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La giurisprudenza della Supreme Court e l’Equal Protection Clause

ED ESIGENZE DI RACCORDO TRA ELETTI ED ELETTORI LA DELIMITAZIONE DEI COLLEGI ELETTORAL

4. L’eguale distribuzione della rappresentanza nelle diverse esperienze statal

4.1. La giurisprudenza della Supreme Court of the United States Un evidente utilizzo del principio di eguaglianza in materia elettorale.

4.1.2. La giurisprudenza della Supreme Court e l’Equal Protection Clause

L’avvio della lunga giurisprudenza statunitense si è avuto con la sentenza Baker v.

Carr346, con la quale la Corte Suprema ha sancito la giustiziabilità del diritto politico

elettorale in tema di definizione dei collegi elettorali347. In questa sentenza, che riguardava la configurazione dei collegi elettorali per l’elezione di Camera e Senato dello Stato del Tennessee, la Corte statunitense non si è però pronunciata nel merito, ma si è espressa solo circa la possibilità che una presunta violazione del principio d’eguaglianza potesse trovare ristoro di fronte al potere giudiziario. La Corte, dopo aver operato l’overruling in merito alla giustiziabilità della legislazione elettorale, con un atteggiamento «passivo e neutrale»348 non ha indicato al legislatore il criterio costituzionalmente imposto da seguire nella determinazione dei collegi e nemmeno, al giudice di prima istanza, quale rimedio equitativo utilizzare per risolvere la controversia. A tal proposito la Corte si è limitata ad affarmare che: «We conclude that the complaint’s

allegations of a denial of equal protection present a justiciable constitutional cause of action upon which appellants are entitled to a trial and a decision. The right asserted is

346 369 U.S. 186 (1962). Sulla sentenza si veda, per tutti, il commento di J. B. ATLESON, The

Aftermath of Baker v. Carr. An Adventure in Judicial Experimentation, in California Law Review, v. 51/1963, p. 535 ss.

347 Con la sentenza si ribaltava il precedente giurisprudenziale, in materia elettorale, introdotto con

la sentenza Colegrove v. Green (328 U.S. 549) del 1946, e proseguita con altre sentenze emesse dal 1946 al 1964, in cui la Corte aveva rifiutato di entrare nel merito delle questioni elettorali, facendo leva sulla political question che avrebbe ricoperto tale materia. Per una generale rassegna sulla giurisprudenza della political question, utilizzata per una variegata serie di materie, si veda L. H. TRIBE, American Constitutional Law, v. I, New York Foundation Press, New York, 2000, p. 365 ss. Va peraltro notato come non si possa parlare di una generale politcal question in materia elettorale. Anche prima della sentenza Baker v. Carr, la Corte aveva infatti deciso cause riguardanti diversi aspetti della legislazione elettorale. Su quest’ultimo aspetto si veda G. BOGNETTI, Malapportionment ideale democratico e potere giudiziario, cit., p. 71, al quale si rimanda anche per i numerosi commenti della giuspubblicistica statuinitense sollevati dalle dirompenti novità introdotte dalla sentenza in tema di superamento della dottrina della political question. A ben vedere, però, prima della sentenza Colegrove v. Green, anche il tema della ineguale distribuzione dei seggi era stato oggetto di decisioni da parte della Supreme Court, risolte tutte con il rigetto perché non veniva rilevata una violazione dell’eguaglianza degli elettori (Wood v. Broom 287 U.S. 1 (1932)), oppure per «inappropriatezza del rimedio di Equity in materia come quella subbietta» (G. BOGNETTI, Malapportionment ideale democratico e potere giudiziario, cit., p. 70, nota 96).

97

within the reach of judicial protection under the Fourteenth Amendment»349.

L’apertura alla strada del ricorso giurisdizionale inaugurata nel 1962 portava la

Supreme Court a due importanti sentenze nei due anni successivi. Con la prima sentenza

