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Il senso fuori del testo

Teoria dell’interpretazione

7.3. Il senso fuori del testo

Essendo la prospettiva lévistraussiana fondata sull’idea di una con- tinua filiazione di un racconto dagli altri e sulla costruzione del senso per trasformazione e differenza, le analisi saranno di conseguenza fondate sulla comparazione testuale, dunque sulla ricerca delle analo- gie e delle differenze. In un certo senso, il modo di procedere di Lévi- Strauss ci mostra che il concetto di “isotopia” può tranquillamente es- sere esteso fuori dei confini del testo, consentendo di individuare ele- menti isotopici anche all’interno di racconti diversi. Ad esempio, si pensi al caso di due storie che siano per il resto del tutto analoghe, ma in una delle quali l’oggetto desiderato sia un ciuffo di piume rosse e nell’altra una tromba. L’ipotesi è che tromba e piume siano due va- rianti di una stessa entità segnica, cioè che tra loro vi sia isotopia, ad esempio sulla base del fatto che nell’uno e nell’altro racconto questo elemento, caratterizzato da capacità d’attirare l’attenzione, venga ap- punto usato a tale scopo.

Il modo tipico di procedere di Lévi-Strauss, quale possiamo os- servarlo a partire dalle fondamentali proposte metodologiche conte- nute ne Il Crudo e il Cotto (Lévi-Strauss 1964) e nei successivi vo- lumi sulle mitologie americane,2 è quello di operare su gruppi di rac- conti tra loro in qualche modo imparentabili, in ragione di analogie e parallelismi più o meno evidenti; questi vengono a formare i cosid-

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Per una formulazione sistematica della metodologia che può essere desunta dalle analisi lévistraussiane si veda Ferraro 2001.

detti gruppi di trasformazione. Ci si riferisce qui in primo luogo a una trasformazione logica piuttosto che cronologica, e dunque a un metodo che consenta di individuare i caratteri pertinenti a partire da un’analisi di elementi comuni e tratti differenziali. Da un punto di vista operativo, la messa in parallelo di più racconti rende infatti possibile formulare delle ipotesi intorno a quali siano variazioni libe- re che non incidono sul significato e quali siano invece i tratti diffe- renziali da intendere come pertinenti. Le ipotesi così formulate ven- gono via via approfondite e sottoposte a verifica attraverso l’ulteriore confronto con altri racconti dello stesso gruppo etnico o di gruppi culturali vicini, fino ad arrivare a una visione sufficientemente solida del codice semiotico sottostante a tali racconti. Una metodologia d’analisi di questo tipo predilige dunque per sua natura il lavoro su ampi insiemi di racconti, anche se va detto che una critica doverosa al modo di procedere di Lévi-Strauss riguarda la tendenza centrifuga ad allontanarsi sempre più dai testi di partenza, coinvolgendo mate- riale narrativo proveniente da culture sempre più lontane, laddove si può ritenere che operando all’interno di complessi testuali organici si possano raggiungere risultati più significativi.3

Per una teoria dell’interpretazione, il punto centrale è però questo: tale modo di procedere ci porta davvero a cogliere quale sia il senso di un racconto mitico? O, formulazione ancora più radicale: siamo davvero certi che un testo narrativo – parlando di testi sicuramente rilevanti dal punto di vista dei valori semantici e culturali – propria- mente contenga un significato? La risposta è, in questa prospettiva, decisamente complessa, né semplicemente positiva né semplicemen- te negativa. Se consideriamo che questi testi essenzialmente difen- dono una certa codificazione simbolica della realtà, che operano co- me illustrazioni didattiche dell’ordine attribuito al mondo dal sistema culturale, potremmo dire che in definitiva i racconti svolgano una funzione propriamente meta-semiotica, paragonabile per intenderci a quella di un libro di grammatica, di un trattato di armonia musicale, o di un lavoro teorico sul linguaggio pittorico. Questi testi, diremmo, più che “avere un significato” spiegano come altri testi possano a- verne uno, e semmai aiutano i loro lettori a essere capaci di interpre-

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Per farsi un’idea dei risultati cui concretamente può portare un’analisi di questo tipo si può vedere Ferraro 2001, in particolare il capitolo quinto della seconda parte e il capitolo se- condo della terza parte.

tare un significato che si trova altrove, negli atti linguistici che qual- cuno compie, nelle opere musicali, nei dipinti…

In realtà, sappiamo bene ciò che accade: il primo studioso di lingui- stica, o a seconda dei casi di musica o di pittura, che legge un certo ma- nuale, con molte probabilità sbotterà in critiche e accuse: «Quel manua- le è di parte, difende un modello di lingua sorpassato, oppure una con- cezione della musica che privilegia le forme romantiche, o una teoria costruita apposta per valorizzare un certo tipo di pittura…». Dunque quei manuali apparentemente innocenti esprimono invece, sempre, una prospettiva culturale, sostengono una certa concezione delle cose, svi- luppano un discorso in qualche misura militante: hanno un significato, sia pure in un modo diverso rispetto a un testo normale, e a ben pensarci in fondo più potente, perché spiegano come debba essere pensato il si- gnificato delle cose, in che modo i testi vadano guardati e interpretati. Anche i racconti mitici funzionano in questo modo: mostrano quale sia l’ordine del sistema simbolico, quali siano le connessioni associative tra i vari elementi, come una logica profonda possa mettere in parallelo fat- ti naturali e processi sociali, piano del sensibile e piano dell’intelle- gibile… Il vero “testo”, allora, il testo da leggere, dov’è? Là fuori, tutt’intorno: il testo da leggere è la realtà d’esperienza, perché guardan- dola secondo il codice di lettura così appreso ecco che ogni cosa ha un posto in un disegno razionale, una connessione simbolica, un senso. At- traverso la produzione narrativa, il pensiero istituzionalizzato della co- munità, ma anche quello che può far capo a più definiti centri di potere, propone e asserisce una specifica codificazione del reale. Coerentemen- te con una concezione della metodologia d’analisi che non si chiude mai sull’unità testuale, il lavoro dell’interprete non è qui mirato all’identificazione del senso del testo, bensì all’identificazione della strategia semiotica, e culturale, di cui il testo è, di fatto, testimonianza.