LE SCELTE DI FINE VITA IN ITALIA
LA LIBERTA‟ DI CURA NELLA COSTITUZIONE
4. Il diritto alla salute In particolare, le diverse concezioni della sfera di disponibilità del diritto alla salute da parte del titolare.
5.2. La vita come diritto indisponibile da parte del titolare: il dovere individuale alla vita
Una altra parte della dottrina, pur riconoscendo la configurabilità di un diritto alla vita, lo qualifica come la precondizione necessaria per il godimento di qualsiasi altra libertà, valore assoluto che lo Stato deve proteggere anche contro la volontà del soggetto.342
340
I. NICOTRA GUERRERA, op. cit., p. 142. Continua l‟Autrice: “Essa sfugge alle stesse categorie di disponibilità-indisponibilità, poiché entrambe costituiscono il risultato di una qualificazione logica capace di risalire ad una volontà mediatamente o in via remota, costitutiva di quel diritto”.
341 Così I. NICOTRA GUERRERA, op.. cit., p. 145.
342 Per questa impostazione si veda, tra gli altri, M. PORTIGLIATTI BARBOS, Diritto a
morire, in Dig. disc. pen., vol. IV, Torino, UTET, 1990, p. 5; G.P. CALABRO‟, Valori supremi e legalità costituzionale. Diritti della persona e democrazia pluralistica, Torino, Giappichelli, 1999,
p. 122-160; F. CAVALLA, Diritto alla vita, diritto sulla vita Alle origini delle discussioni
sull‟eutanasia, in Dir. soc., 2008, p. 1 ss; G. IADECOLA, Note critiche in tema di “testamento biologico”, in Riv. it. med. leg., 2003, p. 473 ss; D‟ADDINO SERAVALLE, Atti di disposizione del corpo e tutela della persona umana, Napoli, Novene, 1983; PELAGATTI, I trattamenti sanitari obbligatori, cit..
Secondo questa impostazione il fondamento del principio di indisponibilità della vita risiede direttamente nel quadro costituzionale e normativo343. In questo senso, deporrebbero gli artt. 2, 13, 27, commi 3 e 4, 32, 38 della Carta costituzionale, quali espressioni del principio di tutela della dignità umana344, l‟art. 5 c.c., che stabilisce il generale divieto di atti di disposizione sul proprio corpo che cagionano una diminuzione permanente all‟integrità fisica, e gli art. 579 e 580 c.p. a norma dei quali rispettivamente, nessuno può prestare un consenso alla propria uccisione, che sia valido a legittimare il fatto del terzo, ed è fatto divieto di partecipare al suicidio altrui345.
Tale conclusione non sarebbe neppure smentita dalla liceità del suicidio che nel nostro ordinamento non costituisce reato né risulta altrimenti vietato. Secondo questo orientamento, infatti, “è arbitrario affermare un supposto principio di indifferenza dell‟ordinamento giuridico verso l‟atto suicidiario solo perché il legislatore non ha penalmente sanzionato il tentativo di suicidio”. In realtà, “la sua impunità dipende dall‟assenza di una relatio ad alteros, ma dura soltanto fino a che non viene superata la sfera individuale di chi si uccide o tenta di uccidersi. Ciò non significa che il suicidio rappresenti propriamente l‟esercizio di un diritto sulla propria persona e sia un fatto giuridicamente lecito” 346
.
Per quanto direttamente ci interessa, questa interpretazione comporta l‟inammissibilità delle pretese giuridiche di fine-vita.
Alcuni autori, infatti, affermano l‟illiceità del rifiuto di cure c.d. salva- vita, in particolare se il dissenso è successivo e quindi implica una sospensione della terapia in corso, perchè “l‟esercizio del diritto di autodeterminazione terapeutica incontra un limite preciso allorché ad esso consegua il sacrificio del bene della
343 G.P. CALABRO‟, Valori supremi e legalità costituzionale. Diritti della persona e
democrazia pluralistica, cit., p. 158 per cui ammettere “la possibilità giuridica che il diritto alla
vita possa essere, anche in casi estremi e particolari, “disponibile”, e quindi soggetto alla volontà, produrrebbe una vera e propria mutazione genetica dell‟ordinamento costituzionale”. In termini analoghi, L. EUSEBI, Note sui disegni di legge concernenti il consenso informato e le
dichiarazioni di volontà anticipate nei trattamenti sanitari, in Criminalia, 2006, p. 253 ss.
344
F. CAVALLA, Diritto alla vita, diritto sulla vita Alle origini delle discussioni
sull‟eutanasia, cit., p. 17.
