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Istituzioni, soggetti politici e cittadinanza di rete

Quanto detto ci permette di ragionare sul fatto che il ventunesimo secolo si caratterizza non solo perché le nuove tecnologie ridefiniscono i nuovi confini geopolitici degli Stati-nazione ma anche perché, proprio le nuove reti di comunicazione virtuale, ridefiniscono il modo di governare degli Stati territoriali e degli enti politici per i quali non è più sufficiente mantenere la propria giurisdizione solo off line (Lievrouw, Livingstone, 2011).

La rete diviene un “motore di governo” ove assemblee subpolitiche di oggetti informatici danno vita a soggettività collettive nuove, come collezioni di soggetti, che vanno oltre quella che Saco definisce “la polis territoriale nei flussi di scambio transnazionale” (2000). Di fatto nei governi che si costituiscono on line, anche i pacchetti di software e le funzionalità dell’hardware sono incentrati sul rafforzamento della “giusta disposizione delle cose” che contraddistingue gli uomini presenti negli ambienti cibernetici in qualità di pubblici elettronici “e- pubblics” (Foucault, 1991; Lievrouw, Livingstone, 2011).

Si ridisegna nel mondo on line quell’ordine che caratterizza e si presenta anche nel mondo off line. Gli organi di governo nazionale, subnazionale e transnazionale però, a differenza di un tempo, in cui le difficoltà delle relazioni erano dettate da una deficienza delle comunicazioni, sono esposti alla lente d’ingrandimento di narrazioni on line che non risparmiamo in alcun modo chi è percepito o codificato come poco etico o scorretto. Così che tali organi sono costretti a seguire i giusti comportamenti digitali nelle reti informatiche “digital e- haviour” preoccupandosi della condotta, se non vogliono incorrere in replicabili e ricercabili contronarrazioni che ne definiscono contorni discutibili. Come è stato nel caso del ministro alla cultura Maria Stella Gelmini nella primavera 2011, quando ha utilizzato Youtube, un social network per postare video, per comunicare con i giovani studenti stanchi dei taglia alla scuola pubblica. Così il ministro ha lanciato via Youtube un video ufficiale impostato nelle logiche della

politica e per tale incapace di comunicare con uno spazio che seppur virtuale utilizza i propri codici e le logiche di rete. Anche le contemporanee sorgenti economiche nel rapportarsi con le “società di Internet” e per poter essere ancora politicamente influenti sul comportamento dei consumatori-cittadini, rincorrono il tentativo di poter essere accettate come un nuovo spazio “etico” ma anche ”pubblico” nella realtà aumentata, al fine di una “normalizzazione di qualsiasi comportamento dell’individuo”. Nuovi spazi che rappresentano “territori cibernetici” che assumono la particolare forma di “supervisione e autoregolazione subnazionale” che avviene attraverso una trasposizione nell’on line, delle dinamiche che avvengono nel mondo off line, un “packet switching”, in cui si rende necessaria una qualche forma di governo simile a quella ipotizzata da Michel Foucault, capace di guidare “l’inserimento controllato di corpi all’interno del macchinario di produzione e la regolazione dei fenomeni di popolazione connessi ai processi economici (1980, p. 141). Nell’on line sono differenti i soggetti che agiscono. Tanto che si possono idealmente distinguere:

soggetti politici veri e propri che trovano modo di esprimersi a una pluralità di individui, in tempi veloci e a basso costo. Qui “la soggettività politica si trasforma negli ambienti digitali” (Bimber, Heim). Un uso che riporta alla mente differenti esempi come quello attuato da uno dei primi utilizzatori per la sua campagna elettorale, che ha iniziato e vinto nella rete, divenuto esso stesso un brand, Barah Obama131, l’attuale presidente degli Stati Uniti d’America o nel caso italiano di Nichi Vendola (presidente della regione Puglia) che non solo ha costruito la sua battaglia politica anche sul web ma ha dato vita ad un modo altro di partecipare, mettendo in relazione il soggetto politico con individualità collettive attraverso le “Fabbriche di Nichi” sulla cui pagina di Facebook si può leggere «La fabbrica di Nichi è un contenitore di idee. Siamo dei semplici ragazzi e ragazze che hanno deciso di impegnarsi nel proprio territorio per la salvaguardia dei diritti civili, dell'ambiente e della memoria. Vogliamo dare alle persone un'alternativa reale, permettere loro di avvicinarsi alla politica civile, attiva, vogliamo rendere tutti partecipi e coscienti attraverso un'informazione libera e completa. Ci impegneremo per proporre manifestazioni, raccolta firme, iniziative su svariati temi, tra cui: energie alternative (no alle dannose centrali nucleari), acqua pubblica, diritti civili (diritti degli omosessuali, dei transessuali, degli immigrati, delle persone diversamente abili), pari opportunità (non solamente tra uomo e donna), difesa ed aiuto di chi si trova in difficoltà economica, lavoro come diritto fondamentale (come sancito dall'articolo 1 della Costituzione). Vogliamo esportare il modello pugliese in tutta la penisola. Pretendiamo un'Italia migliore; è tempo di costruirla tutti insieme!», o dell’attuale sindaco bolognese, Virginio Merola che ha sostenuto la sua campagna sui social media. Innovazioni comunicative e d’informazione che hanno avvio all’interno di strategie e codici ben precisi, fissati da regole un tempo definite dall’alto a costituire e affermare delle realtà non predefinite che oggi si attuano in una logica del “peer to peer” (paritaria) e strutturate su un confronto di idee, contenuti e nuovi prodotti comunicativi fondati sulla collaborazione, co- costruzione e scambio d’informazione. Le reti digitali possono essere utilizzate

