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Il „diritto vivente‟: verso un princpio di autodeterminazione intorno alla propria vita

LE SCELTE DI FINE VITA IN ITALIA

LA LIBERTA‟ DI CURA NELLA COSTITUZIONE

4. Il diritto alla salute In particolare, le diverse concezioni della sfera di disponibilità del diritto alla salute da parte del titolare.

5.4. La soluzione preferibile in base al quadro normativo attuale e ai principi di diritto europeo

5.4.1. Il „diritto vivente‟: verso un princpio di autodeterminazione intorno alla propria vita

Sotto un altro profilo, si potrebbe obbiettare che il diritto alla vita sia un classica „libertà negativa‟ diretta a difendere la „pretesa di protezione‟ da parte dello Stato contro le aggressioni che possono provenire tanto dai pubblici poteri (divieto della pena di morte) che dai privati (reati contro la vita), vale a dire come „pretesa alla conservazione della vita‟, nella quale non si può far rientrare la diversa pretesa a rinunciare alla vita367.

Tuttavia, come insegna illustra dottrina, la categoria della libertà si esprime essenzialmente in due forme: come libertà “negativa” (libertà da) e come libertà “positiva” (libertà di). La libertà negativa coincide con il concetto di

indipendenza: è l‟aver diritto ad una sfera privata inaccessibile agli altri soggetti;

la libertà positiva, invece, coincide con il concetto di autonomia, con “l‟esser

ricoverato nonché idoneo ad obbligare i professionisti eventualmente responsabili a rispondere dei loro atti”. In altre parole che la colpa medica possa esser fatta valere anche tramite un‟azione civile di responsabilità, (in questi termini Calvelli e Ciglio c. Italia, del 17 gennaio 2002; in materia ambientale si veda la sentenza resa nel caso Oneryildiz c. Turchia, del 18 giugno 2002, relativa all‟esplosione di gas metano in una discarica comunale).”

366 Infatti, stando all‟interpretazione dei giudici di Strasburgo, “è sotto il profilo dell‟art. 8 che la nozione di qualità della vita si riempie di significato”. Sentenza sul caso Diane Pretty c.

Regno Unito, del 29 aprile 2002, par. 65. In questo senso, afferma che la Corte “in ambito

sanitario, il rifiuto di accettare un trattamento particolare potrebbe condurre inevitabilmente ad un esito fatale, ma l‟imposizione di un trattamento medico senza il consenso del paziente, se adulto e sano di mente, costituirebbe un attentato all‟integrità psico-fisica dell‟interessato che può mettere in discussione i diritti protetti dall‟art. 8, par. 1, della Convenzione. Ciò perché eventuali imposizioni di un trattamento medico potrebbero essere giustificate solo allorché necessarie per salvaguardare degli interessi menzionati nel secondo paragrafo dell‟art. 8, tra i quali non può tuttavia annoverarsi la vita del paziente medesimo (…) [Pertanto] un individuo può rivendicare il diritto di esercitare la scelta di morire rifiutando di consentire ad un trattamento che potrebbe avere l‟effetto di prolungargli la vita”. Cfr. la decisione della Commissione nel caso Acmanne e altri c.

Belgio, del 10 dicembre 1984. Tale assunto trova conferma nella famosa sentenza resa sul caso Pretty c. Regno Unito, per cui si veda capitolo II, § 2.2. In letteratura, ex multis R. BIFULCO, Esiste un diritto al suicidio assistito nella Cedu?, in Quad. cost., 2003, p. p. 166 ss; C.

TRIPODINA, Il diritto nell‟età della tecnica, cit., p. 296 ss; C. CASONATO, Introduzione al

biodiritto, cit., p. 191; Vigano, Diritto penale sostanziale e convenzione europea dei diritti dell‟uomo, in Riv. it. dir. e proc. pen., 2007, 01, p. 42.

367 In questi termini si veda, ad esempio, la sentenza della Corte Europea dei diritti dell‟uomo, nel caso Pretty v. Regno Unito, 29 aprile 2002, cit.

padroni di sé” ovvero con l‟essere, in potenza, colui che progetta la propria vita nella società368.

Normalmente ogni libertà contiene una miscela di aspetti dell‟una e dell‟altra dimensione, nel senso che ogni libertà presenta tanto momenti di definizione in relazione al non impedimento, quanto profili relativi all‟ autodeterminazione369.

Per quanto riguarda il diritto alla vita, storicamente si è affermata prima la dimensione negativa, ma ciò non esclude che esso comprenda anche la dimensione positiva, di potere di scelta in ordine ai possibili modi dell‟esistenza fisica e psichica. Al contrario ci sembra che nell‟ordinamento vigente si stia affermando un principio di autodeterminazione intorno alla propria vita.

Nella direzione appena indicata sembra muovere in particolare il „diritto vivente‟ di matrice giurisprudenziale, che sta facendo tesoro dei principi provenienti dal diritto europeo sopra richiamati.

In particolare, si fa riferimento a quella giurisprudenza che ha riconosciuto espressamente il diritto di rifiutare le cure c.d. salva-vita, come ad esempio, oltre alla sentenza della Cassazione sul caso Englaro (Cass. civ., I sez., 16 ottobre 2007, n. 27148) sulla quale ci soffermeremo diffusamente nel prossimo capitolo, alcune recenti pronunce che nell‟affrontare l‟annosa questione del rifiuto delle trasfusioni di sangue da parte degli aderenti alla confessione dei testimoni di Geova hanno chiaramente inquadrato tale pretesa nella libertà di cura, di cui all‟art. 32 Cost.370

.

