• Non ci sono risultati.

Capitolo III: I modi di produzione della Titanus negli anni della gestione di Goffredo Lombardo

III.6. Gli uffic

È il caso di fare un breve accenno all’esistenza, oltre che alla dirigenza e alla forza lavoro, anche di alcuni uffici periferici che svolgono mansioni differenti dall’ordinaria attività produttiva e distributiva. In primo luogo, dall’organigramma pubblicato nell’opuscolo celebrativo dei cinquant’anni della casa124, risulta che la Titanus possedeva all’epoca due uffici esteri, a Londra e Parigi. Attraverso i dati a disposizione non è dato sapere quale fosse il reale volume d’affari delle esportazioni estere della

120 Cfr. ACS, Min T.S., DG Cinema, CF 2514. 121 Cfr. ACS, Min T.S., DG Cinema, CF 1966. 122

«[La Titanus mi fece] un contratto in esclusiva per sette anni. Non era la prima volta. Venivo, infatti, da un contratto analogo con Ponti e De Laurentiis che, oltre a me, l’avevano proposto – e fatto firmare – a Ettore Manni, Mae Britt e Barbara Florian. Alla Titanus, invece, ero l’unico. Questo contratto all’americana era una fregatura, perché, se l’attore non riusciva ad imporsi, la Casa era libera di annullarlo in qualsiasi momento, mentre, in caso di successo, si restava vincolati a delle condizioni-capestro o quasi. Chissà, forse me lo offrirono perché vollero puntare su un giovane come me.» Dal fascicolo del film risulta anche che all’epoca della lavorazione di Poveri ma belli Marisa Allasio era sotto contratto in esclusiva con Carlo Ponti, e risulta essere infatti, a discapito di un onorario leggermente inferiore rispetto alle controparti maschili – 1.300.000 lire contro i 2.000.000 in media di Arena, Salvatori e Manni – l’interprete più costosa dell’operazione, in quanto al suo compenso vanno aggiunte le 1.700.000 lire pagate alla Carlo Ponti Cinematografica per la cessione dell’attrice. È possibile che sia stato questo episodio a spingere la Titanus a tentare di mettere sotto contratto Renato Salvatori, calcolando la possibilità di ammortizzare il suo stesso stipendio con eventuali cessioni, nel caso avesse acquistato una statura divistica.

123 Per un’analisi della figura di Serandrei e della sua attività di teorico sulle pagine di «Cinematografo»,

che precede la sua formazione come montatore, si veda GAIARDONI (1998).

124

79

compagnia, né quale fosse l’esatto ruolo di queste due strutture; tuttavia, dall’esame della richiesta dei benefici di nazionalità e della richiesta dell’autorizzazione al doppiaggio estero dei film, si possono trarre alcune conclusioni: nonostante la presenza di un ufficio londinese, i rapporti della Titanus con l’Inghilterra sembrano essere molto limitati, se si eccettua il caso della coproduzione La stella dell’India/Star of India; sono invece frequentissimi, come si è detto, i rapporti con la Francia, specialmente per quanto riguarda le coproduzioni, mentre una delle nazioni nella quale la casa esporta più di frequente è la RFT, come attestano varie richiesta di permessi per il doppiaggio in lingua tedesca. Ad ogni modo, la Titanus è con ogni probabilità priva di agenzie di noleggio nelle nazioni nelle quali esporta: nel caso delle coproduzioni con la Francia, il mercato di lingua francofona è ovviamente di competenza del coproduttore, mentre per quanto riguarda le semplici esportazioni nella stessa nazione, o quelle in Germania, il film viene probabilmente venduto al noleggiatore straniero dietro la cessione di un compenso forfaittario, anziché dietro il pagamento delle percentuali sugli incassi125.

