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Dall’ampliamento del volume produttivo alla crisi del 1954-

Cap II: Storia della Titanus

II.5. Dall’ampliamento del volume produttivo alla crisi del 1954-

Gli anni che seguono il successo de I figli di nessuno sono quelli in cui avviene il definitivo consolidamento strutturale dell’azienda: nel 1952 vengono rinnovati gli stabilimenti per il doppiaggio di via Margutta, gli studi (ormai sei) della Farnesina lavorano a ritmo sostenuto63 e a questi ultimi si aggiungeranno poi, nel 1955, altri quattro teatri di posa sulla circonvallazione Appia, che Goffredo Lombardo rileva dalla fallita Scalera (1952); infine, per quanto riguarda il settore dell’esercizio, le sei sale del circuito di Napoli vengono ampliate mediante l’acquisto di altre sei nel capoluogo partenopeo, cui se ne aggiunge in seguito una tredicesima, situata a Salerno. A questa espansione sul piano delle strutture si accompagna anche un’ascesa di Lombardo ai vertici delle associazioni di categoria: già presidente dell’Unione nazionale stabilimenti cinematografici, nel 1953 questi sostituisce il dimissionario Renato Gualino alla carica di presidente dell’Unione nazionale produttori – una mansione che gli apparterrà fino alla chiusura del ramo produttivo della Titanus.

Nello stesso periodo si espande anche il volume produttivo, così che tra il febbraio e il dicembre del 1952 arrivano nelle sale sette film targati Titanus. Naturalmente, la casa di produzione punta sul sicuro con altri due prodotti Labor: un nuovo film interpretato dalla coppia Nazzari-Sanson (Chi è senza peccato…, Raffello Matarazzo) e Menzogna, un rifacimento di un vecchio successo Lombardo Film (La

madonnina dei marinari) che viene nuovamente diretto da Ubaldo Maria del Colle.

Accanto a questi, la Titanus produce altre due opere dedicate al pubblico popolare, ovvero due film comici interpretati da vedette del varietà – Il tallone di Achille (Mario Amendola, con Tino Scotti) ed È arrivato l’accordatore (Duilio Coletti, con Nino Taranto, coproduzione Itala Film) – ma anche tre lavori di maggiore impegno: Ragazze

da marito64, diretto e interpretato da Eduardo De Filippo, tratto da una sua pièce e affine nei toni alle coeve commedie di Zampa; Il cappotto (Alberto Lattuada, coproduzione Faro Film), tratto da Gogol’ e interpretato dall’attore comico Renato Rascel, e infine

Roma ore 11 (Giuseppe De Santis), una coproduzione con la Transcontinental Film

dell’americano Paul Graetz che per cast, scenografie e spettacolarità denuncia, come il film precedente, valori di produzione di alto livello. Da un rapido esame di queste uscite possono emergere già alcune considerazioni in merito alla politica attuata da Goffredo Lombardo nei primi anni della sua attività come presidente della casa: innanzitutto dal punto di vista organizzativo viene posta ancora una certa cautela, dal momento che di questi sei film solamente uno (Il tallone di Achille) viene realizzato dalla sola Titanus, mentre gli altri sono tutti delle coproduzioni con altre case, le quali si sono presumibilmente prese carico di organizzare la produzione dietro una parziale copertura finanziaria da parte della casa di Lombardo; in secondo luogo, questa stessa cautela non impedisce tuttavia che si tratti di una produzione già piuttosto variegata che comporta l’assunzione di alcuni rischi. Pressoché tutti i testi dedicati alla Titanus – così come lo stesso Goffredo Lombardo, quando intervistato – insistono infatti sulla sua politica del doppio binario, sul fatto che la casa negli anni ’50 avrebbe prodotto principalmente film a basso costo dedicati al pubblico popolare cui si sarebbero affiancate, nel decennio successivo, anche opere di maggiore qualità, appartenenti al cinema d’autore; tuttavia un esame ravvicinato del primo quinquennio della produzione della casa rivela una realtà leggermente più complessa. Prendendo in considerazione variabili quali i valori di

63 «Questi ritmi così accelerati di lavoro sono resi possibili anche dalla disponibilità dei teatri di posa

della Farnesina, che lavorano a pieno regime anche per altre Case italiane (18 sono i film ospitati nel 1948, diventeranno 24 nel 1952 e 45 nel 1954)». (Bernardini – Martinelli [1986] 2004, 104).

