LA LIBERTA‟DI CURA NELLO SPAZIO GIURIDICO EUROPEO Un‟indagine comparata
2. I principi di diritto europeo in materia di scelte di fine vita
2.1 Il diritto al rifiuto/rinuncia alle cure in caso di soggetto capace di determinars
Il diritto di rifiutare o rinunciare alle cure trova riconoscimento nelle Carte europee dei diritti attraverso il principio del consenso informato che costituisce il fulcro della moderna relazione medico-paziente78.
77 La Carta dei diritti fondamentali dell‟Unione europea, proclamata dai presidenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione il 7 dicembre 2000, in occasione del Consiglio europeo di Nizza contiene un catalogo di principi e diritti fondamentali dell‟uomo che ha segnato una tappa fondamentale nel processo di integrazione comunitaria. Oltre al Preambolo, la Carta contiene sette capitoli, dedicati alla Dignità umana (artt. 1-5), alla Libertà (artt. 6-19), all‟Uguaglianza (art. 20-26), alla Solidarietà (art. 27-38), alla Cittadinanza (artt. 39-46), alla Giustizia (artt. 47-50) e alle Disposizioni generali (artt. 51-54). Si veda R. BIFULCO-M. CATARBIA-A. CELOTTO, L‟Europa dei diritti. Commento alla Carta dei diritti fondamentali
dell‟Unione Europea, Bologna, Il Mulino; 2001.
78 Sul principio del consenso informato (v. capitolo I, § 3.2) torneremo estesamente nel prosieguo del lavoro.
Al riguardo vengono in rilievo, in particolare, la Convenzione europea sulla
protezione dei diritti umani e della dignità dell‟essere umano con riguardo alle applicazioni della biologia e della medicina (c.d. Convenzione sui diritti
dell‟uomo e la biomedicina o Convenzione di Oviedo) e la Carta dei diritti
fondamentali dell‟Unione europea.
La disposizioni della Convenzione di biomedicina che ci interessano da vicino sono quelle contenute nel Capo II (artt. 5-9) rubricato Consenso 79.
L‟art. 5 stabilisce che “Un trattamento sanitario può essere praticato solo se la persona interessata abbia prestato il proprio consenso libero ed informato. La persona deve ricevere un‟adeguata informazione sugli scopi e sulla natura dell‟intervento così come sulle conseguenze e sui rischi dello stesso. La persona interessata può liberamente ritirare (revocare) il proprio consenso in qualsiasi momento”.
L‟articolo in esame non pone regole specifiche sui caratteri del consenso informato o sulla forma in cui deve essere raccolto, lasciando agli Stati aderenti la possibilità di dettare diverse discipline applicative, ma afferma in modo netto i principi generali che devono essere rispettati in ordine ai diritti personalissimi coinvolti dalle applicazioni della biologia e della medicina. In questo senso, la norma sancisce il principio di autodeterminazione della persona nei riguardi degli interventi invasivi della medicina e delle biotecnologie, il valore fondamentale dell‟informazione sanitaria che deve sempre precedere il consenso/dissenso ai trattamenti diagnostico-terapeutici, quale condizione per la consapevolezza dello stesso, e la necessaria modificabilità delle decisioni terapeutiche.
Passando ad esaminare la Carta dei diritti fondamentali dell‟Unione Europea si osserva che la tutela del bene salute è suddivisa in due disposizioni: l‟art. 3 rubricato Diritto all‟integrità della persona, contenuto nel Capo I sulla Dignità, e l‟art. 35 rubricato Protezione della salute, contenuta nel capo IV sulla
Solidarietà80.
79 Gli articoli successivi, dal 6 al 9, si occupano del consenso informato in caso di soggetti incapaci e ne parleremo nel prossimo paragrafo.
80 Come è noto, uno dei profili di maggiore originalità della Carta di Nizza, molto criticato da una parte della dottrina, è quello di aver raggruppato le situazioni giuridiche soggettive fondamentali in sei valori fondamentali (dignità, libertà, eguaglianza, solidarietà, cittadinanza, giustizia), abbandonando la tradizionale distinzione in diritti civili, politici e sociali. Fin dai primi commenti si è osservato che il raggruppamento per valori è servito a rigettare schemi gerarchici tra valori medesimi e a superare la nota contrapposizione tra i diritti sociali e gli altri diritti
Ai fini del nostro studio rileva in particolare l‟art. 3, a norma del quale “1. Ogni individuo ha diritto alla propria identità fisica e psichica.2. Nell‟ambito della medicina e della biologia devono essere in particolare rispettati:
- il consenso libero ed informato della persona interessata, secondo le modalità definite dalla legge;
- il divieto di pratiche eugenetiche, in particolare di quelli aventi come scopo la selezione delle persone;
- il divieto di fare del corpo umano e delle sue parti in quanto tali una fonte di lucro;
- il divieto della clonazione riproduttiva degli esseri umani”81.
