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Una visione problematica: la mancata individuazione del soggetto rappresentato.

4. La dottrina maggioritaria sulla rappresentanza nell’epoca liberale

4.4. Una visione problematica: la mancata individuazione del soggetto rappresentato.

Dalla ricostruzione svolta in precedenza sembra emergere che gli studi sulla rappresentanza politica di matrice liberale siano contraddistinti da un’esclusiva concentrazione sul ruolo che deve ricoprire il rappresentante, mentre viene lasciato sullo sfondo il ruolo del rappresentato. Se da un lato sembra esserci una certezza sul ruolo che deve ricoprire il rappresentante, quale interprete unico e libero della volontà generale, dall’altro, non viene mai preso in considerazione il rappresentato. In questa concezione della rappresentanza quello che dovrebbe essere il rappresentato (l’elettore) funge eminentemente da soggetto che “sceglie”137 il parlamentare, per poi scomparire nel corso della legislatura. A questo riguardo è stato sostenuto che «la proposizione che designa l’eletto come rappresentante dell’intiera nazione» e – aggiungiamo noi – l’interpretazione ad esso data dalla dottrina, «non ha e non può avere che un senso negativo: significa cioè

133 V.E. ORLANDO, Del fondamento giuridico della rappresentanza politica, cit., p. 440. L. ROSSI,

Natura giuridica del diritto elettorale politico, in Scritti vari di diritto pubblico, Milano, 1941, p. 49. S. ROMANO, Diritti pubblici subiettivi, Milano, SEL, 1900, p. 200.

134 Sul punto si veda G. G. BLUNTSCHLI, La politica come scienza, Vallardi, Napoli, 1879, p. 346, il

quale, coerentemente con la dottrina tedesca della sovranità dello Stato, ritiene che «il diritto elettorale è nello Stato e per i fini dello Stato, non è un diritto umano naturale bensì politico derivante dallo Stato e a questo inserviente».

135 In questo senso si vedano le parole di L. DUGUIT, Traité de droit consitutionnel, vol. II, Paris,

1928, p. 525, per il quale l’elettore è sia titolare di un diritto che di una funzione, e «la conséquence principale qui résulte de ce que l'électorat est une fonction, c'est que l'électeur est obligé de voter comme tout fonctionnaire est obligé de remplir la fonction dont il est investi».

136 Cfr. F. LANCHESTER, La rappresentanza in campo politico, cit., p. 48.

137 Nell’ottica liberale infatti è più opportuno parlare di scelta piuttosto che di elezione, come

d’altronde prevedeva espressamente l’art. 39 dello Statuto Albertino: «La Camera elettiva è composta di Deputati scelti dai Collegii Elettorali conformemente alla legge».

37 che esso non rappresenta i propri elettori»138. Queste posizioni dottrinali, apparentemente,

risolvono l’assenza del rappresentato identificandolo talora in tutto il Popolo, talora nella Nazione, ma mai assegnando il titolo di rappresentato all’elettore139 che ha conferito il titolo di legittimazione al rappresentante per sedere in Parlamento140. Le conclusioni di tutti gli Autori sono infatti pressoché le medesime: indipendentemente dal fatto che gli stessi riconducano la sovranità allo Stato141, alla Nazione142 ovvero venga proposta una costruzione teorica più complessa, al popolo non viene riconosciuta la sovranità143, ma è considerato – al pari di molti altri – un organo dello Stato.

L’esclusione di un rapporto rappresentativo, di carattere politico, che unisca eletti

138 Così M. SIOTTO PINTOR, Le riforme del regime elettorale. La dottrina della rappresentanza

politica e dell’elettorato, cit., p. 66.

139 A tal proposito G. LEIBHOLZ, La rappresentazione nella democrazia, cit., p. 71, ritiene che la

rappresentanza abbia una struttura spirituale poiché «è certo […] che il rappresentato non può diventare nuovamente percepibile in modo oggettivo e concreto nel rappresentante».

