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L’eguaglianza del voto e il paradigma proporzionale nella giurisprudenza della Corte costituzionale italiana

L’EGUAGLIANZA DEL VOTO NELLA FORMULA ELETTORALE

3. L’eguaglianza del voto e il paradigma proporzionale nella giurisprudenza della Corte costituzionale italiana

Prima di passare ad un’indagine più approfondita sul tema, occorre soffermarmisi sulla giurisprudenza costituzionale che ha confutato la dottrina maggioritaria orientata a

575 G. AZZARITI, Rappresentanza politica e stabilità del Governo: due piani da non sovrapporre,

cit., p. 156.

576 Cfr. F. PIERANDREI, Considerazioni giuridiche sulle ultime elezioni politiche italiane e sulle leggi

ad esse relative, in Jus, n. 1/1953, p. 356, il quale, pur favorevole al sistema elettorale maggioritario in collegi uninominali e pur considerandolo legittimo, ritiene che esso «lede, nelle diverse circoscrizioni, il principio dell’eguaglianza sostanziale: perché attribuisce in ciascuna di quelle il seggio o tutti i seggi […] al candidato o alla lista di candidati che raccolga i maggiori suffragi». In senso analogo si veda il più recente saggio di M. VILLONE, Rappresentatività, voto eguale, governabilità: quando una irragionevolezza diventa manifesta?, in Giurisprudenza costituzionale, n. 1/2017, p. 165, il quale riconosce che il principio di uguaglianza, e con esso quello di rappresentatività, si esprime e viene assicurato in “miglior modo” nel sistema proporzionale, ma non per questo ritiene che il sistema maggioritario sia irragionevole. In senso analogo E. LONGO, Eguaglianza e diritto di voto, in A. PIN (a cura di), Il diritto e il dovere dell’eguaglianza. Problematiche attuali di un principio risalente, Editoriale scientifica, Napoli, 2015, p. 44, sostiene che «il principio dell’eguaglianza politica favorisce, ma non impone, la rappresentanza proporzionale». In senso sostanzialmente analogo si esprime la dottrina indicata alla nota 12 che fa discendere la legittimità del sistema maggioritario dalla non costituzionalizzazione del principio di eguaglianza del voto “in uscita”.

una completa indifferenza del testo costituzionale in tema di sistema elettorale e, nello specifico, in riferimento all’eguaglianza del voto ex art. 48 Cost. La Corte costituzionale ha mutato il proprio orientamento giurisprudenziale con la “storica”577 sentenza n. 1 del 2014, riconfermata nel merito con la successiva sentenza n. 35 del 2017. Sino all’emanazione di queste due sentenze la Corte è sembrata essere molto chiara nell’individuare l’eguaglianza del voto come elemento connaturato nella sola fase di espressione della volontà elettorale, mentre non veniva in rilievo quale principio costituzionale che si estendeva ai concreti effetti della manifestazione del voto578.

Nella sentenza n. 1 del 2014, con la quale il Giudice ha dichiarato illegittime le disposizioni della legge n. 270 del 2005 che prevedevano il premio di maggioranza senza una soglia per l’accesso, i giudici hanno riformato – in quello che sembra essere stato a tutti gli effetti un overruling – l’interpretazione del principio costituzionale di cui all’art. 48 della Costituzione579. Per la prima volta nel corso di un procedimento in via

