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Governare con e attraverso il web sociale

L’impatto politico-sociale delle tecnologie informatiche è legato alla “sorveglianza elettronica” ed alla privacy. Tracce digitali che parlano della vita, dei gusti, delle abitudini e delle convinzioni di ciascuno. Sin dagli arbori gli Stati moderni si sono basati sul controllo burocratico dei cittadini. Con l’informatizzazione sia la quantità che la qualità del controllo si sono modificati. Soprattutto per l’interconnessione di sistemi digitali in grado di registrare dati che possono essere raccolti e usati dal potere politico come strumento di sorveglianza e all’occorrenza di repressione. Di contro anche se la rete può essere uno strumento come altri, il suo uso cosciente e intelligente, messo in atto da attori indipendenti per scopi strumentali, permette di dire che “le democrazie on line avranno l’aspetto delle democrazie off line, solo che i loro utilizzatori e partecipanti useranno le e-mail e/o comunicheranno per mezzo delle chat” (Rash, 1997; Rheingold, 1994). Inoltre le democrazie che possiedono i mezzi di comunicazioni di massa, (radio, giornali, telefoni, tv) non sono perfettamente paragonabili a quelle che non li possiedono, poiché la nuova “tecnocultura” ne riformula le dinamiche. La visione meramente strumentale delle analisi politiche incorniciano una visione solo parziale, o meglio “una visione sterile” (Lievrouw e Livingstone, 2011).

Nella rete virtuale si possono concettualizzare due livelli di approccio:

un primo livello è governare con la tecnologia, approccio che vede la rete come strumento per razionalizzare e reindirizzare nuovi strumenti di controllo (Anderson e Cornfield, 2002; Norris, 2001; Poster, 2001). La politica nel suo personalizzarsi e politicizzarsi, ha compreso e fatto suo l’uso della rete 2.0 per “governare con” il cui fine per molti potrebbe essere ancora quel “Grande Fratello” descritto in 1984 da Orwell.

Un secondo livello è governare attraverso la tecnologia, approccio che si riferisce al modo in cui la rete permette un regime di governo attraverso la tecnologia. Riesaminando il modo in cui la comunicazione mediata dal computer (CMC) definisce pratiche e valori sulle reti di informazione, oltre le intenzioni consapevoli degli utenti, in cui la soggettività politica si trasforma negli ambienti digitali in modalità differenti d’importanza (Bimber, 2003 a; Heim, 1998). Di fatto le reti digitali possono essere usate sia dai governi per governare ma possono anche costituire veri e propri territori operativi “dotati di discorsi e

pratiche culturali proprie” (Lievrouw, Livingstone, 2011, p.307), andando oltre la sovranità territoriale degli Stati-nazione (Mattelart, 1994). La “cittadinanza della rete” non conosce i confini della “cittadinanza tradizionale, poiché la rete è più estesa di qualunque città” (Bimber, 2003). Inoltre la commercializzazione del cyberspace sta ridefinendo le realtà politiche della vita on line (Virilio, 1995). Nuovi valori di interazione sono dati dai mercati virtuali e dal commercio elettronico ridefinendo lo stato iperreale e cyberspaziale (Leverouw, Livingstone, 2011). Un tecnocrate come Negroponte riconosce che le “potenzialità dell’essere digitali” è “l’ultima grande transizione della modernizzazione” (1995; Liverouw, Livingstone, 2011). Ciò a dire che è impossibile sfuggire alla governance tecnologica, in uno stato “iperreale”119 dove i computer oltre ad essere collegati ad ogni essere umano “colonizzano anche gli altri oggetti per comunicare tra di loro” (Mitchell, 1997). Contenuti liquidi capaci di superare ogni barriera spazio-tempo e che danno vita ad un ipertesto virtuale fatto di link e nodi (ma anche hub cioè connettori tra gli ultimi due), una metanarrazione che avviene in rete, spazio virtuale ove prende forma una subpolis che lascia spazio non solo all’azione collettiva ma anche all’immaginazione. Spazi subpolitici che per Roszak sono forme di un “materialismo digitale” (di rimando al noto materialismo di Karl Marx). In cui una struttura come la rete offre anche possibilità di narrazioni libere, una sovrastruttura di culture riflessive che mettono in atto azioni morali tese al bene comune e a sistemi di relazione in cui corresponsabilmente portare avanti istanze individuali e collettive. Spazi in cui per molti la criticità risiede nel fatto che Bill Gates creatore della Microsoft, e tanti altri come lui, magari più anonimi, stanno organizzando una rivoluzione dai loro desktop (1994). La connettività on line è più di un oggetto anche se non proprio ancora un soggetto che offre un passaporto per entrare in un nuovo modo di vivere (Lievrouw, Livingstone, 2011). Internet è meta-nazionale anche per i suoi programmi: spazio aperto gestito da agenzie telefoniche transnazionali, agenzie di software, agenzie scientifiche nazionali, gruppi tecnico-professionali come da aziende che lavorano nel campo dei media. Bill Gates riconosce che in tale spazio “il mercato globale dell’informazione sarà vastissimo e comprenderà tutti i diversi canali attraverso cui gli uomini si scambiano beni, servizi, idee” (1996, p. 13). Internet di fatto permette di accrescere le regole dell’identità, da un “noi” ontologico inteso nel senso di “chi siamo” ad un “noi” epistemologico nel senso

