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I parametri demografici per la determinazione dei confini dei colleg

ED ESIGENZE DI RACCORDO TRA ELETTI ED ELETTORI LA DELIMITAZIONE DEI COLLEGI ELETTORAL

3. Le modalità per attuare l’eguale distribuzione della rappresentanza

3.2. I parametri demografici per la determinazione dei confini dei colleg

I parametri demografici che possono essere adottati dal legislatore per suddividere gli elettori in collegi elettorali, al fine di eleggere i propri rappresentati parlamentari, sono di varia natura e possono essere ripartiti in due macro categorie. Il discrimine tra le due varianti si fonda sul fatto che il criterio prescelto venga applicato in una fase precedente o successiva al momento concreto di svolgimento delle operazioni elettorali.

Un primo raggruppamento di criteri demografici ricomprende l’utilizzo della popolazione residente, dei cittadini residenti, degli iscritti alle liste elettorali o del numero dei votanti alle precedenti elezioni, che sono tutti canoni utilizzabili per determinare ex-

ante, prima dello svolgimento delle operazioni elettorali, il “costo” teorico di un seggio.

Al criterio della popolazione si informano la maggior parte degli Stati, tra cui il nostro, che all’art. 56, quarto comma, della Costituzione, prevede che la ripartizione dei seggi assegnati nel territorio nazionale avvenga proporzionalmente sulla base della popolazione residente tra le circoscrizioni304. L’impiego del canone della popolazione è stato spesso criticato dalla dottrina, in particolare quando si è voluto affermare che l’eguaglianza tra gli elettori debba essere riferita e valutata sulla base del “costo” effettivo di un singolo seggio parlamentare. Utilizzare il criterio della popolazione acuirebbe, infatti, la distanza tra il numero di voti necessari per ottenere un seggio parlamentare in quei collegi in cui si presenta un elevato tasso d’astensionismo, rispetto ai collegi ad alto tasso di partecipazione elettorale, poiché nei primi «i seggi finiscono per “costare” in termini di voti validi – assai meno di quanto non accada in quelli con forte

304 Per quanto riguarda i collegi elettorali riservati alle circoscrizioni estero, che deroga al principio

partecipazione»305. Per ovviare a questo inconveniente taluno ha proposto, per l’appunto,

di distribuire i seggi sulla base dei voti validi delle elezioni precedenti306. In questo modo vengono certamente stigmatizzati gli effetti dell’astensionismo, ma è comunque una modalità attraverso cui vengono ingiustamente “puniti”, in termini rappresentativi, coloro i quali invece esercitano il proprio diritto di voto in quel collegio307. Sarebbe comunque illusorio pensare che attraverso questa modalità di distribuzione dei seggi si riesca a garantire un medesimo “costo” del seggio effettivo in ogni collegio. Se in un collegio, nella precedente elezione, vi è stata infatti un’alta percentuale di astensionismo (dato utilizzato per distribuire i seggi), ma nell’elezione successiva si registra un aumento del numero di votanti, potrebbe darsi che alla conclusione delle operazioni elettorali vi sia un numero maggiore di votanti rispetto al numero utilizzato per determinare la quantità di seggi da assegnare a quel collegio (nel caso di collegio plurinominale) o rispetto al parametro utilizzato per disegnare il collegio uninominale. Al verificarsi di tale ipotesi gli elettori risulteranno essere sottorappresentati, poiché il numero di seggi ad essi assegnati è inferiore a quanto dovrebbe loro spettare in base al numero dei votanti nell’elezione stessa.

