1.6 Spazio pubblico mediato
1.6.1 Spazio pubblico e conflitto
Cercare dunque oggi una definizione per spazio pubblico diviene un compito non facile. L’incontro virtuale di una moltitudine di individui nel cyberspace, inteso come universo della rete, si presenta inoltre un fenomeno irreversibile. Allo stesso tempo lo spazio pubblico tradizionalmente inteso perde la sua identità iniziale per essere riletto come estensione dello spazio domestico, commerciale, pubblico. Come nel caso della Spagna che ha vissuto intensamente il tessuto urbano delle sue città rivitalizzato in una grande quantità di piazze che si incontravano attraverso l’unica piazza mediatica. Incrocio di luoghi di incontro, ma anche sosta. Una rivitalizzazione urbana che trova incontri non solo nelle agorà delle città ma nei luoghi simbolici rinvianti a tradizioni, poteri, ideologie, siano essi proficui o da contrastare. Per tal motivo l’idea di spazio pubblico coincide sia con quella di vuoto ma anche se ne distacca. Un consumo semantico di spazio pubblico “vuoto” nel senso estetico e simbolico trasmesso dallo spazio urbano. Un vuoto inteso come frattura ma anche soglia tra differenti zone edificate, street (Sassen, 2008), che costituiscono i nodi, “agorà”, la scena di un evento che riguarda i livelli più profondi dei significati che la città esprime nel tempo. Cavità urbane (nel senso di teatro di accadimenti che attingono al tragico) o luogo di libertà ritrovata. Un’idea di spazio pubblico off line, vie capaci di riassumere il senso mutevole che i luoghi della vita collettiva dovrebbero esprimere. Spazi pubblici intesi come spazi in cui si riescono ad avviare attività collettive. Gli studi urbanisti mettono in evidenza, a tal proposito, come la modificazione delle aree dismesse produce occasioni per ricavare nuovi ambienti di incontro mentre è lo stesso declino di ciò che è locale a rafforzare le identità delle singole parti della città per cui le piazze divengono strategici spazi di riconoscibilità. Ma lo spazio pubblico si riconosce in base anche ad alcune caratteristiche morfologiche, che più tradizionalmente sono una cavità di confini precisi definiti da mappe
vita ad un rapporto comunicativo esperibile esclusivamente in rete”. Cfr. S. Bentivegna, 1999, La politica
in rete, Meltemi Editore, Roma.
42 Per N. Luhmann “Le norme nascono come prodotto secondario della loro trasgressione, vale a dire retrospettivamente”. Così che i motivi di discordia al tempo della globalizzazione possono assumere i motivi diversi: dalla privatizzazione dei servizi, alla distruzione dell’ambiente, alla speculazione finanziaria o all’imperialismo culturale”. Cfr. N. Luhmann, 1999, Conoscenza come costruzione, Laterza, Bari-Roma.
progettuali, e che possono divenire spazi significativi di particolari memorie. Accanto allo spazio pubblico prende vita, dunque, uno spazio che è “antipolare” alla città, lo spazio virtuale che produce e misura le differenze. Uno spazio che si lega strettamente con quello reale della città. Un luogo in cui il conflitto si definisce spesso a livello globale. Il conflitto diviene la vera anima dello spazio pubblico, la dimensione nella quale esso mostra la sua autentica necessità, il suo principio e insieme il suo senso ultimo, che dunque non prende forma solo nelle città ma che da questa non se ne distacca. Spazio pubblico virtuale in cui sussiste uno scontro che si presume violento e duraturo, tra realtà e virtualità. Confitti che si trasformano in sommosse e che possono essere comprese solo attraverso la lettura di tre componenti che si sono presentate allo stesso tempo, e per tal motivo inscindibili per una corretta lettura. Sommosse che prendono forma nella strada, a cui viene attribuito il significato di spazio privilegiato, tra coloro che non hanno accesso ai consolidati e codificati strumenti politici per la propria azione politica; in una situazione economica, che vede la perdita del lavoro, di reddito, la riduzione dei servizi sociali per una parte rilevante della popolazione; che si consolidano attraverso i social media, che diventano uno strumento davvero efficace per far crescere una mobilitazione. Come nel caso di Occupy Wall Street o anche degli Indignados, per cui social media come Twitter e Facebook sono stati usati per informare su ciò che stava accadendo e per invitare i cittadini a scendere nelle strade. La grande capacità dei social media di funzionare come strumento di coordinamento della rivolta è data dal fatto che la successione degli eventi appare come un domino predestinato. Di fatto il cyberspazio dona autostrade informatiche di una metropoli invisibile che corre parallelamente alla realtà urbana. Luogo virtuale che assume centralità negli orizzonti comunicativi, in cui il conflitto, che aveva dato vita ai vuoti della città, riassume importanza nei paesaggi mentali della metropoli.