119 Il sociologo Baudrillard riconosce alla simulazione la riproduzione sociale, che ora avviene attraverso l’elaborazione delle informazioni e della comunicazione e non più organizzandola in base ad una produzione in quanto forma organizzatrice della società e segno esistente nel sistema simbolico, che associa il lavoro allo status di una persona. Così che, l’economia politica perde la propria funzione di categoria interpretativa della modernità, con l’avvento di una società postmoderna, che ha determinato l’introduzione di una “iper-realtà” di simulazioni, in cui predominano le immagini e le attività dei segni, che proliferano producendo incessantemente altri segni. L’iperrealtà dunque diviene un simulacro: immagini che ricevono senso solo da altre immagini e non hanno fondamento in una “realtà esterna”. Di fatto nella società postmoderna la tecnologia sostituisce il capitale, mentre la produzione e la proliferazione di segni simbolici ed immagini simulate sostituiscono la produzione di beni. Una visione “transvalutativa che crea la visione post moderna della nostra cultura”. Nel cyberspazio ci si riferisce in tal proposito anche come “iperbidimensionalità”: nelle blogosfere e per le cyberculture della postmodernità è possibile usare molti nick e avatar, vivere e fantasticare altre vite all’interno di un gioco virtuale e comunitario. Cfr. Mappelli M. M., Lo Jacono R., (2008), Pratiche collaborative in rete. Nuovi modelli di ricerca

di “dove stiamo andando”, che diventa una coscienza per riconfigurare il mondo nel vasto mercato interno per scambi transnazionali che è, probabilmente, l’essenza dell’essere digitali. O come dice Castells, stiamo diventando tutti bit e “la globalizzazione sta semplicemente diventando digitale” (2002). In tale panorama anche il sapere, per Lyotard, assumerà “forma di merce- informazione indispensabile al potere produttivo, continuerà ad essere la più grande scommessa nella competizione mondiale per il potere” (1981, p. 14). I tradizionali obiettivi liberal-umanisti lavorano in mediazione con l’essere digitale attraverso dati, informazioni, conoscenza. L’informazione “on line e off line, viene e verrà prodotta per essere venduta, (…) consumata, per essere valorizzata in un nuovo tipo di produzione: in entrambi i casi l’obiettivo è lo scambio” (Lyotard, 1981, p. 12). Soluzione di ciò è l’accettazione del sistema.

Nonostante oggi si rimanga intrappolati all’interno di un qualche sistema politico, le capacità off line per lo svolgimento di alcune pratiche, come la formazione, l’applicazione e il giudizio delle leggi, di fatto, non possono essere applicate in domini subpolitici on line (Lievrouw, Livingstone, 2011). Così che se anche la rete non raccoglie ogni istanza delinea però nuove forme di relazione tra attori istituzionali e attori collettivi, individualmente intesi. Soprattutto per l’inadeguatezza oltre che indolenza collettiva verso la democrazia nel mondo off line. Relazioni tra attori istituzionali o collettivi che nell’on line possono essere letti come una audience destinata a spettacoli teatrali. Mentre nuove e decisive rivoluzioni, per accrescere i poteri telematici globali, verranno combattute “nelle vesti della normalità” (Beck, 2000). Una quotidianità in cui ogni informazione di ciascun individuo può essere gestita dai potenti detentori delle reti, come nel caso del già citato Microsoft, che è in grado di conoscere gusti, inclinazioni e preferenze di ogni utente-consumatore nel passaggio sui propri spazi virtuali. Definendo, in qualche modo, una “società alternativa” che deriva da una “applicazione microelettrica, della tecnologia genetica e dei mezzi di informazione”. Uno spazio virtuale dove parallelamente uffici, enti statali, cabine elettorali ed enti di servizio divengono siti fisici del potere politico, così come sedi della produzione economica (o anche sedi centrali di società, uffici vendite) e siti destinati ad un consumo personale (quali uffici di brokeraggio, nuove librerie), siti della riproduzione culturale (come biblioteche, centri ricreativi cittadini), possono essere on line allo scopo di ridurre i costi, tagliare il personale, migliorare il servizio e aumentare la soddisfazione del cliente (Lievrouw, Livingstone, 2011). Di fatto la rete telematica offre servizi e applicazione a costi bassi e accessibili a tutti. La maggiore libertà economica che si respira in rete, come il gran numero di beni e servizi che definiscono questa libertà, passa sotto la lente di ingrandimento di chi oltre a godere di tali libertà è consapevole del grande controllo e monitoraggio psicodemografico sia on line che off line.

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