Se questa specifica critica mossa alla distribuzione dei seggi parlamentari effettuata sulla base del criterio demografico della popolazione non sembra del tutto convincente, l’utilizzo del criterio della popolazione residente non è però del tutto privo di problematicità. Questo parametro rischia, infatti, di produrre un’ineguaglianza tra gli elettori dovuta al diverso numero dei residenti nel collegio privi del diritto politico di elettorato attivo. La stretta connessione tra principio di eguaglianza e popolazione residente308 sembra implicare un’idea di rappresentanza politica virtuale, poiché, in questo modo «i residenti non votanti, capaci di aumentare la rappresentanza di quelle circoscrizioni in cui risiedono, debbano considerarsi “virtualmente” rappresentati dagli elettori votanti in quella circoscrizione»309, senza che sia tutelata l’eguaglianza tra coloro

che possono partecipare attivamente al circuito rappresentativo (rappresentanza-

305 M. LUCIANI, Il voto e la democrazia, cit., p. 43.

306 Come ipotizzato da G. PASQUINO, Restituire lo scettro al principe, Laterza, Bari, 1986, p .46. 307 Cfr. M. LUCIANI, Il voto e la democrazia, cit., p. 43.

308 Che secondo L. TRUCCO, Democrazie elettorali e stato costituzionale, cit., p. 149, deriverebbe,

nel nostro ordinamento, dall’«idea che la sovranità popolare implichi la necessità di riferire per qualche via […] la rappresentatività degli eletti all’intero corpo sovrano e non solo al corpo elettorale».

85 responsabilità): gli elettori310. Sarebbe preferibile da questo punto di vista, de iure

condendo, l’utilizzo del criterio dei cittadini residenti311, con l’esclusione dello straniero e dell’apolide, oppure l’impiego del parametro che tenga conto esclusivamente del numero degli iscritti alle liste elettorali312, in modo tale da poter porre le basi ad una vera e propria eguaglianza tra elettori. In conclusione, si può ragionevolmente sostenere che sono solo i detentori del diritto politico a essere tutelati dal principio di eguaglianza in materia elettorale, indipendentemente dalla circostanza che questi esercitino o meno il proprio diritto di voto.

Per provare a dare concretezza a queste considerazioni, si ponga come esempio la legislazione elettorale per la Camera dei deputati prevista dalla legge n. 52/2015, ai sensi della quale i seggi sono distribuiti tra 20 circoscrizioni elettorali coincidenti con i territori regionali. Come si può notare dalla successiva tabella, nella quale si compara il costo dei seggi con l’utilizzo del criterio della popolazione e con quello degli iscritti alle liste elettorali313, qualora si adottasse il criterio degli iscritti alle liste elettorali la differenza del “costo” del seggio nelle circoscrizioni si dilaterebbe notevolmente rispetto all’utilizzo del parametro della popolazione residente.

310 Non condivide compiutamente questa osservazione A. RUSSO, Apportionment e voto eguale, cit.,

p. 11 s., il quale ritiene che una rappresentanza così concepita sia estranea alla rappresentanza politica, nella quale «possono operare in maniera incisiva anche quei cittadini che non esercitano i diritti politici e, del pari, gli stranieri e gli apolidi». Si concorda con l’Autore quando si riferisce ai cittadini che non esercitano il diritto politico anche perché, se come abbiamo cercato di dimostrare nel capitolo precedente, il concetto generale di rappresentanza politica è costituito anche dal fattore della responsabilità del rappresentante, questi “rappresenta” in senso lato anche il non votante, che può però far valere la responsabilità nella successiva elezione. Viceversa, questa possibilità è del tutto preclusa a colui che non ha il potere di esercitare il diritto di voto ed è quindi estromesso dal circuito rappresentativo-elettorale.

311 Come nel caso della Costituzione austriaca, dove all’art. 26, comma due, psi revede che «Il

numero dei deputati è ripartito tra gli aventi diritto al voto nelle circoscrizioni (corpo elettorale) in rapporto al numero dei cittadini residenti in ciascuna circoscrizione, in base al risultato dell'ultimo censimento, aumentato del numero dei cittadini che alla data del censimento non avevano la residenza nel territorio federale, ma che erano iscritti nelle liste elettorali di un Comune della rispettiva circoscrizione; allo stesso modo viene ripartito nelle circoscrizioni regionali il numero dei deputati attribuito ad una circoscrizione elettorale».

312 In questo senso si veda l’art. 149, comma 2, della Costituzione portoghese: «Il numero dei

Deputati per ciascuna circoscrizione plurinominale del territorio nazionale, eccettuata la circoscrizione nazionale, quando esista, è proporzionale al numero dei cittadini elettori in esse iscritti». Nello stesso modo, l’utilizzo del numero degli iscritti alle liste elettorali è previsto nel Regno unito per la determinazione dei collegi uninominali per l’elezione della House of Commons (infra § 4.2).

