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La fine degli anni ’50: la politica del basso costo e l’espansione in altri settor

Cap II: Storia della Titanus

II.6. La fine degli anni ’50: la politica del basso costo e l’espansione in altri settor

In un articolo apparso sulla rivista «Cinemundus» Lombardo (1956) esamina le cause della crisi da poco passata: secondo la sua valutazione, essa non è stata tanto – o quantomeno, non soltanto – una conseguenza del vuoto legislativo, quanto del

72 Quest’ultimo genere è infatti presente soltanto con L’angelo bianco (Raffaello Matarazzo, seguito de I

figli di nessuno) e, parzialmente, anche con il film-canzone di ambientazione napoletana Quando tramonta il sole (Guido Brignone); la commedia è invece rappresentata da Il segno di Venere (Dino Risi), Un eroe dei nostri tempi (Mario Monicelli, coproduzione con la Vides), La bella mugnaia (Mario

Camerini, coproduzione con la Champion di Carlo Ponti) e Pane, amore e… (Dino Risi). Il bidone (Federico Fellini) è invece l’unico film a far parte della produzione di fascia alta della casa, mentre tra quelli citati precedentemente soltanto Quando tramonta il sole andrebbe inserito in quella di fascia bassa, a dispetto del formato scope e del colore. Solamente due di questi sette film sono in coproduzione.

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Oltre alle commedie Mio figlio Nerone (Steno, in coproduzione con la Vides di Franco Cristaldi e la francese Les Films Marceau) e Montecarlo (Sam Taylor e Giulio Macchi), le uscite del 1956 comprendono l’ultimo melodramma realizzato dalla casa senza Matarazzo, Difendo il mio amore (Giulio Macchi, ancora in coproduzione con la Les Films Marceau) e Totò, lascia o raddoppia? (Camillo Mastrocinque, l’unico film dell’anno realizzato senza partner stranieri).

74 Alle compartecipazioni con le case americane vanno aggiunti anche Arrivederci Roma (Seven Hills of

Rome, Roy Rowland e Mario Russo, 1957) e Olympia (A Breath of a Scandal, Michael Curtiz, 1960),

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persistente problema del rischio insito nel crescente divario tra costi e rendimenti delle pellicole – dovuto, tra le altre cose, alle innovazioni tecnologiche affrontate di recente ma anche alle difficoltà che, in un clima di sovrapproduzione, i singoli prodotti incontrano per emergere e ottenere visibilità. La proposta di Lombardo, finalizzata alla riduzione del rischio, consiste in una produzione ripartita in tre fasce, caratterizzate ciascuna da modelli produttivi differenti: la prima, dedicata principalmente al mercato interno e caratterizzata da forti tratti nazionali, verrebbe realizzata in proprio dalle singole società o in collaborazione tra diverse case italiane, purché si tratti di soggetti qualificati e non di realtà sorte a fini speculativi; la seconda, improntata a una produzione media per ambizioni e valori di produzione, sarebbe destinata al mercato europeo e potrebbe contare sugli indispensabili accordi di coproduzione per effettuare una ripartizione del rischio tra compagnie di diverse nazionalità, come avviene regolarmente per i film realizzati con la Francia; infine la terza, destinata al pubblico internazionale nel senso più ampio del termine, verrebbe realizzata con la collaborazione delle majors americane, sull’esempio di Guerra e pace.

La produzione Titanus non si conformerà mai compiutamente a questo schema, in particolare per quanto riguarda le pochissime coproduzioni con gli Stati Uniti le quali, in genere, non saranno altro che delle produzioni per conto75; tuttavia la relazione di Lombardo è significativa per due ragioni: in primo luogo perché evidenzia l’esigenza di correggere la rotta dopo che, per effetto della crisi, la Titanus si è trovata a essere una delle poche grandi case rimaste attive nel settore della produzione; in secondo luogo, perché bisogna rilevare che a breve vi sarà un’effettiva riforma delle fasce produttive della casa, anche se non nel senso qui indicato. A mutare saranno soprattutto i prodotti dedicati al mercato interno sui quali, in questa occasione, Lombardo si pronuncia in modo ancora piuttosto vago, limitandosi a fare riferimento a una produzione «intesa a salvaguardare le più gelose tradizioni del cinema, di quel tipico inconfondibile cinema italiano che per originalità, stile, dignità e prestigio ci ha aperto le vie del mondo.» (Lombardo [1956] 1986, 71).

