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Ispirandosi alle categorie di ribalta e retroscena di Erwin Goffman, Joshua Meyrowitz analizza l’influenza del medium televisivo sui processi di personalizzazione e spettacolarizzazione della politica (Meyrowitz, 1993): la vita privata del leader esce dal retroscena per finire “risucchiata” dalla ribalta, trasformandosi progressivamente in fattore strategico tanto ai fini del successo di una campagna elettorale quanto nella determinazione degli esiti di una carriera politica. I media elettronici svolgono di fatto un ruolo importante nel depotenziamento del valore della sfera pubblica (il processo di “privatizzazione” della sfera pubblica è imputabile a una pluralità di fattori, dalla crisi delle tradizionali identità di classe all’estensione delle dinamiche di mercato alla sfera delle relazioni pubbliche), per la drammatica perdita di “aura” che la professione

24 Si pensi ad esempio alle lotte di visibilità dei movimenti come quello femminista o per la difesa dei diritti civili. Una lotta per la visibilità delle proprie richieste per conquistare un riconoscimento, trasformandosi un appello da estendere anche agli altri lontani.

politica subisce a mano a mano che i suoi “segreti” finiscono sotto i riflettori dei media (Crouch, 2003). Da quando la televisione, poi, ha assunto una posizione centrale nell’ecosistema dei media già dagli anni Cinquanta, si era ipotizzata un’apertura educativa dei confini della sfera pubblico/politica. Ipotesi supportata da casi concreti come le campagne elettorali durante le quali si è assistito ad una esposizione al mezzo, che producevano effetti importanti anche sulle stesse informazioni che il pubblico poteva ricevere sulle proprie issues e l’agenda politica (Blimler, McQuail, 1968). Ma il crescere del potere comunicativo della tv come mezzo mainstream per eccellenza “ubiquo e apparentemente invulnerabile”, e dell’uso di questo, “non è stato più possibile, nelle democrazie elettive, tenere separata la politica, intesa come gioco di potere, persuasione, mobilitazione a supporto di scelte politiche e di singoli uomini politici, dallo sguardo mediatico della televisione” (Gurevitch, Coleman, Blumler, 2009, p. 165). Questo momento segna il sodalizio tra politica e televisione “diventano istituzioni complementari, che si trovano in uno stato di mutua dipendenza” e quasi perfetta divisione dei compiti “la politica produce materiale grezzo e la televisione si occupa di impacchettarlo, operando così una sottile riscrittura, per consegnarlo al cliente” (ibidem). La tv guadagna un posto centrale sulla scena politica, applicando alla politica la sua capacità di costruire storie che fanno perno sulla personalizzazione e spettacolarizzazione “contribuendo allo spostamento di attenzione nell’opinione pubblica dai temi rilevanti del discorso politico alle persone: ai leader di partito e di governo, impegnati nel grande gioco elettorale, alimentato dai sondaggi e dalla strumentale fluidità dell’agenda politica” (Cioni, Marinelli, 2010). Rendendo la politica “Pop” (Van Zoonen, 2005; Mazzoleni, Sfardini, 2009). Permettendo “la messa in scena della democrazia” (Diamanti, 2009). I “cittadini” diventano “pubblico” (audience televisiva). Un passaggio che Manin chiama dalla “democrazia dei partiti” alla “democrazia del pubblico” (1995) che produce una “opinione pubblica mediata”, una opinione “post habermasiana, in cui la sfera pubblica (dialogica), prima quasi intangibile dal potere e dallo stato, si ritrova invasa, colonizzata e trasformata in mera posta in gioco, dell’interrotta competizione elettorale (Grossi, 2009). L’unidirezionalità della tv è funzionale ad escludere qualsiasi retroazione del cittadino-elettore-spettatore oltre partecipazione come atto elettorale. Guardando la televisione le persone “possono creare ed effettivamente creano la propria cultura, anche se all’interno di condizioni che non dipendono direttamente da loro” (Fiske, 1987, p. 53). Sono questi gli audience studies che devono prendere coscienza che “nel campo degli studi sulla televisione al giorno di oggi a nessuno verrebbe in mente di desumere la natura dei comportamenti di risposta dell’audience dalla sola conoscenza dei contenuti mediali, o discutere su un collegamento diretto tra i significati che in teoria sono iscritti nel teso e i loro effetti sull’audience” (Livingstone, 2007, p.29-30). Inoltre le “audience diffuse” (Van Zoonen, 2004) trova sbocco nelle “culture partecipative” (Cioni, Marinelli, 2007) rafforzandosi nel contesto dei media convergence per cui si riscontra una discontinuità tra esperienza televisiva e piattaforme interattive (Jenkins, 2007). Le mutazioni che muovono nell’ecosistema mediale fanno emergere accanto ai media broadcast una forma nuova di “comunicazione socializzata”. Castells (2007, 2010) la definisce nei termini di mass-self-communication. Una comunicazione più

