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Rappresentanza-responsabilità e partito politico

8. La componente della responsabilità politica come elemento costitutivo della rappresentanza politica

8.2. Rappresentanza-responsabilità e partito politico

Nella democrazia pluralista, in cui il partito politico gioca un ruolo fondamentale di raccordo tra società e decisione politica, la competizione elettorale e le dinamiche della rappresentanza sembrano essere fondate sul trinomio “elettore-partito-rappresentante”. La presenza di tre soggetti ha modificato, oltre alle dinamiche della rappresentanza237, la

configurazione della responsabilità, che sembra essersi strutturata su due versanti. Il primo è la responsabilità del partito nei confronti dell’elettorato, il secondo è la responsabilità del rappresentante esclusivamente verso il partito di appartenenza. Questa divaricazione avrebbe provocato la perdita di un rapporto di responsabilità del rappresentante nei confronti degli elettori238. Se da un lato può ritenersi realistica

solo modo per assicurare una «rispondenza-responsabilità» dei governanti: quello di far passare periodicamente la rappresentanza politica allo staccio delle conferme elettorali». Infatti (p. 579) l’Autore ritiene che «il ricorso periodico al corpo elettorale obbliga, seppur a suo modo e per sue vie, l’eletto a contenersi nei confronti degli elettori come questi farebbero se fossero al suo posto». Per ulteriori argomentazioni a sostengo di tale posizione si veda ID., The Theory of Democracy Revisited, Chatam House, Chatam, 1987, vol. I, p. 155 ss. Sulla responsabilità politica quale momento esteriore del «legame politico degli organi politici con il popolo» si veda E-W. BÖCKENFÖRDE, Democrazia e rappresentanza, cit., p. 247 s. Sulla responsabilità politica quale elemento di «manifestazione dei un rapporto di rappresentanza» si veda C. F. FERRAJOLI, La responsabilità politica come responsabilità per rappresentanza, in G. AZZARITI (a cura di), La responsabilità politica nell’era del maggioritario e nella crisi della statualità, Giappichelli, Torino, 2002, p. 150.

236 Cfr. P. RIDOLA, Rappresentanza parlamentare, cit., p. 463, ma anche ID., Divieto del mandato

imperativo e pluralismo politico, cit., p. 698, dove l’Autore qualifica «la trasparenza nei processi di decisione parlamentare» come il «necessario completamento dell’autonomia del deputato». Per uno studio sulla trasparenza del procedimento di formazione delle leggi si vedano: P. COSTANZO, La pubblicità dei lavori parlamentari: profili storico-comparatistici ed aspetti attuali, in Rassegna Parlamentare, n. 1/1980, p. 220 ss.; P. MARSOCCI, Poteri e pubblicità. Per una teoria giuridica della comunicazione istituzionale, Cedam, Padova, 2002; A. CARMINATI, La pubblicità del potere da mezzo di partecipazione democratica a strumento di propaganda nella crisi della forma di governo parlamentare, in AA. VV., Studi in onore di Maurizio Pedrazza Gorlero, Vol. II. La libertà di informazione e la democrazia costituzionale, ESI, Napoli, 2014, pp. 74 ss.

237 Sul punto si veda C. ESPOSITO, I partiti nella Costituzione italiana, in ID., La costituzione

italiana. Saggi, Cedam, Padova, 1954, p. 231, il quale individua nel partito «lo strumento attraverso cui i cittadini possono influire sulle decisioni dei governanti e possono concorrere con continuità alla determinazione delle direttive politiche».

238 In questo senso si veda V. BALDINI, La responsabilità politica nella esperienza della forma di

61 l’affermazione per la quale al centro della dinamica politica vi sia il partito poiché è questo il soggetto che canalizza la rappresentanza ed il consenso, non va comunque tralasciato il ruolo che assume il singolo rappresentante sia nel rapporto con l’elettore, sia, più in generale, con l’ordinamento. Enfatizzare la componente “solo partitica” della rappresentanza rischia però ridurre la competizione elettorale in una “mera” attività plebiscitaria, dove l’elemento soggettivo del singolo rappresentante viene posto in secondo piano o, addirittura, reso del tutto irrilevante239. La dinamica partica, invero, potrebbe essere anch’essa fatta rientrare nella dinamica della responsabilità poiché non si può negare che il ruolo dell’elettore è anche, o forse soprattutto, ridotto alla scelta di una forza politica al quale esso si sente “affine”. Questo però non toglie che nel Parlamento siedono i singoli rappresentanti che sono direttamente e personalmente legittimati nei vari collegi o nelle varie circoscrizioni elettorali, e che devono la propria elezione anche alla propria capacità personale, oltre che al partito di appartenenza240. Anche il rappresentante che nel corso della legislatura cambia il gruppo politico in Parlamento, infatti, non fa venir meno la “sua” componente di rappresentanza che esso, come singolo, produce all’intero nell’organo collegiale241.

della comunicazione pubblica, in Rivista Aic, n. 4/2011, p. 5, per il quale la responsabilità del rappresentante nei confronti dell’elettore è «una narrazione costituzionale priva di un reale riscontro».