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produzione – che non sono necessariamente una diretta funzione dei costi, ovvero del capitale impiegato, dal momento che i soldi possono essere spesi bene o male e che, al di là di certe macroscopiche evidenze, una produzione organizzata in maniera particolarmente efficiente può, specie in Italia, rendere più dei mezzi a propria disposizione – e in particolare la presenza di star di grande richiamo, ma anche altri fattori come il pubblico di destinazione – le sale di prima, seconda, terza visione o tutte quante insieme, frazionate nei diversi percorsi compiuti dalle pellicole a noleggio – si può formulare un’ipotesi di pianificazione produttiva differente, articolata su tre strati65. Di questi tre livelli, quello mediano è rappresentato dai film del trio Matarazzo-Nazzari- Sanson – che nonostante il loro carattere di cinema popolare possono contare su attori di sicuro richiamo e hanno già dato prova di buona tenuta in tutti e tre i circuiti – ma anche da operazioni più sofisticate come il film di De Filippo, mentre quello inferiore è occupato contemporaneamente da film concepiti sulla falsariga di quelli diretti da Matarazzo come Menzogna – che può contare sulla presenza divistica della sola Sanson ed è girato prevalentemente in esterni – e da film interpretati da collaudati attori del varietà, che sul grande schermo sono però quasi degli esordienti, come Tino Scotti (Il

tallone di Achille) o Nino Taranto (È arrivato l’accordatore). Infine, vi è una fascia alta

che ospita opere che ambiscono a riconoscimenti internazionali – Il cappotto e Roma

ore 11 vengono presentati rispettivamente a Cannes e a Locarno – dirette da registi che

si sono già assicurati un certo prestigio ma provengono contemporaneamente da lavori di buon impatto commerciale – Lattuada aveva appena realizzato il fortunato Anna (1951), mentre anni prima De Santis aveva ottenuto ragguardevoli risultati con Riso

amaro (1949) – e che potenzialmente potrebbero far presa anche sul pubblico popolare: Il cappotto principalmente per l’interpretazione dell’attore comico Renato Rascel; Roma ore 11 per il carattere melodrammatico, la spettacolarità di alcune sequenze e un cast

che presenta un buon numero di star (Vallone, Girotti, Del Poggio, Bosé)66. Si tratta di una politica che rimarrà una costante della Titanus per buona parte della sua storia, e che viene riflessa anche da alcune scelte operate nel settore distributivo: si vedano in proposito le uscite della prima metà del decennio, che vedono affiancare a un film evidentemente destinato al mercato di profondità come Pentimento (Enzo Di Gianni, 1952, produzione Eva Film) opere più sofisticate come il film a episodi Questa è la vita (Pastina, Soldati, Zampa, Fabrizi, 1952, produzione Fortunia Film) o anche coproduzioni ambiziose e rischiose come Viaggio in Italia (Roberto Rossellini, 1954, produzione Italia Produzione Film/Junior Film/Sveva Film/Ariane/Francinex/S.G.C.); ma anche al rapporto continuativo che viene intrattenuto con la sfortunata Trionfalcine, capace di licenziare nello stesso 1955 un tardo film di cappa e spada come Il principe

della maschera rossa (Leopoldo Savona) e il prestigioso Le amiche (Michelangelo

Antonioni), entrambi distribuiti dalla Titanus.

