3.10 Tra nuove culture e nuovi media: stili di consumo responsabile
3.10.1 Strategie e tattiche di consumo: sulla scena politica locale
Sulla piramide degli atti di consumo vi è il processo di scelta che presuppone e allo stesso tempo implica saperi, abilità, competenze, capacità autoriflessive, creatività e attitudini strategiche. Per la dialettica del consumo, le merci sono polisemiche, poiché in esse si sommano molteplici significati tra un valore d’uso e uno di scambio, ma anche per un valore aggiunto dato dalle attività comunicative, relazionali e affettive. Di fatti all’interpretazione delle intenzioni della produzione “legittima”, si contrappongono pratiche di decoding e sociali degli oggetti di consumo. Nei differenti processi produttivi del consumo, i consumatori maturano forme di consapevolezza che favoriscono le scelte ed i comportamenti rivolti ad usare il valore economico della produzione di senso come arma per capire e regolare i rapporti di mercato o per mettere in discussione gli equilibri politici. Anche in Italia, Paese di tarda industrializzazione e diffusione del consumismo e della pratica di questo in rapporto con l’etica, sono da ritenersi estese le diverse forme di consumo subpolitico. Il primo dei “processi produttivi” di consumo coincide in Italia con l’attività del guardare la televisione, che nel paese si è tinta di una valenza speciale nel 1992, dal momento in cui l’allora esclusivo proprietario dell’unico network televisivo commerciale, Silvio Berlusconi, scende nel campo della politica. Si dà vita nel 1993 a “Bo.Bi” (acronimo per Boicotta il Biscione, primo simbolo del partito di Berlusconi) nel cui sito si legge “smettiamo di comprare i giornali di Berlusconi e di fare la spesa nei suoi supermercati. Ritiriamo la pubblicità dalle sue riviste e dalle sue televisioni. Boicottiamo le sue reti tv”. Tanto che il 29 settembre dello stesso anno viene proclamata la “Giornata nazionale di boicottaggio contro il Biscione” con l’invito rivolto agli italiani di non mettere piede alla Standa, non comprare riviste Mondadori, non sintonizzarsi sui canali allora Fininvest. Il sito Bo.Bi scrive “Volevamo mostrare a Berlusconi che così come abbiamo contribuito alla sua ascesa comprando le sue merci, noi abbiamo anche il potere di fermare il suo complesso di onnipotenza”. La stessa sera le reti Fininvest registrano un calo di audience di due milioni e ottocentomila presenze.85 Un caso particolare di certo se si pensa che nel panorama italiano sussiste un’invasione dei partiti nello Stato86. Un’anomalia denunciata già negli anni Ottanta da Enrico Berlinguer, politico del tempo, che dichiarava “noi vogliamo che i partiti cessino di occupare lo Stato. I partiti debbono, come dice la nostra Costituzione, concorrere alla formazione della volontà politica della Nazione; e ciò possono farlo non occupando pezzi sempre più larghi di Stato, sempre più numerosi centri di potere in ogni campo, ma interpretando le grandi correnti di opinione, organizzando le aspirazioni del popolo, controllando democraticamente l'operato delle istituzioni”87.
85 Cfr. http://www.bobi2001.it
86 Max Weber distingueva due categorie: da una parte c’è chi vive per la politica ed è animato da una vera vocazione, dall’altra quelli che vivono della politica e che quindi la usano come fonte di guadagni, fino a divenire parassiti della società. “In Italia, purtroppo, la propensione a vivere della politica è più lunga che negli altri Paesi occidentali. L’eccessiva presenza dei partiti nella vita pubblica e gli estenuanti processi burocratici sono tra le cause principali del disagio dei cittadini, che si concretizza in un sempre maggior distacco dalle istituzioni”. Cfr. N. J. Smelser, 1995, Manuale di sociologia, il Mulino, Bologna.