239 L’ininfluenza dei singoli soggetti che compongono un partito è ravvisabile sin da H. KELSEN, Il

problema del parlamentarismo, in ID., Il primato del Parlamento, Giuffrè, Milano, 1982, p. 181 ss., il quale, oltre a lasciare intendere che siano legittime le revoche dei deputati da parte del partito di appartenenza, ritiene idoneo che nel Parlamento possano partecipare degli esperti delegati dal partito che prendano parte alla decisione parlamentare «col numero di voti spettanti al partito», anticipando così, in qualche modo, le correnti politiche interessate all’introduzione del voto parlamentare ai soli capigruppo. Su quest’ultimo aspetto e l’idea di introdurre tale pratica nel corso della XVI Legislatura si vedano S. MERLINI, G. TARLI BARBIERI, Il governo parlamentare in Italia, Giappichelli, Torino, 2017, p. 371 s.

240 Si noti infatti, come ben mette in evidenza S. FURLANI, voce Rappresentanza politica, cit., p. 873

s., che un deputato può ben essere «eletto non in virtù della macchina elettorale del partito, ma da una massa di elettori che hanno convogliato […] su quel deputato i loro voti». Questo starebbe a dimostrare come non si possa abbandonare completamente una rappresentanza “personale”. La presenza di una componente di rappresentanza riconducibile al singolo rappresentante non deve far pensare che questo implichi, come conseguenza, l’utilizzo di un sistema di preferenze (sul punto si rinvia, in particolare, al capitolo 2 §).

241 Contrario a questa posizione è S. CURRERI, Democrazia e rappresentanza politica. Dal divieto

di mandato al mandato di partito, Firenze, Firenze University Press, 2004, p. 129, il quale ritiene che «il parlamentare che abbandona il partito o ne viola la disciplina di voto fino al punto da esserne espulso spezza quel rapporto unitario che lo lega agli elettori che in ragione di quell’appartenenza politica lo hanno votato. La sua rappresentanza perde di rappresentatività». La posizione assunta dall’Autore sembra soffrire di una visione della dinamica politica nella quale non vi è nessuna componente di rappresentanza personale che fa capo al singolo rappresentante, poiché sembra ritenere che la canalizzazione della dinamica politica sia da riferirsi interamente, e in modo esclusivo, al partito politico. Lo stesso S. CURRERI, I gruppi parlamentari nella XIII Legislatura, in Rassegna Parlamentare, 1999, p. 263, ritiene che «il diritto del parlamentare di affrancarsi dal mandato che gli proviene dal corpo elettorale per mezzo dei partiti politici» rischi di produrre «una pericolosa visione individualistica della rappresentanza». Forse, deve essere riscoperta proprio questa

Un ulteriore effetto della dinamica elezione-rielezione, in connessione alla componente della responsabilità politica, potrebbe essere quello che porta il rappresentante a non ricandidarsi dinanzi al corpo elettorale.

La mancata candidatura alle elezioni di un rappresentante può essere variamente interpretata. Si potrebbe sostenere che questa eventualità permetta al rappresentante di sottrarsi alla possibile sanzione elettorale e quindi sottrarsi, di fatto, dalla responsabilità242. La mancata presentazione alle elezioni potrebbe essere intesa però anche come effetto della stessa responsabilità politica, che potrebbe già aver conseguito i suoi effetti inducendo il parlamentare a non candidarsi. Allo stesso modo, quando la mancata candidatura è da imputarsi ad una decisione del partito politico di appartenenza del rappresentante, potrebbe essere la conseguenza di un’azione di responsabilità politica, che il partito fa valere nei confronti del singolo parlamentare, come forma di “tutela” degli elettori.

Con ciò, ovviamente, non si intende affatto affermare la necessità che vi sia un’istituzionalizzazione del c.d. mandato di partito243, escluso dalla libertà del mandato244, che sarebbe un istituto avverso ad una responsabilità politica sull’asse rappresentato-rappresentante. Tale conclusione deriva dalla circostanza per la quale difficilmente il partito politico può essere considerato come entità unica composta da soggetti che non abbiano posizioni tra loro parzialmente discordanti. Se si ammette quindi che nel partito politico possano esserci diverse correnti, decade già da sé la «presunzione

funzione della rappresentanza politica, avvicinando il singolo rappresentante alla comunità politica delimitata nel proprio territorio di elezione (sul punto si veda infra i capitoli 2 e 3).

242 Cfr. G.U. RESCIGNO, La responsabilità politica, cit., p. 203, il quale ritiene che la mancanza

dell’obbligo per il rappresentante di concorrere alla propria rielezione esclude che si possa parlare di «vera e propria responsabilità politica istituzionale» e quindi la mancata rielezione non può essere qualificata come una sanzione di responsabilità. Contra, tra gli altri, G. FERRARA, Il presidente di assemblea parlamentare, Giuffrè, Milano, 1965, p. 58, il quale, invece, fa rientrare nella categoria di responsabilità istituzionale «la non rielezione del titolare di un organo».

243 Sul mandato di partito si veda H. KELSEN, Il problema del parlamentarismo, cit., p. 181 ss., il

quale sostiene che «se il candidato riceve mandato solo in base alla sua appartenenza al partito dell’elettore, [è] del tutto logico che il deputato debba decadere dall’ufficio qualora cessi di appartenere al partito che lo ha inviato in Parlamento».

244 Il libero mandato infatti, oltre a garantire la libertà dell’azione del parlamentare nei confronti

delle indicazioni ricevute dagli elettori, dovrebbe essere pacificamente interpretato quale «esclusione nella sfera dell’ordinamento costituzionale, di qualsiasi effetto giuridico […] di obblighi, eventualmente assunti […] verso i rispettivi partiti ed altri analoghi raggruppamenti organizzati» (V. CRISAFULLI, Aspetti problematici del sistema parlamentare vigente in Italia, cit., p. 606).

63 di mandato imperativo da parte del partito»245.

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