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L’elezione come momento di genesi della rappresentanza politica

Con il passaggio dallo Stato autoritario alla fase costituzionale democratica una prima questione da affrontare, di primaria importanza, nell’indagine del rapporto tra elezioni e rappresentanza, è quella di stabilire se l’elettività di un organo sia uno strumento necessario alla configurabilità della rappresentanza politica dello stesso, oppure se l’elezione sia solamente una delle possibili modalità con cui “formare” la rappresentanza politica. Di conseguenza, si deve stabilire anche se possa esservi uno Stato

148 C. ESPOSITO, La rappresentanza istituzionale, cit., p. 313. 149 C. ESPOSITO, Lo Stato e la Nazione italiana, cit. p. 475. 150 Ibidem.

151 C. ESPOSITO, La rappresentanza istituzionale, cit., p. 312. Come sottolinea L. PALADIN, Il

problema della rappresentanza nello Stato fascista, in ID., Saggi di storia costituzionale, Bologna, il Mulino, 2008, p. 67, lo stesso Esposito ragionando sul dettato dell’art. 2 dello Statuto Albertino («Lo Stato è retto da un Governo Monarchico Rappresentativo») riteneva, forse enfatizzando, che lo Statuto definisse rappresentativo tutto il sistema di governo stata

152 F. PERGOLESI, voce Rappresentanza politica, in Enciclopedia Italiana, II Appendice, v. XXIII,

rappresentativo e democratico in assenza di una Camera elettiva. Il dubbio che l’elezione di un organo sia funzionale alla genesi della rappresentanza è un elemento comune a tutta una serie di ricostruzioni teoriche che vanno ben al di là delle teorie che legittimavano lo Stato autoritario, e che si sono sviluppate sia nella fase storica dello Stato liberale153, sia in quella successiva dello Stato democratico154.

Il punto da cui partire è quello di chiedersi se è possibile parlare di rappresentanza politica in assenza di elezione. Parte della dottrina pur considerando necessaria, all’interno di una democrazia, la presenza di un organo legislativo collegiale direttamente eletto dal popolo, non ritiene che questo sia l’unico organo dotato di rappresentanza politica155, o comunque non ritiene che l’elezione sia l’unica fonte dalla quale possa nascere la rappresentanza politica156. La questione deve essere affrontata prendendo in considerazione i due termini dell’istituto: la rappresentanza, da un lato, e la politicità della stessa, dall’altro. Sul versante della rappresentanza, la questione viene talvolta affrontata

153 In tal senso si veda P. LABAND, Il diritto pubblico dell’impero germanico, cit., p. 401, il quale

sostiene che il Reichstag rappresenta il popolo così come lo rappresenta l’imperatore, l’unica differenza che «la designazione alla carica imperiale è sottratta a ogni determinazione di volontà umana». In senso analogo si vedano M. SIOTTO PINTOR, Le riforme del regime elettorale. La dottrina della rappresentanza politica e dell’elettorato, cit., p. 68; R. CARRÈ DE MALBERG, Contribution à la Théorie générale de l’État, vol. II, cit., p. 263 ss. In contrasto a questa dottrina si esprimeva G. JELLINEK, La dottrina generale del diritto e dello Stato, Giuffrè, Milano, 1949, p. 153 s., il quale offre una sintesi dettagliata delle posizioni dallo stesso contrastate: «il processo di formazione della rappresentanza popolare […] non ha affatto importanza per la natura di questa. Il membro di una Camera dei Signori nominato dalla Corona e il deputato proveniente dal suffragio universale sono per quella dottrina del tutto equivalenti: entrambi sono rappresentati del popolo intero». Sul punto S. ROMANO, Corso di diritto costituzionale, Cedam, Padova, 1943, p. 264, ritiene che l’elezione non è «né necessaria né sufficiente per fondare un rapporto di rappresentanza»; ID., Nozione e natura degli organi costituzionali dello Stato, Palermo, 1898, pp. 27 ss., dove l’Autore sostiene che la rappresentanza politica è da riconoscere a tutti gli organi dallo stesso identificati come «costituzionali» che sarebbero gli «organi cui è affidata l’attività diretta dello Stato». Contrari a questa visione dello Stato rappresentativo, quindi convinti che per poter così qualificare uno Stato fosse necessaria perlomeno l’esistenza di una Camera elettiva, indipendentemente però dalla circostanza che l’elezione fosse inscindibile alla rappresentanza, si esprimeva parte della dottrina tra la fine del 1800 e gli inizi del 1900, per esempio V. MICELI, Il concetto giuridico moderno della rappresentanza politica, cit., p. 224.

