LE SCELTE DI FINE VITA IN ITALIA
LA LIBERTA‟ DI CURA NELLA COSTITUZIONE
3. Il problema della (in)disponibilità dei diritti fondamentali coinvolti nelle scelte di fine vita
Nello studio delle ricostruzioni dottrinali sui diritti in esame ci siamo imbattuti in una questione che è risultata centrale, perché dalla soluzione data ad
263 In questo senso P. VERONESI, Il corpo e la Costituzione. Concretezza dei casi e
astrattezza della norma, cit., p. 43: “Isolare dalla Costituzione una graduazione dei valori incarnati
dai diritti positivamente previsti (…) o anche solo pretendere una loro stabilizzazione da realizzarsi una volta per tutte in via giurisprudenziale renderebbe infatti irrimediabilmente rigido uno strumento che, per sua natura, è e deve essere invece malleabile al punto giusto (come, del resto, suggeriscono gli ingranaggi dell‟uguaglianza e della ragionevolezza): proprio per questo le buone Costituzioni non sono “presbiti” ma durano al lungo”.
264 In altri termini, come cercheremo di spiegare, per lo Stato riconoscere il diritto al rifiuto alle cure sala-vita non significa rinunciare in toto all‟obbiettivo fondamentale della tutela della vita dei cittadini o violare il principio di solidarietà che impone di predisporre specifiche misure di protezione per i soggetti deboli.
essa dipende il riconoscimento costituzionale delle pretese rivendicate nelle scelte di fine vita.
Tale problema riguarda la sfera di potestà che il titolare può esercitare sui beni che costituiscono l‟oggetto dei diritti fondamentali alla salute ed alla vita.
In altre parole, viene in rilievo la teoria della indisponibilità dei diritti della personalità265 la cui ragion d‟essere risiede nell‟interesse pubblico alla protezione e promozione della persona e dei suoi attributi essenziali, per raggiungere il quale l‟ordinamento tende a circondare di molteplici cautele l‟esercizio dei diritti o addirittura a impedirne certe esplicazioni266. Da qui il carattere della indisponibilità, secondo il quale il generale dovere di astensione dal ledere il bene giuridico protetto, è diretto anche al titolare del diritto che è tenuto, al pari degli altri soggetti dell‟ordinamento, ad astenersi dal compiere azioni capaci di danneggiare la propria persona. Perciò, i diritti c.d. indisponibili si caratterizzano per una serie di attributi quali l‟intrasmissibilità, la irrinunciabilità, l‟inalienabilità, l‟imprescrittibilità, etc.
Se questi sono, in estrema sintesi, la ratio che sta alla base della teoria dell‟indisponibilità e le conseguenze ad essa generalmente ricondotte, indagando con maggiore attenzione si rileva che si possono individuare tre diverse interpretazioni della medesima teoria che, a loro volta, sembrano ispirate alle tre diverse “ideologie giuridiche” di cui abbiamo parlato nel primo capitolo.
In una prima accezione il concetto di indisponibilità dei diritti si traduce in un divieto assoluto di disposizione dei beni giuridici oggetto degli stessi. Tale impostazione sembra influenzata dall‟ideologia comunitarista secondo la quale l‟appartenenza alla comunità comporta dei doveri fondamentali tra i quali quello
265 Al rigurado si veda, tra gli altri, P. F. GROSSI, Introduzione ad uno studio sui diritti
inviolabili nella Costituzione italiana, Padova, Cedam, 1972; P. BARILE, Diritti dell‟uomo e libertà fondamentali, Bologna, Il Mulino, 1984; A. BALDASSARRE, Diritti inviolabili, in Enc. giur., XI, Roma, 1989;; A. PACE, Problematica delle libertà costituzionali, Parte generale,
Padova, Cedam, 2003; P. CARETTI, I diritti fondamentali. Libertà e diritti sociali, Torino, Giappichelli, 2005.
266 In questo senso dispone chiaramente l‟art. 5 c.c. che vieta gli atti di disposizione del corpo (ovvero gli atti con cui un soggetto attribuisce a terzi un potere di disposizione sul suo corpo) quando essi cagionino una diminuzione permanente dell‟integrità fisica, o siano altrimenti contrari all‟ordine pubblico ed al buon costume. Al medesimo fine ci sembra diretta la tecnica seguita nel processo civile ove l‟esercizio dei diritti indisponibili è obbligatoriamente accompagnato dalla partecipazione del PM, organo chiamato a controllarne l‟esercizio a tutela degli interessi pubblici ad essi sottesi. Così come alla stessa logica ci sembra rispondere la previsione del giudice tutelare nel procedimento di mutamento di sesso – l. 62 del 1984 – e nelle leggi sui trapianti di organi. Su quest‟ultimo aspetto torneremo nel corso del lavoro.
di mantenersi in salute ed in vita è il principale, non foss‟altro perché indispensabile per l‟assolvimento di tutti gli altri267
.
