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I possibili approcci giuridici alle scelte di fine-vita I diversi significati del principio di dignità.

Arrivati a questo punto sembra opportuno illustrare alcune riflessioni che ci hanno guidato nell‟indagine e nell‟elaborazione dell‟ipotesi ricostruttiva e in qualche modo rappresentano le chiavi di lettura dell‟intera ricerca.

L‟analisi delle soluzioni normative e giurisprudenziali, nonché delle ricostruzioni dottrinali formulate in ordine alle questioni bioetiche di fine vita ha fatto emergere un problema giuridico che è risultata centrale perché a seconda della soluzione data ad esso si è più o meno portati ad ammettere il riconoscimento delle pretese rivendicate nelle scelte di fine vita ovvero a limitarne l‟ambito di ammissibilità.

Il problema riguarda la sfera di potestà che il soggetto può esercitare sui beni giuridici sottesi a tali pretese: la vita, la salute e la dignità umana.

Al riguardo, si osserva che mentre è assolutamente pacifico che salute e vita e dignità costituiscono interessi, valori fondamentali che l‟ordinamento ha il dovere di proteggere e promuovere, risulta particolarmente controverso il problema della sfera di disponibilità di tali beni da parte del titolare.

La questione attiene dunque al se, entro quali limiti e con quali effetti giuridici il titolare di uno dei diritti fondamentali in gioco possa validamente disporne e quindi in che termini la rilevanza costituzionale dell‟interesse sotteso incida sulla libera disponibilità individuale.

In particolare, ci è sembrato di potere individuare almeno tre diverse risposte a questo problema, alla base delle quali si pongono tre diverse „ideologie giuridiche‟.

La prima risposta è influenzata dall‟ideologia „comunitarista‟ o „organicistica‟62

che, seppur di risalente origine, sta tornando in auge tra coloro

62

Sulla teoria etica e politica del “comunitarismo” si veda tra gli altri A. FERRARA (a cura di), Comunitarismo e liberalismo, Editori Riuniti, Roma, 1992; C. BOTTI, Comunitarismo, in E. LECADANO, Dizionario di bioetica, Roma-Bari, Laterza, 2002, p. 55 ss; M. WALZER, Sfere di

giustizia, Milano, Feltrinelli, 1987; A. MCINTYRE, Dopo la virtù, Milano, Feltrinelli, 1988; T. L.

che criticano le derive „egoistiche‟ dell‟individualismo liberale e la proliferazione dei diritti fondamentali ed invocano una nuova impostazione che valorizzi adeguatamente anche il piano dei doveri63.

In questa prospettiva la salute dell‟organismo sociale è primaria rispetto a quella dei suoi membri; il singolo individuo è libero di disporre dei beni giuridici primari (salute, vita), nei limiti della responsabilità verso il gruppo. Non gli è riconosciuto, dunque, il potere di disporre negativamente, o di rinunciare, alla propria integrità fisica o salute (e quindi tanto meno alla propria vita) se ciò compromette la sua funzionalità, la sua capacità di attendere ai compiti, ai doveri (al lavoro, al mantenimento della famiglia, alla difesa della patria..) che gli derivano dalla appartenenza alla comunità o, meglio, alle varie comunità sociali (famiglia, comunità religiosa, ambiente di lavoro, nazione)64.

Le altre due soluzioni del problema in esame sono entrambe riconducibili all‟„ideologia „personalista‟ e si richiamano a due diverse accezioni del principio di dignità umana65 che a loro volta attingono a differenti approcci antropologici.

63 Si pensi al riguardo al ritrovato interesse degli ultimi anni per il tema dei doveri fondamentali. Sul tema ex multis S. MATTARELLI (a cura di), Il senso della Repubblica. Doveri, Milano, Franco Angeli, 2007; R. BALDUZZI - M. CAVINO - E. GROSSO - J. LUTHER (a cura di), I doveri costituzionali: la prospettiva del giudice delle leggi. Atti del Convegno di Acqui Terme, Alessandria, 9-10 giugno 2006, Torino, Giappichelli, 2007; A. SPADARO,

Dal‟indipendenza (tirannia) alla ragionevolezza (bilanciamento) dei diritti fondamentali. Lo sbocco obbligato: l‟individuazione di doveri altrettanto fondamentali, in Pol. dir., 2006, p. 167 ss.