577 Cfr. F. LANCHESTER, Dal Porcellum all’Italicum: nuovi collegamenti e nuovi orari, ma su vecchi

binari in Nomos, n. 3/2013. In senso analogo A. MORRONE, Exit porcellum, in Forum di Quaderni Costituzionali, 15 febbraio 2014. Secondo G. FERRARA, L’idolatria della governabilità, in Costituzionalismo.it, 4 marzo 2014, p. 2, che parla di «evento senza precedenti nella storia degli Stati»; G. AZZARITI, La sentenza e gli effetti indiretti sulla legislazione futura, in Nomos, n. 3/ 2013, p. 2, per il quale «non si [può] negare che sia questa una sentenza [...] storica», P. CARNEVALE, La Corte vince, ma non (sempre) convince. Riflessioni intorno ad alcuni profili della “storica” sentenza n. 1 del 2014 della Corte costituzionale, in Nomos, n. 3/2013, p. 1; S. LIETO, Sulla questione di legittimità costituzionale della «soglia di sbarramento» della legge elettorale per il Parlamento europeo, in Forum di Quaderni Costituzionali, 7 luglio 2014, p. 2. Tutti gli Autori richiamati qualificano così la sentenza in quanto ha aperto la strada al controllo di costituzionalità della legge elettorale per l’elezione del Parlamento che sembrava essere, sino a quel momento, una “zona franca” o “zona d’ombra” del controllo di costituzionalità in via incidentale. Sulle “zone d’ombra” del giudizio in via incidentale si vedano, per tutti, M. Siclari, Le zone d’ombra nei giudizi di legittimità costituzionale sollevato in via incidentale, in AA. VV, Itinerari di giustizia, Giuffrè, Milano, 2007, p. 882 ss. e R. BIN, Chi è responsabile delle «zone franche», in R. ROMBOLI (a cura di), Ricordando Alessandro Pizzorusso. Il pendolo della Corte: Le oscillazioni della Corte costituzionale tra l’anima ‘politica’ e quella ‘giurisdizionale’, Giappichelli, Torino, 2017, p. 147 ss.

578 Di per sé questo non significa però che sino alla sentenza n. 1 del 2014 la Corte avesse ammesso

una totale e incontrollata discrezionalità del legislatore nella scelta del sistema elettorale per l’elezione dell’Assemblea legislativa nazionale. Anche nelle sentenze più risalenti, la Corte ha pur sempre sottolineato che essa avrebbe potuto sanzionare la legislazione elettorale, dichiarandone l’illegittimità, limitatamente però ai casi di manifesta irragionevolezza. Il riferimento è alle sentenze del giudice costituzionale nelle quali la Corte aveva perentoriamente sancito che nel testo costituzionale il principio di uguaglianza del voto fosse relativo alla sola fase antecedente alla trasformazione dei voti in seggi, ma aveva comunque posto la possibilità del controllo per manifesta irragionevolezza della legislazione elettorale (Cfr. A. PISANESCHI, Giustizia costituzionale e leggi elettorali: le ragioni di un controllo difficile, in Quaderni costituzionali, n. 1/2015, p. 139). Si veda per esempio la sentenza n. 260 del 2002, nella quale la Corte ha sottolineato che «la determinazione delle formule e dei sistemi elettorali costituisce un ambito nel quale si esprime con un massimo di evidenza la politicità della scelta legislativa, censurabile in sede di giudizio di costituzionalità solo quando risulti manifestamente irragionevole».

579 Di «netta svolta giurisprudenziale» parla L. SPADACINI, I limiti alla discrezionalità del legislatore

in materia elettorale desumibili dalla sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 2014, in Forum di Quaderni Costituzionali, p. 8. Secondo C. DE FIORES, La riforma della legge elettorale, in

175 incidentale580, giunto con non poche difficoltà e critiche dianzi alla Corte

costituzionale581, la Corte ha ritenuto che il principio del voto uguale non fosse da intendersi nella sola parificazione degli elettori nel momento in cui essi esprimono il

Costituzionalismo.it, n. 1/2015, p. 9, con la sentenza n. 1 del 2014 «la Corte innova significativamente la sua precedente giurisprudenza». Nota il netto mutamento nella giurisprudenza costituzionale V. PIERGIGLI, Premio di maggioranza ed eguaglianza del voto. Osservazioni a margine della sentenza Corte cost. 1/2014, in Ianus, p. 53, la quale ritiene che dopo questa sentenza «il principio della eguaglianza del suffragio, in particolare, dovrà in futuro valutarsi – ed essere garantito – non più soltanto “in entrata”, ma anche “in uscita”».

