«La violenza, la minaccia di ricorrervi, i discorsi disciplinari, la minaccia di mettere in atto la disciplina, l’istituzionalizzazione delle relazioni di potere come dominio riproducibile e il processo di legittimazione […] interagiscono nel processo di produzione e riproduzione delle relazioni di potere nelle pratiche sociali e nelle forme organizzative»
(Manuel Castells, pp. 4-5) La comunicazione sulla Rete si attiva attraverso la condivisione di significati. Attraverso la mente gli individui creano le immagini, idee, modelli di configurazione delle reti. Interazione con il corpo e il suo ambiente. La mente diviene un processo di immagini provenienti ambi valentemente dal corpo e quelle provenienti da sonde sensoriali che catturano le alterazioni dell’ambiente. Ogni individuo costruisce la realtà in base ad eventi reali, che il cervello rielabora come interni o esterni in base alla propria mappa concettuale in modo inconscio. Un insieme di corrispondenze manipolate dalla mente. La costruzione del tempo e dello spazio costituisce la costruzione della realtà. Una manipolazione delle immagini. La coscienza emerge come interagente con la realtà delle immagini, un’integrazione che maggiormente è espressa e maggiore è la capacità della mente di risolvere problemi. La coscienza si integra nei processi di integrazione delle emozioni, sentimenti e ragionamenti che portano alla formazione di decisioni. Le emozioni sono percepite come sentimenti, così che le immagini nel cervello sono stimolate da oggetti e eventi. Il cervello riesce a connettere le mappe ad eventi esterni, deve avere luogo un processo comunicativo. La mente umana si attiva attraverso delle mappe celebrali e l’accesso ad esse avviene attraverso il linguaggio che è connesso da metafore46. Queste ultime permettono di costruire le narrazioni. Il linguaggio
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Floyd Hunter, dopo gli studi su una città americana, è giunto alla conclusione che la principale fonte di potere è la ricchezza economica. Nota come la vita politica di una città sia determinata dagli interessi degli imprenditori. Per Hunter le decisioni importanti per una città sono prese da chi detiene la ricchezza economica. Tali decisioni non sono formalizzate all'interno di un palazzo politico ma sono il risultato di riunioni di "alto livello" in clubs privati o in abitazioni private. Un altro importante neoelitista. Charles Wright Mills ha sottolineato che vi è una forte concordanza di interessi tra le organizzazioni economiche, politiche e militari. Secondo Mills, questa convergenza di interessi fa sì che il potere politico sia solo formalmente ed apparentemente democratico, mentre in realtà esso è rigidamente oligarchico. Per Mills vi è una sola classe dirigente, composta da imprenditori, politici e militari; tale classe dirigente prende liberamente le proprie decisioni senza essere sottoposta ad un effettivo controllo popolare. Il dominio di questa élite, sulla società, è totale. Un altro potere è il potere coercitivo del linguaggio. Si pensi al fatto che non è possibile parlare una lingua senza accettare la terminologia, le regole sintattico grammaticali, il
non è solo quello verbale ma può essere anche non-verbale, come è ad esempio il linguaggio del corpo, come una costruzione di immagini e suoni mediata tecnologicamente. Le metafore costituiscono gran parte della comunicazione. Le esperienze emozionali possono, poi, agire sul processo decisionale, spingendo il soggetto a decidere su informazioni che sono già inclini a prendere. “Il potere è la capacità relazionale che permette a un attore sociale di influenzare asimmetricamente le decisioni di altri attori sociali” (Castells, 2009). “Le relazioni di potere sono inquadrate dal dominio, ossia dal potere che è insito nelle istituzioni della società” (ibidem, pp. 1-3), ciò vuol dire che il potere non è compresso in una sfera sociale o istituzionale specifica, ma si distribuisce sull’intera azione umana. Diviene qui interessante chiedersi sia chi esercita il potere attraverso la gestione dei processi di comunicazione, sia come le relazioni di potere possono essere alterate da attori sociali influenzando l’opinione pubblica per cercare di mutare i cambiamenti? Intanto, parafrasando Castells, viene da dire che la comunicazione può ergere sbarre più forti di una prigione. Questo per far comprendere quanto sia forte la comunicazione nella sua accezione più ampia. Il potere “è basato sul controllo della comunicazione e dell’informazione, sia che si tratti del macropotere dello stato e delle corporation dei media, o del micropotere di organizzazioni di ogni sorta. Così il potere della comunicazione costituisce il cuore della struttura e della dinamica della società.” Il potere è da intendere dunque come capacità relazionale che permette ad un attore sociale di influenzare asimmetricamente le decisioni di altri attori sociali in modo da favorire la volontà, gli interessi e i valori dell’attore che esercita il potere (M. Castells, 2009). La comunicazione di massa nel raggiungere l’intera società, è governata da relazioni di potere “radicate nel business dei media e nella politica dello stato”. L’abilità della forma di potere è di plasmare la mente e ciò determina il modo in cui agiamo, individualmente o nella collettività. I tempi che percorriamo sono del tutto nuovi nel processo di comunicazione, poggiando su un modello che supera quello noto sinora dell’uno a molti e divenendo del molti a molti, in un processo orizzontale di comunicazione. Gli attori che partecipano alla comunicazione sono al tempo stesso mittenti e riceventi del circuito comunicativo della società in Rete. Le società non sono “comunità” ma strutture sociali, costrutti culturali ove maturano conflitti e negoziati tra attori sociali diversi e spesso in opposizione tra loro. Una società in rete, come già constatato, è una società che ruota attorno le reti delle tecnologie, dell’informazione ove gli esseri umani entrano in relazione di produzione, riproduzione, consumo, esperienza e potere, in una comunicazione dotata di senso e codificata secondo i parametri della cultura. In tale società il potere dello stato costituisce solo una delle dimensioni. Mentre un tempo i valori erano quelli che le istituzioni dominanti decidevano, il potere statale dipende oggi non solo da ciò che la gente crede ma anche dal sistema dei mezzi di comunicazione e in particolare Internet, capace di precedere il potere statale. Il potere della rete al tempo della globalizzazione è il coordinamento sociale tra attori multipli collegati alla rete (Grewal, 2008).