64 Su l‟impostazione in esame torneremo nel capitolo III, § 4.1, per il momento ci limitiamo ad alcune indicazioni bibliografiche: C. MORTATI, La tutela della salute nella Costituzione

italiana (1961), in ID., Raccolta di scritti, Milano, Giuffrè, 1972, p. 435 ss; S. LESSONA, Salute pubblica e diritto sanitario, in Riv. bim. dir. sanit., 1962, p. 1 ss; P. PERLINGERI, La personalità umana nell‟ordinamento giuridico, Napoli, Jovene, 1972, p. 313 ss; E. CAPIZZANO, Vita e integrità fisica (diritto alla), in Noviss. Dig. it., XX, 1975, p. 1007 ss; M. SANTILLI SUSINI, Rifiuto di trattamento sanitario per motivi religiosi, in Resp. civ. prev., 1977, p. 408 ss; P.

D‟ADDINO SERAVVALE, Atti di disposizione del corpo e tutela della persona, Napoli, Jovene, 1983, p. 141 ss; P. BELLINI, Aspetti costituzionali con riferimento alla libertà religiosa, in AA.VV., Trattamenti sanitari fra libertà e doverosità, Napoli, Novene, 1983, p. 64, secondo il quale è il primo comma dell‟art. 32 che “dice a chiare lettere coma la salute venga a rilevare sotto

un duplice profilo: non solo come „diritto individuale‟, riferibile ai singoli privati, ma anche come

„interesse generale‟. Vuol dire che si tratta di un bene (di un valore finale) che per sé trascende una pura dimensione individuale: il quale per ciò stesso supera i poteri dispositivi del singolo soggetto interessato. (…) questi risvolti pubblicistici (…) vengono ad imprimere al diritto alla salute come un senso generale di „doverosità‟” (corsivi dell‟Autore).

65 La nozione di dignità umana, che ha un‟origine etico-filosofica, ha acquisito una connotazione anche giuridica nel XX secolo quando è stata inserita nelle Carte dei diritti internazionali ed in alcune delle Costituzioni nazionali adottate subito dopo la seconda guerra mondiale. In particolare la codificazione della formula “dignità umana” nell‟art. 1 della Carta dei diritti fondamentali dell‟Unione Europea ha definitivamente sancito, anche a livello comunitario, la trasposizione di tale concetto dal regno del pensiero etico a quello dell‟azione e della pratica giuridica. In termini generali, occorre precisare che se non vi è dubbio che la dignità costituisca uno dei principi cardine del sistema costituzionale (italiano e europeo), risulta molto problematico

La prima di queste tesi muove dal concetto di persona intesa come „essere umano‟, cioè da un‟idea astratta di individuo e propende per una concezione assoluta e oggettiva dei beni che costituiscono l‟essenza dell‟umanità, i già richiamati vita, salute e dignità.

Il concetto di salute è definito secondo standard scientifici elaborati in base agli sviluppi tecnico-scientifici di un particolare momento storico, il suo accertamento concreto e la sua salvaguardia sono affidati al sapere medico.

Il concetto di vita è fatta coincidere con quello di esistenza biologica, verificabile scientificamente in base alle definizioni giuridiche di morte adottate dagli ordinamenti in un dato momento storico.

La dignità umana, che assume rilievo assolutamente centrale, è intesa quale valore supremo e universale, presupposto assiologico dei diritti dell‟uomo che opera come origine e misura della libertà, confine di fronte al quale si deve

individuare puntuali definizioni della sua natura e del suo contenuto giuridico. Sotto il primo profilo è controverso se la dignità rappresenti un principio generale posto a fondamento dei diritti fondamentali ovvero un diritto soggettivo autonomo; mentre nella definizione del suo contenuto si fronteggiano un‟accezione oggettiva e una soggettiva sulle quali torneremo nel testo. La letteratura sul principio di dignità umana è vastissima. Senza pretesa di completezza si veda, tra gli altri, C. AMIRANTE, La dignità dell‟uomo nella Legge Fondamentale di Bonn e nella Costituzione

italiana, Milano, Giuffrè, 1971; G. FERRARA, La pari dignità sociale (Appunti per una ricostruzione), in Studi in onore di G. Chiarelli, II, Milano, Giuffrè, 1974, p. 1087 ss; F.

