Nel mondo globalizzato anche i rapporti di produzione si configurano come un insieme di relazioni economiche che, attraverso uno scambio ineguale, definiscono la supremazia di alcune nazioni e parti del mondo rispetto alle altre. Questa lettura che trova ampio respiro in Immanuel Wallerstein segue l’impostazione marxista che individua nell’insieme dei rapporti di produzione la struttura economica della società, ossia la sua base reale, applicandoli in una dimensione più ampia. All’interno della globalizzazione trovano così spiegazione fenomeni economici, politici, sociali, nella loro dimensione globale. Lo sfruttamento non si manifesta solamente nel rapporto tra chi possiede i mezzi di produzione e chi ha solamente la sua forza lavoro, come tra il padrone e l’operaio, una distinzione di classe, ma una dimensione più ampia: tra Paesi che detengono i mezzi economici, militari e d’intervento politico e quelli che non li possiedono. La struttura economica è la base del sistema-mondo che diviene l’unità di analisi per la comprensione del fenomeno globalizzazione. Così che limitare lo studio dei fenomeni delimitando l’osservazione ad una realtà locale, statale, continentale non è più sufficiente. Soprattutto quando la realtà è condizionata dal mondo esterno con cui è in contatto così da non essere più un sistema a sé stante ma parte di un sistema più grande. Diviene necessario al fine di comprendere ogni singolo fenomeno inserirlo nel contesto globale. Ciò perché, mentre in passato si potevano trovare dei mini-sistemi, che erano caratteristici delle società agricole molto semplici, con al proprio interno una completa divisione del lavoro ed una singola struttura culturale, nel mondo attuale queste realtà cedono spazio ad un sistema più complesso ed articolato. Si rende perciò indispensabile iniziare le proprie analisi guardando al sistema- mondo nel suo complesso come unità d’analisi. Tanto che per Wallerstein (2003) “l’unico tipo di sistema sociale è il sistema mondiale, che noi definiremo semplicemente come unità caratterizzata da una singola divisione del lavoro e da una molteplicità di sistemi culturali”. Di fatto l’autore identifica due sistemi- mondo: uno è quello degli imperi-mondo e l’altro delle economie mondo. Entrambi sono caratterizzati da un'unica divisione del lavoro ma, mentre i primi possiedono un sistema politico comune, i secondi, pur avendo un'unica divisione del lavoro, hanno sistemi politici differenti. Gli imperi-mondo, a cui appartenevano le grandi civiltà pre-moderne come Cina, Egitto e l’antica Roma, erano caratterizzate da un’economia redistributiva e da forme di commercio amministrate da un’autorità centrale. Invece nelle economie-mondo dell’Europa del XVI secolo prevale il commercio e lo scambio nel libero mercato da far coincidere, per alcuni studiosi, con l’affermarsi del sistema capitalistico. Inteso, questo ultimo, come un sistema di scambio orientato al profitto piuttosto che come un determinato sistema produttivo in cui distinguere le classi sociali del proletariato e della borghesia. Wallerstein (2003) analizza il sistema sociale ed il capitalismo utilizzando il sistema-mondo come singola unità d’analisi. Il capitalismo evidenzia dal suo nascere alcune particolarità che lo distinguono dai sistemi precedenti: capitali, sistema produttivo industriale, lavoratori salariati, classe imprenditoriale. “Capitalismo ed economia-mondo (cioè, un’unica divisione del lavoro ma una molteplicità di sistemi politici e di culture) sono due facce della stessa medaglia. L’una non è la causa dell’altra: lo stesso
fenomeno indivisibile è semplicemente definito sulla base di caratteristiche differenti”. Elementi questi che rappresentano principalmente l’Europa della rivoluzione industriale ma che non sono riscontrabili allo stesso tempo nelle economie di Paesi non ancora industrializzati quali quelli dell’America Latina, dove prevalgono forme di schiavitù sul lavoro salariato. Tale considerazione non deve però costringerci a credere che bisogna considerare con unità di analisi differenti i sistemi in cui si rende inesistente il modo di produzione Europeo, poiché tutti devono essere compresi in riferimento ad una singola unità d’analisi che è l’economia-mondo. Di fatto i “mini-sistemi”, indipendentemente dall’organizzazione produttiva interna, sono parte di unico sistema capitalistico, sia nel caso di Paesi industrializzati che di fornitori di materie prime. Inseriti in ogni caso all’interno di “una griglia di relazioni di scambio”, tra loro interdipendenti, che rappresenta la struttura su cui si basa un’unica divisione del lavoro. I sistemi, gioco forza, sono tra loro orientati allo scambio. Tanto che ogni sistema esporta prodotti che possiede in quantità importando altri prodotti di più alto valore poiché non li possiede. Tale scambio diviene così un modo di guadagno che però non può essere equiparato. Infatti solo uno o più sistemi possono ambire al massimo profitto, dal momento che lo scambio di plus-valore all’interno di un sistema è un gioco a somma zero. La caratteristica essenziale di un economia-mondo consiste nella produzione di beni da vendere sul mercato al fine di ottenere il massimo profitto. Essendo il gioco a somma zero solo una parte guadagnerà nello scambio a scapito dell’altra. Nell’arena del libero mercato non sempre le parti riescono ad assicurarsi il massimo rendimento dallo scambio. Subentrano allora degli interventi di tipo politico che hanno lo scopo di