7. Il passaggio dallo Stato liberale allo Stato costituzionale democratico La pluralità di interessi e il ruolo del Parlamento.
7.2. Una possibile antinomia: l’art 67 Cost Una lettura evolutiva del “rappresentante della Nazione”.
Impostare una ricerca sulla rappresentanza politica, riconducendola a un rapporto rappresentativo, potrebbe trovare una prima obiezione nei dettati costituzionali. Gran parte delle Costituzioni, infatti, nel prevedere la rappresentanza “della Nazione” o dell’intero popolo sembrano escludere l’esistenza di un ruolo costante e attivo in capo all’elettore. Per giustificare l’esistenza di un rapporto rappresentativo serve quindi ragionare sul significato da attribuire, in un contesto democratico-pluralista, alla rappresentanza della Nazione. L’art. 67 della Costituzione prevede, a tal proposito, che il singolo deputato rappresenti la Nazione e che questa funzione sia svolta nella libertà del mandato. Il primo inciso sembrerebbe indicare chi rappresenta il deputato (la Nazione), mentre il secondo inciso sembrerebbe esprime il come agisce il rappresentante (nella libertà del mandato). La Nazione sembra quindi identificata nel soggetto rappresentato. Come è stato sostenuto, laddove il testo costituzionale prevede la rappresentanza della Nazione, questa non indicherebbe lo Stato-comunità, poiché, se così fosse, significherebbe che «i membri delle due Camere giuridicamente lo rappresentano, nel medesimo senso […] degli altri organo (e loro titolari) dello Stato-persona»207. Per evitare
206 Nel senso “classico” della partecipazione politica attuata tramite strumenti previsti e disciplinati
dalla Costituzione o dalla legislazione ordinaria. Sulla partecipazione politica si veda, per tutti, M. DELLA MORTE, Rappresentanza vs. partecipazione? L’equilibrio costituzionale e la sua crisi, Franco Angeli, Milano, 2012.
207 V. CRISAFULLI, D. NOCILLA, voce Nazione, in Enciclopedia del diritto, v. XXVII, Giuffrè,
53 tale conclusione quindi la Nazione dell’art. 67 Cost. indicherebbe il popolo208. Aderire a
questa interpretazione comporterebbe che il dettato costituzionale potrebbe essere così parafrasato: «il deputato rappresenta il Popolo», o per meglio dire «tutto il Popolo».
Il fatto che il singolo parlamentare rappresenti tutto il popolo, piuttosto che la Nazione, non fa però venir meno la conseguenza che parte della dottrina suole far discendere dall’art. 67 Cost. Da questo punto di vista, si è sostenuto che il rappresentante non debba perseguire interessi particolaristici, poiché l’interesse da raggiungere è, o dovrebbe essere, quello generale209. Si ritiene che i singoli parlamentari non possano considerarsi legati alle rispettive circoscrizioni elettorali e ai relativi interessi210. Assegnare all’art. 67 un «dovere giuridico»211 in capo al rappresentante implica una concezione della rappresentanza che imputa una giuridicità al “dover essere” del rappresentante, che risulta però in perfetta antinomia con la libertà del mandato. L’inesistenza di un mandato vincolato non consente, infatti, di stabilire i termini di contenuto della rappresentanza politica, né tantomeno sapere di quali e di quanti interessi si farà portatore il rappresentante nel corso dello svolgimento dell’attività parlamentare. In secondo luogo, non sembra potersi immaginare la possibilità di individuare, a priori, con una inequivocabile certezza cosa sia e cosa comporti sull’attività del parlamentare l’interesse generale212.
208 In questo senso si vedano: G. AMATO, La sovranità popolare nell’ordinamento italiano, cit., p.
87, per il quale «il termine “Nazione”, per avere un significato plausibile, deve intendersi come “popolo intero”»; P. RIDOLA, Divieto di mandato imperativo e pluralismo politico, in AA. VV., Scritti su le fonti normative e altri temi di vario diritto in onore di Vezio Crisafulli, v. II, Cedam, Padova, 1985, p. 692 s.; D. NOCILLA, Brevi note in tema di rappresentanza e responsabilità politica, in AA. VV., Scritti su le fonti normative e altri temi di vario diritto in onore di Vezio Crisafulli, v. II, Cedam, Padova, 1985, p. 579; C. LAVAGNA, Basi per uno studio delle figure giuridiche soggettive contenute nella costituzione italiana, Cagliari, 1953, p. 54; V. CRISAFULLI, D. NOCILLA, voce Nazione, in Enciclopedia del diritto, cit., p. 818 s.
209 In tal senso N. ZANON, Il divieto di mandato imperativo e la rappresentanza nazionale: autopsia
di due concetti, in N. ZANON, F. BIONDI (a cura di), Percorsi e vicende attuali della rappresentanza e della responsabilità politica, cit., p 131, per il quale «il senso del principio è che egli [il rappresentante], dovrà agire, in primo luogo, in vista del soddisfacimento di quelli che egli stesso ritiene essere gli interessi generali». D. NOCILLA, L. CIAURRO, voce Rappresentanza, cit., p. 593, ritengono che il principio della rappresentanza della Nazione «escluda che i singoli parlamentare possano considerarsi legati alle rispettive circoscrizioni elettorali e, quindi rappresentante di interessi territorialmente circoscritti» (enfasi aggiunta). Da ultimo A. PAPA, La rappresentanza politica: forme attuali di esercizio del potere, cit., p. 79, sostiene che il riferimento alla Nazione «colloca l’azione dei rappresentati al di sopra degli interessi e dei problemi contingenti».