In secondo luogo, nello stesso organigramma viene citata anche la presenza di un ufficio pubblicità, diretto da Carlo Alberto Balestrazzi. Quest’ultimo è suddiviso in quattro settori (Servizio Radio-Tv, Servizio Stampa, Servizio Artistico e Servizio Controllo) e si occupa del “lanciamento” dei singoli film, da attuarsi mediante l’usuale creazione dei manifesti pubblicitari e dei flani da pubblicarsi sui giornali di categoria, ma anche attraverso campagne più sofisticate. Bernardini e Martinelli ([1986] 2004, 142) ne citano alcune, spesso realizzate mediante la formula del concorso a premi: nel 1954 la compagnia, in occasione dell’uscita del film Scuola elementare (Alberto Lattuada, 1954) indice un concorso letterario che premia con 500 mila lire il miglior elaborato inviato dal pubblico sull’argomento del film, mentre nel 1955, in occasione dell’uscita di Pane, amore, e…, viene messo in palio un soggiorno a Sorrento che verrà aggiudicato allo spettatore che abbia completato il titolo in modo più originale (i titoli inviati dal pubblico non vengono utilizzati, ma i premi vengono assegnati ugualmente); infine per Il tetto (distribuito dalla Titanus nel 1956) viene indetto un concorso pittorico. A queste va aggiunta l’operazione più interessante: il concorso «Quattro attrici e una speranza», riservato a giovani aspiranti attrici che avrebbero avuto l’occasione di apparire in un episodio del film Siamo donne (Guarini, Franciolini, Rossellini, Zampa, Visconti, 1953), dedicato alle quattro dive Alida Valli, Ingrid Bergman, Isa Miranda e Anna Magnani126. È insomma intorno agli anni in cui celebra il proprio cinquantenario che la casa dà vita a operazioni pubblicitarie complesse, tese a promuovere congiuntamente i propri film e il proprio marchio e che sfruttano diversi canali legati all’universo dell’industria culturale dell’epoca, come l’editoria, l’espansione del turismo e i concorsi di bellezza127.

III.7. I finanziamenti

Una volta esaminati i mezzi di produzione e la forza lavoro, rimangono da esplorare le questioni legate al finanziamento dei singoli film. Come si è detto precedentemente, uno dei fattori peculiari dell’economia europea negli anni del sonoro consiste nella penuria

125 Per maggiori dettagli in merito a queste modalità di esportazione del film si rimanda a V

ENTURINI (2001).

126

Le modalità di partecipazione al concorso e il cortometraggio a esso ispirato saranno analizzati nel dettaglio nel capitolo dedicato ai rapporti della Titanus con il cinema neorealista.

127 D

E VINCENTI (2001a) fa qualche rapido accenno a diverse modalità di promozione della Vides o della stessa Titanus, finalizzate a catalizzare l’attenzione di un pubblico più esigente in un momento, quello dei primi anni del boom, segnato dalla crescente importanza delle sale urbane di prima visione.

80

di capitali privati che dovrebbero essere investiti nell’industria cinematografica. La maggior parte delle compagnie deve così supplire a tale carenza tramite una commistione di capitali propri e di credito statale, attingendo al fondo ordinario e al fondo speciale – costituito dal prestito forzoso derivante dai buoni di doppiaggio – della Sezione autonoma credito cinematografico della Banca nazionale del lavoro: si tratta della strada perseguita anche dalla Titanus, la quale abitualmente finanzia circa il 50% del budget dei propri film ricorrendo a questo istituto di credito128 e provvede alla restante metà con le proprie risorse o con quelle delle ditte coproduttrici. Con i documenti a disposizione non è possibile stabilire con certezza da dove provengano i capitali della casa, se cioè siano interamente derivanti dalle attività dei settori distribuzione ed esercizio, o se vi concorrano anche finanziamenti esterni; l’ipotesi più probabile è tuttavia la prima, mentre non è stato possibile trovare conferma all’affermazione di Umberto Rossi (1988, 37) secondo la quale la Titanus avrebbe avuto dei «rapporti che la legarono alla finanza vaticana»: in mancanza di un qualsiasi riscontro concreto, e considerando soprattutto il fatto che questo elemento viene congiunto a considerazioni sull’ideologia espressa dal cinema melodrammatico della compagnia, si può ritenere che si tratti di un pregiudizio diffuso all’epoca all’interno della comunità critica italiana, suffragato dal passaparola ma mai definitivamente confermato da documenti d’archivio129.

