• Non ci sono risultati.

Capitolo III: I modi di produzione della Titanus negli anni della gestione di Goffredo Lombardo

III.5. La forza lavoro

La Titanus, come si è più volte sottolineato, ha una struttura piuttosto vasta che include, oltre al ramo produttivo, anche un settore dedicato alla distribuzione con 13 agenzie, teatri di posa e studi di sincronizzazione, sale cinematografiche e la tipografia Cronograph – cui si aggiungeranno, nella seconda metà degli anni ’50 e all’inizio degli anni ‘60, le attività legate all’industria musicale.

116 Zurlini, che con la compagnia aveva realizzato tre film e avrebbe dovuto realizzarne un quarto,

attribuisce il fallimento della casa proprio alla sua struttura sovradimensionata e alla rincorsa al mercato americano: «Lombardo conobbe un clamoroso crack, proprio verso la metà degli anni Sessanta. Il crack fu dovuto tutto ai suoi torti. Li vogliamo specificare? Lombardo aveva un impero inutile, nel senso che aveva una organizzazione elefantiaca, molta gente non controllata. Non era, come comandante, un buon controllore dell’esecuzione degli ordini. Aveva per lo meno 50 o 60 persone più del necessario. […] Aveva proprio un impero, teatri di posa che non servivano… E poi tutto, se vogliamo, tutti i mali del cinema italiano, dipendono dal fatto che a un certo momento questi stupidi che sono i produttori italiani hanno creduto di potere imbrogliare la produzione americana o, peggio ancora, di poterle fare concorrenza.» (FALDINI –FOFI 1981, 61).

77

Ognuno di questi settori impiega una quota di personale fisso, che va a costituire quel totale di quasi quattrocento dipendenti che si trova sotto contratto con l’azienda al momento del crack; vi è poi una porzione di forza lavoro che viene assunta di volta in volta, in base alle singole produzioni. Non si hanno documenti relativi al personale regolarmente impiegato dagli stabilimenti della casa: tuttavia, tutto porta a pensare che essa si comporti come le aziende concorrenti, e che tenga cioè sotto contratto solamente il personale indispensabile alle costruzioni delle scene, assumendo di volta in volta il personale più specializzato che compone le singole troupe117. Lo stesso avviene per i comparti artistici: una delle principali differenze tra i modi di produzione dell’Italia post-bellica e della Hollywood classica consiste nel fatto che le società italiane non hanno l’abitudine di tenere sotto contratto registi, sceneggiatori, tecnici specializzati o attori, nemmeno quando questi ultimi hanno raggiunto – o hanno le potenzialità per raggiungere – uno status divistico. Le ragioni sono molteplici: un volume produttivo che inizialmente è troppo basso per giustificare spese fisse per i comparti artistici o per le troupe, l’assenza – almeno fino alla prima metà degli anni ’50 – di una reale pianificazione produttiva che giustificherebbe l’impiego continuato dei singoli quadri, infine il fatto che, come sostiene Goffredo Lombardo in un’intervista (Barlozzetti 1986, 30) «gli italiani, quando si sentono garantiti, tendono a disimpegnarsi, non hanno più stimoli». Perciò, anche nel caso di cicli di lunga durata, come quello dei melodrammi di Matarazzo, la Titanus tende piuttosto a utilizzare dei meccanismi che prevedono, nei confronti degli attori protagonisti, un sistema di opzioni sul film successivo: per esempio Yvonne Sanson, che tra il 1949 e il 1955 lavora quasi esclusivamente nelle produzioni Labor o Titanus – con una frequenza che farebbe pensare fosse sotto contratto e stipendiata, viste le numerosissime piccoli parti che svolge anche nelle coproduzioni minoritarie con la Francia o l’Inghilterra – viene in realtà ingaggiata per ogni singola produzione.

Questa pratica tende a mutare negli anni immediatamente successivi alla fine della crisi del 1954-1956, quando le case superstiti di grosse dimensioni – sostanzialmente la Titanus, la Rizzoli e la De Laurentiis – tendono ad aumentare il volume produttivo, a incrementare la standardizzazione dei prodotti118 e a puntare sulle nuove leve per abbassare i costi di realizzazione119.

