• Non ci sono risultati.

La strada dell’isotopia

Teoria dell’interpretazione

7.1. La strada dell’isotopia

Le tre fondamentali concezioni del testo prese in esame nel prece- dente capitolo implicano anche tre corrispondenti tracce relative al modo in cui si può accedere al senso di un testo, al suo valore e alla sua più profonda identità culturale. Nella prima prospettiva il testo, visto come realtà indipendente, contiene e quasi cela le sue costituti- ve strutture semantiche nei più intimi piani profondi. Interpretare è dunque compiere un lavoro che ci proietta al di là dei livelli esteriori, in una sorta di scavo verso l’interno. Le strutture di senso sono là, e ciò che si deve fare è affinare la metodologia più adeguata per arri- vare a coglierle. Essendo il testo composto di strati successivi, si può pensare a una metodologia predisposta per mettere in luce gli ele- menti e l’organizzazione di ciascun livello, procedendo da quelli più esteriori e visibili verso quelli più profondi e difficili da cogliere. È interessante notare che l’interprete lavora quindi spesso sui compo- nenti degli strati esteriori senza ancora sapere a quali elementi im- manenti riferirli; così, l’allestimento figurativo del testo (i caratteri dei personaggi, degli ambienti, ma anche degli eventi), che è imme- diatamente visibile, può essere in qualche modo provvisoriamente analizzato e catalogato, pur se ancora non si hanno idee precise sui corrispondenti valori semantici. Si passa poi a individuare la logica della costruzione propriamente narrativa del testo, assegnando a que- sti personaggi i loro ruoli, agli eventi le loro funzioni, alla configura- zione d’insieme la logica dei programmi narrativi soggiacenti. E a- vendo chiaro a questo punto l’impianto che tiene insieme la disposi-

zione narrativa del testo, diventa possibile cogliere, finalmente, le strutture semantiche su cui esso, in definitiva, poggia.1

In questo quadro, un compito fondamentale dell’interprete è quello di individuare le condizioni di coerenza, su ciascuno dei livelli d’analisi. Si tratta di un filo rosso che tiene insieme gli elementi po- tenzialmente significativi, grazie al fatto che questi condividono un qualche carattere o aspetto. Un concetto chiave è appunto, nella teoria greimasiana, quello di isotopia, vale a dire il principio per il quale l’omogeneità del testo a tutti i livelli è assicurata dalla presenza di componenti tra loro in qualche modo affini. Notando qualcosa che si ripete, disseminato lungo la dimensione sintagmatica, siamo in grado di avvicinarci alla logica e al senso del testo. Greimas riprende in pro- posito l’idea di un’entità teorica chiamata classema, che corrisponde all’insieme che, in ciascun caso, raccoglie il gruppo di componenti ri- correnti, così che possiamo definire l’identità della classe che ce li fa riconoscere come “ricorrenze di qualcosa”. Se ad esempio in un rac- conto avvertiamo l’insistente ripresentarsi di un certo tratto in una se- rie di personaggi o di oggetti – poniamo che si tratti del ricorrere del colore rosso, oppure di modi e atteggiamenti destinati tutti a celare qualcosa – allora possiamo ipotizzare che questa ricorrenza sia perti- nente, e corrisponda alla disseminazione nel testo di un componente di valore strutturale: gli elementi che presentano quel tratto sono dunque riportati a qualcosa di comune, appartengono a una stessa isotopia, e il

classema di appartenenza assume un’identità definita, “colore rosso” o

“atto d’occultamento” («Ecco qualcosa che può aiutarmi a trovare la chiave del testo», pensa il lettore).

Questo modello è senz’altro di grande interesse teorico e di grande utilità applicativa, ancora più se rileviamo, come il lettore di questo li- bro già avrà potuto fare, che esso presenta profonde e decisive affinità con la concezione generale del segno elaborata sulla base del modello saussuriano. Se Greimas non si fosse troppo allontanato dai concetti ba- se della teoria semiotica originaria, gli sarebbe stato in effetti agevole operare un collegamento – che sarebbe risultato estremamente prezioso – fra la sua teoria del testo e la teoria generale della significazione. La prospettiva di una rilettura del patrimonio teorico della disciplina in

1

S’intende che il percorso compiuto da chi svolge l’analisi può spesso essere di fatto me- no lineare, giocando anche su un più complesso andirivieni tra i diversi livelli, ma questa schematizzazione semplificata può ben renderne le linee generali.

chiave “neoclassica” ci mette di fronte, quasi, all’evidenza di tale colle- gamento. Ci rendiamo conto, ad esempio, che l’analisi condotta sul mo- do in cui Il Sesto Senso ci propone una nuova configurazione segnica (corrispondente come si ricorderà a un’inusuale concezione del cono- scere) ci ha portati a conclusioni che sono esattamente di questo tipo. Il testo cinematografico ci propone infatti una serie di episodi differenti ma per certi versi analoghi (equisimili), e lo spettatore che coglie il ca- rattere iterativo di certi tratti, fosse pure solo per alcuni di questi episo- di, scopre appunto un’isotopia, e tramite questa vede iniziare a dise- gnarsi davanti a lui la fisionomia di una nuova entità semiotica, il cui significante corrisponde alla definizione della classe (o nei termini greimasiani, del classema) che comprende i tratti decisivi di quegli epi- sodi – la classe che è in questo caso definibile come “modi in cui, ri- nunciando a controllare la direzione del proprio sguardo sulle cose. si riesce a scoprirne la verità”. Questo aspetto della teoria di Greimas ci appare così non solo pienamente compatibile con il nostro modello ge- nerale della significazione ma preziosamente complementare, poiché mette in luce aspetti concettuali e dimensioni procedurali che arricchi- scono il nostro modo di guardare alla relazione fra strutture testuali, meccanismi di significazione e processi interpretativi.