580 Un “preavviso” di quanto si sarebbe verificato nella sentenza 1 del 2014 si era già avuto nelle

sentenze 15 e 16 del 2008 (relative all’ammissibilità dei referendum per l’abrogazione parziale della legge 21 dicembre 2005, n. 270) e nella sentenza n. 13 del 2012 (sempre relativa all’ammissibilità di referendum abrogativi per l’abrogazione totale e per l’abrogazione parziale della medesima legge). In particolare nelle due sentenze del 2008 a seguito della richiesta di sollevare dinanzi a sé una questione di legittimità costituzionale, la Corte costituzionale si era sentita in dovere di sottolineare che, anche se «in sede di controllo di ammissibilità dei referendum non poss[o]no venire in rilievo profili di incostituzionalità sia della legge oggetto di referendum sia della normativa di risulta”, «l’esigenza di considerare con attenzione gli aspetti problematici» della legislazione prevista nel 2005, con particolare riguardo all’attribuzione di un premio di maggioranza, sia alla Camera dei deputati che al Senato della Repubblica, senza che sia raggiunta una soglia minima di voti e/o di seggi” (sen. 13 del 2012). In questi casi, la Corte, senza entrare nel merito, sembrava comunque propensa ad una valutazione negativa del premio di maggioranza senza una soglia che implicava, probabilmente, “recuperare” già una certa visione complessiva dell’uguaglianza del voto. I moniti e le preoccupazioni della Corte costituzionale contenuti nelle decisioni in tema di ammissibilità dei referendum abrogativi erano stati successivamente “riproposti” dal Presidente della Corte Costituzionale Gallo nel corso di una conferenza stampa del 12 aprile 2013. Su quest’ultima dichiarazione si veda G. MAESTRI, «Sospetto di incostituzionalità»: riflessioni sul monito del presidente della Corte sulla legge elettorale, in Forum di Quaderni Costituzionali, 15 aprile 2013.

581 Diversi sono gli aspetti problematici relativi all’ammissibilità della questione relativa alla

legittimità costituzionale della legislazione elettorale. In primo luogo è dubbia l’esistenza dell’interesse ad agire da parte dei ricorrenti in sede civile per l’accertamento della violazione del diritto di voto “in astratto” e non come lesione attuale e concreta di un diritto. In secondo luogo, però, la principale problematica è relativa alla necessità che nel corso di un procedimento in via incidentale il petitum sul quale decide il giudice costituzionale deve essere diverso dall’oggetto sul quale cade la decisione del giudice a quo, se così non fosse al giudice rimettente non residuerebbe «un accertamento non assorbito dalla decisione del giudice costituzionale» (S. STAIANO, La vicenda del giudizio sulla legge elettorale: crisi forse provvisoria del modello incidentale, in Rivista AIC, n. 2/2014, p. 2). Se l’oggetto della pronuncia dei due giudici è identico si rende abbastanza palese il raggiramento delle regole che governano il procedimento in via incidentale, a favore di quello che sembrerebbe a tutti gli effetti un surrettizio ricorso in via diretta alla Corte costituzionale. Sulla problematica circa l’ammissibilità della questione di legittimità costituzionale si vedano, tra gli altri, E. OLIVITO, Fictio litis e sindacato di costituzionalità della legge elettorale. Può una finzione processuale aprire un varco nelle zone d’ombra della giustizia costituzionale?, in Costituzionalismo.it, n. 3/2013; G. REPETTO, Il divieto di fictio litis come connotato della natura incidentale del giudizio di costituzionalità. Spunti a partire dalla recente ordinanza della Corte di cassazione in tema di legge elettorale, in Rivista AIC, n. 3/2013; R. ROMBOLI, La costituzionalità della legge elettorale 270/05: la Cassazione introduce, in via giurisprudenziale, un ricorso quasi diretto alla Corte costituzionale?, in Foro italiano, 2013, pt. I, p. 1836 ss.; E. ROSSI, La Corte costituzionale e la legge elettorale: un quadro in tre atti e dall’epilogo incerto, in Federalismi.it, n. 12/2013. Sull’ammissibilità della questione di legittimità costituzionale relativa alla legge n. 52 del 2015, la quale sarebbe stata ancor più problematica rispetto a quella della legge n. 270 del 2015, in quanto sollevata in relazione ad una legge elettorale che non aveva ancora trovato applicazione si veda, in particolare, G. SOBRINO, Il problema dell’ammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale della legge elettorale alla luce delle sentenze n. 1/2014 e n. 35/2017 e le sue possibili ricadute: dalla (non più tollerabile) “zona franca” alla (auspicabile) “zona a statuto speciale” della giustizia costituzionale?, in Federalismi.it, n. 15/2017.

proprio voto. In questa sede, infatti, è stato dato risalto, e in un certo senso “valore”, all’eguaglianza del voto nella fase conclusiva del procedimento elettorale: il momento in cui i voti vengono trasformati in seggi582.

