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L’eguaglianza del voto e il paradigma proporzionale nella dottrina

L’EGUAGLIANZA DEL VOTO NELLA FORMULA ELETTORALE

1. L’eguaglianza del voto e il paradigma proporzionale nella dottrina

rappresentatività: la dicotomia proporzionale-maggioritario – 3. L’eguaglianza del voto e il paradigma proporzionale nella giurisprudenza della Corte costituzionale italiana – 4. Alle origini dell’eguaglianza e del paradigma proporzionale. Le sentenze in materia elettorale del

Bundesverfassungsgericht – 5. Il dibattito sul premio di maggioranza: la ragionevolezza dell’eguaglianza, la distorsività del sistema elettorale e l’espansione del paradigma proporzionale

– 6. L’eguaglianza del voto e suo significato costituzionale: un mito da sfatare – 6.1 Il significato dell’eguaglianza del voto – 6.2 Il collegio elettorale come luogo dell’eguaglianza giuridica – 7. I sistemi elettorali alla “prova” dell’eguaglianza del voto – 8. I sistemi elettorali con voto alla persona – 8.1 Collegio uninominale – 8.2. Collegio plurinominale – 8.2.1 Metodi alternativi di voto. Dal voto limitato al voto singolo trasferibile – 9. I sistemi elettorali con voto alla lista – 9.1 La diseguaglianza del sistema elettorale maggioritario per liste – 9.2 Sistemi proporzionali in collegi plurinominali – 10. Sistemi elettorali con seggi premiali. Un tentativo di definizione – 10.1 Premio di maggioranza con soglia per l’accesso – 10.2 Premio di maggioranza senza soglia per l’accesso – 10.3 Seggi premiali in “contesto” maggioritario – 10.4 Il premio “a contrario”: seggi premiali alle forze di minoranza e seggi premiali come diritto di tribuna – 10.5 Premio di maggioranza e multi-level system – 10.6 Premio di maggioranza in due turni – 11. I sistemi elettorali misti: una categoria di legislazione eguale con le giuste caratteristiche – 12 La questione della soglia di sbarramento – 12.1 Soglia di sbarramento ed efficacia dei voti. La diseguaglianza dei voti alle liste sotto-soglia nelle coalizioni – 13. Una prima conclusione. Sulle tracce di un sistema elettorale eguale.

1. L’eguaglianza del voto e il paradigma proporzionale nella dottrina

Nel capitolo precedente si sono messe in luce alcune delle conseguenze dell’applicazione del principio di eguaglianza nel campo elettorale e più in generale nell’ambito della rappresentanza politica, che riguardano essenzialmente la conformazione dei collegi elettorali e “il luogo” in cui viene applicata la legislazione elettorale. Il legame tra principio di eguaglianza e sistema elettivo deve essere ora analizzato dal punto di vista della formula elettorale. Tale studio risulta imprescindibile poiché l’altro elemento caratterizzante del sistema elettorale, insieme alla suddivisone del territorio, è lo strumento tecnico di trasformazione dei voti in seggi.

L’oggetto di studio è quello che la dottrina e, in seguito, la giurisprudenza hanno qualificato come eguaglianza del “voto in uscita” ovverosia le modalità attraverso cui i voti degli elettori vengono “contati”. Il tema di indagine è, quindi, quello di individuare la portata costituzionale dell’eguale possibilità di “successo” in termini rappresentativi

165 del voto espresso dagli elettori, perciò quello di una loro eguale «efficacia determinativa della composizione delle assemblee»548.

Dal punto di vista contenutistico, l’eguale valenza del voto comporterebbe, secondo la dottrina, l’impossibilità di ricorrere a sistemi elettorali nei quali i voti degli elettori abbiano una «potenzialità (valenza) del voto […] diversa, nonostante la identica procedura»549. Da un diverso punto di vista, l’eguaglianza del voto è stata identificata nell’eguale valenza dei voti necessari ad eleggere un rappresentante. In questo senso, l’eguaglianza del voto implicherebbe che «per eleggere un deputato, di qualunque lista esso sia, occorra lo stesso numero di voti individuali»550.

L’unico sistema elettorale che riesce a garantire, ancorché mai pienamente (v.

infra), che ogni voto abbia un’eguale valenza è giocoforza il sistema elettorale

proporzionale.