(Wesberry v. Sanders)350, la Corte ha contestato direttamente la legittimità della diseguale composizione dei collegi del singolo Stato per l’elezione della Camera dei rappresentanti federale. Nel caso giunto dinanzi al Giudice, che riguardava i collegi elettorali per l’elezione congressuale previsti nello Stato della Georgia, i ricorrenti denunciavano che nel loro distretto (Fifth Congressional District) la popolazione era in un numero maggiore di «due o tre volte» rispetto alla popolazione degli altri collegi presenti nello Stato. In questa sentenza i giudici, pur accogliendo la questione di legittimità, non si sono basati primariamente ed esclusivamente sulla violazione dell’Equal Protection Clause prevista nel XIV emendamento. La Corte nel caso in esame ha legato l’illegittimità del disegno dei collegi elettorali alla violazione della norma contenuta all’art. 1 sez. 2 Cost., che prevede la distribuzione proporzionale dei rappresentanti della Camera federale sulla base della popolazione residente negli Stati. La Supreme Court, da una lettura dei dibattiti che hanno condotto all’approvazione della Costituzione statunitense, ha provato a dimostrare che i Padri costituenti avessero inteso usare l’espressione “dal popolo” per garantire la parità di rappresentanza nell’elezione dei deputati nella Camera. Questa parità, secondo i giudici, non può però essere limitata alla distribuzione dei rappresentanti tra gli Stati (sulla base della popolazione residente), ma deve essere necessariamente estesa anche alla parità demografica di ogni ripartizione territoriale operata all’interno dello Stato federato351.

Anche se il percorso argomentativo utilizzato dai giudici è stato adottato facendo leva essenzialmente sull’articolo 1 della Costituzione, il rilievo maggiore di questa sentenza sta nell’aver dato un’interpretazione decisiva al rapporto intercorrente tra rappresentanza e eguaglianza. Secondo la Corte «la rappresentanza uguale per un numero

349 369 U.S. 186, 237 (1962). 350 376 U.S. 1 (1964).

351 Sul punto è interessante notare l’opinione dissenziente del giudice Harlan, il quale riporta una

lettura del dibattito costituente del tutto diversa sia in riferimento all’art. 1 della seconda sezione della Costituzione statunitense sia al XIV emendamento, che non ricomprenderebbe, secondo il giudice, la tematica della distribuzione dei seggi nei collegi elettorali di ogni singolo Stato. Nello stesso modo, anche parte della dottrina ha criticato questo passaggio della Corte, per esempio P. B. KURLAND, Equal in Origin and Equal in Title to the Legislative and Executive Branches of the Government, in Harvard Law Review, 1964, p. 146 s., ha criticato l’atteggiamento della Corte perché volto a riscrivere la storia per avvalorare la propria decisione.

uguale di persone è l’obiettivo fondamentale per la Camera dei Rappresentanti»352,

poiché il Costituente ha inteso che la Camera dovesse «rappresentate il popolo come complesso di individui, e sulla base di una assoluta eguaglianza di ciascun elettore»353. Da questa constatazione non ne deve discendere una perfetta parità matematica in ogni collegio elettorale del singolo Stato (forse impossibile da ottenere), però questo «no

excuse for ignoring our Constitution’s plain objective of making equal representation for equal numbers of people»354.

La sentenza introduce una grande limitazione alla discrezionalità legislativa in materia elettorale che i Parlamenti statali si erano arrogati sino a quel momento, con il rischio che la Corte potesse dichiarare illegittime numerose legislazioni statali in tema di ritaglio dei collegi elettorali, che presentavano tassi di diseguaglianza analoghi a quelli rinvenuti nel caso esaminato dal massimo organo giurisdizionale dello Stato355.

Se in questa decisione la Corte ha tendenzialmente sottovalutato l’Equal Protection

Clause del XIV emendamento, nella sentenza Reynold v. Sims, emanata sempre nel

1964356, la Corte ha ancorato la propria decisione direttamente al principio dell’«egual rappresentanza per egual numero di elettori»357. In questa seconda sentenza la Corte Suprema ha utilizzato come esplicito parametro di legittimità l’Equal Protection Clause

352 376 U.S. 1, 18. 353 376 U.S. 1, 9-16. 354 376 U.S. 1, 18.

355 Si vedano in proposito i dati relativi alle percentuali di malapportionment presenti nei diversi

stati federati nel 1964 riportati da G. SCHUBERT, C. PRESS, Measuring Malapportionment, in The American Political Science Review, n. 2/1964, p. 320 ss., che evidenziano casi di estrema ineguaglianza, specialmente con riguardo ai collegi per l’elezione delle Assemblee legislative locali. Tale questione era messa in rilievo anche dal giudice Harlan che, nella sentenza Wesbery, ha esplicitamente affermato, in dissenso, che se la conclusione della Corte fosse corretta, i collegi elettorali nella maggior parte degli altri Stati sarebbero incostituzionali, se valutati secondo lo stesso standard applicato al caso della Georgia.