Le parole utilizzate dalla Corte costituzionale sono chiare e incisive: il premio di maggioranza senza una soglia è tale da «comprometterne la compatibilità con il principio

di eguaglianza del voto». La Corte parla, poi, di «alterazione del circuito democratico

definito dalla Costituzione, basato sul principio fondamentale di eguaglianza del voto». In relazione alle norme per l’elezione del Senato la Corte utilizza le stesse espressioni, ritenendo che il premio di maggioranza su base regionale: «incide […] anche

sull’eguaglianza del voto, in violazione degli artt. 1, secondo comma, 3, 48, secondo

comma, e 67 Cost». Sino a giungere a parlare espressamente di quella categoria creata idealmente dalla dottrina del “voto in uscita”: «qualora il legislatore adotti il sistema proporzionale, anche solo in modo parziale, esso genera nell’elettore la legittima aspettativa che non si determini uno squilibrio sugli effetti del voto e cioè una diseguale

valutazione del “peso” del voto “in uscita”»583. Successivamente, nella sentenza n. 35 del 2017, con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato illegittime le disposizioni della legge n. 52 del 2015 nella parte in cui prevedevano un ballottaggio nazionale tra liste concorrenti, il Giudice si è espresso di nuovo riconoscendo espressamente un principio del voto “in uscita”, ritenendo che quel meccanismo elettorale ponesse in essere una «valutazione del peso del voto in uscita fortemente diseguale»584.

Ad una prima analisi, sembra che il giudice costituzionale abbia ritenuto che il principio contenuto all’art. 48 della Costituzione abbia una portata anche in relazione alla concreta manifestazione del risultato elettorale. Dalle motivazioni contenute nella sentenza non è facile però qualificare cosa sia per il Giudice costituzionale questa concreta manifestazione del risultato elettorale e, pertanto, cosa sia l’eguaglianza del voto “in uscita”. Da una lettura delle due sentenze richiamate sembrerebbe che anche la Corte costituzionale abbia costruito la concezione dell’eguaglianza del voto in uscita su un

582 Sul punto, in particolare, si veda F. GABRIELE, Molto rumore per nulla? La “zona franca”

elettorale colpita ma non affondata (anzi…). Riflessioni sulla sentenza Corte costituzionale n. 1 del 2014, in Consulta Online, p. 5, per il quale nella sentenza vi è «un più chiaro e netto recupero, nella motivazione, del principio di uguaglianza del voto (o della necessità della sua sostanziale valenza) anche in uscita» (corsivo dell’A).

583 Corte costituzionale, sentenza n. 1 del 2014. 584 Corte costituzionale, sentenza n. 35 del 2017.

177 paradigma proporzionale585. Quando la Corte parla di peso “in uscita” fortemente

diseguale o, nella sentenza n. 35 del 2017, di ragionevolezza della soglia del 40% per l’accesso al premio di maggioranza, lascia intendere che sia possibile un voto diseguale a patto che non sia “troppo diseguale” e manifestamente irragionevole586.

