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Mentre la posizione dell’episcopato irlandese rimaneva molto confusa, la Santa Sede iniziò a ricevere forti pressioni, riguardo alla situazione, da parte di un’altra fonte: il Governo britannico47

Il Ministro degli esteri di Gladstone era lord Granville, che a partire dalla propria nomina si impegnò a stringere relazioni più amichevoli con la Santa Sede, nella speranza che ciò la inducesse ad assumere una posizione dura contro il movimento di Parnell, rendendo in tal modo più difficile il suo ruolo in un paese cattolico quale l’Irlanda. Il ‘canale di comunicazione’ utilizzato all’inizio fu piuttosto complesso: non vi erano rapporti diplomatici ufficiali tra Regno Unito e Santa Sede, quindi in Vaticano non era accreditato nessun rappresentante britannico. In passato il Regno Unito aveva utilizzato, quando necessario, l’escamotage di tenere i rapporti con la Santa Sede attraverso rappresentanti diplomatici accreditati presso il Granducato di Toscana o il Regno di Napoli; ora però questi stati avevano cessato di esistere e, visti i cattivi rapporti tra il Papato e il Regno d’Italia, un diplomatico accreditato presso di esso non era nelle condizioni di essere ben accetto in Vaticano. Ciononostante, almeno all’inizio, fu proprio sir Augustus Paget, il rappresentante britannico presso il Regno d’Italia, a compiere i primi passi, non però direttamente ma utilizzando come tramite un cardinale inglese residente a Roma, Edward Henry Howard.

.

Fu attraverso questi che Forster, l’Irish Chief Secretary, inviò in Vaticano dei memoranda sulla condizione dell’Irlanda. Inoltrandoli specificò che non lo faceva chiedendo favori, ma poiché riteneva utile ad entrambi che la Santa Sede fosse a conoscenza di quanto stava accadendo. Un’altra persona che iniziò a muoversi presso la Santa Sede e il cui ruolo avrebbe assunto negli anni a venire una posizione piuttosto importante fu il deputato di Longford, George Erringtn. Egli faceva parte della minoranza dei proprietari terrieri cattolici, era stato eletto come Home

Ruler, ma era avverso a Parnell, cosicché finì con l’avvicinarsi al Partito liberale, in quel

momento al governo. Soggiornava spesso a Roma, e iniziò a contattare alcuni membri della Curia, non solo mosso dal desiderio di mettere in cattiva luce il movimento di Parnell, ma interessandosi anche ad altre problematiche che riguardavano la Chiesa Cattolica, come ad esempio il tentativo da parte del Regno d’Italia di confiscare i beni di Propaganda Fide. Lord Granville iniziò ad affidarsi sempre di più alle manovre di Errington che, nelle sue relazioni con la Curia Romana, ricevette spesso l’aiuto di un religioso irlandese, Bernard Smith. Vice rettore

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Per le relazioni tra il Governo britannico e la Santa Sede, tra il 1880 ed il 1885, relativamente alla questione irlandese vedi C. J. Woods, Ireland and Anglo-papal relations, cit.

del Collegio Irlandese, era questi un monaco benedettino, professore di teologia ed ebraico presso il collegio di Propaganda Fide, nonché rappresentante a Roma dei benedettini inglesi e australiani. Si trovava quindi nella posizione ideale per aiutare Errington a contattare le persone giuste all’interno della Curia Romana48

I passi compiuti presso la Santa Sede al fine di gettare discredito sul movimento di Parnell iniziarono a portar frutto alla fine del 1880, allorché in Vaticano si considerò per la prima volta l’idea di prendere posizione. Prima di compiere passi ufficiali si preferì però chiedere l’opinione di mons. MacCabe, di mons. Croke, e del cardinale Manning, il più importante ecclesiastico del Regno Unito, che vennero così interpellati.

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Croke rispose alla vigilia di Natale49

Ben diverso fu ovviamente il parere inviato da mons. MacCabe

, ponendo l’accento sul fatto che il popolo irlandese stava soffrendo una dura miseria, e che i sacerdoti più giovani e oltre la metà degli anziani sostenevano la Land League, i cui leader si limitavano ad esortare a non pagare affitti ingiusti.

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Il cardinale Manning tenne invece una linea più prudente, sostenendo che in effetti vi erano stati dei sacerdoti che avevano passato i limiti imposti dalla prudenza, ma che erano stati pochi; aggiungeva poi che comunque l’Inghilterra era da biasimare, vista la situazione intollerabile in cui si trovava l’Irlanda. Egli riteneva che essa avesse bisogno di significative riforme sociali, ma che queste sarebbero dovute venire dal Governo; era quindi difficile che la Santa Sede o l’episcopato dell’isola potessero prendere qualche utile iniziativa

. L’arcivescovo di Dublino accusava la Land League di essere colpevole di sovversione e intimidazione su larga scala, sosteneva inoltre che la condotta di parte del clero fosse causa di grande scandalo.

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Il 3 gennaio del 1881 Leone XIII scrisse all’arcivescovo di Dublino una lettera .

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In diverse opere si fa riferimento alle iniziative di Errington, ma l’opera più significativa in tal senso è probabilmente quella di C. J Woods, Ireland and Anglo-papal relations, cit.

riguardo alla situazione irlandese, lettera che venne presto pubblicata. In essa il Pontefice, prendendo spunto dalla pastorale scritta in ottobre da MacCabe, verso la quale mostrava apprezzamento, esortava i Cattolici ad agire con giustizia e moderazione. Esprimendo la propria fiducia nelle autorità civili,

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Lettera di Croke a Jacobini, 24 Dec. 1880, ASV, Segreteria di Stato, Epoca Moderna, anno 1880, rubrica 278, ff. 214r-218r.

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A. Macaulay, The Irish College, Rome and the land war, cit., pp. 194-195.

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Lettera di Manning a Simeoni, 7 Dec. 1880, APF, SC Irlanda, 40, ff. 813r-814v.

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Lettera di S. S. Leone XIII a MacCabe, 3 gennaio 1881, DDA, MacCabe Papers, Ref. N. 346/6/II. Bozze di questa sono conservate anche presso ASV, Segreteria di Stato, Epoca Moderna, anno 1883, rubrica 278, fascicolo 1, ff. 86r-89v; 96r-100r.

egli sosteneva che per il bene dell’Irlanda occorreva che i metodi di protesta utilizzati fossero di natura legale.

Mons. Croke, scrivendo alcuni giorni dopo a Kirby53

Se l’episcopato e il clero irlandesi erano divisi al loro interno, non parevano nemmeno disposti ad obbedire passivamente agli ordini di Roma, specialmente quando essi si scontravano con le loro opinioni. L’episcopato irlandese aveva una forte identità nazionale e godeva tradizionalmente di una certa autonomia. A Roma ebbero modo di accorgersene nei mesi successivi, quando i vescovi d’Irlanda abbandonarono per breve tempo le loro divergenze, opponendosi con forza all’ipotesi che la Santa Sede stabilisse relazioni diplomatiche col Regno Unito, per quanto fosse questo un progetto particolarmente caro a Leone XIII.

, non nascose di essere rimasto contrariato dalla lettera del Papa: egli, tra le altre cose, esortando gli irlandesi a mantenersi nei limiti della legge, pareva insinuare che i vescovi non avessero ammonito a fare altrettanto. Leone XIII inoltre mostrava di appoggiare la linea di MacCabe, mentre la sua pastorale di ottobre aveva ricevuto grande biasimo in Irlanda, ed esprimeva fiducia nel Governo guidato da Gladstone, uomo ostile alla Santa Sede.

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