Nel caso della Titanus questa svolta interviene dopo il boom degli incassi di

Poveri ma belli. Sebbene Lombardo, come si è visto, avesse dichiarato nelle conferenze

stampa un costo di realizzazione molto più basso di quanto non fosse documentato sul consuntivo presentato alla Direzione generale cinema, non bisogna dimenticare che il

117

Come riferisce ANGELI (1979, 53) all’interno di un saggio sulla forza lavoro dell’industria italiana tra gli anni ’30 e gli anni ‘70: «Dopo la ripresa bellica i componenti delle troupe non vengono più reintegrati nei posti di lavoro e negli stabilimenti che via via andavano riaprendo i battenti; rientravano soltanto i pochi e indispensabili addetti alle costruzioni delle scene, mentre tutti gli altri […] si organizzano a gruppi intorno ai singoli teatri di posa». Quella descritta da Angeli costituisce una forma di protezione del lavoro che fa sì che i diversi nuclei di tecnici di scena si spartiscano quelle prestazioni occasionali che vanno a sostituire l’impiego fisso che caratterizzava i modi di produzione degli anni ’30; una pratica che è destinata a fallire all’inizio degli anni ’50, quando la presenza del capitale americano in Italia e l’inizio delle costosissime lavorazioni per conto genera pratiche inflattive e spezza il fronte dei lavoratori.

118

Come scrive Angeli (1979, 55): «Nella fase di industrializzazione più avanzata del cinema e nel momento di massima espansione, gli industriali tentarono, sulla scorta del modello produttivo anglosassone, di standardizzare la produttività del lavoro. Essi ritenevano che nel nuovo sistema di mercato fortemente integrato fosse possibile pensare al cinema come una fabbrica automizzata e perciò in grado di operare indipendentemente dalle influenze e dai condizionamenti esterni.»

119 Una significativa eccezione è costituita dal tycoon De Laurentiis che, nella prima metà degli anni ’60,

lega a uun contratto in esclusiva nientemeno che l’attore Alberto Sordi, allora all’apice della propria popolarità.

78

film segna comunque una svolta dal punto di vista delle spese per gli ingaggi degli attori protagonisti: l’intero cast (inclusi generici e comparse) costa alla produzione la somma di L. 19.713.877120, ovvero molto meno dei 30 milioni di lire che costituivano il cachet della sola Gina Lollobrigida in Pane, amore e gelosia (nello stesso film, l’onorario di Vittorio De Sica ammontava invece addirittura a L. 50.000.000)121. In questa occasione la Titanus decide anche di stipulare un contratto settennale con uno dei giovani attori presenti nel film, Renato Salvatori, che viene utilizzato incessantemente fino al fallimento della casa122, mentre nello stesso periodo vengono messi sotto contratto – mediante una formula che prevede il rinnovo annuale – anche alcuni sceneggiatori come Massimo Franciosa e Pasquale Festa Campanile (autori dello script del film di Risi) o Giorgio Prosperi. Si tratta evidentemente di un altro segnale di quel tentativo, messo in pratica dalla Titanus e da altre compagnie concorrenti, di conformare la struttura e le pratiche produttive al modello hollywoodiano: un’operazione che, anche in questo caso, risulta anacronistica e viene attuata in maniera imperfetta, dal momento che la scelta di mettere sotto contratto solo una parte del personale artistico non può non sollevare questioni in merito all’arbitrarietà delle singole decisioni e all’esistenza o meno di una strategia complessiva all’interno della quale queste ultime andrebbero contestualizzate.

Per quanto riguarda il personale fisso, va infine menzionato il rapporto che la Titanus intrattiene con Mario Serandrei, che va al di là di qualsiasi forma di contratto in esclusiva. Goffredo Lombardo tiene moltissimo al montaggio dei propri film, tanto che è l’unica fase della lavorazione che tiene a supervisionare personalmente: il fatto che Serandrei monti la quasi totalità dei film realizzati dalla compagnia dimostra perciò quanto il produttore nutrisse una fiducia assoluta nel colto montatore123, l’unico quadro tecnico che sembra essere insostituibile per la compagnia.