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Capitolo III: I modi di produzione della Titanus negli anni della gestione di Goffredo Lombardo

III.3. Modelli di sistemi produtt

Nel corso del suo studio Staiger descrive i sei modelli di organizzazione del lavoro che si sono succeduti nel cinema hollywoodiano dal 1907 in poi: a ognuno di essi corrisponde una differente ripartizione delle competenze di base, soprattutto per quanto riguarda la dirigenza e la sua suddivisione tra manager dotati di competenze strategiche – pianificazione degli investimenti e gestione produttiva, propri della dirigenza di alto livello – e altri caratterizzati da competenze tattiche – pianificazione della produzione e supervisione del prodotto, compiti propri della dirigenza di medio livello. Semplificando il più possibile, i sei modelli possono essere illustrati in questi termini:

Cameraman system of production (1896-1907). Un unico individuo,

l’operatore, possiede tutte le competenze necessarie alla realizzazione del film, dall’ideazione allo sviluppo.

Director system of production (1907-1909). È caratterizzato da una divisione

base dei ruoli: un individuo – le cui competenze sono modellate su quelle del regista teatrale – dirige l’azione mentre uno o più individui alle sue dipendenze si occupano della resa fotografica di quest’ultima.

Director-unit system of production (1909-1914). Si tratta di un sistema nel

quale alle dipendenze di un’unica dirigenza, che si occupa delle decisioni strategiche, si trovano circa quattro registi-produttori, ognuno dei quali si occupa di una tipologia di film differente e organizza il lavoro di una serie di dipendenti specializzati in mansioni secondarie.

Central producer system of production (1914-1931). Nato in coincidenza con lo

sviluppo del lungometraggio e con l’insorgere delle conseguenti problematiche inerenti il lievitare dei costi ela necessità di gestire con più efficacia la coerenza di un prodotto finito più complesso, questo sistema è incentrato sulla divisione dei ruoli tra la figure del regista e quella del produttore. Vi è infatti un unico produttore che, insieme all’ufficio da lui diretto, cura l’organizzazione della pre e della post produzione di tutti i film realizzata da una determinata compagnia, lasciando ai singoli registi unicamente la direzione della fase delle riprese.

Producer-unit system of production (1931-1955). Una volta affermatasi la

tecnologia del sonoro, interviene un’ulteriore specializzazione della dirigenza. Invece di esserci un unico produttore che controlla l’intera produzione di una compagnia (che ammonta a circa 50 film all’anno) ogni studio inizia ad assumere un gruppo di produttori, ciascuno dei quali effettua la supervisione della realizzazione di circa 6-8 prodotti all’anno, specializzandosi ciascuno in una particolare tipologia di film.

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Package-unit system of production (1955 e oltre). In seguito alla crisi di

Hollywood, iniziata nella seconda metà degli anni ’40, alcuni studios hanno iniziato a comportarsi come dei finanziatori e dei distributori di produzioni organizzate da più piccole compagnie indipendenti, anche straniere.

È tuttavia necessario fare tre precisazioni: in primo luogo in questo breve schema sono state riportate esclusivamente le modifiche che intercorrono a livello della media e alta dirigenza, ma è bene ricordare che queste ultime implicano un’ulteriore differenziazione anche nei livelli più bassi della divisione del lavoro. In secondo luogo, le date indicate da Steiger sono puramente indicative, nel senso che alcuni studios hanno continuato ad adoperare alcuni sistemi di produzione anche quando altre majors avevano definitivamente adottato quello corrispondente al passaggio successivo, e non tutte si sono per esempio adeguate alla struttura del producer-unit system. Infine, a seconda del potere contrattuale dei singoli registi, all’interno di qualsiasi sistema sono sempre possibili delle eccezioni: anche in fasi molto avanzate di divisione del lavoro alcuni autori come Cecil B. De Mille o Vincente Minnelli hanno potuto continuare a godere di un’autonomia paragonabile a quella dei registi che operavano in regime di

director-unit system. Si tratta ora di vedere quale sia – o, meglio, quali siano – i sistemi

utilizzati dalla Titanus nel periodo considerato, e valutarne l’efficacia confrontandoli con quelli di altre realtà produttive.