87 Intervista a Enrico Berlinguer al quotidiano Repubblica in “I partiti macchine di potere e di clientela” (28 luglio 1981). “Dieci anni prima che nascesse tangentopoli, Enrico Berlinguer rilasciò questa intervista
Sottolineando l’esasperazione di una politica italiana che, da dopo De Gasperi e Togliatti, ha perduto le forme tese ad una politica di ricostruzione democratica88. Per giocare, ancora una volta, su interessi di mercato ma con l’ingerenza dei partiti politici nello stato nazionale89. I consumatori così contestando al soggetto politico di utilizzare il proprio potere economico e il possesso delle tv commerciali per orientare la politica italiana, hanno fatto appello al loro potere di spegnere. Tanto che il livello di consapevolezza, tra il guardare/non guardare la televisione legata agli incassi pubblicitari, è maturata durante il watching activity. I consumatori sono stati guidati da precedenti posizionamenti politici e da istanze unicamente ideologiche. Ciò perché l’Italia rappresenta un Paese in cui il potere mediatico si traduce senza mediazioni in organizzazione politica. Un potere a cui si è potuto assistere per i recenti referendum a cui i cittadini italiani sono stati chiamati al voto nel giugno 2011. Lì dove anche la tv di Stato, come quella commerciale Mediaset, hanno cercato di mascherare un’informazione rilevante per la popolazione italiana. In questo caso ancora una volta a pensarci è stata la rete virtuale, con i suoi tam tam rincorsi da quanti ritenevano importante la salvaguardia di un diritto imprescindibile, un bene comune, come l’acqua. Si è sbrigliata così una massa critica resa cosciente da programmi televisivi liberi da ogni personalistica inclinazione politica che hanno cercato di fornire il migliore dei servizi di informazione (come ad esempio Ballarò, Anno Zero, e altri). Si rincorrono le narrazioni tra siti, blog e social network di varia natura: il sito di Anno Zero, la pagina Facebook di Rai per una notte, Il fatto Quotidiano del giornalista Marco Travaglio, il sito del movimento Popolo Viola e altri, promotori d’informazione verso un’opinione pubblica ricevente, a sua volta promotrice nella forma di una massa critica, audience creativa (Castells, 2009). Infine cittadini attivi che, non deludendo le aspettative democratiche, hanno manifestato la propria opinione e riconquistato il proprio spazio democratico e, in continuità con la propria linea narrativa, hanno espresso la propria preferenza sui quattro punti del referendum, che oltre la privatizzazione e investimenti sull’acqua riguardavano, il nucleare e il legittimo
dicendo cose che, a distanza di 29 anni, fanno rabbrividire per quanto siano vere nel loro tragico radicarsi ed avverarsi”. L’intervista si apre con la riflessione di Berlinguer “I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela: scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società e della gente, idee, ideali, programmi pochi o vaghi, sentimenti e passione civile, zero. Gestiscono interessi, i più disparati, i più contraddittori, talvolta anche loschi, comunque senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti, oppure distorcendoli, senza perseguire il bene comune”. Cfr. http://www.forumdac.it/ricerca-articoli-per-categoria/1-politica-nazionale/167-eberlinguer-qi-partiti- macchine-dipotere. html
88 Si aggiunga che con la parola "democrazia" si intende quella forma di governo caratterizzata da un’attiva partecipazione del popolo alla vita politica di un Paese. Dal momento che, però, questa partecipazione non può essere continua (non ci può sempre essere una "democrazia diretta"), nei sistemi democratici di oggi è necessaria la mediazione di particolari organismi che rappresentano i cittadini e che possono orientare le loro attività e le loro scelte politiche: tali organismi sono i partiti politici, che costituiscono l’anello di congiunzione tra le istituzioni rappresentative (il Parlamento) e la volontà popolare.