L‟articolo in commento accoglie le impostazioni più avanzate relative alla nozione di salute della persona che fanno riferimento non già al mero dato biologico, ma alla complessa realtà corpo-mente che costituisce la persona umana unitariamente intesa e, quindi, tutela la identità fisica e psichica dell‟individuo sia nella fase di formazione che in quella successiva in cui possono porsi gli interventi sul corpo82. La norma immerge, per così dire, il diritto all‟integrità psico-fisica nell‟ambito della moderna scienza biomedica e fissa dei principi83
fondamentali. Sul punto si veda, ex multis, R. BIFULCO, Dignità umana e integrità genetica nella
Carta dei diritti fondamentali dell‟Unione Europea, in Scritti in memoria di Livio Paladin, Napoli,
Novene, 2004, p. 239; G. BRAIBANT, La Charte des droits fondamnetaux, in Droit social, 2001, p. 72. ma si veda D. ZOLO, Una “pietra miliare”?, in Dir. pubbl., 2001, p. 1023, il quale ricorda che la tesi dell‟indivisibilità e universalità dei valori ha un‟origine polemica, essendo stata usata per la prima volta dalle potenze occidentali nella seconda Conferenza delle Nazioni Unite sui diritti dell‟uomo, tenuta a Vienna nel 1993, come arma polemica nei confronti di un gruppo di Paesi dell‟Asia e dell‟America latina, che rivendicavano la priorità dei diritti collettivi rispetto a quelli individuali.
81 Il paragrafo secondo dell‟art. 3 non si ricollega ad altre disposizioni facenti parti del diritto comunitario, ma riprende, come ricordano le relative note esplicative del Presidium, principi contenuti nella Convenzione per la protezione dei diritti dell‟uomo e della dignità dell‟essere
umano rispetto all‟utilizzazione della medicina e della biologia.
82 Al riguardo si veda R. BIFULCO, Art. 3 Diritto all‟integrità della persona, in R. BIFULCO - M. CARTABIA - A. CELOTTO, L‟ Europa dei diritti. Commento alla Carta dei
diritti fondamentali dell‟Unione Europea, Bologna, Il Mulino, 2001, p. 52, che delimita l‟oggetto
di tutela dell‟art. 3 attraverso il confronto con l‟art. 6 che tutela la libertà e sicurezza della persona. Mentre l‟art. 6 tutela la libertà della persona fisica contro arbitrarie misure coercitive, nell‟art. 3 “(…) il concetto di integrità fisica e psichica esprime (…) gli elementi su cui si forma l‟identità dell‟essere umano e quindi la sua personalità; l‟oggetto tutelato dall‟art. 3 finisce per coincidere con l‟identità di ogni individuo cioè la pretesa di ogni individuo a svolgere la propria identità diversa ed unica (…)” .
83 Come è noto, la Carta distingue fra diritti e principi sia nell‟ultima frase del preambolo sia nell‟art. 51.1, seconda parte. I principi sarebbero precetti da concretizzare mediante un atto normativo e, seppur provvisti di forza giuridica nel quadro dell‟azione comunitaria, se non
(nella forma di divieti o obblighi) che si impongono sia al legislatore comunitario che a quello nazionale, contribuendo ad arricchire la pretese contenute in tale posizione giuridica soggettiva84.
Come abbiamo osservato per l‟art. 5 della Convenzione di Oviedo, anche la norma in esame non definisce puntualmente contenuti e caratteri del consenso informato, ma sancisce un diritto fondamentale (la libertà del soggetto di decidere se come e quando sottoporsi a trattamenti diagnostici o terapeutici e quindi di rifiutarli) nei riguardi degli interventi invasivi della medicina e pone tre divieti a presidio dell‟autonomia della persona, contro i rischi di strumentalizzazione e di mercificazione85.
La ratio della norma è chiara: bilanciare la libertà di cura con l‟esigenza di protezione dei soggetti deboli di fronte alle domande del mercato. L‟istanza protettiva è soddisfatta con uno strumento proporzionato allo scopo: per proteggere l‟individuo non lo si priva del potere/libertà di decidere di se stesso, ma si pone dei limiti contro i condizionamenti esterni, di carattere economico e sociale, che potrebbero portarlo ad agire contra sé per bisogno e non per effettiva volontà86.
sviluppati in misure applicative non sarebbero direttamente azionabili davanti ai giudici nazionali. Su tale distinzione si veda R. BIFULCO, Dignità ed integrità genetica nella Carta dei diritti
fondamentali dell‟Unione Europea, cit., p. 253; F. BENOIT- ROHMER, La Charte des droits fondamentaux de l‟Union europèenne, in Le Dalloz, 2001, p. 1485.
84 Così R. BIFULCO, Dignità ed integrità genetica …., cit., p. 254. 85
Le note esplicative del Presidium ricordano che il riferimento alle pratiche eugenetiche, in particolare quelle che hanno per scopo la selezione delle persone, riguarda le ipotesi nelle quali sono previsti e messi in opera programmi selettivi che comportano, per esempio, campagne di sterilizzazione per il controllo delle nascite, campagne di gravidanza forzata, matrimoni etnici obbligatori ecc.