345 In questo senso ex multis G. IADECOLA, Note critiche in tema di “testamento
biologico”, cit., p. 473 ss.
346
vita” e come conseguenza si pone “la doverosità sul piano giuridico dell‟intervento del medico sul paziente dissenziente, ma in pericolo di vita”347
. Altri autori, invece, pur riconoscendo astrattamente la liceità del rifiuto delle cure, escludono pregiudizialmente la possibilità di configurare una vera e propria libertà di autodeterminazione in capo al paziente in fin di vita, sul presupposto che la malattia e le sofferenze che alterano il suo equilibrio psichico lo privino in toto della capacità e della consapevolezza nella valutazione della situazione concreta348. Si potrebbe dire, utilizzando un‟osservazione quanto mai efficace, che secondo questa parte della dottrina il malato terminale può scegliere “di lasciarsi morire…finché però non sta per morire”349
. Quando è a rischio la sopravvivenza della persona non può esserci effettiva libertà di autodeterminazione, perciò la volontà dell‟individuo (rectius: il dissenso alle cure), non può che cedere di fronte al (ri)espandersi del dovere di tutela della vita dello Stato e, quindi, dell‟obbligo di cura del medico350.
Il carattere dell‟indisponibilità del diritto alla vita, dunque, si traduce nell‟assoluta impossibilità di disporne da parte del titolare351
.
347 Così G. IADECOLA - A. FIORI, Stato di necessità medica, consenso del paziente e dei
familiari, cosiddetto diritto di morire, criteri per l‟accertamento del nesso di causalità, in Riv. it. med. leg., 1996, p. 315; G. IADECOLA, Note critiche in tema di “testamento biologico”, cit., p.
476. Si veda, altresì, D‟ADDINO SERAVALLE, Atti di disposizione del corpo e tutela della
persona umana, cit., p. 196; PELAGATTI, I trattamenti sanitari obbligatori, cit., p. 38 ss.
348 Cfr. M. PORTIGLIATTI BARBOS, “Diritto a morire”, in Dig. disc.pen., 1990, p. 8. Cfr in termini analoghi I. NICOTRA GUERRERA, Vita e sistema di valori nella Costituzione, cit., p. 147; secondo l‟A. la questione relativa alla libertà di non sottoporsi a trattamenti sanitari “va correttamente impostata sul dubbio che il rifiuto delle cure sia effettivamente dominato da volontà cosciente o non sia, invece, appannato, dalla spegnimento delle risorse psico-fisiche dipendente da una serie di circostanze, che alterano il processo di formazione del medesimo volere, tanto da non poter attribuire a quest‟ultimo l‟abbandono in cui la persona si pone e far ricostruire dunque su di esso un improbabile diritto di non curarsi”.
349 G. GEMMA, Vita (diritto alla), in Dig. disc. pubbl., vol. XV, 1999, p. 686. 350
Ambigua la posizione di F. MANTOVANI, Eutanasia, cit., p. 428 il quale afferma l‟illiceità dell‟eutanasia attiva e dell‟eutanasia passiva non consensule, sostenendo invece la liceità del rifiuto delle cure salvo poi affermare che “(…) l‟autentico rifiuto delle cure, se sul piano di principio costituisce un diritto soggettivo, sul piano pratico non è di agevole accertamento, per cui il medico nel dubbio deve praticare la cura: in dubio pro vita”.
351 Sostiene F. CAVALLA, Diritto alla vita, diritto sulla vita. Alle origini delle discussioni
sull‟eutanasia, cit., p. 11, che la possibilità di riconoscere una sfera di disposizione dell‟individuo
sulla propria esistenza biologica è frutto della concezione proprietaria dei diritti soggettivi elaborata dalla Scuola del diritto naturale, secondo la quale “va riconosciuto all‟individuo, nei confronti di chiunque altro, propriamente ed esclusivamente, un diritto naturale sulla sua vita”. Tale impostazione, però sarebbe smentita dalla stessa locuzione „diritto alla vita‟ che è diversa da quella di „diritto sulla vita‟; solo la seconda, infatti, potrebbe essere ridotta ad “una pretesa individuale a disporre di un bene in via esclusiva, mentre la prima esprime la pretesa
Diversamente lo Stato (e, per lui, il medico) non solo hanno il dovere di proteggerlo dalle aggressioni esterne, ma hanno anche il potere di imporne l‟esercizio positivo ovvero esercitarlo in luogo del suo titolare352
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In definitiva, il valore fondamentale del bene vita pone un dovere individuale di vivere.