simbolismo. Una lingua si presenta come una struttura predeterminata a cui i parlanti devono sottostare, pena l’incolumità. Ciò significa non solo norme linguistiche vincolanti che regolano la comunicazione ma anche in notevoli conseguenze dal punto di vista sociale. Così chi parla male avrà probabilmente scarse probabilità nel lavoro.
Potere che nella società di rete globale è in possesso delle reti stesso. Il terreno, su cui le relazioni di potere operano, è cambiato: è costruito principalmente tra locale e globale, organizzato intorno a reti ove risiede il valore che in tale accezione è il valore nel globale. I cittadini del mondo sono coloro che vivono nello spazio dei flussi (a differenza dei locali che vivono nello spazio dei luoghi). Il tempo della società in rete non ha presente o futuro. Tramonta il tempo della storia e delle loro identità, il tempo è acrono nel “qui ed ora”. Esiste solo un tempo del ciò che potrebbe accadere “tempo futuro” dei potenti proiettato in avanti dai futurologi del mondo aziendale. La necessità in tale scenario è produrre una cultura globale che si aggiunga alle identità locali, in grado di inquadrare le culture specifiche (Lash e Lury, 2007). Collegare diverse reti richiede di costruire un’interfaccia comune: lingua, cultura e organizzazione. Il potere agisce sui discorsi globali tramite le reti di comunicazione che riescono a influire sulle relazioni di potere globali che strutturano le società. Il potere nella società in rete è il potere di comunicare.
L’auto-comunicazione diviene il potere dei movimenti sociali. Autocomunicazione che diviene autoevidente davanti a eventi politico-culturali che fioriscono dalle reti e si trasformano in comunicazione globale. Non “fa massa”, ma diviene massive, cioè massiccia e potente, quindi influente, se non proprio quasi pervasiva. Nell’autocomunicazione di massa Castells riconosce la ‘differenza’ tra i media digitali e la comunicazione unidirezionale dei mass- media. L’accesso al world wide web è celebrato quasi come un “movimento di liberazione”. A che cosa porta la pubblicazione di contenuti auto-prodotti in formato di iper-testo e multimedia? A far sì che milioni di utenti, interessati a tali contenuti, siano “catturati dal web”. Ma si tratta veramente di diffusione gratuita e di libero accesso? In che cosa consiste il ‘valore’ del contenuto? Per il sociologo, il ‘valore’ non è che l’espressione del potere comunicato che si sedimenta nell’utente, che si trasforma prima in consumatore e poi in retro- comunicante. La “società delle reti” comporta una «cultura globale […] una rete aperta di significati culturali che possono non solo coesistere, ma anche interagire e modificarsi a vicenda sulla base di questo scambio. La cultura della società in rete è una cultura di protocolli di comunicazione tra tutte le culture del mondo, sviluppata sulla base del comune convincimento nel potere del networking e delle sinergie ottenute dando ad altri e ricevendo da altri» (Castells, 2009, p. 37). Emerge come diviene importante la costruzione autonoma di significato che permette di definire i beni comuni nelle reti di comunicazione. Possibilità offerta da Internet, “libera creazione di amanti della libertà” (ibidem, p. 550). Pur tuttavia questo compito potrebbe risultare non facile, soprattutto perché i detentori del potere nella società in rete, cercheranno di recintare la comunicazione libera in reti commerciali e controllate, al fine di racchiudere la “mente pubblica”. Di certo un buon ostacolo a un tale pericolo è legato ad un networking di menti individuali, così che “se la pensi diversamente, le reti di comunicazione opereranno diversamente, a condizione che non solo tu, ma anche io e una moltitudine di altri decidano di volere costruire le reti delle nostre vite” (ibidem).
CAPITOLO TERZO
«Spendiamo i soldi che non abbiamo, vivendo al di sopra delle nostre possibilità, ciò porterà a lasciare solo oneri ai nostri figli […] Il pianeta prende decisioni di politica economica che limiteranno le nostre decisioni e quelle dei nostri figli […] si sono accresciute le diseguaglianze. Felicità e crescita economica sono stati spesso usati come sinonimi dimenticando la vecchia arte dei padri che fondavano su prosperità […] e felicità senza passare dal mercato. Ma il cambiamento in atto dà luogo a un ripensamento. La cosa che preoccupa è quanto costerà tale ripensamento. Siamo nella fase di ridefinire la nostra felicità».
(Zygmun Bauman – Ballarò, intervista 18 ottobre 2011)