131 Barah Obama ha svolto la maggior parte della propria campagna elettorale del 2010 sui new media, vincendo per una narrazione semplice e un linguaggio creativo vicino agli abitanti del cyberspace.

dai governi esistenti per governare, ma essi sono anche in grado di creare nuovi territori operativi dotati di discorsi e pratiche culturali proprie, che vanno oltre la prospettiva di sovranità territoriale a cui si fa riferimento in questo momento (Adams, Mattelart, 1994). La base democratica della politica viene allargata da Internet come “effetto diretto dell’apertura delle comunicazioni elettroniche per la fornitura di sevizi e per la ricezioni di interessi e opinioni” (Rash, 1997), allontanando l’impatto negativo della rete sulla politica

Ogni individuo, nei giochi linguistici, può diventare nei punti nodali di una rete, mittente o ricevente e/o un referente nel flusso d’informazioni. Trascorrere on line, screen to screen, il poco tempo a disposizione, vuol dire non impegnare la propria energia nella vita collettiva face to face dei concittadini e contemporanei off line. Una vera e propria esperienza nello spazio virtuale che può essere differente rispetto la vita off line poiché le persone in realtà non si spostano dal sentiero tracciato, corporeo e materiale della vita off line. In cui la nazionalità continua a essere determinante tra le possibilità offerte dalla vita. Dunque sulla rete si trovano punti di coincidenza, cooperazione e configurazione che si concretizzano in nuove modalità di coabitazione transnazionale, lontani dalle esistenti tipologie di condotta tradizionale. La commercializzazione attuale del cyberspazio, di fatto, sta trasformando le realtà politiche della vita on line (Virilio, 1995). Evidenza che si avverte già se si pensa alla rete in termini di quel controllo che Habermas definisce come segmento di capitale, lavoro, conoscenza e comunicazione, capace di trasformare i grandi sistemi informatici in sfere pubbliche con il loro valore virtuale e materiale da usare, proteggere e difendere. Principalmente dal controllo dell’informazione nella nuova era delle macchine intelligenti. Informazione che chiama “Mente”. Informazioni che costituiscono la mente, di una cultura di soggetti che sul web assume le caratteristiche della frammentazione. Ciò perché è difficile dire che in rete c'è un gruppo emergente forte: ce ne sono tantissimi che hanno caratteristiche specifiche. Di fatto si potrebbero distinguere due modi di guardare la cultura: una è quella dei “wardrivers” , coloro che vanno in giro a caccia di reti internet senza fili per potersi collegare, che si potrebbe esprimere come la “connettività in movimento”, avere un doppio movimento, sul territorio e su Internet. L’altro aspetto della cultura è quello indicato dal sociologo americano Henry Jenkins come “culture della convergenza”, identificando in tale definizione gruppi di Internet molto esperti che seguono, grazie alle proprie competenze, un particolare argomento. Un oggetto di interesse rispetto al quale si manifestano e sviluppano anche delle sottoculture di analisi e approfondimento. Come si è potuto osservare nel caso ad esempio del programma di infotaintment italiano Anno Zero, nel momento in cui organi al potere hanno preso la decisione di oscurarlo in tempi di campagna elettorale. Una decisione ritenuta ingiusta e iniqua e che gli organi di stampa, come la Fnsi, hanno tentato di ostacolare dichiarando uno sciopero bianco che ha trovato la sua massima espressione in rete, nell’appoggio di differenti gruppi e degli esperti che hanno manifestato dando vita alla produzione di Rai per una notte, per esprimere l’insoddisfazione di quanti in veste di consumatori- audience-cittadini reclamavano la necessità di un’informazione libera da censure. Culture che si incontrano, tra una “cultura dell'hardware” come quella

del wardriving e una “cultura del software”, come quella della convergenza132. Soggetti (emittenti) che producono e (riceventi) che consumano contenuto in un’azione circolare e continuata. Soggetti che si costituiscono in gruppi o comunità virtuali e che partecipano a discussioni/narrazioni in qualità di cittadini-consumatori. Dando forma ad una “cittadinanza della rete che arriva potenzialmente molto più lontano della cittadinanza tradizionale in quanto la rete è più estesa di qualunque città, polis o stato” (Bimber, 2003a). La cittadinanza della rete, in quanto cultura politica, si risolve all’interno di strutture interne alla polis in veste di democrazia digitale. Un sistema elettivo elettronico o un’organizzazione on line che dovrebbe riconoscere la rete e riformare la polis a sostegno della cittadinanza elettronica, del governo elettronico e della gestione elettronica all’interno delle giurisdizioni territoriali esistenti (Bryan, Cooper, Lessig, Sunstein).