86 Si pensi ad esempio alla vendita di organi, o alla messa a disposizione del corpo per ragioni di estrema indigenza (cfr. i contratti di maternità surrogata). In questo senso, il requisito della gratuità opera come condizione di liceità degli atti di disposizione del corpo a garanzia della spontaneità della volontà orientata al compimento dell‟atto. Sul punto v. G. RESTA, La
disponibilità dei diritti fondamentali e i limiti della dignità. (Note a margine della carta dei diritti), in Riv. dir. civ., 2002, p. 801 ss, spec. p. 807. Al riguardo si è posto il dubbio se il divieto
di fare del corpo e delle sue parti una fonte di lucro comporti anche la proibizione della prostituzione e del meretricio, v. P. GROSSI, Dignità umana e libertà nella Carta dei diritti
fondamentali dell‟Unione Europea, in M. SICLARI, Contributi allo studio della Carta dei diritti fondamentali dell‟Unione Europea, Torino, Giappichelli, 2003, p. 50. Per la soluzione che esclude
le prestazioni sessuali e riproduttive dal divieto si veda M .G. GIAMMARINARO, Luci ed ombre
della Carta europea dei diritti, in Bioetica, 2001, p. 719. Indicazioni negative sembrano derivare
dalla giurisprudenza comunitaria precedente all‟entrata in vigore della Carta come vera e propria fonte del diritto comunitario, si veda al riguardo la sentenza 20 novembre 2001, C-268/99, nel caso
Jany e altri c. Staatssecretaris van Justitie, in Quad. cost., 2002, con nota di M. LUCIANI, Il lavoro autonomo della prostituta.
Prima di concludere merita spendere anche qualche parola sui principi ricavabili dalla CEDU ed in particolare dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo.
Per quanto direttamente ci interessa, viene in rilievo il diritto al rispetto della vita privata di cui all‟art. 8, il quale prevede che: “Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza. 2. Non può esservi ingerenza di un‟autorità pubblica nell‟esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell‟ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute e della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui.”
Secondo l‟interpretazione dei giudici di Strasburgo la nozione di “vita privata” è ampia e comprende l‟integrità fisica e morale di una persona87
, la sua identità fisica e sociale88, elementi quali il nome, la tendenza sessuale e la vita sessuale89, ovvero gli ambiti in cui l‟autonomia individuale riveste un ruolo fondamentale90.
In questa prospettiva, l‟art. 8 CEDU è stato interpretato dalla Corte di Strasburgo come idoneo a comprendere il diritto a rifiutare qualsiasi trattamento medico; diritto che è riconosciuto anche nelle ipotesi in cui tale rifiuto esponga il paziente ad una morte certa sul presupposto che eventuali imposizioni di atti invasivi potrebbero essere giustificate solo allorché necessarie per salvaguardare
87
V. la sentenza resa nel caso X eY c. Paesi Bassi, del 26 marzo 1985, par. 22. 88 V. la sentenza sul caso Mikulic c. Croazia, del 7 febbraio 2002, par. 53.
89 V. le sentenze sui casi B. c. Francia, del 25 marzo 1992, par. 63; Dugeon c. Regno Unito, del 22 ottobre 1991, par. 41; Burghatzc c. Svizzera, del 22 febbraio 1994, par. 24.
90 La garanzia prestata all‟autodeterminazione è tale che “la facoltà di ogni individuo di condurre la propria esistenza secondo i propri desideri può anche includere la possibilità di dedicarsi ad attività fisicamente o moralmente pregiudizievoli o pericolose per la propria persona. Pertanto, le misure coercitive eventualmente imposte dallo Stato per impedire comportamenti pericolosi per la salute o potenzialmente letali, sono considerate lesive della vita privata ai sensi dell‟art. 8 par. 1, e possono considerarsi legittime solo se imposte dalla necessità di salvaguardare uno degli interessi protetti al secondo paragrafo dell‟articolo stesso”, v. la sentenza sul caso
Laskey, Jaggard, Brown c. Regno Unito, del 19 febbraio 1997 relativa alla partecipazione a
degli interessi menzionati nel secondo paragrafo dell‟art. 8, tra i quali non può tuttavia annoverarsi la vita del paziente medesimo91.
91 Cfr. la decisione della Commissione nel caso Acmanne e a. c. Belgio, del 10 dicembre 1984, ove si afferma che “in ambito sanitario, il rifiuto di accettare un trattamento particolare potrebbe condurre inevitabilmente ad un esito fatale ma l‟imposizione di un trattamento medico senza il consenso del paziente, se adulto e sano di mente, costituirebbe un attentato all‟integrità psico-fisica dell‟interessato che può mettere in discussione i diritti protetti dall‟art. 8, par. 1, della Convenzione. (…) [pertanto] un individuo può rivendicare il diritto di esercitare la scelta di morire rifiutando di consentire ad un trattamento che potrebbe avere l‟effetto di prolungargli la vita.” Tale impostazione è confermata anche nella sentenza resa sul caso Pretty c. Regno Unito del 29 aprile 2002, (ricorso 2346/02) di cui parleremo nel prossimo paragrafo.