La seconda accezione di indisponibilità si traduce in un divieto di disposizione in via definitiva dei diritti fondamentali: il soggetto può „esercitare negativamente‟ i propri diritti alla vita e alla salute (perciò è ammesso il rifiuto di curarsi e non sono punibili gli atti di autolesionismo), ma non può rinunciarvi completamente (non può rifiutare le cure fino a lasciarsi morire né consentire validamente ad essere ucciso da un terzo).
Questo particolare approccio ci pare richiamarsi all‟ideologia che abbiamo definito della „dignità protettiva‟ secondo la quale l‟individuo non è completamente libero di disporre dei propri attributi immateriali (nel senso che non può scegliere di rinunciarvi in via definitiva) perché così facendo violerebbe la sua dignità di essere umano268.
Infine, secondo un‟ultima interpretazione il carattere indisponibile di un diritto non significa impossibilità per il titolare di disporne tout court o
267 Echi dell‟ideologia „comunitarista‟ si ritrovano nelle tesi di quella parte della dottrina che sostiene il fondamento costituzionale di un dovere a mantenersi in salute e, quindi, in vita richiamando, in particolare, il disposto dell‟art. 5 c.c. che vieta gli “atti di disposizione del proprio corpo che cagionino una diminuzione permanente dell‟integrità fisica” e gli artt. 579 e 580 c.p. che sanzionano rispettivamente l‟omicidio del consenziente e l‟aiuto al suicidio. Per un chiaro esempio di questa impostazione si veda P. BELLINI, Aspetti costituzionali con riferimento alla libertà
religiosa, in AA.VV., Trattamenti sanitari fra libertà e doverosità, Napoli, Novene, 1983, p. 64,
secondo il quale è il primo comma dell‟art. 32 che “dice a chiare lettere coma la salute venga a rilevare sotto un duplice profilo: non solo come „diritto individuale‟, riferibile ai singoli privati, ma anche come „interesse generale‟. Vuol dire che si tratta di un bene (di un valore finale) che per sé trascende una pura dimensione individuale: il quale per ciò stesso supera i poteri dispositivi del singolo soggetto interessato. (…) questi risvolti pubblicistici (…) vengono ad imprimere al diritto alla salute come un senso generale di „doverosità‟”, (corsivi dell‟Autore). A questo filone sembra potersi ricondurre il rinnovato interesse per il tema dei doveri fondamentali. Sul tema ex multis S. MATTARELLI (a cura di), Il senso della Repubblica. Doveri, Milano, Franco Angeli, 2007; R. BALDUZZI, M. CAVINO, E. GROSSO, J. LUTHER (a cura di), I doveri costituzionali: la
prospettiva del giudice delle leggi. Atti del Convegno di Acqui Terme, Alessandria, 9-10 giugno
2006, Torino, Giappichelli, 2007. 268
Come abbiamo già osservato nel primo capitolo, in questa prospettiva, i concetti di vita, salute e dignità acquistano un‟accezione assoluta e oggettiva: la salute è valutata sulla base di
standards medico-scientifici elaborati dalla comunità scientifica di riferimento, la vita è una
condizione biologicamente accertabile, la dignità umana un valore assoluto, di carattere oggettivo la cui definizione è rimessa alla coscienza sociale (legislatore e giudici) di un determinato momento storico e che opera come limite, come “con-fine della libertà individuale”. Il pregiudizio antropologico sotteso a questa concezione,„personalista-prottettiva‟, è che l‟uomo che sceglie
contra sé non è veramente libero e consapevole perché è condizionato da fattori esterni (dal
dolore, dalla solitudine, dai disagi economici ecc..), perciò l‟ordinamento in nome del rispetto della dignità umana (rectius: del genere umano) deve proteggerlo anche da se stesso, (impedendogli di compromettere definitivamente i suoi attribuiti di umanità). A questa concezione sembrano ispirarsi molte interpretazioni del limite del “rispetto della persona umana” di cui all‟art. 32, 2 comma, Cost., e del diritto alla vita.
impossibilità di disporne in senso negativo, ma sta ad indicare il divieto di ogni intervento autoritativo da parte di soggetti terzi (pubblici e privati) nella sfera giuridica dell‟individuo e, quindi, la necessità che l‟atto di disposizione sia sempre supportato dal consenso, libero e consapevole, del suo titolare269.