356 377 U.S. 533 (1964). Si vedano anche le sentenze emesse nello stesso giorno, sempre in tema di

distribuzione dei seggi per le elezioni delle Assemblee legislative dello Stato: di New York, WMCA v. Lomenzo, 377 U.S. 633 (cfr. M. EDELMAN, Democratic Theories and the Constitution, State University of New York Press, Albany, 1984, p. 141 s.); del Maryland, Maryland Committee for Fair Representation v. Tawes, 377 U.S. 656 (cfr. C. A. ANZALONE, Supreme Court Cases on Political Representation, 1787-2001, Routledge, New York, 2015, p. 159 s.), della Virginia, Davis v. Mann, 377 U.S. 678 (cfr. J. DINAN, The Virginia State Constitution, Oxford University Press, New York, 2014, p. 98), del Colorado, Lucas v. Colorado General Assembly of the State, 377 U.S. 713; del Delaware, Roman v. Sincock, 377 U.S. 695 (cfr. C. E. HOFFECKER, B. E. BENSON, The Development of Costitutionaism in Delaware, in G. E. CONNOR, C. W. HAMMONS (a cura di), The Constitutionalism of American States, University of Missouri Press, Columbia, 2008, p. 181). In particolare nel caso citato nel testo e nel caso del Delaware la Corte ha escluso la possibilità che il Senato statale, qualora direttamente elettivo, possa essere rappresentato al pari del Senato federale poiché le contee «never have had those aspects of sovereignty which the States possessed when our federal system of government was adopted» (Roman v. Sincock, 377 U.S. 695, 709).

99 del XIV emendamento358, al fine di rigettare la suddivisione territoriale dello Stato

dell’Alabama, che teneva in considerazione solo parzialmente la popolazione residente nei collegi elettorali. La legge dello Stato prevedeva, infatti, che tutte le contee dello Stato avessero diritto ad almeno un rappresentante da eleggere nella Camera, mentre per il Senato si prevedeva che nessuna contea potesse essere suddivisa in due distinti distretti elettorali359.

Il richiamo al XIV emendamento e all’eguaglianza degli elettori ha permesso, implicitamente, di allargare lo scrutinio di legittimità costituzionale nei confronti delle norme che stabiliscono le modalità per il disegno dei collegi elettorali per l’elezione delle Assemblee legislative degli Stati federati360. L’essenza della decisione può essere espressa con le parole utilizzate dal Giudice Warren nella motivazione di maggioranza, il quale ha chiaramente indicato la linea da seguire in tema di rappresentanza politica parlamentare: «I legislatori rappresentano persone, non alberi o acri. I legislatori sono eletti dagli elettori, non dalle aziende agricole o dalle città o dagli interessi economici»361. La natura del diritto elettorale e dell’eguaglianza sarebbero quindi, per la Supreme Court, da ricondurre ad una visione di rappresentanza individuale che viene in luce solamente «prendendo come punto di riferimento l’eguaglianza del diritto dei singoli»362. È il singolo il detentore del diritto politico di voto. È da questa premessa che la Corte individua la portata del principio di eguaglianza nelle regole per la suddivisione del territorio statale: «il peso del voto di un cittadino non può essere fatto dipendere da dove egli vota […]. Un cittadino […] non è tale in maggior o minor misura perché vive nella città o nella campagna. Questo è il chiaro ed esplicito disposto della clausola di eguaglianza». Per tali ragioni, il criterio della popolazione è «necessariamente il punto di

358 In generale sull’Equal Protection Clause si rinvia al recente lavoro di W. D. ARIZA, Enforcing

the Equal Protection Clause: Congressional Power, Judicial Doctrine, and Constitutional Law, New York University Press, New York, 2016.

359 Nel caso concreto, inoltre, secondo i ricorrenti la disparità tra i collegi elettorali era dovuta anche

al fatto che ripartizione dei collegi elettorali era stata effettuata sulla base del numero di residenti identificato con il censimento del nel 1900, che avrebbe comportato una grave discriminazione nei confronti degli elettori delle contee le cui popolazioni erano cresciute proporzionalmente molto di più rispetto a quelli residenti nelle altre contee.

360 Se si fosse perseguita la strada dell’illegittimità dei piani di distribuzione dei seggi solo sulla base

della violazione dell’art. 1 della Costituzione ci sarebbe stato il rischio che la distribuzione dei seggi sarebbe stata ritenuta incostituzionale solo qualora operata per l’elezione federale.

361 377 U.S. 533, 662.

