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Le norme che regolano la suddivisione del territorio

ED ESIGENZE DI RACCORDO TRA ELETTI ED ELETTORI LA DELIMITAZIONE DEI COLLEGI ELETTORAL

4. L’eguale distribuzione della rappresentanza nelle diverse esperienze statal

4.1. La giurisprudenza della Supreme Court of the United States Un evidente utilizzo del principio di eguaglianza in materia elettorale.

4.1.1. Le norme che regolano la suddivisione del territorio

Il principio secondo cui il riparto omogeneo dei collegi, sulla base della ripartizione proporzionale della popolazione residente, è un corollario del principio di eguaglianza è lucidamente espresso nella lunga giurisprudenza della Corte Suprema degli Stati Uniti.

Per avere un inquadramento generale in materia elettorale della situazione giuridica d’oltreoceano, è da notare in via preliminare che la Costituzione statunitense non indica nessun parametro specifico con riguardo alle modalità di distribuzione dei seggi tra i collegi, né per le elezioni della Camera bassa né, tantomeno, per l’elezione dei parlamenti dei singoli Stati compresi nella federazione. L’elezione della Camera dei rappresentanti

Un’indagine sulle principali democrazie stabilizzate, Milano, Giuffrè, 2008, p. 99. In senso analogo, e in riferimento diretto all’art. 56 Cost., F. LANCHESTER, Voto (diritto di): a) Diritto pubblico, in Enciclopedia del diritto, XLVI, Milano, Giuffrè, 1993, p. 1129, sostiene che questi collegi elettorali non sembrerebbero «porre eccessivi problemi» di malapportionment. In questi casi l’unica questione che si pone è relativa al metodo matematico da utilizzare al fine di distribuire i seggi tra i collegi plurinominali. Le tecniche utilizzabili sono diverse e comportano esiti diversi nella distribuzione dei seggi. La maggior parte degli Stati utilizza il sistema del quoziente con più alti resti, come nel caso italiano, anche se esistono esperienze democratiche nelle quali si utilizzano metodi matematici diversi. In Portogallo, ad esempio, la distribuzione dei seggi tra i collegi elettorali plurinominali avviene attraverso il metodo d’Hondt. Lo Stato che ha sperimentato maggiormente molteplici formule matematiche per la distribuzione dei seggi sono gli Stati Uniti, sui quali si veda infra il prossimo paragrafo.

93 federale è regolata dall’art. 1, sec. 2, della Costituzione, dove si prevede che «I rappresentanti e i tributi diretti saranno ripartiti tra i diversi Stati che facciano parte di questa Unione, in proporzione alla loro rispettiva consistenza numerica»333. Per quanto attiene all’elezione dei rappresentanti, così assegnati ad ogni Stato, si prevede che «I tempi, i luoghi e le modalità per le elezioni dei Senatori e dei Rappresentanti saranno stabiliti in ciascuno Stato dal Legislativo locale; ma in ogni tempo il Congresso potrà con legge disporre o modificare la relativa disciplina»334. L’individuazione delle modalità di elezione, e quindi anche all’eventuale ripartizione dei seggi all’interno del territorio del singolo Stato, è affidata solo in via secondaria alla potestà legislativa dello Stato federato, che sarebbe libero di determinare il numero dei collegi e la formula elettorale da adottare solo in assenza di un intervento del legislatore federale. Il Congresso ha però dettato, nel corso degli anni, due regole che hanno limitato la discrezionalità del singolo legislatore