È invece in una conferenza stampa dell’Unione nazionale produttori, tenutasi a Milano nell’estate del 1956, che Lombardo enuncia con maggiore precisione il suo progetto di film a basso costo per il mercato interno: si tratterebbe di realizzare sette (o più) piccoli film all’anno, di modesto impegno produttivo – Lombardo ipotizza un costo complessivo di circa 80 milioni di lire per ciascuna pellicola e una formula che prevede finanziamenti provenienti da un consorzio di sette o più case, al fine di suddividere spese e rischi – ma caratterizzati da alti meriti artistici. Il patron della Titanus avrebbe poi precisato – secondo la testimonianza di Lisi (1956) – che i tagli sul budget sarebbero avvenuti soprattutto a livello di comparti artistici quali attori e registi, ma avrebbero riguardato anche alcune costose tecnologie come il colore o il formato panoramico, mentre come modelli di elevata qualità artistica sarebbero infine stati citati gli esempi de Il tetto (Vittorio De Sica, 1956, distribuito dalla Titanus) e de Il ferroviere (Pietro Germi, 1956). La prima osservazione da farsi, rispetto al progetto complessivo che Lombardo va delineando nei suoi interventi, è che l’idea di pianificazione produttiva da lui teorizzata prevede, sul piano strettamente economico, una polarizzazione dei prodotti: da una parte film medio-alti e grosse produzioni da realizzarsi in entrambi i casi con partner stranieri; dall’altra, una produzione medio-bassa per valori di produzione – ma non per ambizioni di carattere estetico-culturale – da realizzarsi minimizzando il rischio attraverso dei conglomerati di case produttrici – un progetto che

75 Nel caso di La maja desnuda, per esempio, la Titanus si limita a organizzare una produzione i cui

comparti artistici – con l’eccezione di Amedeo Nazzari – sono stati scelti dalla controparte americana, e lo stesso avviene per La sposa bella e Olympia.

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andrebbe ad alterare pesantemente quella produzione tripartita che ha caratterizzato la Titanus nei suoi primi sette anni di vita, ma che è in qualche modo coerente con gli sviluppi del mercato internazionale. In secondo luogo, è inevitabile osservare come queste dichiarazioni di Lombardo sembrino prefigurare quell’operazione “giovani autori” che caratterizzerà le strategie della casa – anche e soprattutto sul piano pubblicitario – al volgere del decennio: come se il produttore avesse prefigurato la potenzialità commerciale di film come Piace a troppi (Et Dieu… créa la femme, Roger Vadim, che sarebbe uscito soltanto alcuni mesi più tardi), oppure di quella nouvelle

vague che sarebbe esplosa soltanto a partire dal 1959.

Di certo, il primo risultato concreto della nuova politica produttiva della Titanus è quanto mai differente da questi ultimi esempi: secondo quanto riferisce Gandin ([1956] 1986, 74) – che da tempo conduce sulle pagine di «Cinema nuovo» una campagna a favore di film dai bassi valori di produzione ma dall’alta qualità artistica – a gennaio «in una saletta di via Margutta Goffredo Lombardo [presenta] il primo di una serie di film a basso costo. Titolo: Poveri ma belli. […] Spesa complessiva: 62.671.245 con una differenza in più sul preventivo di lire 246.245». La produzione a basso costo per il mercato interno della Titanus sarebbe quindi inaugurata da una commedia non dissimile nei toni da quelle realizzate dalla casa nella prima metà del decennio, diretta però da un regista già esperto ma non ancora affermato, scritta da una coppia di giovani giornalisti privi di un significativo curriculum cinematografico (Massimo Franciosa e Pasquale Festa Campanile) e interpretata da un cast di attori quasi esordienti: elementi che spiegherebbero il bassissimo costo di realizzazione. La confezione del film è comunque estremamente curata, così che l’opera – al di là dei contenuti – non può che raccogliere l’ammirazione della stampa, compreso l’intransigente «Cinema nuovo» che, normalmente, è piuttosto ostile a questo genere di film; un’ammirazione che verrà confermata quando, nel giugno dello stesso anno, al congresso della Titanus Lombardo divulgherà le sue previsioni riguardanti gli incassi del film, che nonostante i bassi costi di realizzazione arriverà effettivamente a guadagnare un miliardo di lire76.