89 Richard Sennett scrive “Nelle forme burocratiche di autorità i subordinati credono che le istituzioni assumeranno la responsabilità al posto loro” ed inoltre “la grande burocrazia può creare legami ma anche diventare una catena”. Si rifletta a tal proposito sulla “gabbia di acciaio” di Weber il quale aveva notato che le istituzioni dell’economia e della società civile, del suo tempo, imitavano quella che era la struttura sociale dell’esercito per garantire l’integrazione sociale e l’obbedienza all’autorità. “La gabbia d’acciaio era tanto una prigione quanto una casa”. Cfr. R. Sennett., 2006, La cultura del nuovo capitalismo, Il Mulino, Milano.
impedimento. Così che se anche per il sociologo italiano Boccia Artieri non si è assistito nella prima fase ad “una traduzione delle pratiche in forme di cittadinanza attiva se non come pura eccezione, come accidentalità nella gestione delle relazioni sociali attraverso, ad esempio, i social network”, la partecipazione, invece “è stata giocata solo sul versante dell’inclusione: stare in Rete voleva dire principalmente essere always on, continuamente disponibili alla comunicazione tout court”. Questo, continua il sociologo italiano dal suo blog, vale in particolare per i giovani, che incorporano la Rete nelle loro pratiche quotidiane come strumento di stabilizzazione delle relazioni sociali”, strada che ha battezzato una “cittadinanza culturale”90 e funzionando come “stabilizzatore delle aspettative sulla realtà”. Ricevendo come contro risposta una censura da parte dell’Agcom (l’Autorità garante per le Comunicazioni) che appellandosi alle violazioni sul copyright tenta l’oscuramento di siti italiani e stranieri. Arrogandosi il diritto di rimuovere contenuti da siti italiani o inibire l’accesso ai siti stranieri, in modo arbitrario e senza passare da un giudice. Il provvedimento, pensato per “contrastare la pirateria”, nel suo palesarsi come applicabile a breve, ha rischiato di portare alla “censura” di contenuti (per esempio video) che, pur violando il diritto d’autore, risultano ugualmente di pubblico interesse. Così si può leggere su molti siti, compreso quello ufficiale del periodico on line Il fatto Quotiano “un nuovo potere che si auto-assegna l’Agcom che ha chiaramente una valenza politica”91. In risposta a queste insostenibili decisioni il 5 luglio 2011, attori attivi sulla rete, si sono dati appuntamento a Roma alla Domus Talenti per manifestare alla “Notte della Rete”92. Un uso del tempo di ogni individuo di esprimersi in qualità di cittadino-consumatore, un uso del tempo che può anche essere importante per supportare delle istanza, come nel caso di alcuni digiuni televisivi concordati93. Un processo di decodifica e cooperazione interpretativa, deviante rispetto le intenzioni dell’emittente e scaturite in pratiche di decodifica aberrante94. Processi che per la guerriglia semiologica si trasformano in “tattica della decodifica” per cui non è il messaggio a mutare ma il destinatario lo rifiuta ideologicamente (Eco, 1967). Tanto che pur essendoci simmetria nei codici posseduti, il ricevente attiva fenomeni di distorsione che incidono in modo significativo nella decodifica
90 Cfr. http://www.mediamondo.com (Media mondo “le mutazioni che vedono intorno a me”), articolo del 21 giugno 2011 nel sito personale del sociologo G. Boccia Artieri, dal titolo “Niente sarà più come prima: la percezione sociale della Rete”.
91 In merito a questo si legge “secondo gli attivisti non è un caso che questo ultimo tentativo di mettere il bavaglio alla Rete arrivi dopo le amministrative e il referendum dove Internet ha dimostrato tutta la sua capacità di coinvolgere le persone su questioni che li riguardano direttamente e informare i cittadini ormai stufi del “minzo-giornalismo”. “Il potere ha paura di Internet (…) e in tutto il mondo stanno cercando di metterle un bavaglio come quello passato in Spagna o la proposta in discussione in Francia che è già stata apripista a riguardo. Sta ai cittadini difendere questo strumento cruciale per il futuro della democrazia. E, su questo, in Italia stiamo dimostrando tutta la nostra forza e la nostra caparbietà. Di sicuro, non ci fermeremo né ci fermeranno”. (Il Fatto Quotidiano, 2 luglio 2011).