154 A tal proposito si vedano: P. BISCARETTI DI RUFFÌA, Lo Stato democratico moderno nella dottrina

e nella legislazione costituzionale, Giuffrè, Milano, 1946, p. 168 ss.; G.U. RESCIGNO, Alcune note sulla rappresentanza politica, in Politica del diritto, n. 4/1995, p. 550 ss. Contra, si veda, per tutti, C. J. FRIEDRICH, Governo costituzionale e democrazia, Vicenza, Neri Pozza, 1950, 381 ss.

155 In questo senso G.U. RESCIGNO, Alcune note sulla rappresentanza politica, cit., p. 550, il quale,

in un primo momento, ammette che «possa esistere rappresentanza politica senza elezione del rappresentante da parte del rappresentato», per poi specificare che «l’elezione [però] è il mezzo normale e più ragionevole per individuare il rappresentante» sottolineando infine come «non si può parlare di democrazia e quindi di rappresentanza democratica senza suffragio elettorale universale».

156 In questo senso sembra esprimersi P. BISCARETTI DI RUFFÌA, Lo Stato democratico moderno nella

dottrina e nella legislazione costituzionale, cit., p. 169, per il quale, «non è necessario né sufficiente che vi sia un’elezione perché si possa configurare […] una rappresentanza del popolo» ma (p. 171) «non si è fino ad ora rilevato alcun altro procedimento se non quello elettivo».

41 astrattamente, quasi psicologicamente, ritenendo che la rappresentanza vi sia quando un soggetto si sente rappresentante o se, guardando l’altro lato del rapporto, un soggetto si

sente rappresentato157. Questo aspetto, ovviamente, non può essere messo in discussione: da un punto di vista psicologico o sociologico infatti, un organo, anche lo stesso Parlamento, potrebbe essere addirittura più “rispecchiante” della diversificazione sociale qualora non elettivo158. Un soggetto (monocratico o collegiale che sia) può certamente essere considerato rappresentativo anche in assenza di un’elezione; quel che si deve analizzare è se questa tipologia di rappresentanza possa essere considerata una rappresentanza politica159.

Se è assodato che l’elezione possa non condurre sempre alla rappresentanza dell’organo160, è dubbio che lo stesso possa valere nel caso di inversione dei termini, ovverosia che possa esserci rappresentanza politica senza elezione. Questo perché l’aggettivo politica si riferisce «al livello in cui si esplica la rappresentanza»161 che può essere qualificata politica solo se l’organo rappresentativo sia dotato di potere politico, identificabile in un «potere di decidere in modo vincolante per tutti entro un determinato territorio»162. Questo potere deve derivare dal popolo, in quanto, anche se di dubbia

157 Cfr. G.U. RESCIGNO, Alcune note sulla rappresentanza politica, cit., p. 550.

158 Cfr. D. FISICHELLA, La rappresentanza politica: alcuni problemi concettuali, in AA. VV.,

Seminario su: Quale riforma della rappresentanza politica?, Giuffrè, Milano, 1985, p.43 s. In linea con questa posizione dottrinale possono essere inseriti gli studi sul sorteggio in campo politico, volti a considerare democratico lo strumento del sorteggio casuale di cittadini per la composizione di un’Assemblea legislativa. Sul tema si veda Y. SINTOMER, Tirage au sort et démocratie délibérative. Une piste pour renouveler la politique au XXIe siècle?, in J. ELSTER, A. LE PILLOUER (a cura di), A quoi servent les élections?, Paris, Presses Universitaires de France, 2013, pp. 73 ss.