Tuttavia questo profluvio di dati non corrisponde necessariamente al vero: innanzitutto, bisogna ricordare che Poveri ma belli è una coproduzione, e gode dell’apporto finanziario della solita Société Générale de Cinématographie (una partecipazione minoritaria al 30%), così che appare difficile pensare che si tratti di un prodotto destinato soltanto al mercato interno; ma soprattutto, il consuntivo di lavorazione depositato presso la Direzione Cinema del Ministero del Turismo e dello Spettacolo, oggi consultabile presso l’Archivio Centrale dello Stato77, presenta una realtà assai differente, dal momento che il costo di realizzazione riportato è di L. 157.228.699 (comprensivo dei circa 7 milioni di lire necessari per l’edizione del film), a fronte di un preventivo di L. 166.165.000: in pratica, Poveri ma belli è sempre stato fin dal suo concepimento un prodotto di fascia media – o al limite medio-bassa – e va quindi a occupare, all’interno del listino della Titanus, il posto che nella prima metà del

76 Un trafiletto non firmato apparso sul Corriere della Nazione il 16 giugno del 1957 sottolinea questi

mirabili risultati e riporta le affermazioni di Lombardo inerenti il futuro delle politiche produttive della Titanus: «Lombardo ha dichiarato: “Abbiamo prodotto Poveri ma belli che è costato 72 milioni di lire: in un anno di sfruttamento supererà il miliardo lordo di incassi, dimostrando ancora una volta che il cinema, quando il prodotto è buono, risponde al cento per cento […]”. Il programma futuro della Titanus – ha annunciato Lombardo – è orientato principalmente su due tipi di produzione: un tipo di produzione a basso costo per il mercato italiano, utilizzando nuovi talenti; ed un altro di grandi produzioni in accordo con una celebre Casa di Hollywood».

77 Cfr. Archivio Centrale dello Stato (d’ora in poi ACS), Ministero del Turismo e dello Spettacolo (d’ora

in poi Min. T. S.), Direzione Generale Cinema (d’ora in poi DG Cinema), Copioni e fascicoli (d’ora in poi CF) 2514.

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decennio apparteneva alla serie iniziata con Pane, amore e fantasia, la quale con il suo terzo capitolo (Pane, amore, e…, sempre diretto da Risi) aveva aumentato le attrazioni e i conseguenti costi – colore technicolor e formato cinemascope – senza per questo ottenere una performance al botteghino migliore dei due capitoli precedenti. Le ragioni di una simile discrepanza potrebbero essere rintracciate nella strategia pubblicitaria che la Titanus sta conducendo dalla metà dell’anno precedente: nel divulgare i costi del film, Lombardo potrebbe aver deciso di citare solamente la cifra che, secondo il piano di finanziamento, la casa avrebbe speso di tasca propria78, anziché citare l’importo complessivo dei costi sostenuti comprensivo dei prestiti erogati dalla Sezione autonoma credito cinematografico della Bnl e dal suo fondo speciale; in questo modo, il produttore non avrebbe smentito le proprie affermazioni riguardo una politica del basso costo che, nelle modalità da lui enunciate, non sembra essere ancora praticabile, e avrebbe allo stesso tempo attirato l’attenzione della stampa su di un prodotto che, per quanto gradevole, non presenta caratteristiche di grande rilievo.

Tuttavia, Poveri ma belli e il suo ottimo successo – in fin dei conti il film, a fine sfruttamento, incasserà davvero fino a sei volte il proprio capitale di partenza – hanno davvero l’effetto di condizionare le strategie – e i listini – della casa negli anni immediatamente successivi. Per rendersene conto basta osservare le altre uscite del 1957: il film di Risi debutta in gennaio, e ancora prima della fine della stagione la Titanus – che per il resto ha già in uscita un film di De Santis di impegno medio-alto in coproduzione con la Francia (Uomini e lupi) e un esperimento di horror a bassissimo costo organizzato dalla Athena di Donati e Carpentieri (I vampiri, Riccardo Freda) – riesce a imbastire un’altra produzione che ne sfrutti il successo rimarcando al tempo stesso la contiguità con la serie dei Pane, amore e fantasia: La nonna Sabella, infatti, tratto da un romanzo di Pasquale Festa Campanile e scritto da Massimo Franciosa, preleva elementi di Poveri ma belli (il regista, gli attori Renato Salvatori e Rossella Como) e li fonde con altri che rimandano alla fortunata serie di qualche anno prima (l’ambientazione in un paesino dell’Italia meridionale, la presenza di Tina Pica tra i protagonisti), collocandosi nel calendario delle uscite esattamente a sei mesi dal campione d’incassi e ad altri sei dal suo inevitabile seguito, Belle ma povere (Dino Risi, 1957).