Tornando al ramo produttivo della casa, il 1953 segna per Lombardo l’esordio all’interno del regime delle coproduzioni: degli undici film realizzati quest’anno dalla casa, tre sono in coproduzione maggioritaria – Bufere (Guido Brignone, produzione Titanus/Daunia con la francese S.G.C.), Noi peccatori (Guido Brignone, produzione Titanus/S.G.C.) e Africa sotto i mari (Giovanni Roccardi, coprodotto con la britannica Phoenix) – mentre due sono in coproduzione minoritaria – Quand tu liras cette lettre

65 È quello che per esempio fa P

ARIGI (1986, 56), tenendo però presente soprattutto la produzione di fine decennio, quando afferma: «La propria struttura di industria a ciclo completo [consente alla Titanus] di attuare una politica articolata su più fronti: il prodotto a basso costo, per il mercato nazionale, la produzione di medio impegno finanziario da attuarsi in coproduzione per il mercato europeo, e il grande film spettacolare con la compartecipazione del capitale americano per la circolazione internazionale.

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(Labbra proibite, Jean-Pierre Melville, produzione Titanus/Daunia insieme alle francesi Jad Film/Lux Compagnie Cinématographique de France/S.G.C.) e Les trois

mousquetaires (André Hunebelle, realizzato con le francesi Pathé Consortium

Cinéma/S.G.C.). Si tratta di una proporzione che verrà mantenuta nel corso dei restanti dieci anni di attività produttiva della casa: dei circa 109 film che vengono prodotti da questo momento in poi, ben 64 vengono realizzati in partecipazione con case estere, europee o americane. Ma il quadro delle coproduzioni del 1953 è illuminante anche per un’altra ragione: in primo luogo, appare chiaro come la Titanus inizi fin da subito con coproduzioni che sono tali solamente a livello finanziario, dal momento che i tre film nei quali la casa è coinvolta in via maggioritaria non hanno praticamente nulla di francese o britannico67; d’altra parte la stessa S.G.C. (Société Générale de Cinématographie), che realizza esclusivamente film in coproduzione minoritaria e che partecipa a moltissimi film della Titanus, i quali a loro volta hanno spesso fortissimi caratteri italiani, come Pane, amore e…, è una compagnia che svolge esclusivamente la funzione di socio di minoranza, in modo da consentire a case di produzione italiane e spagnole di godere degli aiuti statali messi a disposizione dal governo francese68. Allo stesso modo, nei due film realizzati in coproduzione minoritaria la Titanus si limita a far includere qualche attore italiano (oppure operante in Italia) nel cast: principalmente Yvonne Sanson la quale appare, oltre che in entrambi questi film, anche in Star of India (La stella dell’India, 1954, coproduzione con la britannica Raymond Stross Productions), ma anche Irene Galter (Quand tu liras cette lettre) o Gino Cervi (Les trois

mousquetaries). Un altro elemento interessante delle coproduzioni minoritarie della

Titanus – che dal 1954 fino alla fine del decennio si interrompono per riprendere negli anni ‘60 – consiste nel fatto che si tratta spesso di film appartenenti a generi lontani dal resto del suo catalogo: per esempio il film avventuroso di cappa e spada (Les trois

mousquetaires, Star of India) è più vicino alla produzione Lux del decennio precedente,

e non coinvolgerà in prima istanza la casa di Lombardo almeno fino al volgere del decennio.

Entrando nel merito dei singoli generi, il 1953 segna contemporaneamente l’apice quantitativo della produzione melodrammatica della Titanus – oltre a Bufere escono Noi peccatori, Quand tu liras cette lettre e Legione straniera (Basilio Franchina), mentre si tratta dell’unico anno in cui non escono film realizzati da Matarazzo per la Titanus/Labor – e l’inizio di un ciclo di commedie che nel corso del decennio diventerà la nuova produzione di punta della casa. Esce infatti Pane, amore e

fantasia (Luigi Comencini), i cui incassi arriveranno in breve alla soglia del miliardo di

lire, così che la Titanus, seguendo l’esempio dei Don Camillo di Rizzoli, decide di trasformare il film in una serie i cui episodi successivi avranno un successo non inferiore al capostipite. Parallelamente, nello stesso anno la Titanus licenzia anche due film tratti da riviste teatrali di successo: Tarantella napoletana e Attanasio cavallo

vanesio, entrambi diretti da Camillo Mastrocinque, il secondo dei quali segna la

prosecuzione del rapporto tra la Titanus e Renato Rascel, che durerà fino alla prima metà degli anni ’60. Il film-rivista è un tipo di produzione sostanzialmente marginale rispetto ai listini della casa e si arresterà l’anno successivo con la comparsa di un solo altro esemplare (Alvaro piuttosto corsaro, Camillo Mastrocinque); allo stesso modo,