III.4. La dirigenza

È ancora il confronto con la Lux che può fornire utili indicazioni sulle pratiche produttive della Titanus. Farassino descrive dettagliatamente la struttura produttiva della casa di Gualino, che si rispecchia fin nell’architettura dell’edificio, situato a Roma in via Po 36, la quale impone una netta separazione e una gerarchia verticale tra i piani dedicati ai produttori, alla dirigenza amministrativa, e al suo presidente:

Il cuore produttivo del palazzo, il motore dell’attività della Lux, è il piano rialzato. Qui hanno sede gli uffici dei produttori e qui giungono per fare o ricevere proposte i registi, gli attori, gli sceneggiatori. […] È questa infatti l’altra fondamentale caratteristica del modo di produzione Lux. A partire dal 1945-1946 la Lux non produce mai direttamente i suoi film ma ne affida la realizzazione a produttori indipendenti che hanno un rapporto stabile, ma non subordinato ed esclusivo, con la casa. Questi, che negli annuari professionali figurano come ditte individuali con sede in via Po 36 e con lo stesso numero di telefono della Lux (e che pagano regolare affitto per l’ufficio che occupano), lavorano per la società ma con accordi singoli, film per film, e con una formula detta “a prezzo bloccato”. Essi cioè garantiscono la consegna del film finito a un determinato costo preventivamente fissato e che la casa copre interamente, se poi esso costerà di più sarà il produttore a dover coprire l’eccedenza, mentre l’eventuale risparmio andrà ad accrescere il suo guadagno. (Farassino 2000b, 24).

L’originale formula produttiva della Lux si configura quindi come una commistione tra la formula del producer-unit system e del package-unit system (sebbene quest’ultimo, è bene ricordarlo, a Hollywood prenderà piede solo un decennio più tardi): la dirigenza della casa, composta dal presidente Riccardo Gualino e dall’amministratore delegato Guido Gatti, si occupa esclusivamente delle decisioni strategiche – l’approvazione dei preventivi e la supervisione finanziaria dei consuntivi del prodotto finito – ma delega quelle tattiche a una dirigenza di medio livello, a un gruppo di produttori (tra i quali figurano, per esempio, Valentino Brosio, Dino De Laurentiis e Carlo Ponti) che si occupa di organizzare la produzione delle singole opere; tuttavia, questi ultimi non sono legati da un contratto, ma agiscono come fossero

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compagnie indipendenti nei confronti delle quali la Lux funge da finanziatrice e distributrice. Evidentemente si tratta di un sistema molto prudente ma anche – facendo una considerazione che non è da intendersi come un giudizio di valore – molto “moderno”, nel senso che anticipa la formula produttiva dominante in Italia nel corso degli anni ’60, nella quale il distributore svolge, attraverso la concessione dei minimi garantiti – gli anticipi sui proventi tramite i quali un noleggiatore si aggiudica l’esclusiva di un film prima della sua realizzazione – una funzione di committente nei confronti delle case produttrici di più piccole dimensioni: un destino al quale, nella seconda metà degli anni ’60, saranno condannate tutte le grandi compagnie che non chiuderanno i battenti, e che toccherà alla stessa Lux già dal 1955.

I modi di produzione Titanus, da questo punto di vista, sono molto più complessi e attraversano varie fasi. Se negli anni ’30 e nella prima metà dei ’40 la casa utilizza prevalentemente una forma di central producer system, nella quale il proprietario Gustavo Lombardo si occupa della supervisione di tutti i progetti, le realizzazioni successive alla fine della guerra sono invece improntate alla massima cautela e ufficialmente non vedono impegnata la società nell’organizzazione delle singole produzioni. È esemplare in questo senso il rapporto che la Titanus instaura con la Labor Film, con la quale realizza tra il 1949 e il 1951 i primi tre melodrammi diretti da Matarazzo, e che fino alla realizzazione de L’angelo bianco (1955) rimane un interlocutore privilegiato della compagnia. Apparentemente, il meccanismo adottato da Lombardo da Catene in poi sembrerebbe essere quello del package-unit system, il quale presuppone un rapporto di fornitura da parte di una casa più piccola nei confronti di quella più grande, che finanzia e distribuisce il film; in questo senso sarebbe la stessa Titanus, che dal 1946 sta attraversando una fase di inerzia, a venire riconosciuta come un possibile canale di cofinanziamento dalla Labor: avendo intenzione di realizzare due melodrammi, uno di derivazione letteraria (Paolo e Francesca, 1949) e l’altro tratto dall’universo della sceneggiata (ovvero Catene), Matarazzo e Brosio si sarebbero così rivolti alle due compagnie che, per la loro storia e per l’estetica da loro perseguita, sarebbero risultate più consone ai due progetti, rispettivamente la Lux e la Titanus107; tuttavia vi sono alcuni elementi che fanno invece pensare che il rapporto tra la società di Lombardo e quella di Matarazzo e Brosio fosse stato più stretto. Innanzi tutto, il