Nella quota di competenza della Titanus rientrano a loro volta anche i finanziamenti dei coproduttori esteri, i quali normalmente vengono saldati solo dopo che è stata ultimata la lavorazione del film. Si tratta di uno strumento che la società utilizza a fondo, coerentemente con i proclami di Lombardo che, come si è visto, è un convintissimo sostenitore di questa formula. Nella prassi, la coproduzione viene concepita come uno strumento sostanzialmente finanziario, volto alla realizzazione di film che rispecchiano nettamente l’identità nazionale del paese coproduttore di maggioranza e al quale la presenza di star straniere non fa che aggiungere un valore d’uso finalizzato ad aumentare le possibilità di penetrazione del film nei mercati esteri. A dimostrazione di questo fatto, la casa non partecipa quasi mai a delle coproduzioni “normali” – ad accordi, cioè, che prevedano una spartizione al 50% del capitale impiegato e della nazionalità di troupe e comparti artistici – ma privilegia nettamente le

128 Lombardo parla in questi termini delle difficoltà incontrate sia con altre banche, che con la BNL: «I

rapporti con le banche sono sempre stati stranissimi. Rapporti nei quali io ho cercato perennemente di fare capire agli istituti finanziatori che il cinema è una cosa seria. Un argomento per loro di difficilissima comprensione. […] Dalle banche la Titanus è stata considerata con occhio particolare. Se ne conoscevano le tradizioni e però si è trattato lo stesso e sempre di rapporti sofferti. Quando si ha a che fare con una banca come quella del Lavoro – che è la maggiore finanziatrice del cinema – vuol sapere tutti i dati di una produzione, ossia cast, regia, autori e via dicendo. Però da qualche tempo a questa parte non interviene tanto sulla qualità del prodotto quanto sulla garanzia finanziaria. Non chiede un rapporto per giudicare se un progetto è valido o meno, la bontà del progetto è garantita dalla firma del distributore. Perché è chiaro che il distributore – che dà il minimo garantito, che si assume il rischio presso la banca – a dover decidere se un film vale o non vale un miliardo. Noi, come distributori, non avevamo problemi da questo punto di vista. Ne avevamo, logicamente, di castelletto, di ammontare di esposizione (oltre a una determinata esposizione non si poteva andare)…» (Faldini – Fofi 1981, 51-52). Quest’ultimo è un dato particolarmente interessante, nel senso che mette in luce una profonda differenza tra i meccanismi di finanziamento in Italia e negli Stati Uniti: mentre Lombardo afferma che le banche italiane si concentravano soprattutto sulle garanzie finanziarie, Staiger ([1985b] 1988, 314) sottolinea come, oltre ad accertare la solvibilità delle compagnie, gli investitori americani redigessero anche delle perizie al fine valutare la qualità del prodotto e perciò la sua eventuale resa commerciale – un dato che evidenzia come la standardizzazione stilistica fosse per Hollywood una necessità ineludibile, inseparabile dalle questioni di carattere economico-finanziario.

