrarie: .

“I vescovi ritengono loro dovere esternare la profonda ansietà che provano a causa delle

testimonianze di dure riscossioni di affitti praticate in numerose tenute in questi tempi di profonda e generale depressione e per gli sfratti di affittuari, molti dei quali sono al momento incapaci di pagare l’intero ammontare dei loro affitti. Tale situazione, se mantenuta in essere dai landlords, e in special modo se essi sono in ciò sostenuti dal Governo, non potrà che causare mali sociali della peggior specie; e i vescovi vorrebbero implorare umilmente e francamente i responsabili dell’ordine pubblico affinché adottino misure temporanee, in attesa di rimedi permanenti, per prevenire i crimini e i disordini di cui ricevono notizia”33

30

Lettera di Walsh a Manning, 26 marzo 1886, riportata da P. J. Walsh, William J. Walsh, cit., p. 214.

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31

Freeman’s Journal, 10 e 16 agosto 1886, riportato anche da P. J. Walsh, William J. Walsh, cit., pp. 217-221. Egli però sostiene che l’intervista sia stata pubblicata nei giorni 11 e 16, senza specificare a quale dei diversi giornali che la pubblicarono si riferiscano tali date.

32

Freeman’s Journal, 9 settembre 1886.

33

The Bishops consider they should be wanting in their duty were they to emit declaring the deep anxiety they feel in witnessing the harsh exaction of rents practiced on several estates in this season of deep and general depression and the evictions of tenants, many of whom are now unable to pay the entire amount of their rents. Such a course, if

Mentre la Chiesa in Irlanda si dimostrava vicina ai problemi del proprio gregge, in Inghilterra le cose erano differenti. Se il cardinale Manning aveva posizioni piuttosto simili a quelle di mons. Walsh, del quale aveva del resto patrocinato la nomina ad arcivescovo, numerosi erano i vescovi che non condividevano il suo punto di vista. Per quanto riguarda il laicato esso era in buona parte composto da fedeli di origine irlandese, che ovviamente guardavano con simpatia ai loro connazionali, ma ben diversa era la posizione dei Cattolici effettivamente inglesi, e tra questi vi era una figura di particolare importanza: Henry Fitzalan-Howard, duca di Norfolk. Sin dai tempi della Riforma protestante i duchi di Norfolk si erano mantenuti fedeli alla Chiesa Cattolica, riuscendo comunque a conservare una posizione autorevole, cosicché gli esponenti di tale famiglia godevano, all’interno del laicato cattolico inglese, di una notevole importanza. Henry Fitzalan-Howard, di simpatie conservatrici, si stava muovendo con sempre maggiore decisione per contrastare l’alleanza che si era creata in Irlanda tra la Chiesa ed i nazionalisti.

Allorché a fine febbraio il duca prese la parola a un meeting delle Primrose Dames, associazione femminile legata all’Irish Loyal and Patriotic Union, condannò nella maniera più dura la condotta politica del clero e dell’episcopato irlandese. Ciò allarmò mons. Walsh che scrisse al cardinale Manning lamentandosene34. L’arcivescovo di Westminster rispose35

Il duca comunque, a prescindere dal sostegno che poteva avere da parte dei Cattolici suoi connazionali, sembrava sempre più determinato ad agire, divenendo per il Governo di lord Salisbury quello che Errington era stato per il Governo di Gladstone. Purtroppo per gli irlandesi il duca di Nordolk era una personalità molto più autorevole! Egli spesso agì tramite un secondo personaggio (o forse fu questi ad agire per propria iniziativa, valendosi però della ‘protezione’ del duca): il capitano John Ross di Bladensburg, un piccolo proprietario della contea di Down convertito al Cattolicesimo. Di lui ho già fatto cenno ricordando come, all’indomani della nomina di MacCabe a cardinale, scrivendogli per congratularsi si fosse dispiaciuto che non avesse ricevuto anche la nomina a Delegato apostolico. Sentendosi sempre più insoddisfatto che il duca aveva poca esperienza per quanto concerneva la vita pubblica, e questo l’aveva portato a non misurare le parole. Il cardinale riteneva comunque che fosse quella la posizione dei fedeli inglesi, ma aggiungeva che essi erano in pochi, in quanto la Chiesa in Inghilterra era composta in massima parte da persone d’origine irlandese.

persevered in by landlords, especially if they are sustained therein by the Executive, cannot fail to produce social evils of the gravest character; and the Bishops would humbly and earnestly entreat those who are responsible for public order to adopt temporary measures, whilst awaiting permanent remedies, in order to prevent the outrages and disorders which they apprehend. Ibidem.