Alla luce di ciò è lecito domandarsi se nel mondo “capitalista” del ventunesimo secolo è ancora e solo sufficiente per gli Stati mantenere la giurisdizione legale nel mondo reale off line, o se invece questa condizione non sia più sufficiente? Una risposta potrebbe trovare soluzione nell’idea che la giurisdizione nel mondo reale non è più sufficiente poiché proprio nella rete si assiste a forme di governo sub-politiche in cui si creano (ma anche gli oggetti informatici creano) nuove soggettività collettive ma anche una moltitudine di soggetti che vanno oltre la polis territoriale nei flussi di scambio transnazionale (Saco). I luoghi della rete sono abitati da politiche, da spazi per la connettività e territori digitali, in cui anche per Lyotard la domanda da porsi per comprendere il fenomeno in atto è: “chi decide cos’è il sapere, e chi cosa conviene decidere? Durkheim in tal caso indicherebbe probabilmente la necessità di identificare e tradurre in termini politici concreti gli spazi di comune interesse. La Rete di Interlocuzione è strutturata in conversazioni integralmente generali. Una questione, quella del sapere, nell’era dell’informatica che per alcuni è più che mai di governo. Se chi è governato diventerà un semplice cittadino o un cittadino della rete è una questione interessante e aperta su cui ragionare. Pensare la rete non significa pensare ad un sistema con un singolo insieme di funzionalità. La rete è un’unione meccanica di molte cose tra cui siti diversi e capacità varie, che poggia su collegamenti meta-nazionali multipli sia tra le comunità on line che quelle off line. Il risultato stupefacente è che molte persone, soggetti di diversa nazionalità e nazione, finiscono con il cadere “nella rete”. Proprio la pluralità degli abitanti della rete portano a dire che esistono molte varietà di cittadini della rete e di cittadinanza della rete, coinvolte nei diktat tecnici delle interfacce on line e dalle aspettative consumistiche dell’uso off line. Rispetto la cittadinanza convenzionale, la cittadinanza in rete, dunque, in quella che è definita “democrazia digitale” è immaginata attraverso le flessibili e specializzate modalità televisive consumistiche della partecipazione politica (si pensi a talk show o programmi politici) che hanno avuto avvio negli Stati Uniti già negli anni cinquanta del secolo scorso. Forme di cittadinanza della rete basate su un governo creato dai cittadini all’interno del funzionamento della rete stessa (Hauben, Saco). Dove i comportamenti politici digitali vengono

immaginati negli scritti cibernetici attuali come atteggiamenti civici corporei. Anche se non sempre ritenuti tali, soprattutto da quanti ritengono che i cittadini non possono essere facilmente separati dalle città così che i cittadini della rete non sono presi in considerazione separatamente dalla rete.

Gli studi formulati dal sociologo Lance Bennett sugli ambienti statunitensi, evidenziano come “coloro che continuano a partecipare alla politica tradizionale si dimostrano stabili nelle scelte elettorali, nella formazione delle opinioni e nella riflessione politica” (1998, p.775), mentre, nell’evoluzione intersistemica delle nuove tecnologie della comunicazione in termini preminentemente politici, economici, ma anche intra/interpersonali, si assiste ad un continuo discorrere tendendo ad una forma di appannaggio dei confini tra una dimensione pubblica ma anche “pubblicabile” ed una privata destinata, quest’ultima, ad un’azione normativa di “agenzie di socializzazione” che hanno distinto la sfera dell’agire privato da tutto il resto (come l’esposizione in pubblico). Emerge un modo altro di (ri)pensare la citizenship, l’agire politico come la produzione/fruizione di condivisione dei testi in Rete. Tanto che ancora per Bennett (2008) esistono due paradigmi differenti di cittadinanza: l’uno orientato al governo attraverso i partiti (modello D.C. “Dutiful Citizenship”). Lì dove la politica ma anche il politico tendono sempre più a pubblicizzarsi ed a personalizzarsi. L’altro teso alla dimensione del voto dei cittadini, questi ultimi come pubblici attivi che seguono news ed eventi (modello S.A.C. Self Actualizing Citizenship).

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