92 Un no-stop che ha visto coinvolti giornalisti, esperti, netizen, associazioni, esponenti politici.
93 A tal proposito si ricorda la raccomandazione di Giovanni Paolo II, fatta in occasione della Quaresima nel 1996, di digiunare dai mezzi di comunicazione di massa “per destinare tempo alla riflessione ed alla preghiera, che per coltivare i rapporti umani”. Astensione riproposta per oltre dieci anni da un’associazione cattolica di Milano, raccogliendo nel tempo molte adesione sino a giungere a toccare nel 2004 anche un milione di adesioni.
segnando una frattura netta (ideologica, politica, sociale) fra l’emittente ed il ricevente. Ad incidere è la relazione tra potere mediatico e quello politico che porta alla ribalta la valenza economica della decodifica nelle logiche economico-produttive della televisione commerciale. Non un caso unico e isolato se si pensa ad esempio al provocatorio ma efficace articolo pubblicato da Repubblica il 20 aprile 2002 di Umberto Eco che invitava la “potente forza economica che non accetta il monopolio televisivo” a causa della pratica dello spoil system – in atto sulle reti pubbliche italiane per il secondo governo Berlusconi (2001-2005) – “quella metà degli italiani che non si sentono rappresentati dal nuovo sistema televisivo” a “penalizzare Mediaset rifiutandosi di comperare tutte le merci pubblicizzate su quelle reti”: Nella logica di una guerriglia, l’emerito semiologo italiano, suggerisce di “leggere i consigli per gli acquisti” che provenissero da emittenti concorrenti, incentivando tali acquisti. Nello stesso periodo il CoRe (Consumo Responsabile) rende pubblici i risultati di una ricerca sugli spot mandati in onda sulle reti Mediaset nella speranza che le aziende investitrici, rendendosi conto del potere economico di colui che è alla presidenza dell’esecutivo, boicottassero, dirigendo altrove le proprie spese pubblicitarie. Mettendo in discussione, come affermano Wolf e Wolton, l’uso “improprio” dei profitti e/o conflitti di interessi fra la guida della cosa pubblica e la possibilità di orientare il dibattito nello spazio pubblico mediatizzato (1994, 1991). Azioni comunicative attuate nell’intenzione di riappropriarsi della sfera pubblica, di “mettere in dubbio la naturalità dei rapporti di forza che sfruttano il sistema delle comunicazioni”. Rispetto queste azioni tattiche il culture jamming si riferisce a logiche specifiche della comunicazione con bersagli più ampi, riferiti al lavoro intellettuale socializzato. Un’azione che si inonda nelle tattiche del quotidiano: modi di fare che permettono al mondo di chi consuma di introdursi in quello di chi produce. “Operazioni quasi microbiche che proliferano all’interno delle strutture tecnocratiche e ne spostano il funzionamento con una miriade di ‘tattiche’ articolate sui particolari del quotidiano […] lotte o giochi fra il forte e il debole e delle azioni che rimangono possibili a quest’ultimo. La tattica è determinata dall’assenza di potere e dalla strategia” (de Certeau, 2001). I processi produttivi immateriali assegnano ai consumatori terreni di gioco su cui potersi mantenere autonomi stando “in casa”. Un “acquisto intellettualizzato” di life politics quando i soggetti attuano “una politica dell’autorealizzazione in un ambiente regolato riflessivamente” (Giddens, 1991), esercitando la propria autonomia su decisioni e scelte che modellano la loro vita, fondandosi su “imperativi di giustizia, uguaglianza, partecipazione”. Costituendo una “politica di emancipazione” (emancipatory politics) caratteristica della modernità, preoccupandosi delle diverse life politics individuali e di partecipazione a progetti comuni. Al fine di condizionare governance e politica.
CAPITOLO QUARTO
Se non sono io per me, chi sarà per me? Se non così, come? E se non ora, quando?
(Primo Levi, Canzone di Gedal – “Se non ora, quando?”)