333 Per evitare che la popolazione di uno Stato non sia sufficiente per garantirgli una rappresentanza

nella Camera, si assicura che a ogni Stato sia assegnato perlomeno un deputato. La distribuzione dei seggi tra gli Stati avviene con un atto del Congresso che distribuisce i seggi una volta ricevuto dal Presidente l’atto contenente i dati dell’ultimo censimento. Dal punto di vista della formula matematica adottata, gli Stati Uniti hanno avuto un’evoluzione nel tempo. In un primo momento, quando il numero dei rappresentanti non era fissato nella Costituzione ma si prevedeva semplicemente che «il numero dei rappresentanti non sarà superiore a uno ogni trentamila [abitanti]», il Congresso aveva fissato in via preliminare il numero di popolazione per ogni deputato. Fissato tale numero venne utilizzato, in un primo momento, il metodo Jefferson dei più grandi divisori senza recupero dei resti. In un secondo momento (1840-1850) venne introdotto il metodo Webster delle “frazioni principali”, con il quale venivano assegnati i seggi sulla base dei quozienti interi e un seggio aggiuntivo quando il resto fosse stato superiore alla metà del quoziente. Nel periodo tra il 1850 e 1900 venne utilizzato il metodo Vinton (o Hamilton). Dal 1910, dopo la riforma che ha imposto un numero fisso di deputati, sono stati utilizzati altri metodi matematici. Inizialmente vi fu il ritorno al metodo delle frazioni principali di Webster. Infine, dal 1940, è stato introdotto il metodo Hill delle uguali proporzioni, che è il metodo matematico attualmente utilizzato. Con questa formula si assegnano i seggi attraverso il classico metodo del quoziente. In seconda battuta si prevede che vi sia l’assegnazione di un ulteriore seggio attraverso l’arrotondamento secondo la media geometrica dei resti. Sull’evoluzione e le tipologie di formule adottate, e le loro possibili diverse implicazioni nel numero di seggi attribuiti agli Stati, si veda M. LI CALZI, Aritmetica per la Costituzione: la ripartizione dei seggi al Senato, in M. EMMER (A CURA DI), Matematica e Cultura 2008, Springer, Milano, 2008, p. 151 ss, e il lavoro di G. G. SZIPRO, La matematica della democrazia. Voti, seggi e parlamenti da Platone ai giorni nostri, Bollati Boringhieri, Torino, 2013, p. 120 ss. In materia è interessante notare l’indagine analitica svolta da R. CROCKER, The House of Representatives Apportionment Formula: An Analysis of Proposals for Change and Their Impact on States, in Congressional Research Service, 26 agosto 2016, p. 4 ss., dove viene riportato un interessante schema in cui si mostra il diverso numero di seggi che sarebbe stato assegnato agli Stati federati a seguito del censimento del 2010 se si fossero utilizzati gli altri metodi matematici sperimentati nella storia degli Stati Uniti. Questo lavoro, dimostra empiricamente che la formula matematica non è comunque imparziale, poiché sulla base della formula adottata taluni Stati risulterebbero essere avvantaggiati o svantaggiati in termini di numero di deputati che eleggono nella Camera federale. Proprio in ragione di ciò, a seguito del censimento del 1990 sono stati presentati due ricorsi in materia di distribuzione dei seggi tra gli Stati. La Corte Suprema in due distinte sentenze ha dichiarato la legittimità costituzionale del metodo delle uguali proporzioni poiché la scelta del metodo da utilizzare rientrerebbe nella piena discrezionalità del legislatore (United State Department of Commerce v. Montana, 503 U.S. 442 (1992) e Franklin v. Massassachusetts, 505 U.S. 788 (1992)).

statale in tema di distribuzione dei seggi nel territorio, senza per questo giungere mai ad attivare la potestà di disegnare direttamente i collegi elettorali dei singoli Stati, per quel che attiene pur sempre all’elezione della sola Camera federale335.

Con la prima norma, introdotta con un Bill del 1842336, successivamente abrogata337 e poi riapprovata con una legge del 1967, è stato previsto che ogni collegio elettorale (district) presente nel singolo Stato non abbia la possibilità di eleggere più di un rappresentante, limitando quindi la discrezionalità del legislatore statale nella definizione del numero di collegi elettorali nei quali suddividere il territorio statale338. Questa limitazione, oltre ad avere ovviamente degli effetti sul numero dei collegi che divengono necessariamente tanti quanti sono i rappresentanti da eleggere all’interno dello Stato, ha prodotto indirettamente anche una regolamentazione federale della formula elettorale da adottare per l’elezione congressuale339.

Con la seconda, approvata nel 1872, si prevedeva che i collegi dovessero essere

335 Come ricordato dalla Supreme Court nella sentenza Vieth v. Jubelirer, 541 U.S. 267, 275 (2004),

la Costituzione assegna la facoltà al Congresso di intervenire in tema di collegi elettorali sino al disegno materiale degli stessi, eliminando così ogni possibile intervento del legislatore statale. Sulla sentenza richiamata si vedano E. B. FOLEY, M. J. PITTS, J. A. DOUGLAS, Election Law and Litigation: The Judicial Regulation of Politics, Kluwer, New York, 2014 p. 163 ss.

336 Cfr. S. FABBRINI, USA: maggioritario e sistema di governo presidenziale, in O. MASSARI, G.

PASQUINO (a cura di), Rappresentare e governare, Il Mulino, Bologna, 1994, p. 57, e G. F. FERRARI, I

sistemi elettorali negli Stati Uniti, in M. LUCIANI, M. VOLPI, (a cura di), Riforme Elettorali, La Terza, Roma-Bari, 1995, p. 275 s. Sulla legge del 1842 si vedano J. N. SHIELDS, Whigs Reform the “Bear Garden”: Representation and the Apportionment Act of 1842, in Journal of the Early Republic, n. 3/1985, p. 355 ss., e R. E. ROSS, Recreating the House: The 1842 Apportionment Act and the Whig Party’s Reconstruction of Representation, in Polity, 2017, p. 408 ss.. Per un commento riguardante il dibattito circa le implicazioni di un sistema elettorale federale uniforme si veda M. ROSA-CLOT, The Apportionment Act of 1842: ‘an odious use of authority’, in Parliaments, Estates and Representation, n. 1/2011, p. 33 ss.

337 Come riporta A. LIJPHART, Electoral System and Party System. A study of Twenty-Seven

Democracies 1945-1990, Oxford University Press, New York, 1994, p. 19 s., sino all’entrata in vigore della legge del 1967 vi erano diversi casi di elezioni in multimember district, con il caso estremo dell’Alabama che aveva eletto otto deputati in un unico collegio nelle elezioni di mid-term del 1962.