140 Che la rappresentanza politica fosse in realtà un’astrazione si riversava, per alcuni, anche sulla

mancata valorizzazione del singolo rappresentante. Per esempio durante il periodo costituente francese, veniva osservato criticamente che ci si limitasse a concentrarsi sui «rappresentanti che, tutti insieme, rappresentano il popolo; ma non [viene riconosciuto] il rappresentante in quanto tale. Ci sono dei rappresentanti e non un rappresentante» (P.L. ROEDERAR, Abus d’un mot à l’aide dunquel on a fait d’orribles choses, in Journal de Paris, 15 gennaio 1797, citato da P. ROSANVALLON, Il popolo introvabile, cit., p. 47). Questa potrebbe una diretta conseguenza della mancanza del “rappresentato”, infatti, se ogni singolo rappresentante rappresenta l’unità della Nazione perde di significato il valore del singolo rappresentante. Sul rapporto tra rappresentanza e legittimazione del potere si veda S. LABRIOLA, voce Rappresentanza, in S. CASSESE (a cura di), Dizionario di Diritto Pubblico, vol. V, Milano, Giuffrè, 2006, p. 4828 s.

141 Oltre alla posizione di P. LABAND, Il diritto pubblico dell’impero germanico, cit., si veda anche

C. F. GERBER, Diritto pubblico, Giuffrè, Milano, 1971. Per un’analisi circa il dogma della sovranità dello Stato nella giuspubblicistica tedesca di fine ‘800 si veda H. HELLER, La sovranità. Contributo alla teoria del diritto e dello Stato e del diritto internazionale, in ID., La sovranità dello Stato e altri scritti sulla dottrina del diritto e dello Stato, Giuffrè, Milano, 1987.

142 R. CARRE DE MALBERG, Contribution à la Théorie générale de l’Etat, vol. II, cit., 187 e 356 ss.

In senso analogo L. DUGUIT, Traité de droit constitutionnel, vol. II, cit., p. 644, il quale intravede nel Parlamento il soggetto giuridico incaricato «d'exercer cette souveraineté au nom de la nation tout entière». Da notare come, secondo C. MORTATI, La rilevanza giuridica del concetto di nazione, in Raccolta di scritti, vol. IV, Giuffrè, Milano, 1972, 558, la posizione adottata dai costituzionalisti francesi comporta che la sovranità della Nazione si risolva sostanzialmente in una sovranità dello Stato. In senso parzialmente analogo a Mortati si veda P. CARROZZA, voce Nazione, in Digesto di discipline pubblicistiche, v. X, UTET, Torino, 1999, p. 128, il quale sottolinea come «l’idea di sovranità della nazione […] ha progressivamente lasciato il campo all’idea di sovranità dello stato». Per un commento critico alla dottrina qui richiamata si veda C. MORTATI, Art. 1, in G. BRANCA (a cura di), Commentario alla Costituzione. Art. 1-12. Principi fondamentali, Bologna, Zanichelli, 1975, p. 25 s. L’idea della sovranità nazionale di matrice francese alla quale si ricollega la teoria della rappresentanza, aveva trovato un seguito anche nell’Italia post-unitaria. Tra gli altri si veda A. PIERANTONI, Trattato di diritto costituzionale, Marghieri, Napoli, 1873, p. 345 s., per il quale «la rappresentanza è la sovranità nazionale» intesa come «popolo nella sua unità morale».

143 Sul punto basti rimandare alle aspre critiche mosse da V. E. ORLANDO, Del fondamento giuridico

della rappresentanza politica, cit. p. 433 ss., nei confronti della assai minoritaria dottrina della sovranità popolare. Sulla distinzione nel pensiero della giuspubblicistica di fine XVIX secolo, tra sovranità nazionale, statale e popolare si veda G. B. RESCIGNO, voce Sovranità, in Il Digesto Italiano, vol. XXII, UTET, Torino, 1898, p. 227 ss.

ed elettori è quindi intimamente collegato alla concezione di sovranità che, non essendo affidata al popolo, fa del popolo il soggetto “da rappresentare” e non il soggetto della rappresentanza. Dalla mancata assegnazione della sovranità al popolo discende che il ruolo dell’elettore si esaurisce nella legittimazione del potere che consente «ad un élite di governare indisturbata»144, ed è questa élite “governante” l’unica che per la dottrina maggioritaria nell’epoca liberale “esiste” giuridicamente.

5. La rappresentanza istituzionale. La rappresentanza nella fase dello Stato

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