Uno degli aspetti interessanti e che emergono anche dal nuovo lavoro della sociologa americana Sassen, all'interno del progetto di ricerca The Global Street, Beyond the Piazza, è la riflessione sulle global cities. Ivi assume un ruolo rilevante la cosiddetta cultura di strada nel condizionare forme di azione politica a Nord come al Sud del pianeta. I conflitti di strada, che per la storia moderna erano complementari alle forme politiche consolidate, hanno assunto di recentemente un ruolo di spicco da quando l'occupazione dello spazio è espressione del potere dei movimenti sociali. Come nel caso delle recenti mobilitazioni a Tel Aviv o a Madrid con gli Indignados dove si è potuto osservare vere e proprie occupazioni delle piazze che sono durate giorni, settimane, sperimentando forme di organizzazioni e di decisione politica distanti da quelle dominanti nelle società. Forme di protesta, evidenzia ancora Sassen, che coinvolgono una composizione sociale eterogenea: disoccupati, ma anche lavoratori manuali di imprese che hanno conosciuto processi di downsizing e delocalizzazione, colletti bianchi, ceto medio impoverito. Forme di protesta che nascono e si consolidano al di fuori degli attori politici tradizionali (partiti, sindacati). A Madrid gli Indignados portano avanti differenti istanze ad iniziare dal lavoro, i servizi sociali, e allo stesso tempo anche una profonda trasformazione del rapporto tra governo e governati. La piazza globale della Rete trova espressione nelle piazze e ancor meglio nelle strade che divengono
non solo il luogo dove avanzare rivendicazioni, ma anche spazio per rendere manifesto il potere dei movimenti sociali. Soprattutto allor quando si assiste a un imponente spostamento della ricchezza da una parte della società verso un'altra. E questo coinvolge le risorse finanziarie dello stato, del piccolo risparmio, delle piccole attività imprenditoriali. Una sorta di concentrazione della ricchezza nelle mani di una esigua e tuttavia ricchissima minoranza. E tutto ciò senza che tale concentrazione della ricchezza possa essere recuperata attraverso il sistema della tassazione. Un dramma che mette in relazione i continenti. Disparità accentuate dal punto di vista di un “profilo spaziale della diseguaglianza, evidente sia nella geografia delle infrastrutture telematiche che nelle geografie emergenti dello stesso spazio elettronico” Sassen (2002, p.188). Questa nuova diseguaglianza geografica all’accesso è visibile ad esempio nei progetti per la banda larga nel Nord Italia ed alle difficoltà nei paesi del Sud, soprattutto quelli svantaggiati economicamente o per catastrofi naturali. Sassen, a tal proposito, pone l’accento su come “l’interscambio mondiale di servizi e prodotti del settore delle comunicazioni si è verificato sullo sfondo di acute diseguaglianze nella dotazione di infrastrutture” (2002, p. 189). Altro esempio è la Rete generale europea che dal Novanta fornisce otto canali di due megabyte, ci dice Sassen, ma solo fra i nodi di Francoforte, Parigi, Londra, Madrid e Roma. Ma anche nel cyberspazio gli utenti trovano forti diseguaglianze di accesso. “Chi può pagare avrà un servizio rapido mentre chi non può si troverà lunghe code”. Pur tuttavia il web, più economico e semplice attraverso interfacce standard spessamente user-frendley, è un incubatore di legami provvisori e “t(ot)ematici” che non necessitano di relazioni fisiche tra gli individui per esistere ma di obiettivi, interessi, passioni, culti comuni, tra cui un ruolo significativo hanno le iniziative progettate collettivamente in rete ma realizzate offline. I paesaggi urbani vengono disegnati in mappe a strati, capaci di mettere in luce delle “specie di spazi” (Perec, 2000) che quotidianamente attraversiamo: interstizi, nicchie, crepe, slarghi, superfici, apparentemente senza storia e significato. Le tecnologie di georeferenziazione e le applicazioni di geotagging, consentono già di correlare territori e mappe che pur non essendo il territorio permettono di conversare con esso, incorporando porzioni, contenuti, informazioni43. Il mondo offline si riempie di link, tag, pop up, proprio come una pagina web, e questo lo potenzia, lo densifica in termini di contenuti erogabili e lo trasforma in un luogo iperreale (Baudrillard) in cui tutti gli elementi diventano contenitori di dati. Già Bruce Sterling nei primi anni Novanta del secolo scorso parlava di “embrocazione” intendendo con ciò un rapporto tra due mondi, reale e virtuale, che non si autoescludevano come opposti concettuali, ma che divengono dialetticamente complementari perché “dall’uno, il reale, emerge, ad un diverso livello, l’altro, il virtuale”. Nello spazio fisico si consolidano legami locali tra le “tecno-tribù” della Rete e le città interferendo, contestualmente, con la convenzionale separazione tra pubblico e privato (Maffesoli, 2005). Gli spazi metropolitani diventano palinsesti riscrivibili, luoghi che non sono più solo snodi glocali, geografici, economici, socio-culturali, ma anche panorami metamorfici e disgiuntivi, generatori di una nuova antropologia
43 Cfr. (articolo) P. Martello, Panorami urbani on-offline On-Offline Urban Landscapes, in www.panoramiurbanion-offline.pdf
urbana che, nella ricorsività esperienziale online/offline, fonda le sue premesse espressive. (Appadurai, 2001).