Se si considerano unitariamente le motivazioni che hanno condotto la Consulta a dichiarare illegittimo il premio di maggioranza senza una soglia e il doppio turno nazionale tra liste e quelle che hanno condotto a dichiarare sostanzialmente la “conformità costituzionale” del premio di maggioranza al primo turno previsto dalla legge n. 52/2015, si può ragionevolmente sostenere che questa non eccessiva diseguaglianza sarebbe del tutto conformabile ad una “non eccessiva disproporzionalità” del sistema elettorale proporzionale587. A partire da questo assunto la Corte costituzionale stabilisce che la diseguale valutazione del peso del voto è da potersi qualificare tale solo se inserita in un sistema elettorale proporzionale588, come lo erano, secondo l’interpretazione offerta dalla Corte, le due leggi elettorali dichiarate parzialmente illegittime dalla Corte costituzionale. Questo starebbe a significare che, anche secondo la Corte, se il sistema elettorale non è “costruito” su una base proporzionale la diseguaglianza del voto è già insita nel sistema

585 In questo senso si vedano le considerazioni di G. GUZZETTA, La sentenza della Corte

costituzionale sulla legge elettorale: molti, forse troppi, spunti di riflessione, in Quaderni costituzionali, p. 125 secondo cui, per la Corte «se la scelta di fondo è quella di un sistema proporzionale, le distorsioni determinate dalla legge elettorale non possono essere tali da “tradire” la logica di quel sistema e le aspettative che gli elettori nutrono nei confronti di un sistema (quello proporzionale) che mira ad assicurare un’ampia rappresentatività».

586 Per tale ragione A. RAUTI, Intervento, in A. RUGGERI, A. RAUTI (a cura di), Forum sull’Italicum.

Nove studiosi a confronto, Giappichelli, Torino, 2015, p. 32, ritiene che nelle motivazioni della Corte, «la garanzia della c.d. eguaglianza in uscita – pertinente alla fase di trasformazione dei voti in seggi – non gode affatto della stessa “forza” accordata all’eguaglianza in entrata (valore nominale del voto) e che dunque anche sotto tale aspetto l’eventuale, conseguente vizio del sistema elettorale avrebbe potuto essere validamente censurato solo in caso di manifesta irragionevolezza».

587 Cfr. V. BALDINI, La sentenza n. 1 del 2014 della Corte costituzionale: non solo effetti caducatori

ma anche principi ricostruttivi per una nuova disciplina elettorale, in dirittifondamentali.it, 18 marzo 2014, p. 4. In senso analogo si veda G. M. SALERNO, La sentenza sulla legge n. 52 del 2015: potenzialità e confini del giudizio di costituzionalità sulle leggi elettorali, in Quaderni costituzionali, n. 1/2017, p. 98, secondo cui i richiami della Corte alla «rappresentatività degli organi elettivi ed alla tutela dell’eguaglianza del voto» sono «ispirati alla logica proporzionalistica».

588 Cfr. G. GUZZETTA, La sentenza n. 1 del 2014 sulla legge elettorale a una prima lettura, in Forum

di Quaderni Costituzionali, 14 gennaio 2014, p. 1. In senso analogo G. BRUNELLI, Dibattito sulla sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 2014 dichiarativa dell’incostituzionalità delle disposizioni della l. n. 270 del 2005, in Giurisprudenza costituzionale, n. 1/2014, p. 656, la quale ritiene che proprio il collegamento offerto dalla Corte tra sistema proporzionale e eguaglianza del voto sia da interpretarsi nel senso che non sia stato «afferma[to] “un generale principio di eguaglianza del voto “in uscita”». Sul punto si vedano anche F. RIMOLI, Dibattito sulla sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 2014 dichiarativa dell’incostituzionalità delle disposizioni della l. n. 270 del 2005, in Giurisprudenza costituzionale, n. 1/2014, p. 673, e M. RUBECHI, Il diritto di voto, cit., p. 116.

e pertanto ragionevole589, nel senso che lo scrutinio di proporzionalità e ragionevolezza

dovrebbe applicarsi esclusivamente nei confronti di una legislazione elettorale proporzionale. Il dato sembra confermato anche dalla parte della sentenza n. 35 del 2017 nella quale vengono rigettate le questioni di illegittimità relative al premio di maggioranza con soglia del 40%, poiché la Corte costituzionale è stata netta nell’affermare che «ben può il legislatore innestare un premio di maggioranza in un sistema elettorale ispirato al criterio del riparto proporzionale di seggi, purché tale meccanismo premiale non sia foriero di un’eccessiva sovrarappresentazione della lista di maggioranza relativa»590.