BARTOLOMEI, La dignità umana come concetto e valore costituzionale, Torino, 1986; A. RUGGERI - A. SPADARO, Dignità dell‟uomo e giurisprudenza costituzionale. (Prime notazioni), in Pol. dir., 1991, p. 343 ss G. ALPA, Dignità. Usi giurisprudenziali e confini concettuali, in

NGCC, 1997, II, p. 415 ss; A. BALDASSARRE, Diritti della persona e valori costituzionali,

Giappichelli, Torino, 1997, p. 151 e 269 ss; F. D. BUSNELLI, Bioetica e diritto privato.

Frammenti di un dizionario, Torino, Giappichelli, 2001; M. OLIVETTI, Sub articolo 1, in R.

BIFULCO - M. CARTABIA - A. CELOTTO (a cura di), L‟Europa dei diritti. Commento alla

Carta dei diritti fondamentali dell‟Unione Europea, Bologna, Il Mulino, 2001, p. 38 ss; G.

RESTA, La disponibilità dei diritti fondamentali e i limiti della dignità. (Note a margine della

Carta dei diritti), in Riv. dir. civ., 2002, II, p. 801 ss; M. PANEBIANCO, Bundesverfassungsgericht, dignità umana e diritti fondamentali, in Dir. soc., 2002, p. 151 ss; P. F.

GROSSI, Dignità umana e libertà nella Carta dei diritti fondamentali dell‟Unione europea, in M. SICLARI (a cura di), Contributi allo studio della Carta dei diritti fondamentali dell‟Unione

europea, Giappichelli, Torino, 2003, p. 41 ss; F. SACCO, Note sulla dignità umana nel diritto costituzionale europeo, in S.P. PANUNZIO (a cura di), I diritti fondamentali e le Corti in Europa,

Napoli, Jovene, 2005, p. 583 ss; C. CASONATO, Introduzione al biodiritto, Trento, 2006, p. 47- 97; G. SILVESTRI, Considerazioni sul valore della dignità della persona, Intervento al Convegno trilaterale delle Corti costituzionali italiana, portoghese e spagnola, Roma, 1 ottobre 2007, consultabile in www.associazionedeicostituzionalisti.it; BECCHI, Dignità umana, in U. POMERICI, (a cura di), Filosofia del diritto. Concetti fondamentali, Torino, Giappichelli, 2007, p. 153 ss; M. R. MARELLA, Il fondamento della dignità umana. Un modello costituzionale per il

diritto dei contratti, in Riv. crit. dir. priv., 2007, p. 67 ss; P.F. GROSSI, La dignità nella Costituzione italiana, in Dir. soc., 2008, p. 31 ss; P. ZATTI, Note sulla semantica della dignità, in

ID., Maschere del diritto volti della vita, Milano, Giuffrè, 2009, p. 29 ss; U. VINCENTI, Diritti e

dignità umana, Bari, Laterza, 2009. S. RODOTA‟, La vita e le regole. Tra diritto e non diritto,

arrestare l‟autonomia individuale 66

. Non assume un significato specifico, ma è concepito come un valore oggettivo ed indisponibile definito in base alla coscienza sociale di un dato memento storico - vale a dire al legislatore e, più frequentemente, al giudice che se ne fanno interpreti – alla cui protezione il singolo non può validamente rinunziare (o la cui intangibilità esclude che possa essere frutto di una volizione soggettiva?)67.

66 In questi termini si veda A. RUGGERI - A. SPADARO, Dignità dell‟uomo e

giurisprudenza costituzionale. (Prime notazioni), in Pol. dir., 1991, p. 343 ss; F. D. BUSNELLI, Bioetica e diritto privato. Frammenti di un dizionario, cit., p. 45; ID., Diritto e bioetica: il paradosso italiano, in C.M. MAZZONI (a cura di), Un quadro europeo per la bioetica ?, Città di

Castello (PG), Leo S. Olschki, 1998, p. 145; P. F. GROSSI, La dignità nella Costituzione italiana, in Dir. soc., 2008, p. 31 ss.