34

Lettera di Walsh a Manning, 23 febbraio 1886, riportata da J. Walsh, William J. Walsh, cit., p. 211.

35

delle posizioni politiche assunte dalla Chiesa del proprio paese, egli ormai guardava a Roma. Sia recandovisi di persona, sia tramite numerose lettere (a dire il vero si dimostrò piuttosto petulante) avrebbe cercato, con alterni risultati, di orientare la posizione della Santa Sede nel senso da lui desiderato.

Un altro alleato del duca di Norfolk fu lord Emily, già parlamentare e Postmaster General36

Macaulay

. Egli, come Ross, si era convertito al Cattolicesimo, e come lui disapprovava la simpatia che l’episcopato stava dimostrando nei confronti del movimento di Parnell e delle rivendicazioni sociali degli affittuari. Vi fu poi lord Denbigh, un nobiluomo cattolico che negli anni precedenti si era dimostrato un importante benefattore della Chiesa in Inghilterra e in Galles: era anch’egli una figura autorevole.

37

attribuisce principalmente a Ross e lord Emily l’iniziativa, presa con ogni probabilità nella seconda metà del 188638

“Esiste in Irlanda un’associazione, chiamata ‘Lega Nazionale’, la quale, per mezzo di rami

stabiliti quasi in ogni parrocchia, si ingerisce nei contratti privati, e sostituisce alle leggi del paese leggi proprie, imponendole per forza con gravi pene. Non senza sgomento e dolore abbiamo veduto che parecchi membri del Clero Irlandese si sono alleati alla ‘Lega Nazionale’, l’hanno difesa pubblicamente, rendendosi per cotal guisa, per quanto a noi sembra, più o meno partecipi nella reità delle sue pratiche. Crediamo che questa condotta di una parte del Clero Cattolico in Irlanda indebolisca il rispetto dovuto all’autorità sia ecclesiastica, sia civile nell’Impero Britannico, che ravvivi nei Protestanti quello spirito di ostilità contro la Chiesa Cattolica che pareva quasi estinto; e che a poco a poco metta a grave rischio la religione del popolo Irlandese […] Non chiediamo che la Santità Vostra agisca a tenore delle nostre informazioni […] umilmente domandiamo che la Santità Vostra si degni di investigare per

, d’inviare al Papa una petizione sottoscritta da alcuni nobili cattolici del Regno Unito, volta a denunciare le attività della National League e i rapporti che il clero e l’episcopato d’Irlanda intrattenevano con essa. Il Duca di Norfolk approvò l’iniziativa, e fu il primo firmatario della lettera, insieme ad altri quattro nobili inglesi e ad uno scozzese, mentre sei furono i nobiluomini irlandesi che la sottoscrissero. In tale lettera essi scrivevano:

36

Il Postmaster General era il ministro britannico alle poste.

37

A. Macaulay, The Holy See, British Policy and the Plan of Campaign, cit., pp. 33-34.

38

Macaulay sostiene che sia stata scritta nel settembre del 1886, ma che il giorno non sia segnato. Sulla lettera esaminata presso l’Archivio Segreto Vaticano non ho però trovato riferimento nemmeno al mese o all’anno in cui fu scritta, anche se gli argomenti trattati fanno intuire che ciò sia avvenuto fra la seconda metà del 1886 e la prima metà del 1887. Del resto Macaulay ha esaminato anche la corrispondenza del Duca di Norfolk, primo firmatario della lettera, e cita una lettera che Ross scrisse a questi mentre stavano lavorando alla petizione, nel luglio del 1886.

proprio conto la verità di quanto abbiamo esposto, deputando una persona di Sua confidenza, che sia imparziale ed abbia conoscenza della lingua inglese, a far ricerche in Irlanda sopra questo importantissimo affare, ed a riferire quanto prima alla Santità Vostra le conclusioni alle quali sarà per giungere”39

Questi nobiluomini insomma, dissentendo profondamente dalla condotta del clero irlandese e non fidandosi dell’atteggiamento dell’episcopato, chiedevano alla Santa Sede, che dopo la circolare contro il Parnell’s Testimonial Fund aveva dimostrato una certa prudenza nel trattare gli affari irlandesi, di intervenire direttamente. Suggerivano inoltre che il Papa inviasse in Irlanda un proprio rappresentante per prendere coscienza della situazione. La speranza era ovviamente che la Curia Romana scavalcasse l’episcopato irlandese.

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A Roma, come ho detto, prevaleva ancora la prudenza; presto però queste rimostranze avrebbero trovato orecchie pronte ad ascoltarle, prova ne sia che l’anno successivo sarebbe stata davvero presa la decisione di inviare in Irlanda un rappresentante del Papa.

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