Il dilemma circa la costituzionalità del premio di maggioranza sarebbe da risolversi esclusivamente sulla base di una valutazione quantitativa dei seggi premiali da assegnare alle forze politiche e alla “quantità” della distorsione del voto, che devono essere ragionevoli. La Corte esplicita questa posizione nel momento in cui, rigettando le censure di incostituzionalità della soglia per l’accesso al premio prevista nella legge n. 52 del 2015, avvalora la tesi della distorsione quantitativa del voto, poiché, oltre a ritenere conforme a Costituzione quel premio di maggioranza attribuito a tutti gli effetti ad una forza politica di “minoranza”, sottolinea che «a ritenere il contrario, si dovrebbe argomentare la non compatibilità con i principi costituzionali di una determinata soglia numerica per l’attribuzione del premio, fino a considerare – quale condizione per il positivo scrutinio di ragionevolezza e proporzionalità della disciplina premiale – la sola attribuzione, non già di un premio “di maggioranza”, ma di un premio “di governabilità”, condizionato al raggiungimento di una soglia pari almeno al 50 per cento dei voti e/o dei seggi, e destinato ad aumentare, al fine di assicurare la formazione di un esecutivo stabile, il numero di seggi di una lista o di una coalizione che quella soglia abbia già autonomamente raggiunto»591. In tutti e due i casi, premio di maggioranza assegnato a una lista di “minoranza” e premio di governabilità assegnato a una lista di “maggioranza”,

589 In questo senso T. E. GIUPPONI, Dibattito sulla sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 2014

dichiarativa dell’incostituzionalità delle disposizioni della l. n. 270 del 2005, in Giurisprudenza costituzionale n. 1/2014, p. 687, ritiene che il principio sia stato ricondotto dalla corte «esclusivamente all’eventualità dell’adozione del sistema proporzionale». Secondo l’interpretazione alla sentenza offerta da G. SCACCIA, Riflessi ordinamentali dell’annullamento della legge n. 270 del 2005 e riforma della legge elettorale. (Audizione presso la Commissione Affari costituzionali della Camera dei deputati 14 gennaio 2014), in Forum di Quaderni Costituzionali, p. 4, per la Corte in un sistema proporzionale «il principio di eguaglianza del voto assume un carattere più stringente che nell’ambito di sistemi maggioritari».

590 Corte costituzionale, sentenza n. 35 del 2017, punto 9.2 del Considerato in diritto. 591 Corte costituzionale, sentenza n. 35 del 2017, punto 6.2 del Considerato in diritto.

179 la Corte lascia intendere che uno scostamento quantitativo dell’eguale valenza dei voti è costituzionalmente accettabile in quanto ragionevole.

Indipendentemente dallo scrutinio di proporzionalità e ragionevolezza che la Corte compie nelle sentenze richiamate, secondo la Corte «l’eccessivo scollamento tra la volontà indicata dagli elettori e la composizione delle Camere indica che il voto espresso a favore del partito di maggioranza relativa ha avuto un peso ponderato ingiustificatamente superiore rispetto al voto espresso a vantaggio degli altri schieramenti»592, esprimendosi così compiutamente la valenza quantitativa dell’eguaglianza del voto che può essere limitata, evidentemente, quando il valore del voto è “giustificatamente superiore” per gli elettori della forza politica di maggioranza rispetto a tutti gli altri elettori.

Così come la dottrina, anche la Corte Costituzionale utilizza la questione della rappresentatività delle Assemblee elettive per rafforzare la propria decisione in tema di illegittimità costituzionale del sistema elettorale. Anche in tal caso il concetto di rappresentatività pare essere “costruito” sulle basi della proporzionalità del sistema elettorale. Attraverso un ragionamento consequenziale la Corte sembra ritenere che se il sistema adottato dal legislatore è proporzionale ma ha dei connotati che producono una diseguaglianza manifestatamente irragionevole, questa, oltre ad essere illegittima per violazione del principio di eguaglianza ex art. 48, è tale da produrre complessivamente un sistema parlamentare non rappresentativo593. Per la Consulta, infatti, le norme

introdotte dal legislatore «rovesciano la ratio della formula elettorale prescelta dallo

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