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1. EVOLUZIONE DEL MERCATO DISCOGRAFICO

1.5. I NUOVI PROTAGONISTI

1.5.2. Il videoclip online: Youtube

Se Internet viene considerato il principale motivo che ha generato la crisi in cui versa il mercato discografico, è anche quello che ha permesso all'industria di rialzarsi e di trovare al suo interno una nuova opportunità di profitto. L'era della copia fisica dell'album è ormai finita. Nel 2015 il mercato digitale ha, per la prima volta, superato le vendite dei dischi tradizionali. Ma non si parla solo di download legali dei brani ma anche e soprattutto di

streaming, cioè la possibilità di trasmettere un contenuto online e di usufruirne tramite

Internet, senza che questo venga scaricato sul proprio hard disk del computer. Oggi questo

52 https://it.wikipedia.org/wiki/Musica_digitale 53 http://www.storiediapple.it/

54 http://www.apple.com/it/pr/library/2013/02/06iTunes-Store-Sets-New-Record-with-25-Billion-Songs- Sold.html

settore è dominato da piattaforme quali Deezer, Tidal, Apple Music e soprattutto Spotify. Menzione a parte merita Youtube, che non nasce come un vero e proprio strumento di condivisione musicale ma nella maggior parte dei casi viene usato come tale.

Youtube nasce il 23 Aprile 2005 quando, su questo nuovo sito, viene pubblicato il primo video della storia. Il protagonista è Jawed Karim che, insieme a Chad Hurley e Steve Chen, sono coloro che hanno inventato la televisione del nuovo millennio.

Ben presto questo sito viene utilizzato come un mezzo per pubblicare videoclip non autorizzati che quindi cominciano a preoccupare ancora una volta le grandi aziende discografiche: non solo file sharing, ma adesso l'utente medio può ascoltarsi e vedersi i videoclip in maniera completamente gratuita e senza che questo generi un introito nelle casse della società titolare del brano trasmesso. Dopo un anno dal suo lancio, le visualizzazioni da parte degli utenti ammontano già a 100 milioni al giorno e nel giro di tre anni le visite saranno dieci volte di più55.

Ecco che quindi per la prima volta si parla di streaming musicale, cioè la possibilità di visualizzare videoclip senza la necessità di dover effettuare alcun download sul proprio pc. Nel 2006, YouTube passa sotto il controllo di Google per la cifra di 1,65 miliardi di dollari. Fino a quel momento, si tratta della più grossa acquisizione mai fatta da Google, che pagherà l'operazione con l'emissione di nuove azioni.

Inizialmente, molti credono che l'acquisto di YouTube da parte di Google sia un grosso buco nell'acqua. Perché è vero che in quel momento il sito possiede il 47% del mercato dei video online (il 22% era in mano a MySpace e il restante 11% era di proprietà di Google stessa56), ma è anche vero che si trova in una situazione pericolosa in cui piovono denunce per violazione di copyright da ogni lato; inoltre YouTube è un media incapace di generare profitto. La storia sarà a favore di Google perché riuscirà a trasformare il sito di video sharing in un ottimo canale per l'advertising, sviluppando un sistema di VideoAd unico nel settore.

La prima svolta di YouTube per il mercato discografico si avrà alla fine del 2006. Il sito si trova a dover gestire una quantità enorme di contenuti che sono illegalmente sulla propria piattaforma. In questo maniera nasce Content ID cioè un meccanismo mediante il quale YouTube stesso esamina i video caricati e li confronta con un database di file che ha

55 Alessandro Longo, Il mercato della musica digitale. Il case study su Spotify,Tesi di laurea in economia e gestione d’impresa, Università LUISS Guido Carli, 2014

ricevuto da coloro che detengono la proprietà dei contenuti. A questo punto il titolare del

copyright, se il contenuto del video corrisponde ad una delle sue opere, ha tre possibilità a

disposizione: monetizzare il video attraverso l'incasso della pubblicità che viene inserita, tracciare e analizzare i dati sugli spettatori oppure bloccare o rimuovere il video incriminato.

Attualmente il 99,5% delle rivendicazioni sono automatizzate57, cioè le major stabiliscono solo i parametri con cui gestire le eventuali violazioni di copyright, il resto viene gestito dal sito. Ovviamente, con la stragrande maggioranza delle violazioni, le major decidono di operare scegliendo la strada della monetizzazione: in questa maniera oggi si registra un incasso totale di 2 miliardi di dollari in royalties58 ai legittimi detentori dei

contenuti e questo rappresenta il 50% di quanto riceve un'etichetta dai video pubblicati su YouTube: questo significa che la metà di quello che l'azienda discografica percepisce dal sito deriva dalla pubblicazione non autorizzata delle proprie opere da parte di soggetti terzi.

Una seconda svolta si ha nel 2009 quando YouTube comincia a prendere accordi con le Big Five. Prima di tutto sigla un accordo con la Warner che prevede la compartecipazione agli utili pubblicitari generati dai video Warner messi in rete da YouTube e la possibilità per la casa discografica di vendere in autonomia spazi pubblicitari sui suoi video. Ma è la Universal a fare la mossa più importante. In un periodo in cui la pirateria dilaga e colpisce pesantemente il mercato discografico, Doug Morris, CEO dell'epoca della Universal, cerca una maniera per ridurre le perdite e si rende, quindi, conto del potenziale di YouTube. Prima rimuove tutti i video dal portale, visto che a quel tempo erano semplici strumenti promozionali e non ricavavano guadagni dall'advertising, e poi prende accordi con la piattaforma di Google per creare Vevo, una sorta di canale YouTube tramite il quale verranno pubblicati e promossi i

videoclip degli artisti appartenenti alla Universal. Ma soprattutto, questo nuovo sito, permette

alla società di percepire delle entrate tramite degli spot che precedono i video. Le aziende possono accaparrarsi quella posizione acquistandola all'asta tramite un servizio di syndication interno a Vevo. In questa modo le società possono promuovere in maniera efficiente i propri prodotti, perché questi vengono visualizzati da miliardi di persone, e allo stesso tempo la Universal può incassare i guadagni derivanti da queste attività promozionali. Il video di un artista di punta del roster Universal sarà visto più di un miliardo di volte negli anni a venire,

57 http://www.repubblica.it/tecnologia/2016/08/11/news/youtube_dove_nasce_content_id_nella_fabbrica_dei_vi deo-145809969/

58 http://www.repubblica.it/tecnologia/2016/08/11/news/youtube_dove_nasce_content_id_nella_fabbrica_dei_vi deo-145809969/

generando entrate per più di 30 milioni di dollari59.

Successivamente prendono accordi con la piattaforma Vevo anche le altre major in modo da usufruire tutti di questi importanti guadagni. Vevo distribuisce i contenuti anche tramite il proprio sito Internet e attraverso varie partnership con altri siti e applicazioni, e si finanzia con la pubblicità immessa nei video pubblicati con il proprio canale.