159 Analoghe le conclusioni di D. FISICHELLA, Sul concetto di rappresentanza politica, in ID (a cura

di), La rappresentanza politica, Giuffrè, Milano, 1983, p. 11 ss., per il quale esiste rappresentanza senza elezione, però, nelle parole dell’autore non si fa mai riferimento alla rappresentanza politica, ma genericamente al termine di «rappresentanza». Nel senso di elezione come componente necessaria della rappresentanza politica si vedano S. FURLANI, voce Rappresentanza politica, in Novissimo digesto italiano, vol. XIV, UTET, Torino, 1967, p. 872, S. LABRIOLA, voce Rappresentanza, cit., p. 4829 s.

160 L’esempio classico, che generalmente viene proposto, è quello del Sommo Pontefice, il quale,

eletto da un collegio di Cardinali non ne è il rappresentante. Allo stesso modo l’elezione senza rappresentanza potrebbe essere ravvisata in quella quota di magistrati eletti al CSM dalla magistratura, ovvero dei giudici della Corte costituzionale, eletti sì, ma non rappresentativi del Parlamento, o ancora del Capo dello Stato che eletto dal Parlamento non ne è certamente un rappresentante. Sulla questione qui esaminata G. SARTORI, Sistemi rappresentativi, in ID., Democrazia e definizioni, Bologna, il Mulino, 1969, p. 358 s., ricorda che, nel corso della storia, vi sono numerosi esempi di cariche elettive non rappresentative del corpo elettorale dal quale sono eletti.

161 F. LANCHESTER, Introduzione. Sistema elettorale e strategia di riforma del sistema politico

italiano, in AA. VV., Seminario su: Quale riforma della rappresentanza politica?, Giuffrè, Milano, 1985, p. 3, il quale aggiunge che l’altro significato del termine “politica” riguarda la tipologia di rapporto che si instaura tra eletti ed elettori. Su questo secondo aspetto inerente la politicità della rappresentanza si veda infra (v. infra § 7.1).

qualificazione qualora esercitato per eleggere una carica monocratica163, deve giungere

dal soggetto detentore della sovranità popolare, in un’ottica di evoluzione della democrazia che «si è sempre caratterizzata per esigere l’attribuzione in esclusiva al

popolo, dapprima, e ai suoi rappresentanti poi, una sola funzione, la creazione del

diritto»164. Se manca quest’ultimo aspetto si è in presenza di un organo con potere politico-legislativo, ma non c’è più la rappresentanza politica, in quanto l’organo preposto alla decisione non sarebbe un rappresentante del soggetto principale al quale l’ordinamento affida il potere politico: il popolo.

Se si scinde la rappresentanza politica dall’elezione e si ritiene di conseguenza sufficiente che vi sia rappresentanza politica quando un soggetto genericamente si sente – o viene così qualificato dalle norme di diritto positivo165 – rappresentante, il rischio è