Per arrivare alla realizzazione di questa uguaglianza non è sufficiente, però, un sistema proporzionale per liste (quale esso sia) ma sono necessari sistemi elettorali iper- proiettivi. È noto, e sul punto la dottrina pubblicistica e politologica offrono numerosi esempi, che un sistema elettorale può essere classificato proporzionale ogni qual volta vi siano delle liste concorrenti alle quali i seggi vengono assegnati sulla base di una proporzione rispetto ai voti ottenuti. L’adozione di un sistema elettorale su base proporzionale non comporta però necessariamente una proporzionalità in termini di seggi tra le forze politiche in campo, che pur avendo ottenuto un certo risultato elettorale complessivo (nazionale) potrebbero comunque avere una rappresentanza non proporzionale nel gruppo parlamentare di riferimento. A tal proposito, bisogna distinguere tra sistema elettorale in senso stretto ed effetti del sistema elettorale. Il primo è da collegarsi alla formula elettorale, mentre il secondo è da rapportare al risultato elettorale complessivamente ottenuto dalle forze politiche che si presentano agli elettori. Solo per porre un esempio, in un sistema elettorale proporzionale per liste sulla base di collegi plurinominali all’interno dei quali viene applicata compiutamente la formula elettorale, le forze politiche non ottengono generalmente un numero di seggi proporzionale al numero di voti globalmente ottenuti. L’esempio classico è quello del sistema elettorale spagnolo. Come noto, la struttura legislativa dello Stato prevede la

548 G. FERRARA, Gli atti costituzionali, Giappichelli, Torino, 2000, p. 28, 549 C. LAVAGNA, Istituzioni di diritto pubblico, UTET, Torino, 1985, p. 515 550 L. PRETI, Diritto elettorale politico, Giuffrè, Milano, 1957, p. 11.

suddivisone in collegi elettorali plurinominali all’interno dei quali si applica la formula elettorale che è, per specifica indicazione costituzionale, proporzionale. In un sistema elettorale così strutturato il risultato in termini di seggi conseguito dalle forze politiche non è quasi mai proporzionale ai voti complessivamente ottenuti e, di conseguenza, i cittadini non sono “trattati” dalla legge tutti nello stesso modo e non hanno un uguale peso specifico nella concreta manifestazione del risultato elettorale. Per esempio, nelle elezioni per il rinnovo della Camera bassa spagnola tenute nel 2016, due forze politiche che hanno ottenuto un risultato elettorale quasi equivalente (la lista Podemos 13,37% e la lista Ciudadanos 13,06%) hanno ottenuto rispettivamente 45 e 32 scranni parlamentari551. Se non è sufficiente ricorrere a qualunque sistema proporzionale per garantire un’eguale valore sostanziale dei voti, bisogna inevitabilmente servirsi di un sistema elettorale proporzionale in cui i voti vengono trasformati in seggi (rectius “contati”) all’interno di un unico collegio elettorale, oppure di un sistema elettorale nel quale i singoli deputati sono eletti al raggiungimento di una determinata cifra elettorale individuale uguale per tutti. Sono questi, in sostanza, gli unici due esempi di sistema elettorale che può essere definito “proporzionale puro”. Entrambe i sistemi elettorali permetterebbero una minima dispersione del voto e, in particolare il secondo, una sostanziale equivalenza nell’utilizzo dei singoli voti anche al termine della procedura elettorale552. Sono solo questi due i sistemi elettorali in grado di avvicinarsi ad

un’eguaglianza del valore dei voti, ma nemmeno questi sono in grado di assicurare un’integrale eguaglianza del voto. Come la dottrina ha avuto modo di mettere in evidenza, infatti, «la rigorosa attuazione della identità delle valenze è pressoché impossibile: sia per ragioni tecniche, di rapporti cioè fra numero di elettori e numero di seggi; sia per altre

551 L’esempio proposto dimostra che l’applicazione di una formula proporzionale non comporta

necessariamente dei “risultati” proporzionali. Allo stesso tempo l’esempio è utile per sottolineare che il peso specifico degli elettori dei due partiti ha assunto una valutazione quantitativa diversa, giacché ha prodotto risultati diversi a parità di voti nazionalmente ottenuti. Sulla circostanza, però, che questo risultato, seppur apparentemente contrario all’eguaglianza del voto in senso sostanzialistico, non sia in realtà lesivo del principio costituzionale d’eguaglianza del voto si veda quanto si dirà in relazione ai sistemi elettorali proporzionali.

552 Ritiene che l’applicazione del principio d’eguaglianza del voto “in uscita” possa essere realizzato

solo attraverso un sistema proporzionale puro L. PALADIN, Il principio costituzionale d’eguaglianza, Giuffrè, Milano, 1965, p. 308. In merito C. LAVAGNA, Il sistema elettorale nella Costituzione italiana, in Rivista trimestrale di diritto pubblico, n. 2/1952, p. 872, sostiene che l’«identità delle valenze può essere realizzata solo attraverso il sistema proporzionale puro».

