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Enfatizzazione del dato letterale contenuto nei testi costituzionali: la rappresentanza della Nazione

4. La dottrina maggioritaria sulla rappresentanza nell’epoca liberale

4.2. Enfatizzazione del dato letterale contenuto nei testi costituzionali: la rappresentanza della Nazione

La dottrina dominante del periodo liberale sosteneva le proprie posizioni anche attraverso una lettura prettamente formalistica dei dettati costituzionali, che prevedevano la rappresentanza della Nazione o dell’intero popolo108. In questo modo i testi costituzionali escludevano che il soggetto da rappresentare fosse l’elettore che aveva legittimato il rappresentante. Di conseguenza, escludevano la possibilità di assimilare la rappresentanza politica alla rappresentanza propria del diritto privato, giacché l’elettore non solo non è il mandante di un rapporto con il rappresentante109, ma non è nemmeno un soggetto rilevante sul piano del dettato costituzionale.

Gli elettori non sono mai identificati come una delle parti di un rapporto politico poiché i rappresentanti non sono chiamati, dalle Costituzioni, a rappresentare gli elettori che li hanno legittimati ma rappresentano l’unità. Da queste premesse, taluno è arrivato a considerare perfino erroneo l’utilizzo stesso del termine “rappresentanza” per riferirsi alla rappresentanza politica parlamentare, poiché i testi costituzionali non solo escludono un rapporto tra il rappresentante e gli elettori ma, una volta stabilita la rappresentanza dell’intero popolo o della Nazione, non prevedono un significato giuridico positivo delle stesse disposizioni che possa concretare realisticamente la rappresentanza della Nazione o del popolo110.

107 P. ROSANVALLON, Il popolo introvabile, cit., p. 51. Sul punto si veda F. GUIZOT, Discours

Académiques suivis de divers essais de philosophie littéraire et politique, Paris, Librairie académique, 1861, p. 395, il quale asserisce lapidariamente che «Le but de l’élection est évidemment d’envoyer au centre de l’état les hommes les plus capables et le plus accrédités du pays».

108 Vedi supra nota 85. La Nazione, nella dottrina liberale, era, come per i costituenti francesi del

1789, rapportata alla teoria dell’unità della rappresentanza. Significative a questo riguardo le parole utilizzate da L. ROSSI, Principii fondamentali della rappresentanza, cit., p. 145, per il quale rappresentanza nazionale significa «unità d’interessi, unità di territorio, unità di popolo nell’unità dello Stato».

109 Cfr. G. FERRI, Rappresentanza politica, cit., p. 76.

110 Esplicito in tal senso P. LABAND, Il diritto pubblico dell’impero germanico, cit. 400, il quale

ritiene che l’espressione «rappresentanza», utilizzata nella Costituzione imperiale tedesca in riferimento al Reichstag e al Consiglio federale sia in realtà realmente appropriata solo per quest’ultimo. Secondo lo studioso tedesco, infatti, solo i membri del Consiglio federale sono da considerare rappresentanti poiché, dovendo rappresentare gli Stati della Federazione, devono attenersi ai mandati dello Stato federato dal quale il membro del Consiglio federale è eletto. Viceversa, i membri del Reichstag «non solo non sono vincolati ad istruzioni o mandati dei corpi elettorali dei singoli collegi, ma neppure a mandati o istruzioni del popolo

31 La mancata assegnazione del ruolo di rappresentato all’elettore, unita alla percezione che la rappresentanza del popolo o della Nazione non avesse un significato giuridico positivo, contribuiva a confermare che il rappresentante parlamentare non rappresenterebbe concretamente nessuno oltre che sé stesso.