313 I dati della popolazione residente sono ricavati dal censimento generale del 2011. I dati sul

numero degli iscritti alle liste elettorali sono ricavati dal Documento “2011 Elettori e Sezioni. Popolazione elettorale”, a cura del Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali (Direzione Centrale dei Servizi Elettorali) del Ministero dell’Interno, e tiene conto del numero iscritti alle liste elettorali al 31 dicembre 2011. La distribuzione dei seggi è stata calcolata, in entrambe i casi, con il metodo del divisore e dei più alti resti, come stabilito dall’art. 56 Cost.

Tabella n. 1. Distribuzione dei seggi tra le circoscrizioni previste dalla legge n. 52/2015 sulla base della popolazione residente e degli elettori residenti

Circoscrizione Popolazione

(2011) Seggi totali seggio Costo Elettori (2011) Seggi totali seggio Costo Piemonte 4.363.916 46 94.867 3.578.706 47 77.797 Valle d’Aosta 126.806 1 126.806 100.822 1 100.822 Lombardia 9.704.151 101 96.080 7.496.092 97 74.218 Trentino A.A 1.039.475 11 94.497 777.103 10 70.645 Veneto 4.857.210 51 95.239 3.744.247 49 73.416 Friuli 1.218.985 13 93.768 975.046 13 75.003 Liguria 1.570.694 16 98.168 1.297.440 17 81.090 Emilia 4.342.135 45 96.491 3.363.948 44 74.754 Toscana 3.672.202 38 96.636 2.914.861 38 76.706 Umbria 884.268 9 98.252 691.111 9 76.790 Marche 1.541.319 16 96.332 1.209.477 16 75.592 Lazio 5.502.886 57 96.541 4.454.401 58 78.147 Abruzzo 1.307.309 14 93.379 1.077.582 14 76.970 Molise 313.660 3 104.553 266.059 3 88.686 Campania 5.766.810 60 96.113 4.642.816 60 77.380 Puglia 4.052.566 42 96.489 3.328.505 43 79.250 Basilicata 578.036 6 96.339 482.685 6 80.447 Calabria 1.959.050 20 97.952 1.601.653 21 80.082 Sicilia 5.002.904 52 96.209 4.113.674 54 79.109 Sardegna 1.639.362 17 96.433 1.402.919 18 82.524 Totale 59.433.744 618 96.171 47.519.147 618 78.971 Dalla simulazione si può notare, in particolare, che vi sarebbe un non marginale decremento di seggi assegnati in alcune circoscrizioni. Per esempio la circoscrizione “Lombardia” passerebbe dai 101 seggi, che gli appartengono in base alla popolazione residente a seguito del censimento del 2011, ai 97 seggi cui avrebbe diritto se si adottasse il criterio degli iscritti alle liste elettorali dello stesso anno, a causa, con ogni probabilità, dell’elevato tasso di immigrazione presente in quella Regione314.

Questi dati dimostrano che in alcune circoscrizioni i cittadini dotati di diritto di elettorato attivo sono sovrarappresentati in forza del “popolo non elettorale” presente nel territorio, a discapito di quei territori che presentato un numero di residenti non elettori

314 Per quanto attiene alla distribuzione nei collegi plurinominali o uninominali che non

rappresentano sempre, e in ogni caso, un’unica entità amministrativa preesistente – ad esempio la provincia – non si possono fare ovviamente delle comparazioni realistiche, poiché al mutare del parametro di riferimento cambierebbe, di conseguenza, la conformazione del collegio elettorale.

87 poco significativo315. Questa constatazione porta a concludere che se si volesse garantire

effettivamente una eguale distribuzione della rappresentanza, presupposto per un’eguale valenza del voto, il criterio più confacente dovrebbe essere proprio quello dell’iscrizione alle liste elettorali, in modo tale che l’eguaglianza sia riferita espressamente a coloro i quali possono esercitare il diritto di voto316.

