Mons. Persico rientrò dunque a Dublino l’8 ottobre, e tutto lasciava credere che la sua missione fosse vicina alla fine. Doveva ancora visitare le ultime diocesi, incontrare alcune persone e partecipare alle solite manifestazioni84, ma si poteva ragionevolmente pensare che fosse questione di pochi giorni. Egli stesso ebbe modo di dichiarare che con la fine del suo viaggio attraverso l’Irlanda la missione poteva dirsi praticamente conclusa, anche se pensava di trattenersi a Dublino ancora qualche tempo85
82
Freeman’s Journal, 9 luglio 1887.
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83
W. S. Blunt, Land war in Ireland, cit., p. 272.
84
Il 20 ottobre si recò pure ad Arklow, dove c’erano stati degli sfratti. Da notare che in mattinata vi si recarono mons. Walsh, O’Brien, Dillon e un altro deputato, Corbert; il Commissario apostolico arrivò solo in serata, quando già gli illustri politici se n’erano andati. Freeman’s Journal, 21 ottobre 1887.
85
Scrivendo al cardinale Rampolla il 15 di ottobre86
Il Segretario di Stato però non condivideva l’opinione che la missione dovesse terminare, preferiva piuttosto che mons. Persico rimanesse in Irlanda a osservare lo sviluppo degli eventi, preferibilmente in maniera più discreta. Egli infatti, all’indomani del ritorno di mons. Persico a Dublino, gli aveva telegrafato di evitare nel limite del possibile le dimostrazioni pubbliche (cosa che aveva portato il Commissario apostolico a rispondergli
il Commissario apostolico sosteneva che la missione sarebbe terminata nel giro di una ventina di giorni, ma che ovviamente non avrebbe abbandonato l’Irlanda senza una sua istruzione in tal senso, della quale rimaneva in attesa.
87
“Quanto alla sua partenza per ora non posso scriverle nulla di preciso; credo opportuno che
Ella si trattenga costì ancora qualche tempo per sempre meglio conoscere lo stato delle cose irlandesi; ad ogni modo La preverrò per lettera quando sembrerà opportuno il suo ritorno”
di non aver mai fatto nulla per procurare tali dimostrazioni, che erano nate in maniera assolutamente spontanea). Certo è che in risposta alla prospettiva del proprio rientro a Roma ventilata da mons. Persico, il Segretario di Stato gli scrisse in questi termini:
88 In un certo senso il cardinale Rampolla non aveva torto nel desiderare che la visita continuasse. La situazione era molto tesa, e al Segretario di Stato continuare a monitorarla dovette apparire opportuno. Vi erano stati episodi di violenza e ai primi di settembre, a Mitchelstown, nel corso di scontri con la polizia erano morte due persone.
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D’altro canto il prolungarsi della presenza di mons. Persico in Irlanda avrebbe avuto effetti negativi, a lungo andare essa finì con l’essere considerata sempre più un segno della sfiducia del Papa nei confronti della Chiesa irlandese. Leggendo le successive lettere di mons. Persico si nota che questi era conscio di tale rischio, ma il cardinale Rampolla pareva non comprenderlo appieno, anche se la richiesta al Commissario di evitare le manifestazioni pubbliche può esser letta come un desiderio di rendere la presenza di questi meno ‘evidente’ all’opinione pubblica. Il 2 novembre mons. Persico, che nel frattempo si era recato a visitare anche la diocesi di Kildare e Leighlin e quella di Meath89, scrisse nuovamente a Rampolla90
86
Lettera di Persico a Rampolla, 15 ottobre 1887, ASV, Segreteria di Stato, Epoca Moderna, anno 1888, rubrica 278, fascicolo I, ff. 105r-106r.
. Egli era stato accolto con la consueta cordialità, ma segnalava al Segretario di Stato che la situazione irlandese era sempre
87
Lettera di Persico a Rampolla, 12 ottobre 1887, Ibidem, ff. 103r-104r.
88
Lettera di Rampolla a Persico, 24 ottobre 1887, copia della quale è conservata in Ibidem, f. 107r.
89
Riguardo alla visita alla diocesi di Kildare e Leighlin avvenuta il 23 ottobre, vedi Freeman’s Journal, 24 ottobre 1887; riguardo alla visita alla diocesi di Meath, avvenuta il 27 ottobre, vedi Ibidem, 28 ottobre 1887.
90
Lettera di Persico a Rampolla, 2 novembre 1887, ASV, Segreteria di Stato, anno 1888, rubrica 278, fascicolo I, f. 112rv.
più tesa, cosa della quale incolpava da un lato il Governo per il suo crescente rigore, e dall’altro quelli che lui chiamava agitatori politici. Concludeva dicendo che era ormai pronto a stendere una relazione sulla situazione dell’Irlanda, ma che ciò non gli era possibile trovandosi a Dublino, dove non gli si lasciava un momento libero dalla mattina alla sera91
Se in tal modo mons. Persico desiderava spingere il cardinale Rampolla a metter fine alla sua permanenza in Irlanda, dovette rimanere deluso. Il Segretario di Stato infatti gli rispose:
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“Riconoscendo […] che per preparare questo lavoro con quell’accuratezza che richiede
l’importanza della missione a Lei affidata, non può la S.V. continuare ad essere distratto dalle visite che Le procura il soggiorno in cotesta città, il Santo Padre, a cui ho riferito il contenuto del precitato di Lei foglio, si è degnato autorizzarla a ritirarsi momentaneamente in quel punto o paese d’Irlanda dove Ella creda di poter avere la tranquillità necessaria per preparare la detta relazione […] Quando poi avrà compiuto il suo lavoro, vorrà Ella rimettermelo senza indugio e prolungare la sua dimora in Irlanda fino a nuovi ordinii”92
Fu così che il Commissario apostolico si ritirò a Rochestown, presso Cork, nel convento che lì avevano i suoi confratelli Cappuccini, e iniziò a lavorare alla sua relazione, valendosi della collaborazione del padre provinciale, Paul Neary, con cui strinse amicizia. In una lettera a mons. Walsh
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93
, presumibilmente rispondendo a una sua domanda in tal senso, lo informò che gli sarebbe stato utile un suo memorandum sulla questione dell’educazione, ma non sulla questione agraria o sull’Home Rule.