67

Tale impostazione è emersa nell‟ambito di alcune vicende giudiziarie poste all‟attenzione delle corti tedesche e francesi, ordinamenti ove la clausola della dignità ha ricevuto, anche se in momenti differenti, maggiore applicazione. La giurisprudenza tedesca è stata più volte chiamata a pronunziarsi sul problema della “disponibilità” della dignità da parte del suo titolare nell‟ambito di contratti relativi allo sfruttamento economico di attributi della persona. Il caso più significativo è noto come Peep Show Fall ed è stato deciso dal Bundesverwaltungsricht nel 1981 (BVerwG, 15 dicembre 1981, in NJW, 1982, p. 664). Il Peep-Show è uno spettacolo che consiste nell‟esibizione di spogliarelliste, che sono osservabili attraverso cabine individuali, i cui pannelli si aprono mediante l‟inserzione di gettoni. Ai giudici era posto il problema di stabilire se potesse essere legittimamente vietata, per contrarietà al buon costume, l‟apertura di locali nei quali era previsto lo svolgimento di tali spettacoli. In particolare si trattava di verificare se l‟attività in questione potesse essere considerata lesiva del valore della dignità umana e la difficoltà maggiore consisteva nel fatto che lo spettacolo era svolto con il consenso specifico ed informato della persona la cui dignità veniva in discussione. Una questione analoga si è posta in Francia riguardo al gioco del c.d. “lancio dei nani” (su cui si è pronunciata anche la giurisprudenza tedesca: si veda la decisione del VG Neustadt, del 21 maggio 1992, in NVwZ, 1993, p. 98). La fattispecie portata all‟attenzione dei giudici francesi era la seguente: in alcune discoteche si era diffuso un gioco di dubbio gusto, consistente nel lanciare il più lontano possibile una persona affetta da nanismo; le caratteristiche dei luoghi (rings pavimentati con materassi pneumatici) e le misure di sicurezza adottate facevano escludere qualsiasi rischi per l‟incolumità fisica del soggetto. Si poneva però un problema di rispetto della sua dignità, anche e soprattutto in quanto persona affetta da handicap. Anche in questo caso tale soggetto era pienamente consenziente e, anzi, si era più volte pubblicamente dichiarato molto soddisfatto della nuova occupazione che gli garantiva un lauto stipendio e una discreta notorietà. Ciò nonostante i sindaci di alcune cittadine francesi avevano vietato lo svolgimento di tale spettacolo con ordinanze di polizia urbana che, impugnante dalla società organizzatrice del gioco, erano state annullate dai Tribunali amministrativi di primo grado (cfr. T.A. Versaille, 25 febbraio 1992, in Rev. fr. dr. adm., 1992, p.1026). Investito del caso, il Consiglio di Stato ha annullato le suddette pronunzie sulla base della considerazione che la dignità umana – nella specie rilevante quale componente dell‟ordine pubblico – è principio assoluto che non tollera limitazioni neanche ad opera del suo titolare e che, in quanto tale, è sovraordinato rispetto alla garanzia di altre libertà, quali quelle di lavoro o di iniziativa economica (cfr. Cons.

état, Ass., 27 ottobre 1995, Ville d‟Aix-en-Provence, in D., 1996, jur., p. 177; Cons. état, Ass., 27

ottobre 1995, Commune de Morsangsur-Orge, in D., 1995, i.r., p. 257). Il modello decisionale applicato coincide con quello già adottato dai giudici tedeschi: la dignità è valore oggettivo ed inderogabile, sottratto alla libera disponibilità dell‟individuo che ne è portatore. E ciò nel duplice senso che a) costui non può validamente dismetterlo e b) la sua determinazione non è rimessa alla persona interessata, ma ad un terzo ossia, in ultima istanza, al giudice. Su queste vicende si veda il ricchissimo saggio di G. RESTA, La disponibilità dei diritti fondamentali e i limiti della dignità.