210 D. NOCILLA, L. CIAURRO, voce Rappresentanza, cit., p. 596.
211 Così N. ZANON, Il divieto di mandato imperativo e la rappresentanza nazionale, cit., p. 135. Lo
stesso N. ZANON, Il libero mandato parlamentare, cit., p. 329, ritiene che se l’art. 67 non fosse così interpretato, avrebbe un puro valore descritto, esorcizzato dallo stesso Autore.
212 Questo comporterebbe inoltre la paradossale conseguenza che, laddove l’interesse generale fosse
Da queste due considerazioni sembrerebbe che alla rappresentanza della Nazione non possa essere assegnato un significato concreto. Se all’idea del parlamentare come rappresentante dell’intera Nazione, intesa come unità, si volesse assegnato un significato tangibile, servirebbe che il rappresentante possa esserlo realisticamente di tutti. Per poter essere il rappresentante di tutti è indispensabile, come precondizione, che l’elezione avvenga in un unico e solo collegio elettorale. Questo perché, se il parlamentare rappresenta politicamente un’unità (la Nazione), i singoli componenti di questa unità (tutti i cittadini) devono essere posti nella condizione di poter concorrere all’elezione di ogni singolo rappresentante “nazionale”. Inoltre, anche se l’elezione fosse strutturata in questo modo la rappresentanza della Nazione resterebbe comunque un principio molto astratto, poiché si «trasformerebbe ogni singolo parlamentare in rappresentante anche di coloro che non sono elettori […] e perfino di coloro che hanno votato per altri candidati concorrenti»213.
Se non si vuole però relegare il primo inciso dell’art. 67 Cost. ad un mero retaggio ideologico, si potrebbe tornare alle radici della quaestio della rappresentanza politica per provare ad assegnare alla rappresentanza della Nazione un significato che, nella sua continuità storica, tenga conto dell’evoluzione della rappresentanza e del passaggio dalle Costituzioni liberali a quelle democratiche. Il riferimento alla Nazione potrebbe essere inteso innanzitutto in una eccezione di eguaglianza tra i soggetti che compongono il popolo. Da questo punto di vista si è osservato come le Carte costituzionali liberali avessero “dovuto” disporre la rappresentanza della Nazione, per chiarire che «i deputati designati da una sola parte, imputino ciò nonostante all’intero la loro attività»214. Insistere sul fatto che non siano gli elettori a essere rappresentati ha quindi una matrice storica sui testi costituzionali democratici: il rappresentante in Parlamento non è più colui che contratta con il Re per il “bene” del borgo di appartenenza215, ma è colui che decide egualmente per la generalità216 e diviene “rappresentante della Nazione” nel momento
votare nello stesso modo. A questo punto il rappresentante potrebbe indifferentemente essere una Assemblea o un organo monocratico.
213 V. CRISAFULLI, Partiti e rappresentanza politica nella Costituzione italiana, in Amm. Civ., n. 10-
11/1958, p. 23.
214 F. BERTOLINI, Rappresentanza parlamentare e attività di governo, cit., p. 119.
215 Ovvero, se si guarda all’evoluzione della società nell’Europa continentale, per l’interesse del ceto
di appartenenza.
216 G. FERRARI, voce Elezioni (teoria generale), in Enciclopedia del diritto, v. XIV, Giuffrè, Milano,
1965, ritiene che l’art. 67 Cost., «esclude che si profili una rappresentanza dei singoli collegi, in quanto è resa così manifesta l'intenzione del legislatore costituente di imputare i risultati dei singoli collegi ad
55 terminale della decisione politica217. In conclusione, la circostanza per la quale il testo
costituzionale identifica il rappresentato nella Nazione non sembra essere preclusivo a una teoria della rappresentanza fondata sul rapporto politico eletto-elettore. Inoltre, senza voler incorrere in un costruttivismo teorico, provare a dare un significato tangibile alla rappresentanza, enfatizzando il dato testuale per giustificare la tipologia di interessi che deve perseguire il rappresentante, rischia di produrre una frattura tra le diverse esperienze degli Stati democratici. In alcune democrazie il rappresentante dovrebbe essere per Costituzione il rappresentante di tutti e il portatore di interessi generali; in altre democrazie, siccome il testo costituzionale non prevede nulla in proposito (o addirittura prevede la rappresentanza del collegio)218, il rappresentante dovrebbe perseguire interessi diversi. Tale distinzione è però problematica poiché la rappresentanza politica dell’assemblea, e con essa il ruolo del rappresentante, possono essere individuati come principi generalizzati del costituzionalismo moderno, eguali in ogni Stato democratico, ben oltre il formale dettato costituzionale.