129 Un caloroso ringraziamento a Umberto Rossi per la gentilezza e la disponibilità dimostrate nell’offrirsi

81

coproduzioni avente carattere “eccezionale”, nelle quali le quote del socio di maggioranza e di quello di minoranza sono spartite rispettivamente al 70% e al 30%, o anche all’80% e al 20%. Questa formula, che prevede a monte un contratto siglato tra le due compagnie e approvato dai rispettivi organi governativi di riferimento, stabilisce che le due case abbiano quote di mercato internazionale in esclusiva proporzionali all’impegno finanziario profuso, e prevede inoltre l’impegno a realizzare una coproduzione “gemellare”, ovvero un film che veda invertirsi i ruoli del socio di minoranza e di quello di maggioranza. Si tratta di dati di grande importanza: la nozione di coproduzione gemellare permette di spiegare il perché la Titanus si sia impegnata in lavorazioni che spesso, a parte che per il genere di riferimento, sembrano essere abbastanza lontane dal suo cinema, mentre un esame dei contratti di coproduzione permette di capire quali siano i mercati nei quali la casa aveva intenzione di vendere – non è possibile però sapere in quali casi ci sarebbe effettivamente riuscita – il proprio film. Per esempio, esaminando il fascicolo del film Bufere (Guido Brignone, 1953)130, un melodramma di chiara ispirazione matarazziana interpretato da Jean Gabin e Silvana Pampanini e coprodotto, oltre che dalla Titanus, dalla Daunia di Teodoro Albertacci e dalla francese Société Générale de Cinématographie, è possibile apprendere in primo luogo che, materialmente, l’apporto del partner francese era limitato esclusivamente alla retribuzione del personale di nazionalità non italiana (oltre a Gabin, anche l’attore Serge Reggiani e l’aiuto regista), mentre tutte le altre spese e l’organizzazione della produzione risultano essere a carico della controparte italiana; in secondo luogo, dall’esame dello stesso contratto risulta che i mercati di esclusiva competenza italiana comprendono, oltre all’Italia, «l’ex Africa italiana e i Protettorati italiani, il territorio libero di Trieste, navi battenti bandiera italiana, Germania e Austria», mentre non vengono menzionati territori all’epoca ampiamente sfruttati da compagnie rivali come la Lux, quali le zone ad alta intensità di immigrazione italiana dell’America latina131; infine, grazie a documenti che attestano problemi inerenti ad alcune discrepanze nella spartizione tra i mercati, che non sono speculari in entrambi i film, è possibile apprendere che la coproduzione gemellare cui la Titanus partecipa in quota minoritaria è

Quand tu liras cette lettre (Labbra proibite), un melodramma sostanzialmente analogo

per tema e caratteristiche a quello di Brignone e per il quale Lombardo ottiene da contratto i diritti di sfruttamento in esclusiva, oltre che nei territori già citati, anche in Turchia, Egitto, Spagna e Portogallo.

Evidentemente, il meccanismo delle coproduzioni è estremamente vantaggioso per una compagnia che sia in grado di sfruttarlo appieno: nel caso di una coproduzione maggioritaria si riducono di un terzo le spese, mentre quando si tratta di una partecipazione minoritaria l’esborso diventa irrisorio e l’affare risulta conveniente anche nel caso che il film incassi poco sul mercato che si ha in esclusiva. Il partner privilegiato della Titanus per tutti gli anni ’50 è la Société Générale de Cinematographie di Charles Delac, specializzata esclusivamente in coproduzioni minoritarie e che quindi svolge sempre e comunque un ruolo eminentemente finanziario – anche nel caso dei film gemellari, che costringono Lombardo a partecipare in via minoritaria a opere francesi, l’apporto della società di Delac si limita all’approvvigionamento di capitali, mentre l’organizzazione è lasciata ad altre compagnie. Ma a costituire dei veri e propri affari sono le lavorazioni per conto: in questi casi le compagnie americane sommergono

130

Cfr. ACS, Min. T. S., DG Cinema, CF 1480.

131 Che peraltro non compaiono neanche in accordi di coproduzione di epoca successiva: la Titanus non

possiede referenti preferenziali in nazioni extraeuropee o comunque al di là del nord Africa. Nel resto del mondo, in ogni caso, gli eventuali profitti del film vengono suddivisi tra le compagnie partecipanti in proporzioni pari alle quote di capitale investito nella produzione.