È a questa serie di film di fascia medio-bassa che la Titanus inizia ad affiancarne un’altra realmente a basso costo: affidati a registi meno sofisticati e caratterizzati da una realizzazione evidentemente frettolosa, Lazzarella (Carlo Ludovico Bragaglia) e Classe

di ferro (Turi Vasile) – che dividono il listino con la ricca compartecipazione Italia-Usa Arrivederci Roma, interpretata, tra gli altri, da Marisa Allasio – riprendono interpreti e

situazioni da Poveri ma belli ma sono evidentemente indirizzati al pubblico giovanile delle sale del circuito di terza visione. Nonostante l’impressione di trascuratezza, si tratta tuttavia di due film di grande interesse per la strategia della casa: sia Lazzarella che Classe di ferro danno il via a una serie che scorre parallela a quella dei film di Risi79, meno ricca e più risolutamente indirizzata alle sale di seconda visione e al pubblico meridionale.

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Che, per la precisione, ammonterebbe a 73 milioni di lire, che si avvicinano ai 62 dichiarati inizialmente solo togliendo le spese di edizione.

79 Le due serie hanno infatti due direttori di produzione diversi, Silvio Clementelli – di provenienza Lux –

per i vari Poveri ma belli e per La nonna Sabella; Gilberto Carbone – specializzato nel cinema regionale napoletano – per Lazzarella, Classe di ferro e derivati. Per quanto riguarda i costi, bisogna inoltre osservare come il film di Vasile venga realizzato con un budget ridottissimo (poco meno di 76 milioni, cfr. ACS, Min T.S., DG Cinema, CF 2668), mentre la coproduzione italo-francese Lazzarella, organizzata sulla base di un preventivo di L. 210.110.000, sia invece stata terminata con una spesa di 128.899.407

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Questo ciclo di film, estremamente prolifico ed effimero (otto film in due anni)80, si ricollega al film-canzone tipico della produzione regionale napoletana, al quale tuttavia imprime delle radicali modifiche: in primo luogo, il tono melodrammatico tipico del genere viene sostituito dalla struttura della commedia, un effetto che viene ampliato dall’inserimento di attori provenienti dalla serie Poveri ma belli; in secondo luogo, le musiche utilizzate all’interno dei film subiscono una trasformazione che impone un passaggio dalla tradizione melodica partenopea a sonorità più vicine ai gusti del pubblico giovanile – la nuova canzone d’autore di Modugno nei film diretti da Bragaglia e il jazz di Lelio Luttazzi in quelli di Turi Vasile – mentre lo stesso consumo musicale inizia a essere rappresentato nella nuova dimensione che esso assume all’interno dell’industria culturale dell’epoca81: i protagonisti di questi film acquistano dischi a 45 giri, ascoltano la radio e il juke-box, guardano la televisione, frequentano i

night club e, soprattutto, vanno al cinema, così che l’industria cinematografica cerca

metaforicamente di riaffermare il proprio spazio all’interno di un nuovo scenario mediatico, all’interno del quale inizia a perdere la propria centralità.

Fuor di metafora, è quello che sta cercando di fare la Titanus tra la fine del decennio e l’inizio di quello successivo. Nel 1954 la casa era già entrata nel settore dell’editoria musicale, specializzandosi inizialmente nella distribuzione degli spartiti dei commenti musicali dei propri film ma spingendosi poi, alla fine degli anni ’50, fino a pubblicare materiale eterogeneo e più vicino alla contemporanea musica leggera, come alcune delle canzoni concorrenti al Festival di Sanremo o al Festival di Napoli. Nel 1961 il settore musicale della Titanus viene poi ampliato ulteriormente con la nascita di una piccola etichetta discografica – la quale, dal punto di vista delle strutture necessarie alla registrazione e della distribuzione, si appoggia però ad altre case come la C.A.M. (Creazioni Artistiche Musicali) di Roma – il cui catalogo comprende sia alcuni temi musicali delle proprie colonne sonore, che singoli di cantanti della musica leggera nazionale o napoletana, come Nilla Pizzi o Giuseppe Negroni. Non si tratta di un elemento del tutto inedito nel panorama cinematografico italiano – nello stesso periodo, anche Dino De Laurentiis dà vita a una piccola etichetta musicale – ma dimostra come la Titanus partecipasse a quella ridefinizione del panorama dei media che è caratteristica degli anni immediatamente precedenti il boom e che provoca l’espansione in altri settori di alcune case cinematografiche italiane laddove, fino a quel momento, era avvenuto l’inverso, per esempio con l’ingresso nella distribuzione e nella produzione di editori provenienti dalla carta stampata quali Angelo Rizzoli e Cino Del Duca.