Teoria dell’interpretazione
7.9. Sensi molteplici e società complesse
Niente come questo tipo di ricerca empirica può mostrare, oltre all’utilità dell’impiego di forme di ricerca field in semiotica, l’insospettata ricchezza dei processi che quotidianamente si svolgono intorno a noi e la loro profonda complessità. Nessuna riflessione condotta a tavolino e nessuna discussione tra sostenitori di differenti punti di vista teorici avrebbe mai potuto portare a constatare l’incrocio di prospettive, teorie implicite sui modi di significazione e sulla natura del senso cui ci pone di fronte un’osservazione delle pra-
tiche effettive. La realtà con cui dobbiamo fare i conti, e per la quale dobbiamo forgiare un quadro teorico adeguato, non è in fondo lonta- na da quanto ad esempio era emerso nel noto studio field di Je- an_Marie Floch (1987) sui tipi di consumatori che frequentano un ipermercato. Quella ormai classica ricerca ci mostrava in effetti la presenza di differenti modelli di soggettività, anche in quella che a- vremmo potuto credere essere una realtà semplice e passibile di un unico tipo di lettura. Per i consumatori che vi entrano per fare i loro acquisti, la struttura commerciale è interpretabile secondo l’una o l’altra fra almeno quattro differenti chiavi di lettura: un luogo in cui cercare e acquistare rapidamente prodotti che servono, oppure un luogo in cui vivere momenti comunque significativi della propria vi- ta (fruire una dimensione di socialità, trovare significati per gli og- getti quotidiani, ecc.), o ancora un luogo in cui mettere in atto una propria elaborata razionalità economica, sì da massimizzare il rap- porto tra qualità e denaro speso, o infine un luogo in cui svagarsi, scoprire oggetti curiosi, reperire prodotti piacevoli o insoliti. Po- tremmo dirli, questi, in effetti, quattro diversi modelli d’interpre- tazione (e di fruizione, certo) degli spazi commerciali. “Modelli”, “sistemi di pertinenza”, “codici di lettura” sono in questo senso e- spressioni che, senza costituire propriamente sinonimi, indicano una stessa idea chiave, corrispondente alla capacità della ricerca semioti- ca di trasformare i dati raccolti in una ricerca sul campo (le verbaliz- zazioni dei partecipanti ai gruppi, nel caso) in modelli dinamici di valore non meramente descrittivo bensì propriamente esplicativo.
A maggior ragione, la produzione di testi aventi anche finalità este- tiche, ma destinati a un pubblico di massa, ha dato origine a fenomeni interessanti da questo punto di vista, come l’esplicita teorizzazione, da parte di alcuni autori americani, di una progettazione dei testi imme- diatamente stratificata: per il pubblico di livello culturale meno eleva- to (ma più significativo dal punto di vista dei ritorni economici) viene predisposta una lettura semplice, in termini di storie d’azione o addi- rittura di film di genere, laddove per un pubblico di miglior livello culturale si predispone un percorso più complesso e intelligente, e magari per un terzo livello, corrispondente a spettatori di livello cultu- rale più alto, si disegna ancora un terzo percorso nel testo, più raffina- to e sottile. Questo vale ad esempio anche nel caso del Sesto Senso: thrilling a sorpresa per il pubblico comune, raffinata costruzione hi- tchcockiana per uno spettatore più consapevole, saggio sui modi del
conoscere per destinatari di più alto livello culturale. La molteplicità dei percorsi interpretativi può essere così ben altro che un’ipotesi teo- rica o un esercizio da esteti, bensì uno degli aspetti qualificanti nel funzionamento di un sistema culturale. Certamente, però, questa mol- teplicità di percorsi di lettura difficilmente potrebbe emergere da una mera analisi dell’oggetto testuale – che tipicamente tende a raggiunge- re la vera identità e la giusta lettura, dunque una struttura interpretati- va per definizione unica.
Nel caso della nostra ricerca empirica, la complessità dei processi interpretativi può essere riassunta così: i quattro tipi di interpreti non si limitano “a fare in modi diversi la stessa cosa” ma di fatto “fanno cose diverse”, cioè mettono in atto operazioni radicalmente differen- ti, condotte a partire da presupposti immediatamente divergenti. Questa condizione rende particolarmente evidente l’importanza del principio di base che andrebbe sempre tenuto presente: a differenza di quanto si potrebbe pensare, le interpretazioni di un testo non di-
vergono al livello dei significati bensì a quello dei significanti. Gli
interpreti, infatti, non assegnano valori semantici differenti ai mede- simi elementi testuali ma, decidendo di dare valore a certe compo- nenti piuttosto che a certe altre, identificando come significativi ele- menti simbolici che per altri sono irrilevanti, collegando le parti se- condo una tra le possibili logiche portanti, costruiscono immediata- mente significanti diversi. Se si osserva lo svolgersi di effettivi pro- cessi d’interpretazione, o se si confrontano le letture che differenti critici letterari forniscono dello stesso testo, risulta davvero evidente questa disparità decisiva nella determinazione di ciò che è o non è
portatore di senso, così come nel disegno delle strutture espressive
che vengono a disegnarsi nella loro mente. Questo concorda piena- mente con la definizione della struttura fondamentale del segno e del processo di comunicazione, come l’abbiamo presentata a partire dal primo capitolo: si ricorderà infatti che, anche nel caso degli esempi più elementari, il momento più problematico è, dal lato di chi produ- ce il testo, la definizione del significato, mentre dal lato di chi lo ri- ceve e lo interpreta è soprattutto problematica la definizione del si- gnificante. Per quanto questo possa apparire controintuitivo, una vol- ta afferrata la logica dei processi di comunicazione, se ne capiscono perfettamente le motivazioni.