Un’ulteriore problematica che viene in luce, quale che sia il criterio demografico adottato, è relativa al momento in cui il parametro viene effettivamente rilevato. L’eguaglianza degli elettori deve essere garantita attraverso una ridistribuzione dei seggi

315 La problematica viene segnalata anche da A. ROUX, P. TERNEYRE, Principio d’eguaglianza e

diritto di voto, cit., p. 405, che alla nota 94 (p. 436) riportano alcuni esempi emblematici di differenza tra popolazione residente e iscritti alle liste elettorali nei collegi per l’elezione parlamentare francese: vi sono collegi in cui solo la metà della popolazione residente è iscritta alle liste elettorali, e collegi in cui vi sono più elettori iscritti che abitanti censiti.

316 Sul punto si è espressa anche la Supreme Court degli Stati Uniti. Nella sentenza Burns v.

Richardson del 1966 (384 U.S. 73) la Corte ha ritenuto conforme all’Equal Protection Clause la distribuzione dei seggi per l’elezione del Parlamento Hawaiano sulla base degli elettori iscritti alle liste elettorali. Se nella sentenza la Corte sembra considerare legittima la suddivisione sulla base dell’iscrizione alle liste elettorali data la peculiare situazione del territorio hawaiano (composto da una consistente popolazione “non elettorale” a causa dell’elevato numero di militari), la Corte ritiene questa suddivisione legittima solamente perché «on this record it was found to have produced a distribution of legislators not substantially different from that which would have resulted from the use of a permissible population basis» (384 U.S. 93). Infatti, a seguito del censimento del 1980, il tribunale dello Stato (U.S District Court for the District of Hawaii) ha invalidato tale tipologia di distribuzione nel caso Travis v. King (1982) proprio perché dopo il censimento si sarebbe avuta una diversa distribuzione dei seggi se si fosse adottato il criterio della popolazione residente. Sulla sentenza Burns v. Richardson si vedano M. DIMINO, B SMITH, M. SOLIMINE, Voting Rights and Election Law, LexisNexis, New York, 2010, p. 284. Sul caso delle Hawaii si vedano M. MAY, G. MONCRIEF, Reapportionment and Redistricting in the West, in G. MONCRIEF (a cura di), Reapportionment and Redistricting in the West, Lexington books, New York, 2011, p. 47. Sulla sentenza della Corte distrettuale hawaiana si veda A. LEE, A. LEE, The Hawaii State Constitution, Oxford University Press, New York, 2011, p. 109. In una recente sentenza, la Corte sembra aver sembra lasciato aperta la possibilità di utilizzare un altro criterio, quale l’iscrizione alle liste elettorali. Nel caso Evenwel v. Abbott del 2016, la Corte ha infatti affermato che «this Court has never required jurisdictions to use multiple population baselines». I ricorrenti ritenevano che il proprio voto sarebbe stato “diluito” rispetto a quello degli elettori dei collegi elettorali in cui vi era un elevato tasso di residenti senza diritto di voto (cfr. S. V. MAZIE, American Justice 2015: The Dramatic Tenth Term of the Roberts Court, University of Pennsylvania Press, Philadelphia, 2015, p. 155 s.). La Corte, nel respingere le richieste dei ricorrenti, lascia intendere che l’utilizzo del parametro della popolazione o degli iscritti alle liste elettorali sia nella completa discrezionalità del legislatore poiché in entrambe i casi non ci sarebbe violazione del principio “one man, one vote”. Sulla sentenza in esame si veda C. P. BANKS, The State and Federal Courts. A Complete Guide to History, Powers, and Controversy, ABC-CLIO, Santa Barbara, 2017, p. 450. La diffidenza degli organi giurisdizionali ad avvalorare la legittimità della suddivisione collegiale sulla base degli iscritti alle liste elettorali potrebbe essere, nel caso degli Stati Uniti, una diretta conseguenza del fatto che il numero degli iscritti alle liste elettorali non coincide con il numero di chi effettivamente gode del diritto politico di elettorato attivo, in quanto l’iscrizione alla lista elettorale avviene su base volontaria. Sulla problematica della registrazione volontaria degli elettori si vedano R. M. ALVAREZ, T. E. HALL, Resolving Voter Registration Problems: Making Registration Easier, Less Costly, and More Acurate, in R. M. ALVAREZ, B GROFMAN (a cura di), Election Administration in the United States, Cambridge University Press, New York, 2014, p. 186 ss., i quali riferiscono (p. 189) che nel 2008 erano 60 milioni i cittadini statunitensi titolari del diritto di voto ma non iscritti alle liste elettorali.