167 esigenze, non meno essenziali, come la ripartizione territoriale dei collegi, l’utilizzazione dei resti, la stabilità della maggioranza, e così via»553.

Per ottenere un’eguaglianza assoluta tra gli elettori il numero dei rappresentanti dovrebbe coincidere con il numero dei rappresentati, con la conseguenza che non si starebbe più parlando di democrazia rappresentativa ma di democrazia diretta. Se il complesso degli elettori deve essere “ristretto” necessariamente a un numero minore di rappresentanti, l’eguale valenza del voto è semplicemente irrealizzabile. Vi saranno sempre un numero di voti (e quindi di elettori) che indipendentemente dalla formula elettorale adottata non produrranno alcun tipo di rappresentanza politica. I voti assegnati alle liste che non ottengono un quoziente o i voti non sufficienti a far ottenere un quoziente ulteriore ad una forza politica, sono tutti voti che non producono rappresentanza e hanno, da questo punto di vista, una valenza effettiva diversa rispetto ai voti degli elettori che hanno avuto, mediante il proprio voto, una rappresentanza politica parlamentare. Nemmeno l’utilizzo di un sistema elettorale proporzionale “puro” sarebbe quindi in grado di garantire un’eguale capacità rappresentativa di tutto il corpo elettorale, sicché, in conclusione, «l’eguaglianza relativa rappresenta il massimo che […] si può ragionevolmente pretendere»554 da un sistema elettorale.

Nonostante gli evidenti limiti nella possibilità di applicare integralmente l’eguale valenza dei voti in un sistema rappresentativo, una parte della dottrina ha ritenuto di poter esprimere i confini di tale principio. In questo senso è stato soprattutto Lavagna ad aver sostenuto che l’eguale valenza dei voti fosse un principio costituzionale insito nel dettato della Costituzione italiana. La conseguenza di questo principio sarebbe quella di pretendere l’adozione del sistema elettorale proporzionale «puro». Lavagna giunge a tali conclusioni partendo dal presupposto che il principio d’eguaglianza dovrebbe implicare l’assegnazione «ad ogni elettore, astrattamente considerato, un medesimo coefficiente individuale, tale da rendere in tutti identica la valenza del proprio voto»555.

Sebbene la posizione dottrinale richiamata non abbia trovato nella dottrina particolare seguito556, anche le teorie che si sono opposte alla lettura proporzionalistica

553 C. LAVAGNA, Il sistema elettorale nella Costituzione italiana, cit., p. 872. 554 L. PALADIN, Il principio costituzionale d’eguaglianza, cit., p. 309. 555 C. LAVAGNA, Il sistema elettorale nella Costituzione italiana, cit., p. 872.

556 Si veda però il prossimo paragrafo per la dottrina volta a ritenere legittimo il solo sistema

elettorale proporzionale ricorrendo ad altre impostazioni metodologiche che toccano comunque, seppur non sempre in modo esplicito, il problema dell’eguaglianza degli elettori.

del dettato costituzionale hanno comunque ancorato – certo in questo caso ammettendone la legittimità della diseguaglianza – l’eguaglianza del voto alla proporzionalità del sistema elettorale. In questo solco si pongono quegli studi sul sistema elettorale nei quali si ritiene che nell’ampia discrezionalità che la Costituzione557 riserva al legislatore nella materia elettorale558, questi sia libero di utilizzare un sistema elettorale non proporzionale, giacché non esisterebbe un principio costituzionale di eguaglianza da riferirsi alla concreta realizzazione del risultato elettorale559. Anche per questa dottrina, però, se si dovesse ammettere una portata costituzionale del principio richiamato, significherebbe accettare che la Costituzione abbia previsto un ben determinato sistema elettorale560.

Le posizioni assunte dalla dottrina sembrerebbero quindi distinguibili in due filoni che hanno però una matrice comune. Pur giungendo a risultati completamente difformi la

557 Sul dibattito costituente si veda, per tutti, M. LUCIANI, Il voto e la democrazia, Editori Riuniti,

Roma, 1991, p. 19 ss.

558 Ampia discrezionalità del legislatore nella materia elettorale che trova continua e costante

conferma da parte della Corte costituzionale, la quale ha ribadito, anche nelle sentenze con le quali ha dichiarato parzialmente illegittime le leggi elettorali per l’elezione di Camera e Senato, che la materia elettorale «pur costituendo espressione dell’ampia discrezionalità legislativa, non è esente da controllo, essendo sempre censurabile in sede di giudizio di costituzionalità quando risulti manifestamente irragionevole» (sentenza n. 35 del 2017, punto 3.1. del Considerato in diritto)». Nota, non senza una certa punta di critica, i continui e costanti richiami alla discrezionalità legislativa V. TONDI DELLA MURA, La discrezionalità del legislatore in materia elettorale, la «maieutica» della consulta e il favor (negletto) verso il compromesso legislativo: continuità e discontinuità fra le sentenze n. 1 del 2014 e n. 35 del 2017, in Rivista AIC, n. 1/2018, p. 1 ss.