package-unit system presuppone un rapporto di fornitura da parte di una casa più

piccola nei confronti di quella più grande, che finanzia e distribuisce; tuttavia, fino al 1952, entrambe le compagnie presentano un identico e modesto capitale sociale (circa 980.000 lire), il che le metterebbe sullo stesso piano e farebbe pensare che potessero aver contribuito finanziariamente al progetto in eguale misura108. In secondo luogo è la natura stessa del primo film realizzato insieme, Catene – così vicino a certe produzioni Lombardo Film tratte anch’esse da alcune sceneggiate napoletane – a far presumere che il rapporto di supervisione del produttore napoletano sia stato molto stretto, e che si sia accresciuto ulteriormente a partire dal momento in cui il figlio Goffredo ha preso il suo posto come presidente della società. La Titanus, che a partire dal 1928 era ancora alla ricerca di una propria identità, realizza infatti da questo momento in poi, grazie alla collaborazione con la Labor, una serie di prodotti fortemente riconoscibili e che

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Un’intervista rilasciata da Goffredo Lomabardo a BARLOZZETTI (1986, 29), nella quale il produttore afferma che fu lo stesso Matarazzo a contattare suo padre per proporgli di realizzare Catene, confermerebbe questa ipotesi; si vedrà tuttavia nella sezione riservata al film come attorno alla genesi dell’opera circolino diverse versioni.

108 Purtroppo il fascicolo del film, conservato all’Archivio Centrale dello Stato, comprende soltanto i

documenti relativi all’esame del soggetto da parte della Direzione generale cinema e quelli che attestano la concessione della nazionalità italiana al film, mentre sono assenti elementi fondamentali come i preventivi e i consuntivi o il piano di finanziamento.

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contribuiscono a creare un vero e proprio marchio di fabbrica, attraverso un processo che culmina con la realizzazione della terza versione de I figli di nessuno.

Nei primi anni della dirigenza di Goffredo Lombardo le coproduzioni con altre case italiane continuano a superare nettamente i film prodotti in proprio dalla Titanus: la divisione del lavoro in ambito dirigenziale prevede così che al presidente della casa sia affidato il compito di pianificare l’espansione della società, di approvare i progetti e provvedere al loro finanziamento – in accordo con il direttore amministrativo Guido Bossa – mentre le decisioni operative in merito ai singoli film vengono prese dal direttore esecutivo della casa, il napoletano Sergio Bonotti. Si tratta di una figura quanto meno misteriosa: Bonotti non compare in nessun documento ufficiale, non è accreditato nei titoli di testa di nessuno dei film109 della casa e soprattutto non viene nemmeno nominato da Goffredo Lombardo quando, nelle interviste, gli viene chiesto come fosse strutturata la Titanus negli anni della sua dirigenza110; eppure, più di un collaboratore della compagnia cita Bonotti come una figura ineludibile, un uomo di fiducia di Gustavo Lombardo che aveva lavorato nel ramo distributivo dell’azienda e che sotto la gestione di Goffredo avrebbe svolto mansioni dirigenziali111. La direzione della produzione, in questa fase, non viene affidata a una figura stabilmente inquadrata all’interno dell’azienda, bensì a professionisti assunti di volta in volta, sebbene la casa faccia prevalentemente riferimento alle prestazioni di Giuseppe Bordogni, che per esempio cura la lavorazione di quasi tutti i film realizzati insieme alla Labor Film e dei film-rivista diretti da Mastrocinque112.

