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Cap II: La genesi del melodramma Titanus

II.3. Vendere Catene

Il film costituisce quindi una delicata operazione, nella quale istanze provenienti da forme spettacolari tradizionali (la sceneggiata) si fondono con le istanze del cinema classico e con le innovazioni portate dal neorealismo – un’operazione della quale va probabilmente ritenuto responsabile l’esperto sceneggiatore Aldo De Benedetti, che ha rielaborato il materiale originario potenziandone il personaggio femminile. In questo contesto va anche rilevato il rapporto che il film intrattiene con le forme di un altro medium a diffusione popolare il quale, a differenza della sceneggiata, ha le caratteristiche di un prodotto della moderna industria culturale. Catene presenta infatti diversi punti di contatto con l’universo del fotoromanzo, e in particolare con la rivista simbolo di questo mezzo espressivo, «Grand Hôtel», fondata dai fratelli Del Duca nel 1946. In una già citata monografia sull’argomento Lucia Cardone esamina i numerosi punti di contatto che intercorrono tra i due mezzi espressivi: l’universo della rivista, in particolare, si offre come un «prolungamento dell’esperienza cinematografica» (Cardone 2004, 27) e già nella copertina del primo numero presenta una coppia di innamorati che si recano in una sala cinematografica. Allo stesso modo, il titolo del

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fumetto211 a puntate che viene presentato in quello stesso numero, Anime incatenate, richiama inevitabilmente il film di Matarazzo che uscirà tre anni dopo, così che il legame tra i due mezzi espressivi si configura come un sistema di scambi reciproci.

Tuttavia è difficile rinvenire all’interno del testo del film, che come si è visto è piuttosto composito, degli elementi prelevati direttamente dal mondo del fotoromanzo o del fumetto; i due media sembrano piuttosto condividere un comune universo di riferimento – quello della letteratura “rosa” – che nel caso di Catene si aggiunge agli altri universi discorsivi già delineati. È tuttavia al di fuori del livello testuale che è possibile individuare dei legami decisamente più diretti: in particolare nel marketing messo in campo dalla Titanus per pubblicizzare il film, che punta ad attrarre le lettrici della riviste. In primo luogo il titolo «Catene», con cui è stato distribuito il film, non è quello di lavorazione: infatti nella copia della revisione cinematografica preventiva, conservata presso l’Archivio Centrale dello Stato, il film è citato con il titolo Bufera

d’amore, mentre nel contratto212 stipulato nel novembre 1948 tra la Labor Film e De Benedetti il film è intitolato Passione213 e quindi il titolo finale è da considerarsi come un tentativo di riportare alla memoria degli spettatori il primo fumetto a puntate della rivista, che si era da poco concluso, e utilizzarlo come un elemento di richiamo. In secondo luogo, il layout delle fotobuste del film richiama esplicitamente la grafica dei fotoromanzi: le foto di scena del film sono infatti sormontate da didascalie scritte con un lettering affine a quello utilizzato da «Grand Hôtel», che commentano l’azione oppure riproducono un’ideale battuta di dialogo. Tuttavia, il linguaggio utilizzato è molto più carico e pieno di elementi connotativi rispetto a quello, assai neutro, parlato dai personaggi del film: ciò evidenzia ancora una volta l’intenzione di attrarre i lettori abituali della rivista. Si tratta di un’impostazione che verrà condivisa anche dalle successive collaborazioni tra la Titanus e la Labor Film, almeno fino a Menzogna (Ubaldo Maria Del Colle, 1952) e che evidenzia, al di là dei soli elementi testuali, la profonda coerenza espressiva della serie.

Conclusioni

Il film di Matarazzo occupa un ruolo centrale per la definizione del melodramma postbellico italiano, e questo avviene grazie alla sua capacità di mediare tra elementi provenienti dal contesto regionale (le vedute di Napoli, la struttura e le canzoni della sceneggiata), nazionale (la rappresentazione del mondo criminale e il trattamento degli ambienti, che rimandano al neorealismo) e internazionale (la semantica e la sintassi del melodramma europeo e statunitense). Nel fare questo il film fissa delle coordinate imprescindibili anche al di fuori del genere, perché saldamente radicate nella cultura italiana del periodo, come il trattamento contraddittorio (sospeso tra i poli della Madonna e della prostituta) riservato al personaggio femminile, che rimane comunque il fulcro attorno al quale si sviluppa la narrazione. Quest’ultima è caratterizzata – in concordanza con le esigenze del genere melodrammatico – da una prevalenza della dimensione passionale rispetto a quella cognitiva e, soprattutto, a quella pragmatica; inoltre, la componente passionale si rivela essere centrale nelle sequenze caratterizzate dalla preminenza delle attrazioni sulla narrazione, nelle quali assumono un ruolo determinante le canzoni, che permettono di individuare delle alternative nazionali al

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Fino al 1947 la rivista pubblica infatti ancora soltanto fumetti, anziché i fotoromanzi per i quali è diventata celebre.

212 Per entrambi i documenti cfr. ACS., Min. T. S., DG Cinema, CF 811.

213 Un ringraziamento a David Bruni, che ha gentilmente fornito preziose indicazioni in merito alla

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cinema musicale d’oltreoceano. Infine, il trattamento degli spazi è luogo di una difficile mediazione tra spinte opposte: quella di costruire uno sfondo neutro sul quale far muovere i personaggi, quella di legarsi alla contemporanea estetica neorealista calcando la mano sugli ambienti popolari e sull’uso di set autentici, infine quella di offrire una rappresentazione oleografica del contesto napoletano dal quale proviene la casa di produzione.

Con Catene la Titanus inizia un processo di definizione della propria estetica che prosegue non solo con gli altri due film della trilogia di Matarazzo e con le altre opere da lui realizzate per la casa di produzione, ma anche con il successivo sviluppo dell’intero edificio del melodramma Titanus.

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Cap. III: La trilogia di Matarazzo e la ricerca di una