in tempi che non siano troppo lontani rispetto all’effettivo momento in cui si svolgono le elezioni. Nel nostro ordinamento si prevede che la distribuzione dei seggi debba avvenire a seguito del censimento generale che si tiene ogni dieci anni317. Tra la distribuzione dei seggi e le votazioni può intercorrere un lasso di tempo anche molto significativo nel quale è alta la probabilità che sia intervenuto un massiccio mutamento della condizione demografica all’interno del territorio statale318, con il rischio di assegnare ai collegi un numero di seggi non commisurato alla popolazione (o agli elettori) effettivamente residente. In questo modo, però, è cospicuo il pericolo di imprimere all’eguaglianza un significato meramente formale che non si trasmette al momento elettivo. Per evitare che il semplice trascorrere del tempo possa rendere l’eguaglianza tra gli elettori un’utopia, sarebbe del tutto opportuno poter adempiere alla distribuzione dei seggi sulla base di un dato rilevato in un momento quanto più possibile prossimo alla data dell’elezione, come ad esempio l’utilizzo dei dati disponibili nei Comuni sulla popolazione residente319 ovvero degli iscritti alle liste elettorale del Comune stesso.

La seconda tipologia di criterio demografico, integralmente diversa nelle modalità applicative rispetto a quelli affrontati in precedenza, è quella di utilizzare un parametro per la distribuzione dei seggi che venga a concretizzatasi solo in un momento successivo al compimento dell’atto elettivo. I criteri, in questo caso, sono essenzialmente due: o la distribuzione avviene sulla base dei voti validi oppure sulla base dei votanti320. L’utilizzo

di questi parametri ha il pregio di neutralizzare le infauste conseguenze prodotte dal

317 La stessa tempistica è prevista, per esempio, per la distribuzione dei seggi tra gli Stati negli Stati

Uniti (v. infra § 4.1).

318 In tal senso si possono vedere le critiche rivolte da L. PRETI, Diritto elettorale politico, cit., p.

224, alla ridistribuzione dei seggi tra le circoscrizioni a ogni censimento generale della popolazione che si teneva ogni 10 anni. Secondo l’Autore questo metodo «rischia di assegnare alle circoscrizioni […] un numero di seggi non bene commisurato alla popolazione residente», e propone che sarebbe opportuno utilizzare il dato presentato dall’istituto di statistica che viene aggiornato ogni anno. Va notato, comunque, che l’Autore scrive in un momento in cui la ridistribuzione sulla base del censimento decennale non era prevista dalla Costituzione. In senso analogo, dopo la costituzionalizzazione della revisione della distribuzione dei seggi nei collegi elettorali a seguito del censimento, si veda M. LUCIANI, Il voto e la democrazia, cit., p. 41.

319 Questo metodo è ovviamente di celere applicazione quando i collegi plurinominali sono

insensibili, nella loro conformazione, all’andamento demografico. Diversamente, sarebbe comunque più oneroso per lo Stato dover ridisegnare i collegi, per esempio quando uninominali, alle porte delle elezioni, poiché questa attività oltre a impegnare del tempo considerevole, potrebbe essere foriera di un eccessivo scontro politico proprio alla vigilia della tornata elettorale. Sulle problematiche relative al disegno dei collegi elettorali si veda infra nei prossimi paragrafi.

320 Sembrano essere favorevoli all’attuazione di questo meccanismo B. CARAVITA, M. LUCIANI,

Oltre la democrazia bloccata: ipotesi sui meccanismi elettorali, in Democrazia e diritto, n. 6/1982, pp. 96 ss.