82

letteralmente di capitali il partner italiano il quale, se riesce a fornire un prodotto formalmente corretto senza compiere errori grossolani – come nel caso, che si è già visto, del budget incontrollabile di Sodoma e Gomorra, che verrà protestato da Levine – i vantaggi per la compagnia italiana sono addirittura sorprendenti. Si può esaminare per esempio il contratto di coproduzione di Arrivederci Roma, che prevedeva che la Titanus, che organizzava la produzione, partecipasse con una quota pari al 20% del budget del film – in origine una quota di 140.000.000 di lire su un preventivo di 700.000.000, poi ridotta a circa 100 milioni su un consuntivo di 490.613.380 – in cambio dell’esclusiva sul 10% dei mercati mondiali132: il film, solo in Italia, avrebbe incassato più di 750 milioni di dollari, ripagando così la casa con utili paragonabili a quelli guadagnati nello stesso anno da Poveri ma belli. Sono condizioni tanto favorevoli a spingere Lombardo a perseguire con fin troppa testardaggine la strada della collaborazione con le case americane, la quale in seguito porterà la Titanus a risultati, quando non disastrosi, quantomeno deludenti.

In ogni caso, nel contesto europeo la carenza di finanziamenti provenienti da capitale privato sembra essere ampiamente sostituita dalle coproduzioni che, sebbene siano sollecitate dai benefici di legge dei rispettivi stati nazionali, riescono effettivamente a permettere la realizzazione di prodotti competitivi e a sostenere la crescita produttiva delle cinematografie maggiori – in questo senso, la dimensione speculativa di molte di queste operazioni appare il male minore, ed evidenzia l’approccio conservativo dimostrato da alcuni studi condotti da storici come Quaglietti.

Conclusioni

Il panorama dei modi di produzione italiani negli anni che vanno dal dopoguerra alla prima metà degli anni ’60 evidenzia la presenza di opposte tendenze: da una parte c’è un modello inedito e funzionale, come la struttura “elastica” della Lux Film, priva di mezzi di produzione che gonfierebbero artificialmente il volume produttivo – obbligando così la casa a mettere in cantiere progetti al solo scopo di utilizzare il proprio capitale fisico – e di forza lavoro sotto contratto, che genererebbe dei costi vivi cui far continuamente fronte; dall’altra, c’è un modello di struttura integrata ispirato sia dalle majors americane che dalle più solide realtà italiane dei primi anni del sonoro o di quelli della guerra, come la Cines e la Scalera, le quali erano dotate di studi, macchinari e personale sotto contratto. Se le numerosissime società di piccole e medie dimensioni che operano in quel periodo non hanno scelta, e devono provvedere a noleggiare studi e attrezzature e ad assumere troupe diverse ogni volta, la Titanus e le sue più agguerrite concorrenti133 sono sempre più orientate verso il secondo modello: nella prima metà degli anni ’50 esse consolidano così il proprio capitale fisico per orientarsi poi, attorno agli anni della crisi, su sistemi produttivi più complessi e su inediti esperimenti di assunzione in esclusiva di alcuni quadri artistici. Entrambe le operazioni, come si è visto, vengono condotte in maniera velleitaria e disordinata, senza che vi siano nette divisioni di poteri e senza che le assunzioni rientrino in un piano strategico più ampio e nettamente intelligibile. Ma soprattutto, la Titanus punta a forme di central producer

system o producer-unit system in un momento in cui la cinematografia che si vuole

imitare le sta progressivamente abbandonando, e il mercato punta – e punterà sempre più, fino alla fine degli anni ’70 – a una netta separazione tra grossi distributori e piccoli produttori. È questa un’altra ragione del crollo delle società maggiori o del

132 Cfr. ACS, Min. T. S., DG Cinema, CF 2660.

133 In particolare la società di Dino De Laurentiis, con il quale c’è sempre stata una guerra silenziosa che è

83

trasferimento all’estero dei tycoon italiani più intraprendenti: il package unit-system è nettamente favorito dalla frammentazione produttiva, la quale viene a sua volta costantemente foraggiata dai benefici di legge, ma tuttavia le principali case italiane continuano a inseguire il miraggio di una solidità che in questo contesto è impossibile da mantenere, attratti da un concetto di prestigio che appartiene ormai al passato.

85

87