Comunicare significa condividere significati attraverso lo scambio di informazioni. Il processo della comunicazione è dettato dalle tecnologie di comunicazione, le cui caratteristiche sono i mittenti e destinatari della comunicazione (Castells, 2010). Questi ultimi si caratterizzano per i propri codici culturali di riferimento e i “protocolli della comunicazione”. L’evoluzioni degli studi di comunicazione destinano il significato intendendolo nel contesto delle relazioni sociali in cui informazioni e comunicazioni sono elaborate (Schiller, 2007). La comunicazione tra le persone o “interpersonale” avviene a partire dalla portata del processo ed è da distinguere da quella a livello sociale. Nel caso della comunicazione interpersonale mittenti e destinatari sono soggetti della comunicazione. Nel caso della comunicazione sociale è diffusa alla società nel suo interno, definendo “comunicazione di massa”.
❖ La comunicazione interpersonale è interattiva e il messaggio è inviato one to one in una circolarità di feedback.
❖ La comunicazione di massa tradizionale è intesa come unidirezionale, il messaggio è inviato da uno a molti (per esempio nel caso di libri, stampa, radio, tv). Per quanto questa forma comunicativa può essere anche interattive come nel caso della lettera ai direttori o telefonando ai programmi tv.
La comunicazione mainstream, generalista e di massa, ha creato una iperrealtà (come la definisce Jean Baudrillard), educato a codici comunicativi, alle forme del messaggio e alfabetizzato le masse alla comunicazione mediata. La diffusione di Internet è emersa una nuova forma di comunicazione interattiva, con la possibilità di inviare messaggi molti a molti (many to many) che può avvenire in tempo reale o comunque in momenti stabiliti, potendo usare la comunicazione punto a punto (point to point) in narrowcasting o broadcasting a seconda della pratica comunicativa attuata. Castells definisce questa autocomunicazione di massa una “forma storicamente nuova di comunicazione” (2010, p. 60). Si parla di comunicazione di massa poiché ha la potenzialità di raggiungere un “pubblico globale” come ad esempio quando si scrive su Twitter o si posta video su Youtube o si inserisce nel post sul proprio blog un link Rss. Inoltre è autocomunicazione di massa in quanto si producono contenuti/messaggi autogenerati e autodiretti a destinatari più che altro pensata per potenziali destinatari. Ogni soggetto ha in Rete la possibilità di autoselezionare i messaggi. L’inedito risiede proprio nel fatto di poter digitare forme di comunicazione in “un ipertesto digitale composito e interattivo che include, mixa e ricombina nella loro diversità l’intero ventaglio delle espressioni culturali veicolate dall’interazione umana” (Castells, 2010, p. 60). Ma quella convergenza che si è presa a trattare nel paragrafo precedente, non riguarda solo pubblici e tecnologie ma anche la cultura. A tal proposito Henry Jenkins sostiene che “si produce nel cervello dei singoli consumatori e tramite la loro interazione sociale con gli altri” (2007, p. 3). Ma questa ulteriore convergenza è avvenuta non senza delle importanti trasformazioni nelle dimensioni del processo comunicativo. Ogni dimensione fa parte di un sistema e ogni
trasformazione riguarda e non può comprendersi senza le altre, una “rivoluzione della comunicazione” Mansell (2002) e McChesney (2007) o anche “punto di inflessione” (Cowhey, Aronson, 2009). Se da un lato si assiste ad una trasformazione tecnologica basata sulla digitalizzazione, sul software avanzato come sulla banda larga e sull’ubiquità della comunicazione locale/globale per le reti wireless; dall’altro i soggetti della comunicazione, mittenti e destinatari, divengono parte della “comunicazione organizzativa e istituzionale”, della comunicazione “socialitaria”. In tal caso la celebre frase di McLuhan “The medium is the message” è esemplificativa, mentre i destinatari sono il pubblico/consumatori dei media. Ulteriore importante dimensione diviene quella culturale nella trasformazione di una comunicazione multi stratificata. Nello sviluppo parallelamente di una cultura globale e di culture e identità multiple. Si assiste alla nascita dell’individualismo e comunalismo come modelli culturali opposti ma allo