(Note a margine della Carta dei diritti), cit., p. 801 ss, spec. 829 ss. Il potenziale conflitto fra

dignità e libertà degli individui è stata affrontato anche dalla Corte di Giustizia dell‟Unione Europea nel c.d. caso Omega (sentenza 18 marzo 2004, Causa C-36/02). In tal caso, il sindaco

Secondo questo modello, che potremmo definire della „dignità protettiva‟, l‟individuo non è completamente libero di disporre dei propri attributi immateriali nel senso che non può validamente rinunciarvi perché ciò sarebbe contrario al suo essere persona, alla sua dignità di essere umano.

Tale impostazione sebbene conduca ad un risultato finale simile a quello prospettato dalla teoria che abbiamo chiamato „comunitarista‟ - consistente in una forte limitazione del potere di disposizione del titolare del diritto -, se ne differenzia per i presupposti di giustificazione: il dovere di conservare gli attributi essenziali della personalità è (im)posto al singolo non a vantaggio del gruppo, in nome del dovere „civico‟ di appartenenza alle formazioni sociali in cui si sviluppa la sua personalità, bensì in nome del suo stesso esser persona, dell‟appartenenza al genere umano che in quanto tale non può mai (più) subire abusi o strumentalizzazioni 68.

Sullo sfondo di questa concezione ci sembra di scorgere un peculiare approccio, potremmo dire, antropologico, secondo il quale l‟uomo che sceglie

della città di Bonn, in qualità di autorità amministrativa di polizia, aveva adottato un provvedimento nei confronti della società tedesca Omega – gestore di un impianto di giochi laser c.d. laserdromo – con il quale inibiva lo svolgimento di un gioco consistente nella uccisione simulata di persone, adducendo un motivo di contrarietà all‟ordine pubblico. La società Omega proponeva opposizione contro tale provvedimento lamentando, tra l‟altro la lesione della libertà di iniziativa economica e la violazione del diritto comunitario, in particolare della libertà di circolazione dei servizi ex art. 49 TrCE, poiché nel laserdromo erano impiegate attrezzature e tecnologie fornite da un‟azienda britannica. Il Bundesverwaltungsgericht, affermava che il gioco incriminato violava il principio di dignità umana sancito dall‟art. 1 della Legge fondamentale tedesca, ma sospettando che il provvedimento amministrativo impugnato potesse violare il principio della libera circolazione dei servizi di cui all‟art. 49 TrCE, chiedeva alla Corte di Giustizia se ed in che misura tale violazione potesse essere giustificata da motivi di ordine pubblico, che nella specie si concretizzavano nell‟esigenza di impedire la violazione della dignità umana. La Corte di Giustizia accogliendo la ricostruzione del giudice tedesco ha dichiarato non contrario al diritto comunitario il provvedimento di divieto dell‟attività economica adottato nei confronti della società Omega in quanto giustificato dalla necessità di assicurare il rispetto della dignità umana quale principio generale del diritto.

68 Il retroterra culturale che fa da sfondo a questa accezione del principio di dignità è costituito dall‟esigenza di reagire alle atrocità, alle tragedie legittimate dai totalitarismi della prima metà del novecento e dalle due guerre mondiali che hanno segnato l‟annientamento della persona comprimendo nel suo nucleo più profondo il valore della vita e della dignità. Gli ordinamenti liberal-democratici del secondo dopoguerra nascono, e quindi si giustificano, proprio allo scopo fondante di proteggere la persona contro ogni abuso o strumentalizzazione, anche se proveniente dal diretto interessato. Per questo la comunità deve vigilare sull‟individuo fino la limitare la sua libertà se essa si rivolge contro se stesso. La necessità di ribadire il valore centrale della dignità umana in funzione oppositiva alle esperienze dei totalitarismi è ben espressa nel primo paragrafo del Preambolo della Dichiarazione universale dei diritti dell‟uomo del 10 dicembre 1948 (su cui si veda A. CASSESE, I diritti umani nel mondo contemporaneo, Bari, Laterza, 2000, p. 21- 50) ed in molte delle carte costituzionali adottate nel secondo dopoguerra. Su tali aspetti v. da F. SACCO,

Note sulla dignità umana nel „diritto costituzionale europeo‟, cit., p. 592-595; F. F. SEGADO, La dignità della persona come valore supremo dell‟ordinamento giuridico spagnolo e come fonte di tutti i diritti, in www.forumcostituzionale.it.

contra sé non è veramente libero e consapevole perché condizionato da fattori

esterni (dal dolore, dalla solitudine, dai disagi economici ecc..). Ecco che allora diventa necessario e opportuno che l‟ordinamento lo protegga.