163 Sul punto si vedano le due contrapposte visioni di H. KELSEN, Chi dev’essere il custode della

Costituzione?, in ID., La giustizia costituzionale, Giuffrè, Milano, 2981, cit., 275 s., per il quale il presidente del Reich non è rappresentativo dell’unità popolare seppur elettivo, e di C. SCHMITT, Il custode della costituzione, Giuffrè, Milano, 1981, p. 240 ss., per il quale viceversa l’organo monocratico era l’espressione dell’unità del popolo che si configurava in un’unità dello Stato. Sulla questione della rappresentatività di un organo monocratico elettivo si veda L. CARLASSARE, Problemi attuali della rappresentanza politica, cit., 34, per la quale «un organo monocratico (anche se eletto) […] può essere forse genericamente rappresentativ[o] in particolare nell’ottica delle teorie «dell’integrazione» ma non mi sembra possa essere considerat[o] un rappresentante politico», e L. FERRAJOLI, Principia iuris. Teoria del diritto e della democrazia. 2. Teoria della democrazia, Bari, Laterza, 2007, p. 174, il quale considera «evidente» che l’organo monocratico non possa essere rappresentativo al pari del Parlamento poiché non può rappresentare il pluralismo della società ma, tuttalpiù, «la parte vincente nelle elezioni». Contra, tra gli altri, M. VOLPI, Crisi della rappresentanza e della partecipazione politica, in N. ZANON, F. BIONDI (a cura di), Percorsi e vicende attuali della rappresentanza e della responsabilità politica. Atti del convegno svoltosi a Milano, il 16-17 marzo 2000, Giuffrè, Milano, p. 125, il quale sostiene che anche un organo monocratico elettivo possa considerarsi rappresentativo poiché anche in questo caso il «principio pluralistico ha modo di manifestarsi nel corso della campagna elettorale e in occasione del voto popolare e dopo l’elezione il titolare della carica deve tentare di avere un consenso adeguato e non può non tener conto affatto dell’opinione di quelli che non lo hanno votato».

164 L. CARLASSARE, Sovranità popolare e stato di diritto, in S. LABRIOLA (a cura di), Valori e

principi dell’ordinamento repubblicano. II Sovranità e democrazia, Bari, Laterza, 2006, 132 s.. La creazione del diritto mediante rappresentanti starebbe quindi a indicare che la rappresentanza politica parlamentare è quello che viene definito l’unico possibile «surrogato della democrazia diretta» (L. FERRAJOLI, Principia iuris. Teoria del diritto e della democrazia. 2. Teoria della democrazia, cit., p. 172 s.).

165 In questo senso si pongono tutta una serie di studi volti a identificare la rappresentanza politica

di un organo con la rappresentanza legale, nel senso che la rappresentanza discende esclusivamente dalla circostanza che la Costituzione qualifichi un organo come rappresentativo. Sul punto si veda P. LABAND, Il diritto pubblico dell’impero germanico, cit. p. 398 ss., il quale ritiene, a tal proposito, che la Camera è rappresentativa ed è elettiva semplicemente perché è la Costituzione che impone queste caratteristiche, che potrebbero pertanto anche non esserci. Riteneva che la rappresentanza politica fosse una rappresentanza legale, e in quanto tale necessariamente elettiva perché cosi stabilito dalla legge, S. ROMANO, Principi di diritto costituzionale generale, Giuffrè, Milano, 1947, p. 167 s. Parzialmente simili le conclusioni di P. BISCARETTI DI RUFFÌA, Lo Stato democratico moderno nella dottrina e nella legislazione costituzionale, cit., p. 169, per il quale la rappresentanza è da qualificarsi come legale perché deve semplicemente «ricollegarsi […] alle disposizioni contenute nella legge».

43 quello di legittimare ed indentificare uno Stato come rappresentativo anche laddove autoritario o governato da un solo soggetto al centro del potere politico166. Dovrebbe essere tenuto distinto il piano della rappresentanza politica da quello della rappresentatività di un organo, intesa, quest’ultima, come «adesione di sentimento […] nella consonanza che si viene a stabilire fra governanti e governati»167, che «se sciss[a] dall’elezione e dal rapporto con i rappresentanti […] è fuori dalla democrazia»168 e che, viceversa, è certamente concetto estendibile anche nei confronti, ad esempio, di un monarca assoluto e non elettivo.