67 A parte la presenza di Jean Gabin e Sérge Reggiani in Bufere (all’interno del quale, peraltro, non

interpretano personaggi di nazionalità francese); in Africa sotto i mari, inoltre, coproduzione con il Regno Unito, l’unico attore straniero è l’americano Steve Barclay.

68 D’altra parte, quella Lux Compagnie Cinématographique de France che partecipa a Quand tu liras cette

lettre altro non è che una filiale transalpina della Lux Film di Gualino, creata per le stesse ragioni. Cfr.

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marginale è anche l’esperienza di Africa sotto i mari: un film avventuroso che fa da mera cornice a sequenze documentarie sulla vita sottomarina69, e che è passato alla storia per un effimero primato – é il primo film in cui Sophia Loren utilizza il proprio nome d’arte – ma è destinato a non avere successori all’interno delle produzioni Titanus70.

Il 1953 è quindi per la Titanus un anno dedicato alla sperimentazione di nuove formule, che vengono sostenute dal permanere, all’interno del listino, di quei melodrammi che in questo periodo continuano ad assicurare buoni incassi; le imprese più ardite, in questo senso, sono due film che da una parte segnano la conclusione dei blandi rapporti che la casa ha intessuto con il neorealismo, dall’altra avviano una collaborazione con la Film Costellazione di Turi Vasile: Il sole negli occhi, esordio alla regia di Antonio Pietrangeli, e Siamo donne (Guarini, Franciolini, Rossellini, Zampa, Visconti), un film a episodi ideato da Zavattini e interpretato da quattro dive del cinema italiano e internazionale (Alida Valli, Ingrid Bergman, Isa Miranda e Anna Magnani). Si tratta di due film rischiosi, che si collocano rispettivamente all’interno della produzione di fascia media (insieme a Pane, amore e fantasia) e a quella di fascia alta della casa. Un ultimo elemento da sottolineare è l’introduzione del colore – che in Italia era stato utilizzato per la prima volta l’anno precedente, in Totò a colori di Steno, produzione Ponti-De Laurentiis – in ben quattro film su undici – Africa sotto i mari (Ferraniacolor),

Tarantella napoletana (Gevacolor), Les trois mousquetaires (Gevacolor) e Attanasio cavallo vanesio (Ferraniacolor) – a dimostrazione della volontà, da parte della Titanus,

di aumentare la spettacolarità e l’appeal dei propri prodotti ricorrendo a tecnologie da poco introdotte sul mercato italiano.

Il 1954, che con le sue dieci uscite raggruppabili sostanzialmente come quelle dell’anno precedente non presenterebbe grosse novità71, è tuttavia segnato da un’operazione di marketing piuttosto abile: sebbene la Titanus sia stata fondata nel 1928, Lombardo retrodata la sua nascita all’anno dell’inizio dell’attività di commerciante di pellicole del padre Gustavo (1904) e festeggia quindi il cinquantenario della casa di produzione. Per l’occasione viene stampata una brochure illustrata che ripercorre le vicende dell’azienda di famiglia, saldando così strettamente l’attività della Lombardo Film a quella della Titanus, mentre il film di maggior prestigio commerciale,

Maddalena (diretto da un anziano Augusto Genina) viene lanciato come il film del

cinquantenario.