A tal fine, la scelta della soluzione migliore per la sua salute (e vita) è affidata a colui che ha le competenze tecniche necessarie per farlo, cioè il medico, e lo Stato si impegna a tutelare la sua vita e la sua dignità dalle possibili aggressioni „pubbliche‟ (tramite il divieto della pena di morte, art. 27, comma 4, Cost.) e dalle aggressioni „private‟, provenienti da terzi (sanzione dell‟omicidio) e dallo stesso titolare (sanzione dell‟omicidio del consenziente e dell‟aiuto o istigazione al suicidio).

In nome del rispetto della dignità umana (rectius: del genere umano) l‟individuo deve essere protetto anche da se stesso, nel senso che l‟ordinamento non può consentirgli di decidere e scegliere per sé quando ciò comporta la lesione irrimediabile dei suoi attributi essenziali (vitali) perché ciò si tradurrebbe nella negazione della sua umanità.

In questo modo, è stato efficacemente sostenuto, la dignità finisce per essere il know-down argument di ogni discorso sui diritti69 e rischia di tradursi “ in una sorta di grimaldello con il quale comprimere e limitare diritti e libertà costituzionali degli individui”70

.

Infine, l‟ultima risposta al problema della disponibilità dei beni fondamentali coinvolti nelle questioni bioetiche di fine vita che ci sembra di poter individuare, si ispira alla medesima ideologia „personalista‟ che influenza la tesi ora esaminata, ma nella sostanza se ne differenzia profondamente. Essa muove da una definizione di persona dinamica e concreta e valorizza l‟autonomia (nel senso di capacità di darsi delle regole) e l‟autodeterminazione (nel senso di capacità di scelte e azioni responsabili) individuali. Secondo questa accezione, „porre al centro la persona‟ significa tutelare il singolo individuo con il suo bagaglio di

69 Nel senso che diventa un argomento mitico capace di chiudere ogni discussione: di fronte alla necessità di rispettare la dignità umana ogni interesse o libertà confliggente non può che arretrare Così U. VINCENTI, Diritti e dignità umana, Bari, Laterza, 2009, p. 108; sottolinea l‟operare della clausola generale della dignità umana come know-down argument, G. RESTA, La

disponibilità dei diritti fondamentali e i limiti della dignità (note a margine della Carta dei diritti),

in Riv. dir. civ., 2002, II, p. 823 ss.

70 F. SACCO, Note sulla dignità umana nel „diritto costituzionale europeo‟, cit., p. 607. Per considerazioni simili si veda G. RESTA, La disponibilità dei diritti fondamentali e i limiti della

valori, opinioni, condizioni esistenziali che sono variabili non solo da persona a persona, ma anche nel tempo.

In questo orizzonte, potremmo dire „personalista-autonomista (o liberale)‟, ciò che è bene per la salute, la vita, la dignità può stabilirlo solo il diretto interessato in virtù delle esperienze e delle convinzioni maturate nel corso dell‟esistenza. Il che non significa che l‟individuo non abbia alcun dovere o responsabilità verso se stesso, verso gli altri o la società, ma semplicemente che per gli aspetti che riguardano esclusivamente la sua sfera personale non può che essere l‟unico legittimato a decidere.

Illuminati da questa diversa impostazione anche i concetti di salute, vita e dignità acquistano diverse sfumature di significato.

La nozione di salute assume tratti dinamici ed identitari: ferme restando le valutazioni cliniche come punto di partenza irrinunciabile, il senso di benessere individuale non può prescindere dalla percezione del sé e del proprio essere, nella dimensione psico-fisica, esistenziale e sociale71. Rispetto alla vita, che rimane naturalmente una condizione accertabile biologicamente, dev‟essere garantita la libertà di decisione al pari di ogni altro aspetto dell‟esser persona. E, ugualmente,

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