368 Per tutti I. BERLIN, Two Concepts of Liberty, in Four Essays on Liberty, Oxford, 1969, p. 133 ss, oggi in ID., Libertà a cura di H. Hardy, Milano, Feltrinelli, p. 169 ss. Si veda altresì, N. BOBBIO, Della libertà dei moderni comparata a quella dei posteri, in A. PASSERIN D‟ENTREVES (a cura di), La libertà politica, Milano, 1974, p. 78 ss; e A. BALDASSARRE,

Libertà, in Diritti della persona e valori costituzionali, Torino, Giappichelli, 1997, p. 241-242,

secondo il quale “L‟una [la libertà negativa] è definita in relazione al concetto di non-interferenza o non-impedimento, nello specifico significato che tale libertà consiste nella garanzia che nessun altro soggetto, compreso lo Stato o comunque il sovrano, possa intromettersi nella sfera giuridica o nell‟ambito di vita assicurato al titolare della libertà stessa (…). La libertà positiva, invece, va definita in relazione al concetto di potere o di condizionamento (…) nello specifico significato che libero è colui al quale si garantisce che la sua capacità di scelta non subirà costrizioni o turbamenti tali da derivarne o da falsificarne il senso o la sostanza, e quindi, da porre in essere comportamenti nella vita di relazione dipendenti in pratica da decisioni altrui, dello Stato o di altri soggetti”.

369

A. BALDASSARRE, Libertà, cit., p. 272-273.

370 Si veda Cass. civ., 15 settembre 2008, n. 23676, pubblicata in Resp. civ., 2008, p. 947 e in Resp. civ. e prev., 2009, 1, p. 126 ss con nota di M. GORGONI, Libertà di coscienza v. salute;

personalismo individualista v. paternalismo sanitario, e Cass. civ., 23 febbraio 2007, n. 4211, in Resp. civ. e prev., 2007, p. 1881.

Un altro significativo esempio di tale indirizzo giurisprudenziale è la decisione del Tribunale di Roma (in veste di giudice per l‟udienza preliminare), del 17 ottobre 2007, n. 2049, pronunciata sulla nota vicenda di Piergiorgio Welby371.

In questo caso, il giudice ha scriminato il medico imputato di omicidio del consenziente ex art. 579 c.p., per aver staccato il respiratore artificiale che teneva in vita il paziente, sul presupposto che il medico che ha dato seguito alla richiesta di sospensione della terapia manifestata dal paziente ha agito nell‟adempimento di un dovere ex art. 51 c.p., perché la sua condotta è stata compiuta per garantire l‟esercizio del diritto da parte della vittima di sottrarsi ad un trattamento sanitario non voluto.

Alcuni passaggi della motivazione sono talmente chiari che meritano di essere riportati letteralmente. Il giudice, dopo avere ricostruito la natura e il contenuto del diritto di autodeterminazione terapeutica di cui all‟art. 32, co. 2, Cost. e del diritto alla vita, afferma che entrambi i diritti partecipano della stessa natura, ovvero fanno parte dei “valori supremi” destinati “a costituire la matrice di ogni altro diritto della persona (…)”. Pertanto, argomenta, “in caso di conflitto, il sistematico depotenziamento del primo in ragione della prevalenza del diritto alla vita non sarebbe giustificato da alcuna norma o principio neanche di rango costituzionale”.

In altri termini, secondo il tribunale, il diritto alla vita è, al pari degli altri diritti fondamentali, potenzialmente disponibile, perciò può cedere a fronte dell‟esercizio del diritto di autodeterminazione terapeutica.

371

Pubblicata in Dir. pen e processo, 2008, p. 59 ss. La vicenda è molto nota. Brevemente si può ricordare che il Sig. Welby era affetto da distrofia muscolare progressiva dal 1962, e perciò costretto a sopravvivere mediante un ventilatore polmonare e alimentazione artificiale, ed in grado di esprimersi solo mediante l‟ausilio di un computer. In ripetute occasioni (ed anche tramite un ricorso di urgenza ex art. 700 c.p.c. al Tribunale di Roma, respinto con sentenza del 17 dicembre 2006) aveva richiesto l‟interruzione dei trattamenti sanitari cui era sottoposto. Il 20 dicembre 2006 era deceduto a seguito del distacco del ventilatore meccanico operato da un medico anestesista, previa somministrazione di trattamenti sedativi. La sospensione della terapia aveva cagionato un‟insufficienza respiratoria da cui era derivato un arresto cardiocircolatorio. Una volta instauratosi il procedimento penale nei confronti del medico per il reato di omicidio del consenziente, il giudice, su conforme parere del pubblico ministero, dopo un‟attenta ricostruzione delle condizioni cliniche di Welby e della sua ferma e consapevole decisione di sospendere le terapie che lo tenevano in vita, ha prosciolto l‟imputato ritenendo che egli avesse agito alla presenza di un dovere giuridico che ne scriminava la illiceità della condotta causativa della morte altrui perché la sua condotta era stata compiuta dopo aver verificato la presenza di tutte le condizioni che avevano legittimato l‟esercizio del diritto da parte della vittima di sottrarsi ad un trattamento sanitario non voluto.

Infine, nel senso di un riconoscimento di una parziale disponibilità del diritto alla vita da parte del suo titolare si è mossa anche quella giurisprudenza che ha „mitigato‟ o addirittura „disapplicato‟ l‟art. 579 c.p., dimostrando di ritenerla una disposizione troppo severa per disciplinare le ipotesi in cui il comportamento dell‟agente ha dato seguito alla volontà di morire di un paziente terminale e quindi, inadeguata a regolare le pretese giuridiche rivendicate nelle scelte di fine vita372.

6. La libertà di coscienza ed il valore del pluralismo come ulteriori

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