4.2.1. Rappresentanza della Nazione e distribuzione territoriale della rappresentanza.

La finzione di ridurre il popolo ad una unità – con una volontà ed un interesse unico – che possa rappresentare i cittadini «in forza delle qualità che sono essi comuni»111, maschera una sua prima contraddizione quando viene rapportata con la realtà fattuale dell’elezione dei rappresentanti. Questi, infatti, non verranno mai eletti dall’intero popolo ma in parti di esso, le circoscrizioni (ovvero i collegi) elettorali nei quali veniva distribuita la rappresentanza. Le circoscrizioni elettorali non venivano considerate spazi territoriali giuridicamente rilevanti112, dei quali il rappresentante doveva farsi portatore di particolari interessi. Il singolo deputato, infatti, rimane comunque rappresentante «della Nazione tutta, tutti i cittadini sono i committenti»113, anche se eletto solo da una parte dei cittadini. In questo modo la finzione rappresentativa è compiuta. Solo un’astrazione concettuale può permettere di considerare rappresentante di un’unità colui che è eletto da una sola parte della stessa. Questa astrazione veniva assunta anche nel testo costituzionale, poiché la circostanza per la quale un rappresentante, eletto da una parte circoscritta di popolazione, fosse chiamato a rappresentare l’intero corpo sociale «non è effetto della

intero […] non ha quindi senso positivo, significato giuridico, la qualificazione dei membri del Reichstag come rappresentanti dell’intiero popolo» (corsivo dell’A.). M. SIOTTO PINTOR, Le riforme del regime elettorale. La dottrina della rappresentanza politica e dell’elettorato, cit., p. 66, il quale, dopo aver constatato che per le costituzioni moderne il rappresentante «non rappresenta i propri elettori» poiché rappresenta la Nazione, ricorda che la caratteristica rappresentativa della Nazione resta pur sempre «priva di un qualsivoglia significato giuridico positivo poiché manca nel sistema del diritto pubblico ogni presidio rivolto ad assodare [e] a concretare codesto carattere rappresentativo dell’eletto», mentre la preposizione ha un significato in senso negativo, e cioè che il rappresentante «non rappresenta i propri elettori». In senso analogo L. ROSSI, Principii fondamentali della rappresentanza, cit., p. 128, il quale ritiene che nella rappresentanza politica siano escluse contemporaneamente la rappresentanza dei collegi e la rappresentanza di tutto il corpo elettorale dello Stato. Espressamente contrario alla posizione di Laband, e all’idea di non assegnare un significato giuridico positivo alla rappresentanza del Popolo, si esprime V.E. ORLANDO, Del fondamento giuridico della rappresentanza politica, cit., p. 440.

111 E. J. SIEYÈS, Che cos’è il Terzo stato, Editori Riuniti, Roma, 1972, p. 121.

112 Come nota G. SARTORI, La rappresentanza politica, cit., p. 533, nota 1, la Costituzione francese

prevedeva l’elezione «non dai collegi elettorali ma dentro ai collegi» (corsivo dell’A.), così, probabilmente, per rimarcare che non vi era un nesso significativo tra collegio e rappresentante

113 E. J. SIEYÈS, Discorso sul veto regio nella seduta del 7 settembre 1789, in ID., Opere e

logica del sistema adottato per eleggerli, bensì puramente delle disposizioni»114 che

dispongono la rappresentanza della Nazione. La logica del sistema elettorale era, e rimane, esattamente l’opposto: quando è prevista una ripartizione territoriale della rappresentanza, il rappresentante veniva eletto da una sola quota della popolazione.

Per giustificare questa apparente antinomia i costituenti francesi prima, e la dottrina costituzionalistica poi, hanno cercato diverse motivazioni teoriche. Qualcuno riconduceva l’elezione nel collegio a un’investitura115, altri alla trasmissione di un “potere” di una parte – il collegio – per rappresentare il tutto – la Nazione116 – ovvero a un mandato che il collegio assegnava a un rappresentante per esprimere e curare interessi generali117. A sostegno di queste tesi si ponevano i dettati costituzionali che, nella gran parte dei casi, specificavano chiaramente che il membro del Parlamento non rappresentava il collegio nel quale era stato eletto118.