È solo a partire dal 1953 che viene assunto un direttore di produzione fisso, il giovane Silvio Clementelli, non a caso formatosi alla Lux: fino alla chiusura del ramo produttivo della casa sarà lui a seguire le produzioni di fascia medio-alta della casa – con alcune significative eccezioni, come i film della serie Pane, amore e fantasia che erano stati concepiti in origine dal produttore Marcello Girosi e vengono seguiti da quest’ultimo fino alla conclusione del ciclo – nonché buona parte di quelle di fascia alta, comprese le lavorazioni effettuate per conto delle compagnie americane. Goffredo Lombardo firma invece direttamente alcune produzioni particolarmente prestigiose, come i due film di Visconti e alcune delle opere uscite sotto l’etichetta Titanus-Metro (come Il disordine o Smog), mentre per i prodotti di fascia medio-bassa o bassa vengono in seguito temporaneamente assunti altri direttori di produzione: come Gilberto Carbone, che tra il 1957 e il 1960 segue l’intero ciclo dei film-canzone, un film di

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Soltanto a partire dal 1966 Bonotti comparirà come produttore, insieme a Gilberto Carbone, di una serie di musicarelli – Rita la zanzara (Lina Wertmüller, 1966), Perdono (Ettore Maria Fizzarotti, 1966),

Lisa dagli occhi blu (Bruno Corbucci, 1969) – realizzati dalla Mondial Television-Film, dei quali risulta

anche essere sceneggiatore e che vengono distribuiti dalla Titanus.

110 «Eravamo tre gatti. Mio padre, io, una segretaria, la signora “Adelina” Greco, che ha accompagnato

mio padre dall’età di quattordici anni, un ragioniere-amministratore, Guido Bossa e un factotum, un certo Zinno» (BARLOZZETTI 1986, 29); «Siamo stati sempre tre gatti, altro che staff Titanus! C’era, come c’è adesso, ha solo cambiato nome, un direttore amministrativo; poi c’ero io, e ci sono ancora ora, ovviamente, e c’erano quelli che si occupavano della produzione. Non abbiamo mai avuto uno staff esecutivo. Ma certo uno staff fisso c’era.» (FALDINI –FOFI 1981, 61). Evidentemente, le affermazioni di Lombardo inerenti la struttura della società non sono affidabili, in quanto è chiaramente intellegibile l’intenzione di difendersi dall’accusa di aver fatto fallire il ramo distributivo dell’azienda a causa della sua struttura inutilmente sovradimensionata.

111 In particolare è Steno (che per la Titanus ha realizzato quattro film, tra il 1956 e il 1962) a parlarne

esplicitamente come di un produttore esecutivo: «Sergio Bonotti […] era il produttore esecutivo della Titanus [e] godeva di grande stima da parte di Goffredo Lombardo. Aveva cominciato a lavorare nel noleggio con Gustavo e s’era guadagnato i galloni quando, contro il parere di tutti, aveva previsto – alla prima proiezione di Catene – che il film avrebbe fatto “una barca di soldi”». (BARLOZZETTI 1986, 39).

112 A partire dalla fine degli anni ’50, Bordogni continuerà a collaborare con la casa per produzioni più

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Eduardo De Filippo (Sogno di una notte di mezza sbornia, 1959, girato secondo la formula del teatro filmato) e un film avventuroso di Carlo Campogalliani (Rosmunda e

Alboino, 1960), e Gianni Buffardi, che prima organizza la produzione de I quattro monaci poi coproduce quell’intero ciclo di film comici interpretati dagli ex divi del

varietà che contraddistingue la produzione bassa degli ultimi anni di attività della casa. Non è tuttavia chiaro quali siano esattamente le mansioni di Clementelli: nelle interviste Lombardo ne parla con grande affetto, come di un giovane che è stato formato all’interno della casa e che in seguito ha saputo proseguire autonomamente la propria carriera113, e lo cita come il principale tra i direttori di produzione che ha avuto la Titanus, ma non specifica quali fossero di volta in volta le sue reali mansioni – se cioè questi si limitasse a organizzare le produzioni oppure entrasse anche nel merito della loro ideazione – negando addirittura che all’interno della compagnia vi fosse mai stata una qualche forma di pianificazione produttiva. Intervistato da Barlozzetti, Clementelli racconterà invece di avere anche avuto un ruolo nella pianificazione dei prodotti i quali, dopo essere stati ideati, venivano direttamente sottoposti a Lombardo114; tuttavia dalla stessa intervista sembra però anche trasparire che la sua autonomia decisionale fosse in fondo molto limitata, così come quella di tutti gli altri membri della dirigenza, e che quindi Lombardo delegasse i poteri in maniera imperfetta continuando a supervisionare personalmente ogni aspetto della produzione, salvo astenersi dal controllare i set115.