338 La legge approvata nel 1967 è ora parte del Code of Laws of the United States of America “United

State Code” Title 2, Chapter 1, Section 2c, dove si prevede che «there shall be established by law a number of districts equal to the number of Representatives to which such State is so entitled, and Representatives shall be elected only from districts so established, no district to elect more than one Representative». Prima dell’approvazione della legge del 1842 molti Stati adottavano per l’elezione del Congresso un sistema maggioritario a scrutinio di lista all’interno di un unico collegio elettorale statale (cfr. S. VILLARI, L’elezione del Presidente nel sistema costituzionale degli Stati Uniti, Giuffrè, Milano, 1961, p. 363).

339 A tal proposito agli Stati non resta, presumibilmente, che adottare un sistema maggioritario

uninominale con l’unica possibilità di decidere se propendere per il sistema maggioritario in uno o in due turni. Questo è confermato dall’esperienza elettorale statuinitense: tutti gli Stati eleggono i rappresentanti con sistema maggioritario uninominale, e la sola Louisiana con il sistema maggioritario in due turni, adottato quando al primo turno nessun candidato conquista il 50%+1 dei voti. Per percorrere delle strade alternative, gli Stati potrebbero però adottare un sistema elettorale multilivello con presentazione dei candidati nei collegi uninominali ma distribuzione dei seggi tra le forze politiche a livello nazionale attraverso un sistema elettorale con formula proporzionale.

95 composti da un numero «approssimativamente eguale di abitanti»340. La normativa

veniva successivamente integrata con l’Apportionment Act del 1911 con il quale il Congresso stabiliva «che in ogni Stato, in base a questa ripartizione […] i Rappresentanti al sessantatreesimo e a ogni successivo Congresso saranno eletti da distretti composti da

un territorio contiguo e compatto e contenenti, per quanto praticabile, un numero uguale di abitanti»341. In un contesto in cui il Congresso fissava rigide regole per il disegno dei collegi, perlomeno per l’elezione della Camera federale, queste venivano largamente disattese da parte degli Stati. I legislatori statali nella determinazione dei collegi elettorali producevano, infatti, un grande squilibrio nella consistenza demografica degli stessi342. Successivamente, un punto di svolta nella legislazione statunitense si ebbe con l’approvazione del Reapportionment Act del 1929, atto con il quale il Congresso fissava nuove regole per l’individuazione dei collegi elettorali. Nella nuova legislazione veniva eliminato ogni riferimento alla popolazione residente nei collegi, cosicché quelle violazioni che si erano concretizzate negli anni precedenti venivano legittimate ex-post dal Congresso, e di conseguenza dalla Corte Suprema343. Il mancato aggiornamento periodico dei collegi, accompagnato al deflusso dei cittadini verso gli agglomerati urbani, causavano un cospicuo favore nei confronti dei collegi insediati proprio nelle zone rurali344, con conseguenze anche sull’attività legislativa che propendeva verso certi esiti

benevoli nei confronti proprio delle popolazioni residente in quelle zone345.

In questo quadro di abuso della disproporzionalità nel disegno dei collegi, al quale si aggiunge l’assenza di regole costituzionali sia per l’elezione federale che per l’elezione

340 G. BOGNETTI, Malapportionment ideale democratico e potere giudiziario nell’evoluzione

costituzionale degli Stati Uniti, Giuffrè, Milano, 1966, p. 32, nota 40. Sulla legge del 1872 si veda L. F. SCHMECKEBIER, Congressional Apportionment, Brookings Institution, Washington, 1941, p. 118 ss.

341 Apportionment Act 1911, Section 3.

342 Sul punto di vedano i dati riportati da G. BOGNETTI, Malapportionment ideale democratico e

potere giudiziario, cit., p. 32, il quale mette in evidenza la presenza di elevati squilibri demografici all’interno dei singoli collegi elettorali per l’elezione del Congresso.

343 Cfr. L. F. SCHMECKEBIER, Congressional Apportionment, cit., p. 125. A tal proposito la Corte

suprema, nel caso Wood v. Broom, 287 U.S. 1 (1932), dichiarava che la precedente disposizione in base alla quale la suddivisione dei seggi doveva avvenire sulla base della popolazione era stata abrogata e non esisteva quindi più un obbligo per gli Stati di attenersi a quel principio. Sulla sentenza, che riguardava i collegi elettorali dello Stato del Missisipi distribuiti a seguito del censimento del 1930, si veda R. B. MCKAY, Reapportionment: The Law and Politics of Equal Representation, Twentieth Century Fund, New York, 1965, p. 357.

344 In tal senso si vedano i dati riportati da J. P. WHITE, N. C. THOMAS, Urban and rural

representation and State legislative Apportionment, in The Western Political Quarterly, n. 4/1964, p. 728 ss.

delle Assemblee legislative dei singoli Stati, si è inserita la Corte suprema che ha costellato la propria giurisprudenza di sentenze in materia elettorale, proprio in riferimento alla corretta individuazione dei collegi elettorali a qualsiasi livello di elezione, locale o nazionale, di una carica rappresentativa.

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