Stabilito che per parlare di rappresentanza politica è necessaria l’elezione, non resta che cercare di determinare il significato da attribuire alla rappresentanza in capo ad organi diversi dal Parlamento. Dal punto di vista delle disposizioni costituzionali positive, infatti, non sono solamente i soggetti che compongono l’organo parlamentare ad essere qualificati come rappresentanti. Nella Costituzione italiana il Capo dello Stato

rappresenta «l’unità nazionale», così come nella Costituzione francese del 1791 lo era il

Re che, accanto all’Assemblea, era definito come organo rappresentativo della Nazione. La rappresentanza cui è chiamato il Capo dello Stato è però diversa da quella a cui è chiamato l’organo parlamentare. Da un primo punto di vista si potrebbe sostenere che la rappresentanza del Presidente della Repubblica sia una rappresentanza che non abbia a che fare con il popolo né direttamente né indirettamente169, in quanto per l’appunto non

166 Il riferimento va ovviamente a C. SCHMITT, Dottrina della Costituzione, Giuffrè, Milano, 1984,

p. 271, per il quale lo Stato è sempre rappresentativo «poiché non c’è nessun Stato senza forma di Stato e alla forma attiene essenzialmente la rappresentanza dell’unità politica». Più in generale, non ritenere necessaria l’elettività di un organo per poterlo considerare rappresentativo, rischia di legittimare tutta una serie di teorie che disconoscono il collegamento tra elezione e rappresentanza politica parlamentare.

167 Cosi T. MARTINES, Diritto Costituzionale, (a cura di G. SILVESTRI), Giuffrè, Milano, 2012, p.

150.

168 L. CARLASSARE, Problemi attuali della rappresentanza politica, cit. p. 28, la quale ritiene inoltre

che possa esserci rappresentatività in assenza di elezione.

169 Anche se la Corte costituzionale, nella sent. n. 95 del 1968, ha qualificato il Capo dello Stato

come organo elettivo di secondo grado. Sulla sentenza qui richiamata si vedano le aspre critiche di L. ELIA, Una formula equivoca. L’elezione indiretta del Presidente della Repubblica, in Giurisprudenza costituzionale, 1958, p. 1530 ss., il quale ritiene che la Corte male abbia fatto a qualificare l’elezione del Presidente della Repubblica come elezione di secondo grado. Secondo l’Autore infatti, la circostanza per la quale il Capo dello Stato è eletto dal Parlamento non comporta nessun legame con “il Popolo-corpo elettorale”. Secondo l’Autore i si può parlare di elezione di secondo grado solo laddove l’atto elettorale sia compiuto da un’Assemblea elettiva formata esclusivamente per compiere un’elezione. Viceversa si può parlare di elezione indiretta quando l’atto elettorale è compiuto da «corpi o assemblee a loro volte elettive (ma per fini che trascendono l’atto di elezioni che questi compiono». Questa seconda categoria di elezione non ricollegherebbe però il popolo al Capo dello Stato poiché l’elezione indiretta è uno strumento che attiene «attiene più alla legittimazione degli elettori che al procedimento elettorale».

elettivo170. La rappresentanza del Presidente della Repubblica è diversa anche per le

funzioni, non politiche, svolte dallo stesso e quindi, anche quando si parli di rappresentanza, questa non può essere certamente ritenuta una rappresentanza assimilabile a quella dell’organo parlamentare, perché è assente la politicità della rappresentanza171. Forse, però, l’elemento caratterizzante per sostenere che la rappresentanza del Capo dello Stato è ontologicamente diversa da quella del Parlamento non sta tanto nelle funzioni esercitate dallo stesso o nella circostanza di non essere direttamente elettivo, ma nell’essere, questa sì, una pura e semplice rappresentanza “situazione”, in cui non vi è nessun rapporto tra rappresentato e rappresentante, quindi non è possibile qualificare tale rappresentanza come politica, poiché se il «rapporto […] si elimina, di rappresentanza politica non si può parlare»172.

La rappresentanza del Parlamento è, in qualche modo, diversa e «privilegiata rispetto a quella degli altri organi costituzionali»173, poiché anche qualora si vogliano definire come rappresentativi altri organi dello Stato, questi sono privi di una rappresentanza politica, che in uno Stato democratico non può che essere riferita ad un’Assemblea collegiale.

7. Il passaggio dallo Stato liberale allo Stato costituzionale democratico. La

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