Si tratta di una delle molte iniziative auto-celebrative con le quali Goffredo Lombardo cercherà di attribuire alla propria casa di produzione un prestigio consono alla sua dimensione industriale, sebbene nei pochi anni di effettiva attività essa non avesse ancora conseguito quella rispettabilità che, per esempio, la Lux si era già guadagnata sul campo. Tuttavia il 1954 è anche l’anno in cui la crisi comincia a farsi

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Goffredo Lombardo è infatti appassionato di pesca subacquea: coprodurrà anche il documentario Il

mondo del silenzio (Jacques Yves Cousteau, Luis Malle, 1956) e pubblicherà la rivista «Mondo

sommerso» per le edizioni Cronograph, di sua proprietà.

70 Oltre a questo e al film di Cousteau la casa di Lombardo produrrà solamente un altro documentario,

India favolosa (Giulio Macchi, 1954), sebbene anche Ti-Kojo e il suo pescecane (Folco Quilici, 1962) sia

incentrato su di una fusione tra fiction e riprese naturalistiche.

71 Escono infatti tre film riconducibili al melodramma – La spiaggia (Alberto Lattuada), Maddalena

(Augusto Genina), caratterizzati entrambi da valori di produzione evidentemente fastosi, e Torna! (Raffaello Matarazzo), tutti a colori; una commedia che prosegue il grande successo di Pane, amore e

fantasia, Pane, amore e gelosia (Luigi Comencini); tre film-rivista – Alvaro piuttosto corsaro, Café chantant e Le vacanze del sor Clemente, tutti di Camillo Mastrocinque; i già citati India favolosa e La stella dell’India e un film di Lattuada molto personale e solo lontanamente accostabile alla commedia

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sentire e sebbene l’anno successivo, che segna anche il definitivo sorpasso della commedia sul melodramma72, escano ancora sette film, il 1956 è segnato da un’evidente flessione: sono infatti solo quattro i film in uscita73, tra cui Montecarlo, diretto da Sam Taylor e Giulio Macchi, interpretato da Marlene Dietrich, Vittorio De Sica, Renato Rascel e Misha Auer, e prodotto in compartecipazione con una casa americana, la United Artists. Lombardo è infatti uno di quei produttori che, nonostante il fallimento dell’esperienza dell’IFE, non hanno perso la speranza di stringere accordi che li portino a penetrare nel mercato statunitense: vi sono per esempio riusciti Ponti e De Laurentiis i quali, dopo avere realizzato Ulisse (Mario Camerini) e Attila (Pietro Francisci) – entrambi coprodotti con l’ex casa madre Lux nel 1954 e circolati con successo nei mercati internazionali – hanno imbastito la superproduzione Guerra e pace (Henry King, 1955) insieme alla Paramount Pictures. Anche la Titanus, che ha ormai impostato una produzione dal volume rilevante, in questi anni manifesta interesse per iniziative simili, e Bernardini e Martinelli ([1986] 2004, 162) riferiscono infatti che Lombardo

nel 1954, al ritorno da un viaggio negli Stati Uniti, annuncia una serie di accordi e di progetti di cui è già avviata la realizzazione: un film da girare in America con Sordi protagonista, un Goya di Alberto Lattuada da girare in Spagna, il kolossal biblico Sodoma e Gomorra e la riduzione di un noto romanzo di Bruce Marshall, La sposa bella.

Per il momento, tutti questi progetti rimangono sulla carta. Tuttavia, una volta passata la bufera della crisi, quasi tutti i titoli annunciati vedono la luce nel giro di un lustro: il film su Goya viene realizzato senza Lattuada e insieme alla Columbia – diventerà La Maja desnuda (The Naked Maja, Henry Koster, 1958) – La sposa bella (The Angel Wore Red, Nunnally Johnson, 1960) viene coprodotto dalla MGM, mentre

Sodoma e Gomorra (Robert Aldrich) vedrà la luce soltanto nel 1962).74 Farassino (2004, 412) osserva come la determinazione con cui Lombardo insiste nell’inseguire questi progetti, a distanza di anni dalla loro formulazione iniziale, sia «ammirevole e insieme preoccupante, perché indica una tendenza al gigantismo produttivo che rischia di diventare incontrollabile»: tuttavia, essa va contestualizzata all’interno della svolta che il produttore vuole imprimere alle uscite della casa.