stesso tempo potenti nel mondo. Il web, realtà aumentata, come gli antesignani media colmano divisioni culturali come possono frammentare ulteriormente. Le grandi trasformazioni della comunicazione rappresentano “l’espressione delle relazioni sociali, relazioni solo in ultima analisi di potere, che stanno alla base dell’evoluzione del sistema di comunicazione multimodale” (Castells, 2010, p.62). Questo aspetto si rende evidente quando si parla di digital divide non solo come divario di accesso e conoscenze necessarie per l’uso della comunicazione digitale tra i soggetti ma anche tra i Paesi e all’interno di essi in rapporto “al potenziale di consumo e al livello delle infrastrutture di comunicazione”. Le disuguaglianze che nascono non solo per la disponibilità della banda larga ma anche divario nell’istruzione per muoversi in una cultura digitale, “riproducono e amplificano le strutture di classe, etnia, razza, età e genere del dominio sociale tra paesi ed entro i paesi” (Wilson, 2004; Galperin, Mariscal, 2007, Katz, 2008). In Internet sono stati esclusi gli strati meno abbienti della popolazione. Benché si immagina la Rete come libera, di fatto essa è nel sistema di comunicazione globale/locale limitata e sorvegliata dalle burocrazie governative, élite politiche come da apparati ideologico religiosi. Mentre la privacy scompare dietro a mutevoli cookies intendendo le strategie di raccolta dei dati personali. Attori sociali come cittadini singoli del mondo usano la capacità di comunicazione dei new media per portare avanti i propri progetti e difendere gli interessi, affermare i propri valori. Uno spazio di comunicazione ove affermare il diritto della libertà (Couldry, Curran, 2003; McChesney, 2007- 2008).
Il nuovo campo di comunicazione nel nostro tempo sta emergendo attraverso un processo di cambiamento multidimensionale, un processo che prende forma dai conflitti che sorgono dalla struttura contradditoria di interessi e valori che costituiscono la società (Castells, 2010, p. 63)
Così il medium ha subito un passaggio da sistema di comunicazione monodirezionale altamente centralizzato e basato su un network limitato a un sistema broadcasting basato su migliori possibilità di trasmissione. Seppur la televisione mantiene il primato di comunicatore di massa anche nel XXI secolo, pur essendo mutato nella frammentazione di canali molteplici, è riuscita con la sua educazione culturale sulla comunicazione mediata è riuscita a dare una
impronta di alfabetizzazione importante, così come tutti gli altri mezzi di comunicazione di massa, al narrowcasting di massa. Ma il world wide web è un mezzo più potente nella capacità di postare e scambiare documenti e allo stesso tempo ha trasformato la televisione anche nel modo di fruirla.
Il ruolo “democratizzante” delle nuove tecnologie, inoltre, seppur criticato da alcuni autori che antepongono uno scetticismo alle dimensioni globali e nazionali del fenomeno, incrementa l’opportunità di controllo dal basso dei processi decisionali, concreta sperimentazione di forme di e-democracy. Gli obiettivi dell’e-govemment (modernizzare e rendere più efficiente l’operato delle Pubbliche amministrazioni, migliorare la comunicazione e “personalizzare” i servizi alimentando la soddisfazione del cittadino in quanto “cliente”) si scontrano con quelli della e-democracy (promuovere la partecipazione dei cittadini accrescendone la capacità di incidere significativamente sulle decisioni politiche). Il problema non è solo l’ostilità della classe politica a lasciare spazio ai processi spontanei di autorganizzazione dal basso, ma anche la difficoltà di costruire adeguati livelli (sia sul piano qualitativo che quantitativo) di competenza dei cittadini. La cultura partecipativa va emergendo nel momento in cui la cultura assorbe e risponde alla esplosione delle nuove tecnologie mediali, che rendono possibile per i consumatori medi di archiviare, prendere nota, appropriarsi, e far circolare di nuovo i contenuti dei media in nuove modalità ancora più potenti. Concentrarci solo sull’accesso alle nuove tecnologie ci porta lontano, se non incoraggiamo allo stesso tempo le competenze e le conoscenze culturali necessarie per sviluppare questi strumenti per i nostri stessi obiettivi.
