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Capitolo III: I modi di produzione della Titanus negli anni della gestione di Goffredo Lombardo

III.2. I mezzi di produzione

Come si è visto nel capitolo precedente, la fondazione della Titanus coincide con un momento di crisi produttiva della Lombardo Film: una fase destinata a durare vent’anni, i quali saranno spesi quasi interamente nel potenziamento del capitale fisico della casa. Questo processo si protrarrà anche nel decennio successivo e avrà l’effetto, attorno alla fine della crisi del 1954-1956, di generare un colosso a integrazione verticale dotato di due complessi di sei (Titanus Farnesina) e quattro (Titanus Appia) teatri di posa, uno stabilimento per il doppiaggio, 13 agenzie regionali per la distribuzione e 13 sale cinematografiche (un piccolo circuito concentrato in massima parte nel solo capoluogo partenopeo) oltre che, naturalmente degli ampi uffici situati a Roma, in via Sommacampagna 86.

Il complesso di studi più grande, quello che sorge sulla via Farnesina, è gestito dai Lombardo fin dal 1928 e diviene di loro proprietà alla fine degli anni ‘40. Anche dopo l’acquisto degli studi sulla via Appia, questo stabilimento continua a essere quello maggiormente utilizzato, grazie al fatto che comprende anche alcuni ettari di terreno collinare isolati da una recinzione, in modo da rendere possibile la realizzazione di sequenze ambientate all’aperto103. Entrambi i complessi sono poi dotati di un vasto parco lampade, attrezzi e macchine da presa che comprendono anche modelli adatti alle riprese in Cinemascope. Allo stesso modo, anche gli studi di sincronizzazione di via Margutta – che vengono spesso noleggiati anche da alcune majors al fine di effettuare il doppiaggio di alcuni film statunitensi importati sul mercato italiano – sono dotati di moderne attrezzature per la stampa di copie in stereofonia su quattro piste sonore104.

A partire dall’inizio degli anni ’50, quest’espansione del capitale fisico appare giustificata dalla necessità di allargare i propri mezzi in vista di un costante aumento della produzione; tuttavia, questa operazione di potenziamento era stata condotta in massima parte nei primi decenni di vita della Titanus, un periodo di scarsissima attività produttiva caratterizzato da una sproporzione tra contenitore e contenuti alla quale

103 Un articolo non firmato apparso su «Cinemundus» del 15 aprile 1957 e riprodotto in B

ARLOZZETTI

(1986, 80) riferisce la presenza di «boschi, canneti, prati, nei quali vengono girate scene esotiche, cavalcate sfrenate, cacce grosse, battaglie».

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possono essere estese le considerazioni formulate da Buccheri (2004, 13) a proposito del modo di produzione Cines nel breve periodo della gestione Pittaluga: «disponendo di una struttura industriale perfettamente organizzata, il problema rimane come riempirla con prodotti adeguati». Infatti, durante tutto il periodo della gestione di Gustavo Lombardo, si avverte una grande difficoltà nell’impostare un listino che sia caratterizzato al tempo stesso da un’offerta variegata e da un’identità – un marchio di fabbrica – immediatamente riconoscibile, cosa che era invece egregiamente riuscita nel corso degli anni ’20 alla Lombardo Film. Dal momento in cui Lombardo, a partire dalla fine degli anni ’20, è costretto a mutare completamente i propri modi di produzione – ovvero a trasferirsi in nuove strutture, a mutare quadri artistici e a fare riferimento a più variegati canali distributivi rispetto ai circuiti del meridione – ogni nuovo progetto che viene messo in cantiere appare così come il tentativo abortito di impostare una nuova linea. Dotarsi di mezzi di produzione sovradimensionati rispetto alle proprie opportunità produttive non rappresenta quindi, per Gustavo Lombardo, un segnale di megalomania: è piuttosto un indice di come, in un momento in cui anche la distribuzione non funziona con gli stessi ritmi degli ultimi anni del muto, la società fondi buona parte del proprio sostentamento sull’offerta di servizi finalizzati alla produzione cinematografica, ovvero sul noleggio dei teatri e delle attrezzature; e si potrebbe perfino ipotizzare che l’intensificazione dell’attività produttiva della compagnia, la quale inizia più o meno attorno alla stagione 1939-1940, non sia soltanto un effetto della ridotta circolazione di pellicole straniere conseguente all’istituzione, nel 1938, del Monopolio film esteri, bensì sia provocata anche dalla concorrenza che i nuovi stabilimenti di Cinecittà, inaugurati nel 1937, minacciano di fare agli studi della Farnesina, che correrebbero il pericolo di rimanere inattivi.

In ogni caso, è proprio il fatto di essere una compagnia caratterizzata dal possesso di un vasto capitale fisico a istituire la prima e più radicale differenza che intercorre tra i modi di produzione della casa di Lombardo e quelli della società del suo prestigioso concorrente, Renato Gualino:

La Lux non possiede, o non vuole possedere, suoi teatri di posa. È una delle caratteristiche più peculiari e più rigorosamente osservate dalla società lungo tutta la sua esistenza. Gualino li considera un costo fisso che non conviene sopportare e che può costringere a forzare la produzione anche oltre le esigenze reali, al solo scopo di tenerli attivi. Ciò fa parte da sempre della sua filosofia […] un’eccezione nel mondo cinematografico nel quale quasi nessuno sembra resistere all’ambizione di possedere teatri di posa con il proprio nome. Così ha fatto la coetanea Scalera, così ha fatto la vecchia Titanus, diventando in alcuni periodi più una noleggiatrice di teatri di posa che una casa di produzione, così faranno, per prima cosa, una volta usciti dalla Lux, Ponti e De Laurentiis, e la fondazione di Dinocittà sarà il magniloquente e fallimentare punto d’arrivo di questa ambizione da padroni di casa. Naturalmente anche i film Lux sono spesso girati nei teatri, ma noleggiandoli di volta in volta. (Farassino 2000b, 22-23).

La Lux non sarà l’unica casa di produzione a strutturarsi come uno «studio senza studi»105 (Farassino 1988, 136) dotato di «un suo “modo di produzione” leggero ed elastico» (Farassino 1988, 135) – anche la Galatea adotterà un simile modo di produzione senza mezzi di produzione106 – così come la Titanus non è l’unica grossa casa di produzione a possedere dei propri studi – ma lo sarà per un decennio, dal crollo della Scalera (1952) sino al completamento degli studios di De Laurentiis (Dinocittà) nella prima metà degli anni ‘60; tuttavia entrambe le compagnie incarnano

105 Bisogna però sottolineare un’importante eccezione: anche la Lux, la cui rete distributiva non è

inferiore a quella della Titanus, possiede uno studio per il doppiaggio di film stranieri, la Fono Lux (ex Fonoroma), acquistata nel 1949.

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perfettamente due disposizioni opposte rispetto al rapporto con i mezzi di produzione: una dicotomia che si ripropone identica anche in quello con la forza lavoro.

Va però sottolineato un ultimo aspetto: diversamente dagli studios americani, le case di produzione italiane non sono autonome dal punto di vista dello sviluppo delle pellicole, e la Titanus non fa eccezione. D’altra parte, una delle differenze fondamentali tra i due contesti consiste nel fatto che le case italiane non vengono sottoposte a un regime di produzione di massa nemmeno nei momenti di massima frenesia, così che non si rende necessaria la creazione di strutture tanto complete da includere anche i laboratori: la Titanus si avvarrà così principalmente – anche per le prime sperimentazioni col colore – della S.P.E.S. di Enrico Catalucci o della Tecnostampa dei fratelli Genesi.