Essa ci pare ispirarsi all‟ideologia „personalista‟ di impostazione liberale o autonomista che muove da un‟idea „concreta‟ di persona e pone al centro l‟autonomia (nel senso di capacità di darsi delle regole) e l‟autodeterminazione (nel senso di capacità di azioni e scelte responsabili) individuali. In questa prospettiva, l‟individuo è il miglior interprete dei propri interessi perché ciò che è bene per la sua salute, la sua vita e la sua dignità può stabilirlo solo il singolo in virtù delle esperienze, delle opinioni e delle convinzioni maturate nel corso dell‟esistenza270
. Lo Stato, invece, deve promuovere la consapevolezza e la responsabilità individuali ed evitare che l‟individuo sia spinto ad agire contra sé da fattori esterni (di ordine economico, sociale, morale, o latu senso esistenziale) che, limitando di fatto la libertà ed uguaglianza degli individui, impediscono il
269
A. PACE, Libertà individuale (dir. cost.), in Enc. dir., XXIV, Milano,1974, p. 307, secondo l‟A. “libera disponibilità della propria persona ed indisponibilità assoluta del diritto sono conciliabili posto che l‟art. 13 (…) non autorizza quegli atti che (…) contravvengono al limite esterno della necessariamente costante volontarietà. E‟ quindi legittimo che ci si sottoponga spontaneamente ad una visita medica o ad un internamento in una casa di cura, dovrebbe peraltro essere parimenti consentito di revocare l‟assenso in qualsiasi momento”; M. LUCIANI, Salute
(diritto alla), Enc. giur., XVI, 1991, p. 4, secondo il quale “indisponibilità dei diritti fondamentali
non è da ritenere come assoluto divieto della facoltà di disporre, ma come presenza della necessariamente costante volontarietà”. F. MODUGNO, Trattamenti sanitari non obbligatori e
Costituzione, in Dir. soc., 1982, p. 311. Si veda anche A. BALDASSARRE, Diritti inviolabili, in Enc. giur., XI, 1989, p. 28, secondo il quale ““ (…) l‟esercizio di un diritto comporta che il titolare
possa disporre, positivamente o negativamente, del bene in cui consiste la specifica libertà in questione nel modo che vuole senza che le vicende a ciò correlate possano minimamente influire sulla titolarità del medesimo”.
270 Con la conseguenza che i concetti di salute, vita e dignità acquistano diverse sfumature di significato. La nozione di salute assume tratti dinamici ed identitari: ferme restando le valutazioni cliniche come punto di partenza irrinunciabile, lo stato di benessere non può prescindere dalla percezione del sé e della propria dimensione psico-fisica, esistenziale e sociale. Rispetto alla vita, che rimane naturalmente una situazione accertabile biologicamente, dev‟essere garantita la libertà di autodeterminazione al pari di ogni altro aspetto della propria persona. Così come il concetto di dignità si lega intimamente alla sfera intima ed interiore e, dunque, comprende la capacità di valutare autonomamente ciò che appare congruo con la propria identità personale. Questa impostazione sembra muovere da una visione antropologica basata sulla presunzione che l‟individuo in sé sia libero e responsabile e quindi possa (e sappia) scegliere per il proprio bene meglio di chiunque altro. Di fronte ad una persona così immaginata, l‟ordinamento deve agire per promuovere la consapevolezza e la responsabilità individuali, limitandosi a decidere in luogo del singolo solo quando sia assolutamente necessario per l‟interesse degli altri membri della società o quando l‟individuo abbia dato prova di non possedere quegli attributi essenziali di consapevolezza e responsabilità.
pieno sviluppo della personalità, ma nel far ciò non può privare il soggetto della libertà di autodeterminarsi.
Una volta richiamate le diverse accezioni della teoria dell‟indisponibilità e le ideologie giuridiche che sembrano ispirarle, vediamo in che modo queste influenzano l‟interpretazione dei singoli diritti costituzionali rilevanti per la ricostruzione delle pretese giuridiche di fine vita.
4. Il diritto alla salute. In particolare, le diverse concezioni della sfera di