89 diverso tasso di astensionismo nei collegi321. In particolare, l’impiego del numero di voti

validi è in grado di «garantire una sostanziale uniformità nel costo-seggio fra circoscrizione e circoscrizione»322, ma non per questo risulta esente da critiche.

Innanzitutto questo è un sistema eccessivamente punitivo per quei territori ad alto astensionismo323 e, in secondo luogo, è un metodo di complessa applicazione “pratica”. L’utilizzo di un dato che è disponibile solo al termine delle operazioni elettorali rende, infatti, problematica tutta una serie di attività che devono essere svolte nella fase pre- elettorale324. In particolare, sarebbe complesso disegnare materialmente i collegi elettorali poiché non si ha nessun riferimento numerico sulla base del quale fare tale suddivisione, sino al momento dell’effettivo svolgimento dell’atto elettorale325. Se si guarda all’esperienza di altri Stati, l’unico esempio in cui si ritrova l’utilizzo di questo parametro è nella legislazione elettorale proporzionale adottata durante la Repubblica di Weimar. In quel caso, il legislatore aveva stabilito che un seggio fosse attribuito ogni 60.000 voti ottenuti (o frazione superiore a 30.000)326, anche a fronte di una suddivisione del territorio in 35 collegi elettorali (Wahlkreise), combinati poi in altri 17 collegi (Wahlkreisverbände) e in un collegio unico nazionale costituiti con lo scopo di utilizzare i voti residuali (Reststimmen)327. L’elettore votava, ovviamente, a livello del Wahlkreise, dove i

321 Sull’effetto dell’astensionismo sulla distribuzione dei seggi si veda S. FURLANI, L’astensionismo

e i suoi effetti sui risultati elettorali, in Nuovi studi politici, n. 2/1984, p. 79 ss.

322 A. RUSSO, Apportionment e voto eguale, cit., p. 11, il quale ricorda che con questo metodo «le

differenziazioni nel rapporto voto-seggio potranno essere indotte soltanto da quell’alea che ogni metodo matematico di ripartizione comporta (non esistendone alcuno in grado di assicurare una proporzione perfetta)».

323 Cfr. L. TRUCCO, Democrazie elettorali e stato costituzionale, cit., p. 152.

324 Senza considerare poi che, ovviamente, per poter adottare una tale regola servirebbe anzitutto

che l’Assemblea rappresentativa fosse composta da un numero variabile di membri.

325 Sulla tematica si veda L. SPADACINI, L’Italicum di fronte al comma 4 dell’art. 56 Cost, cit., p. 22

s., nota 65, il quale evidenzia una serie di problematiche che emergerebbero se si dovesse adottare un criterio ex-post. Secondo l’Autore, infatti, «i votanti ed i voti validi emergono solo successivamente alle votazioni, mentre l’attribuzione dei seggi è generalmente richiesta prima che esse si svolgano (ad esempio dal numero dei seggi di ciascuna circoscrizione dipende la lunghezza delle liste che si possono presentare)».

326 F. LANCHESTER, Le costituzioni tedesche da Francoforte a Bonn, Milano, Giuffrè, 2002, p. 64. 327 Cfr. G. AMBROSINI, Sistemi elettorali, cit., p. 120 ss., il quale sottolinea che i Wahlkreisverbände

servivano esclusivamente ad unire i voti residuali di liste che eventualmente avessero indicato prima dell’elezione la volontà di costituire un’alleanza. In questo caso i voti residuali delle liste alleate venivano sommati tra loro, e se raggiungevano la soglia dei 60.000 voti conquistavano il seggio, che veniva assegnato alla lista che aveva concorso maggiormente all’unione dei voti nel collegio dove aveva il numero di voti residuali maggiore. Diversamente, nel collegio nazionale ogni lista partecipava singolarmente alla distribuzione dei seggi e otteneva un seggio ogni 60.000 voti residuali o frazione superiore a 30.000. Ottenere un seggio a livello nazionale non produceva però un’elezione in uno dei Wahlkreise. Infatti i partiti presentavano direttamente delle liste di candidati a livello nazionale, che non venivano materialmente

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