362 G. CHIARA, Titolarità del voto e fondamenti costituzionali di libertà ed eguaglianza, Milano,

partenza e il criterio di controllo per giudicare le controversie»363 attinenti alla

suddivisione del territorio. Nel merito della pronuncia Reynold v. Sims, la Corte Suprema non ha comunque richiesto agli Stati una perfetta eguaglianza matematica nella composizione dei collegi364, ma ha riconosciuto l’esistenza di cause legittime che possono limitare il principio di proporzionalità nella composizione del collegio elettorale. Queste finalità, che il legislatore può ragionevolmente perseguire, possono essere, ad esempio, il mantenimento dell’integrità delle diverse suddivisioni politiche oppure l’esigenza di prevedere distretti compatti e contigui365. L’eguaglianza così ricostruita non può, invece, essere limitata da considerazioni di tipo storico, degli interessi economici delle varie città e contee o di altro tipo di gruppo sociale o politico, che sono tutte cause che non riescono a dimostrare la legittimità di una deviazione dal principio della popolazione uguale in ogni collegio, poiché «Citizens, not history or economic interests, cast votes»366.

Nelle motivazioni di questa sentenza, la Supreme Court ha iniziato a diversificare i casi di ridisegno dei collegi ai fini dell’elezione della Camera distrettuale da quello del Congresso federale. Secondo i giudici di Washington nelle elezioni delle Camere statali, siccome vi è generalmente un numero maggiore di collegi elettorali, non è precluso al legislatore l’utilizzo di “linee di suddivisione politica” (ovverosia seguire i confini delle contee o delle città), in misura maggiore di quanto può essere ritenuto ammissibile nella determinazione dei distretti progettati per l’elezione federale367.

Se nelle sentenze in esame la Supreme Court non ha indicato nessun limite massimo di scostamento demografico tra i collegi, nella sentenza Kirkpatrick v. Preisler del 1969368, la Corte ha introdotto per la prima volta il tema della «“banda di oscillazione” rispetto al quoziente medio»369 di popolazione presente all’interno di un collegio

363 377 U.S. 533, 567-568. La Supreme Court, nelle motivazioni, ha aggiunto che questa

interpretazione deriva sostanzialmente dalla visione della democrazia esposta da Lincoln: «government of the people, by the people, [and] for the people».

364 Anzi, la Corte ha affermato che «We realize that it is a practical impossibility to arrange

legislative districts so that each one has an identical number of residents, or citizens, or voters. Mathematical exactness or precision is hardly a workable constitutional requirement», 377 U.S. 533, 577.

365 377 U.S. 533, 570 «A consideration that appears to be of more substance in justifying some

deviations from population-based representation in state legislatures is that of insuring some voice to political subdivisions, as political subdivisions». La sentenza di illegittimità si è concretizzata senza che i giudici operassero specificihe valutazioni matematiche, in quanto è stato sufficente motivo di illegittimità il fatto che il legislatore non avesse utilizzato il solo parametro della popolazione.

366 377 U.S. 533, 578-580. 367 377 U.S. 533, 577. 368 394 U.S. 526 (1969).

101 elettorale. Il caso riguardava i collegi elettorali per l’elezione della Camera federale previsti dallo Stato del Missouri che erano stati rivisti dal legislatore sulla base del censimento del 1960. La variazione nella composizione dei collegi era minima, e si attestava a un massimo del 3,13% in eccesso e del 3, 84% in difetto, rispetto alla media ideale di popolazione per ogni collegio. L’argomento principale adottato dal legislatore del Missouri, a difesa del piano di ridistribuzione, si basava sul fatto che la varianza della popolazione tra i distretti era da considerarsi così ridotta da non dover essere giustificata, poiché era ricompresa nel principio del “as nearly as practicable”. Nelle motivazioni la

Supreme Court ha però dato una diversa lettura dei propri precedenti: non esiste una

sperequazione, per quanto minima, nella composizione dei collegi tale da potersi considerare sempre legittima. Secondo la Corte il principio “as nearly as practicable” non può essere valutato «senza tener conto delle circostanze di ogni singolo caso»370. In questo modo la Corte ha rifiutato l’idea che può esistere un limite minimo di disproporzionalità da considerarsi sempre ragionevole, poiché la sperequazione della popolazione nella composizione dei distretti elettorali dello Stato e le sue possibili ragionevoli giustificazioni devono essere valutate caso per caso371. Poiché le variazioni di popolazione tra i vari collegi presenti nel caso dinanzi alla Corte, seppur minime, non erano state adeguatamente giustificate da parte dello Stato, la Corte dichiara l’illegittimità della legge. In questo caso lo Stato del Missouri motivava il proprio piano di distribuzione dei seggi sostenendo che i distretti elettorali erano stati suddivisi in modo da poter rappresentare nel Congresso i diversi interessi economici e sociali presenti nello Stato. Questi interessi secondo la Corte non sono però in grado di incidere sul principio di «uguale rappresentanza per egual numero di persone», poichè ribadisce che «[N]either

history alone, nor economic or other sorts of group interests, are permissible factors in attempting to justify disparities from population-based representation»372.