potente perché può raggiungere una audience globale, un contenuto autogenerato (self-directed nell’emissione) e auto selezionato (self selected rispetto alla ricezione) in una comunicazione di “molti che comunicano con molti”. Castells sottolinea come le caratteristiche interattive del network non determinano contenuti e effetti dei messaggi; massimizzano semplicemente il potenziale di diversificazione degli stessi, rendendo relativamente autonome le fonti da cui originano i flussi di comunicazione che vengono costruiti e modificati in tempo reale. Muta l’equilibrio tra i media tradizionali che operano come gatekeepers nei flussi di informazione, mentre oggi, come notato anche da Williams e Delli Carpini nel 2004 nell’analisi di diffusione dello scandalo Clinton- Lewinsky, in cui apparì chiaro come i confini tra news, entartaiment e il flusso delle notizie su differenti canali comunicativi aumenta i media rispetto alla stessa agenda politica, così che il pubblico è in grado di farsi un’idea in merito al mondo della politica (Williams, Delli Carpini, 2004). Nel 2008, i dati sull’informazione politica di Pew Internet & American Life Project (per la campagna presidenziale americana) segnano il passaggio dall’ecosistema dei media mainstream (perquanto la televisione rimane la fonte principale di informazione, 72% della popolazione) la comunicazione politica su Internet cresce del 23%, raggiungendo più di un terzo dei cittadini. Il 52% poi di utenti di social networks (14%della popolazione adulta) ha usato questi strumenti per un uso politico, cercando magari di scoprire il candidato votato dagli amici, pubblicare un contenuto politico, dichiarare il proprio voto, ottenere informazioni sul candidato, fondare o iscriversi ad un gruppo o causa politica, diventare amico di uno dei candidati. L’accesso all’arena virtuale è multicanale, per cui i soggetti che usano i social media per informarsi, linkare contenuti/informativi, condividere opinioni e commenti su issues, usa social networks, blog, siti (Kushin, Yamamoto, 2009). L’accesso alle tecnologie di rete apre la strada anche ad una “mobilitazione” o anche solo un “rafforzamento” delle forme di partecipazione politica (Norris, 1999b). Così che queste tecnologie bidirezionali non solo trovano modo di dare espressione nuove al rapporto con la politica e principalmente i politici, ma rappresentano anche una risorsa importante nella mobilitazione di individui sino a questo momento disinteressate (o deluse dalle) forme tradizionali di partecipazione politica. A volte acuendo un divario già esistente tra giovani e politica, piuttosto che ridurlo (Livingstone et. al., 2007). Mutamenti dunque non solo nelle norme e prassi della comunicazione politica, ma di un “networked publics” (boyd, 2008) capace di appropriarsi, produrre, editare e condividere messaggi di tipo politico. Che diviene ora “vulnerabile”. La comunicazione politica tende per tanto a valorizzare la cultura partecipativa che trova espressione nei social media raggiungendo direttamente i networked publics attraverso le differenti possibilità che la rete offre. Una “disintermediazione” che se inizialmente ha prodotto siti web di partiti, politici e candidati (Bentivegna, 2006; Drukman, Kifer, Parkin, 2007), esprimendo ancora una direzionalità logica di tipo top-down (dall’alto), con riferimento a strategie di marketing politico attraverso anche messaggi ad alto valore simbolico, cercando di attivare coinvolgimento e impegno dei pubblici, si è via via trasformata in un’attivazione diffusa di singoli soggetti, sia localmente che globalmente, per dare visibilità a singole issues, superando quelli ostacoli organizzativi soliti principalmente nella fase di costituzione di nuovi

raggruppamenti o promozione di eventi. Riuscendo anche ad attrarre e canalizzare l’attenzione dei media tradizionali. Fondamentale per far sentire la propria voce all’opinione pubblica. Attivando un processo di diffusione di tipo orizzontale, procedendo attraverso un’appropriazione individuale di temi singoli e/o obiettivi condivisi all’interno di quelle che vengono riconosciute come reti interpersonali, tecnologicamente mediate. Un coinvolgimento da un valore spesso così forte che le “immagini-simbolo” della mobilitazione vengono usate nei profili Facebook. Forme di mass self communication divengono un’importante medium per lo sviluppo di movimenti sociali come per l’espressione di autonomie propositive di singoli individui. “I movimenti sociali”, evidenzia Castells (2010), non sono originati dalla tecnologia; essi si servono della tecnologia”. Attraverso lo sviluppo di una tecnologia self-communication che è rappresentazione/prodotto di una cultura capace di enfatizzare “l’autonomia individuale e la self communication del progetto dell’attore sociale”. Una net Generation capace probabilmente di una pressione sociale che induce a ragionare nei termini di una “democrazia 2.0” in cui i cittadini si sentono fatalmente coinvolti attraverso i media interattivi, cercando/contribuendo a trovare soluzioni innovative ai problemi sociali (Tapscot, 2009). Pur tuttavia alcuni pensano ai social networks sites come strumenti di una partecipazione politica “impoverita” o “zona franca da censurare” con espressioni superficiali, irriflesse e violente. Mentre la comunicazione politica sta cercando di imparare a decodificare e utilizzare i codici del nuovo e convergente ecosistema mediale, esso ha assunto un ruolo rilevante nella costruzione delle idee politiche e della partecipazione da parte dei cittadini. I social network sites sono usati anche per la promozione di eventi sul territorio e globalmente.

1.4 La cultura dei pubblici: dall’alfabetizzazione attraverso il

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