Formalmente, tra il 1953 e il 1957 la Titanus sembra perciò adottare in modo stabile la formula del central producer system, affidando la supervisione dell’intera produzione al solo Clementelli. In seguito la casa adotterà una forma imperfetta di

producer-unit system, nella quale il principale direttore di produzione viene affiancato

da Carbone e da Buffardi, mentre nel caso delle coproduzioni con la Vides e la Arco Film, che contraddistinguono gli anni a cavallo tra i due decenni, la Titanus ricopre i soli ruoli di finanziatrice e distributrice, tornando a concedere un largo spazio al

package-unit system. Vi sono infine delle eccezioni, rappresentate dai film diretti da

Alberto Lattuada, il quale mantiene un controllo quasi totale sulle produzioni in cui è coinvolto affidandone l’organizzazione alla sorella Bianca. Si tratta di un quadro assai poco lineare e a tratti molto confuso, proprio a causa dell’accavallarsi delle rispettive competenze: in primo luogo, lo status di direttore di produzione di Clementelli è assai diverso da quello degli altri che lo affiancano alla fine degli anni ‘50, senza contare che questi è l’unico ad aver svolto la sua mansione in maniera continuativa e per un ampio spettro di prodotti, mentre gli altri hanno collaborato con la Titanus sempre per un singolo ciclo di film. Inoltre, risalendo la scala gerarchica, non è chiaro quale fosse il rapporto che legava il direttore di produzione Clementelli al misterioso produttore esecutivo Bonotti, mentre è certo che la supervisione finale del prodotto finito spettava

113 Dopo il fallimento della Titanus e fino ai primi anni ’90 Silvio Clementelli continuerà a lavorare con la

propria casa di produzione, la Clesi.

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«Sì, [alla Titanus] c’era una programmazione. Mi ricordo che avevo fatto stampare dei moduli in cui, per ciascuna ipotesi di film, si raccoglievano gli elementi qualificanti dell’impresa: titolo, soggetto, sceneggiatura, date di approntamento, possibili coproduzioni, tempi di lavorazione, idee per i cast, costi, distribuzione. Si tratava di possibilità, poi il film poteva venire male e far soldi, o viceversa. La Titanus, allora, era una società all’avanguardia, senza eguali in Europa. Produceva contemporaneamente, secondo un concetto tipicamente industriale, moduli diversi: dal piccolo film regionale, con attori e regista napoletani, tagliati per il pubblico più semplice, a film più ambiziosi e impegnati; dalle opere prime a coproduzioni, con europei e americani, per aprire i mercati internazionali e consentire alla macchina nel suo complesso di trovare le risorse.» (BARLOZZETTI 1986, 37).

115 B

OCCA ([1964] 1986, 105), che scrive un articolo sul crollo della Titanus, cita delle voci di corridoio che vogliono che la società sia «un colosso amministrativo reso inutile dalla volontà autocratica di Lombardo. Il quale volendo decidere tutto non trovava più il tempo per occuparsi veramente di qualcosa, neppure quello di farsi vedere su un set».

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sempre e comunque a Lombardo, il quale teneva nel proprio ufficio una piccola moviola sulla quale visionava l’edizione definitiva dei film, sollecitando spesso dei tagli.

Il ruolo debordante e autocratico del produttore è l’elemento che più di ogni altro rende difficile restituire un quadro limpido dell’organigramma dell’azienda, e dimostra quanto sia arduo applicare alla realtà italiana i modelli sviluppati a partire dalla produzione hollywoodiana: per quanto la società finisca per darsi un’organizzazione sempre più complessa, sul modello degli studios americani – al momento del fallimento del ramo produttivo la Titanus impiega quasi 400 dipendenti, esclusi quelli della rete di distribuzione – e a dispetto del fatto che l’azienda agisca in un regime di capitalismo avanzato – la Titanus è una società per azioni – la compagnia non può che identificarsi con la figura e la storia familiare del suo socio di maggioranza e amministratore delegato, Goffredo Lombardo, mantenendo quella dimensione da “ditta individuale” che secondo Farassino è connaturata alla cinematografia italiana. Questa contraddizione evidenzia un problema che aiuta a comprendere, anche sul piano dei modi di produzione, uno dei motivi del fallimento del ramo produttivo della compagnia: anche durante il boom dei primi anni ’60 le singole case di produzione italiane, a causa della frammentazione del settore, continuano ad avere un volume produttivo modesto e la stessa Titanus, con il suo picco di 12 film in uscita nel 1962, è ben lontana dalla media di 50 film all’anno che contraddistingue le majors negli anni d’oro del cinema classico;