La discussione circa la suddivisione del territorio è intimamente collegata alla tipologia di interesse che i rappresentati devono perseguire durante il loro mandato. Durante la costituente francese del 1789, Sieyès proponeva una nuova suddivisione del territorio francese che fosse, in qualche modo, meccanica, tale da evitare che i territori amministrativi potessero continuare ad avanzare le loro proprie pretese119. La meccanicità nella conformazione dei collegi, con conseguente artificialità degli stessi, sarebbe servita a garantire l’idea del “rappresentante portatore di interessi generali”, che certamente poteva essere messa in discussione da corpi amministrativi precostituiti120.

114 F. BERTOLINI, Rappresentanza parlamentare e attività di governo, cit., p. 119.

115 O. RANELLETTI, La rappresentanza nel nuovo ordinamento politico e amministrativo italiano,

cit., p. 203, per il quale l’atto elettivo compiuto dal collegio «non è un mandato o una delegazione di poteri al proprio deputato, ma è unicamente una nomina, una scelta, una designazione di una persona, per l'ufficio di deputato al Parlamento»; V.E. ORLANDO, Del fondamento giuridico della rappresentanza politica, cit., p. 443.

116 E. J. SIEYÈS, Che cos’è il Terzo stato, cit., p. 94.

117 E. BURKE, Speeches at His Arrival at Bristol and at the Conclusion of the Pool, cit.,

118 Ad esempio lo Statuto Albertino, dove, all’art. 41 indicava che i deputati non rappresentavano le

province nei quali erano stati eletti.

119 Sieyès riteneva che senza una divisione territoriale nel senso specificato nel testo «la Francia non

riuscirà mai [ad essere trasformata] in un solo grande popolo retto dalle stesse leggi». La posizione di Sieyès, espressa durante il dibattito costituente, è riportata da P. ROSANVALLON, Il popolo introvabile, cit., p. 40 s., Sul punto si veda I. CIOLLI, Il territorio rappresentato. Profili costituzionali, Jovene, Napoli, 2010, p. 40, la quale ricorda che nella discussione dell’Assemblea costituente del 1789 «il dibattito sulla suddivisione del territorio si concentrava su proposte di divisione della Nazione in circoscrizioni […] ritagliate in modo omogeneo, liscio, geometrico e poco rappresentative delle istanze locali».

120 Sul punto si vede P. ROSANVALLON, Il popolo introvabile, cit., p. 40 s. Il problema della

rappresentanza di territori amministrativi sembra toccare anche i teorici tedeschi, in particolare P. LABAND, Il diritto pubblico dell’impero germanico, cit., p. 399, muove critiche non tanto alla Costituzione imperiale tedesca che prevede una ripartizione territoriale, ma piuttosto nei confronti della legge elettorale del 1869

33 Oltre alla suddivisione meccanica del territorio nazionale, al fine di evitare l’introduzione di interessi “particolari” in Parlamento, la problematica sulla divisione territoriale veniva però indagata, qualche anno più tardi, sotto un altro aspetto: la scelta dei più capaci a farsi interpreti della volontà generale, poiché dopotutto «gli elettori non scelgono un rappresentante per il loro solo interesse; lo scelgono per quello dell’intera nazione»121. In particolare l’attenzione dei liberali francesi era, accanto alla costruzione meccanica del collegio, rivolta verso un sistema elettorale che non avvicinasse eccessivamente rappresentati e rappresentati. Per esempio, quando nel 1817 venne proposta l’elezione diretta dei membri del parlamento francese, una delle maggiori critiche fu quella dell’utilizzo di piccoli collegi elettorali, perché ritenuto un sistema che avrebbe permesso di «designare dei rappresentanti che assomigliano troppo agli elettori» e specialmente quando l’elettore è poco istruito sarebbe elevato il rischio di compromettere la qualità e i presunti benefici e obiettivi insiti nella rappresentanza politica122. La ripartizione territoriale della rappresentanza era quindi indagata al solo scopo di permettere l’elezione dei “più capaci”.

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