Lo standard per valutare la legittimità della distribuzione dei collegi elettorali all’interno degli Stati non è per i giudici i una questione quantitativa, da fissare una volta per tutte, ma è uno strumento che «permits only the limited population variances which

are unavoidable despite a good faith effort to achieve absolute equality, or for which

370 394 U. S. 526, 530.

371 «The extent to which equality may practicably be achieved may differ from State to State and

from district to district», 394 U.S. 526, 530-531.

justification is shown»373. Le cause di giustificazione che uno Stato può adottare per

legittimare questa discrepanza non vengono esplicitamente menzionate dalla Corte, che però, nella sentenza Wells v. Rockefeller374, ha rigettato l’idea per la quale l’eguaglianza possa essere limitata al fine di evitare di suddividere in più distretti elettorali dei territori socialmente, politicamente o economicamente omogenei375.

Sulla scorta di questi precedenti non deve destare stupore la sentenza Karcher v.

Dagget376 con la quale la Supreme Court è giunta nel 1983 a invocare la violazione del principio di eguaglianza nella distribuzione dei collegi per l’elezione della Camera federale, operata dallo Stato del New Jersey a seguito del censimento del 1980, che toccava la punta massima di disparità tra i collegi di appena lo 0.6984%377. La Corte, dopo aver ribadito che l’eguale rappresentanza non impone necessariamente che i collegi debbano avere identica popolazione, ha confermato la sentenza di illegittimità della Corte distrettuale, che aveva ravvisato la mancanza di argomentazioni a favore dell’impossibilità di strutturare i collegi in modo da renderli ancora più uguali. Anche in questo caso, la Corte ha ammesso che esiste la possibilità di derogare al “perfetto” principio proporzionalistico solo qualora però «le politiche legislative siano applicate in modo coerente», senza però indicare quali possano essere le cause di giustificazione378.

Dalle sentenze della Supreme Court si evince che il parametro della popolazione è

373 394 U.S. 526, 531 374 394 U.S. 542 (1969)

375 394 U.S. 542, 546. Nel caso di specie lo Stato di New York nel 1968 aveva suddiviso lo stato in

sette “regioni omogenee” per determinare 36 dei 46 distretti. Ognuna delle regioni era stata suddivisa al proprio interno in distretti di popolazione sostanzialmente identica. Nel complesso, il distretto più popolato aveva più di 26.000 abitanti (6,48%) rispetto alla popolazione media, mentre il distretto più piccolo aveva oltre 27.000 (6,608%) abitanti al di sotto della media, con una distanza massima tra i due collegi di poco superiore al 13%. Secondo la Corte non si era giunti a una variazione minima “as nearly as practicable”, poiché non era stata dimostrata dal legislatore la necessità di strutturare le sette sezioni e risultava ininfluente che all’interno dei collegi delle stesse vi fosse un’eguale popolazione. In merito alla decisione M. E. JEWELL, Commentary, in N. W. POLSBY (a cura di), Reapportionment in the 1970s, University of California Press, Berkeley, 1971, p. 47, osserva che «most curios part of the Court’opinion in the […] Wells cases in the refusal to permit deviations in population equality in order to follow county and municipal boundaries».

376 462 U.S. 725 (1983). A commento della sentenza si veda W. B. POWERS, Karcher v. Daggett:

The Supreme Court Draws the Line on Malapportionment and Gerrymandering in Congressional Redistricting, in Indiana Law Review, 1984 p. 631 ss.

377 Il collegio più popoloso era infatti composto da 527.472 abitanti, mentre il meno popoloso da

523.789 abitanti.

378 J. SUZUKI, Constitutional Calculus: The Math of Justice and the Myth of Common Sense, John

Hopkins University Press, Baltimore, 2015 p. 88. Sulla sentenza commentata si vedano anche R. M. SMITH, Liberalism and American Constitutional Law, Harvard University Press, London, 1985, p. 133, e R. K. STAVINSKI, Mandate of Equipopulous Congressional Districting: Karcher v. Daggett, in Boston College Law Review, n. 2/1985, p. 563 ss.

103 il primo, ma non certamente l’unico, principio in materia di distribuzione dei collegi elettorali all’interno dello Stato379. La Corte ha richiamato in più occasioni anche la possibilità che vi siano deroghe alla proporzionalità perfetta nella composizione dei collegi elettorali quando vi siano altri interessi degni di tutela. Tuttavia, per quanto riguarda l’elezione della Camera federale, tali tutele non sono però mai state assunte dai giudici come cause di legittimazione di deviazioni, seppur poco consistenti, alla

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