condizionare il mercato. Il soggetto principale è rappresentato dallo stato-nazione la cui funzione è quella di integrare, con interventi di tipo politico e militare, le forze economiche, e permettere in tal modo l’affermazione di queste ultime. Ancora secondo Wallerstein (2003), la struttura portante della società sono i rapporti economici; la politica rappresenta una sovrastruttura che esprime i rapporti di forza economici. La politica svolge una funzione “sussidiaria” dell’economia. Gli organismi politici, gli stati-nazione nel primo periodo di sviluppo del capitalismo, a cui si sono affiancati ai giorni nostri organismi ed istituzioni sovranazionali, entrano in gioco nel regolamentare il libero mercato qualora i soli rapporti di forza economici non siano sufficienti a mantenere la superiorità di una parte sull’altra. Il mercantilismo è sempre stato lo strumento principale utilizzato dagli Stati-nazione per proteggere le proprie economie, erigendo barriere alle importazioni, al fine di accrescere la propria forza nei confronti delle economie esterne. Wallerstein, comunque, riconosce un margine di autonomia alla politica. La macchina statale, una volta nata tende a consolidarsi, è dotata di una propria struttura fatta di persone e di regole. I funzionari e tutti coloro che partecipano al funzionamento della macchina hanno tutto l’interesse al proseguimento della stessa. Inoltre, nel corso del tempo, la macchina statale diviene un punto di riferimento per soggetti ed interessi estranei a quelli dei soli capitalisti. Quello che ne consegue è che lo Stato si trova limitato nell’azione dovendo mediare tra esigenze ed interessi differenti che non sempre corrispondono in pieno a quelli dei capitalisti. Si deve comunque considerare che gli Stati-nazione si muovono all’interno di un sistema complessivamente
dominato dai rapporti di forza economici tanto che “Il capitalismo fu, fin dal principio, una questione di economia-mondo e non di stati-nazione” (Wallerstein, 2003).
Lo sviluppo del capitalismo nell’Europa alla fine del medio-evo porta con sé la costituzione di forti meccanismi statali che assecondano l’espansione dell’economia europea nel mondo attraverso politiche restrittive, oppure espansive, a seconda delle esigenze del momento, spesso accompagnate da interventi di tipo militare. Viceversa, grazie all’azione di forza portata avanti dalle Nazioni Europee, nelle aree periferiche dell’economia mondo si sviluppano meccanismi statali deboli. Ad ogni modo non è importante scoprire le cause che hanno dato vita al capitalismo55 ma comprendere il sistema che si determina. Soprattutto per il fatto che il capitalismo non rappresenta solamente l’appropriazione del plus-valore da parte del proprietario rispetto al lavoratore, ma anche l’appropriazione del plus-valore da parte dell’intera economia-mondo da parte di nazioni centrali rispetto quelle periferiche. In virtù di economie più forti e di macchine statali più potenti.
Si viene a delineare una struttura dell’economia-mondo che si articola in base ad una divisione del lavoro tra un centro, una periferia ed una semi- periferia. In un sistema di relazioni economiche che, in un disuguale rapporto di scambio, privilegia le nazioni del centro in un rapporto di dominio e di sfruttamento rispetto quelle della periferia. Mentre la semiperiferia riveste un ruolo intermedio dal punto di vista economico, ma la sua funzione è principalmente politica, impedendo il contatto tra il centro e la periferia. Agendo come zona cuscinetto, impedendo ogni possibile protesta delle zone sfruttate in due modi: da una parte assorbendo i conflitti e dall’altra servendo da fattore d’integrazione. Divenendo allo stesso tempo sfruttata e sfruttatrice. Collegando il centro alla periferia, la semi-periferia rende consapevoli gli attori di essere uniti nell’appartenere tutti allo stesso sistema e questo elemento funziona da fattore d’integrazione e di mantenimento del sistema stesso. Una società mondo in grado di sostituire singole società separate con l’immagine di un sistema-mondo unico in cui società, governi, imprese, culture, classi, bilanci, tutti gli individui si collocano all’interno di una divisione del lavoro. Un società- mondo dove il capitalismo diviene il quadro interpretativo delle diseguaglianze sociali mondiali. In tale panorama ha preso avvio una politica “post- internazionale” (Wallerstein, 2000) ove quelli che sono gli attori nazional-statali dividono sempre più gli scenari globali e di potere con organizzazioni e gruppi industriali internazionali oltre che con movimenti sociali e politici transnazionali. Si pensi in questo ultimo caso alla grandezza raggiunta da una ONG come Greenpeace. Una società-mondo in cui i mezzi di informazione e comunicazione, dalle illimitate possibilità, hanno permesso non solo di comunicare tra i differenti punti del pianeta ma anche di spostarsi fisicamente tra un luogo e l’altro. Ciò a sottolineare che le “influenze lontane” non derivano più e solo dall’atto di un “viaggiare” letteralmente inteso ma, di un viaggiare immaginario che può avvenire “parlando al telefono, digitando sulla tastiera del
55 Il capitalismo si sviluppa in alcune parti del mondo “per una serie di avvenimenti accidentali, storici, ecologici, geografici”. Cfr. I. Wallerstein, 2003, Alla scoperta del sistema mondo, Manifesto Libri, Roma
computer e guardando la televisione56”, mettendo in comunicazione spazio e tempo (Giddens, 1994; Tomlinson, 2001, p.177).