Così che se da un lato anche in Rete si sviluppa una comunicazione politica molto simile a quella tradizionale, che investe ancora una logica verticistica top- down, per cui pur attivando forum online per favorire un’ampia partecipazione al dibattito pubblico sui temi della vita cittadina, sono spesso frequentati da pochissime persone. Principalmente perché vengono in generale fissati limiti troppo rigidi in materia di agenda tematica, della lunghezza degli interventi, nella comune percezione dei soggetti di “pilotare dall’alto” il processo di partecipazione. Dal lato opposto gruppi di interesse auto-organizzati (sia quelli legati a movimenti, sia quelli che si aggregano attorno a obiettivi concreti e contingenti). La costruzione di una (nuova) sfera pubblica se da un lato sembra incontrare difficoltà .dall’altro agevolano la partecipazione dei pubblici. Così che i tentativi di “istituzionalizzazione” della e-democracy, quanto quelli di dare vita a esperienze di auto organizzazione del basso, possono generare sfere di opinione separate e minoritarie, escludendo la maggioranza dei cittadini non alfabetizzati. Per quanto la ricerca di consenso (nella logica top-down) tenta di prevalere, si è osservato che la strada seguita si dirige verso forme di democrazia deliberativa, in cui il dialogo governanti e governati si fa continuo e stringente (logica down-top). Mentre la tv resta il medium più utilizzato, nelle fasce giovanili il rapporto e più favorevole alla Rete. I soggetti cercano informazioni (da) o (si mettono in contatto) con coloro che condividono la loro scelta di campo, mentre sono meno interessati a confrontarsi con le opinioni differenti anche se allo stesso tempo, si è osservata una miriade di microsfere
di opinione concentrate su singol issue. Creazione/distribuzione di contenuti autoprodotti (video, commenti, podcast), capacità di tradurre l′attivismo online in attivismo sui territorio (propaganda porta a porta, organizzazione di meeting ed altri eventi) sono alla base delle attività. La Rete appare ormai terreno privilegiato, sia pure in una relazione di sinergia con i media tradizionali, della formazione/confronto di opinioni politiche. Inoltre, il mezzo conferma la propria vocazione ad agire come canale di mobilitazione e conferma identitaria, più che come luogo di dibattito fra idee e opinioni diverse oltre che favorire la frammentazione in nicchie (o effetto “coda lunga” (Anderson, 2007), delle correnti di opinione). La contrapposizione fra uso politico della rete come strumento di informazione “classico” (non molto dissimile dai media broadcast) da parte dei gruppi conservatori, e uso “militante” (integrazione fra mobilitazione online e attivismo sul territorio) da parte delle componenti progressiste è uno dei fattori essenziali che hanno contribuito alla vittoria del presidente americano Obama. Contrariamente al precursore Howard Dean, protagonista di una vivace campagna online nel 2004, Obama è riuscito a mantenere l′equilibrio fra apertura nei confronti delle aspirazioni di partecipazione dal basso dei militanti democratici e leadership sul programma, è riuscito a unificare e a galvanizzare il proprio elettorato (il successo è stato frutto del maggior numero di elettori democratici – soprattutto giovani e minoranze etniche che hanno deciso di iscriversi alle liste elettorali, più che dell’erosione dell’elettorato repubblicano). Soprattutto è riuscito a favorire l′aggregazione di uno strato di “opinion leader” online che hanno coordinato e governato la campagna dal basso. La cultura diviene fattore importante per la libertà delle persone. Solo la conoscenza e il sapere consentono agli individui di disporre delle competenze e degli strumenti necessari ad aprire nuovi campi di opportunità, libertà ed espressione. È la cultura che rende possibile una tensione verso l’espansione dei sistemi dotati di senso delle persone e delle comunità. Allo stesso tempo, la cultura definisce l’identità di una società e delle società, nelle loro dimensioni locali nazionali e globali, permette alle persone di stare insieme e di identificarsi come soggetto unitario e collettivo, pur nelle loro molteplici diversità. Pertanto rendere più accessibile la cultura, promuovere la conoscenza, offrire opportunità, spazi di dialogo e confronto per le persone e tra le persone, tra piccole grandi realtà organizzate, significa aumentare la libertà dei cittadini e delle loro comunità, dando un significato alla parola democrazia e allargando le occasioni di partecipazione. Una scelta rilevante soprattutto di fronte a una crisi sociale, prima ancora che economica, di dimensioni planetarie e con caratteristiche inedite nel recente passato. Una crisi che è anche culturale e di valori: è venuto, infatti, in discussione un modello di sviluppo che, dietro la pretesa di essere unico e scientificamente insostituibile, ha prodotto un gigantesco aumento delle disuguaglianze e della redistribuzione della ricchezza, con drammatiche conseguenze sociali e ambientali.
1.5 Immaginario e immagini: forme di autorappresentazione sui Social