559 Sono diversi gli Autori che ritengono che nel dettato costituzionale non vi sia un principio

riferibile all’eguaglianza del voto “in uscita”, basti qui richiamare B. CARAVITA, M. LUCIANI, Oltre la “democrazia bloccata”: ipotesi sui meccanismi elettorali, in Democrazia e diritto, n. 6/1982, p. 96 ss.; A. CHIMENTI, voce Voto (diritto di), in Dizionario di diritto pubblico, Milano, 2006, p. 6209; F. FURLAN, Art. 48, in S. BARTOLE, R. BIN (a cura di), Commentario breve alla Costituzione, Cedam, Padova, 2008, p. 492 ss.; S. FURLANI, Elettorato attivo, in Novissimo Digesto italiano, v. VI, UTET, Torino, 1960, p. 450 s.; E. GROSSO, Art. 48, in R. BIFULCO, A. CELOTTO, M. OLIVETTI (a cura di), Commentario alla Costituzione, UTET, Torino, 2006, p. 969 ss.; F. LANCHESTER, voce Voto (diritto di), in Enciclopedia del diritto, vol. XLVI, Giuffrè, Milano, 1993, p. 1128; M. LUCIANI, Il voto e la democrazia, cit., p. 35 s.; L. PRETI, Diritto elettorale politico, cit., p. 11 s.; T. MARTINES, Art. 56-58, in G. BRANCA (a cura di), Commentario della Costituzione, Zanichelli, Bologna-Roma, 1992, p. 83; L. MAZZAROLLI, Art. 48, in V. CRISAFULLI, L. PALADIN (a cura di), Commentario breve alla Costituzione, Padova, Cedam, 1990, p. 324; A. MORRONE, L’eguaglianza del voto anche in uscita: falso idolo o principio?, in Giurisprudenza Costituzionale, n. 1/2014, p. 48 ss.; C. MORTATI, Istituzioni di diritto pubblico, vol. I, Cedam, Padova, 1975, p. 432 s.; L. PALADIN, Il principio costituzionale d’eguaglianza, cit., p. 306 ss.; U. PROSPERETTI, L’elettorato politico attivo, Giuffrè, Milano, 1954, p. 144 ss.; M. RUBECHI, Il diritto di voto: Profili costituzionali e prospettive evolutive, Giappichelli, Torino, 2017, p. 112 ss. La ragione di tale posizione è ben espressa da N. LUPO, Verso un’auspicabile stabilizzazione della legislazione elettorale italiana. Alcuni spunti sulla legge n. 165 del 2017, in rapporto alla Costituzione, in Federalismi.it, n. 22/2017, p. 26, il quale ritiene che «tutti i meccanismi elettorali, specie quando hanno una componente maggioritaria, determinano una qualche diseguaglianza del peso del voto in uscita».

560 Cfr. A. RIVIEZZO, Uguaglianza del voto e sistema politico: alcune coordinate per una

legislazione elettorale secundum constitutionem, in Forum di Quaderni Costituzionali, 11 febbraio 2017, p. 2.

169 dottrina ha qualificato la portata costituzionale dell’eguaglianza del voto in uscita e la piena rappresentatività dell’intero corpo elettorale come elementi che si riscontrano, sebbene non sempre, nel solo sistema elettorale proporzionale. Il discrimine tra le due posizioni è quello di ritenere o meno costituzionalmente rilevante il principio dell’eguaglianza del voto “in uscita”. Solo se il principio viene considerato costituzionalizzato allora il sistema deve essere proporzionale, se invece si ritiene, come la maggioranza degli Autori, che nella Costituzione non sia contemplata l’eguaglianza dei suffragi “in uscita”, vi è la possibilità di inserire altri sistemi elettorali che non garantiscono quell’eguaglianza e, di conseguenza, quella proporzionalità insiti nell’assunzione del principio d’eguaglianza effettiva dei voti561.

Il punto centrale parrebbe proprio essere una sostanziale omogeneità dei due concetti (proporzionalità ed eguaglianza) che non sembra essere però del tutto convincente e che nel corso dei successivi paragrafi si proverà ad argomentare diversamente.

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