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1. EVOLUZIONE DEL MERCATO DISCOGRAFICO

1.3. IL DIGITALE

1.3.1. L'avvento del nuovo formato

Alla fine degli anni Settanta l'industria discografica subisce nuovamente una forte crisi che viene denominata “Crac della Gioconda” in relazione al nome di un grande progetto abbandonato nel 1979 da parte della RCA28. Il calo delle vendite sono tali da battezzare questa crisi come la prima grande crisi nell'industria del disco classico. A questo devono essere collegati due aspetti. Il primo riguarda il fatto che accanto alla depressione della fonografia si registra uno stato di degrado della musica classica nei suoi luoghi primari, nelle sale da concerto e nei teatri. Questa situazione viene denunciata da gran parte degli intellettuali americani che ritengono che la musica classica sia divenuta solamente un prodotto dello show business. Probabilmente, questo calo nella qualità va ricercato nelle incessanti richieste di aumento dei salari da parte delle grandi orchestre, negli smisurati compensi dei solisti di grido e dei direttori. Questa continua ricerca della massimizzazione del profitto conduce le organizzazioni musicali all'uso di discutibili tecniche di marketing per riempire le sale da concerto e a scelte di repertorio più “commerciali” per allettare un maggior numero di spettatori.

Il secondo aspetto in conseguenza alla crisi del '79 riguarda una pratica già vista nel corso della storia del mercato discografico e che si ripresenterà anche nei giorni nostri. Per cercare di contrastare la crisi le etichette major accentuano la tendenza a fondersi in multinazionali dell’intrattenimento, in cui aspetti discografici si integrano con le concentrazioni audiovisive. La EMI si lega nel 1980 a Thorn, la Decca viene venduta anch'essa nel 1980 alla Polygram che formerà un potente trio con la DGG e la Philips. Negli Stati Uniti, la RCA e la Columbia passeranno ben presto rispettivamente nelle mani della tedesca BMG nel 1986 e dell'etichetta giapponese Sony nel 1989.

E' proprio la Sony ad essere protagonista alla fine degli anni Settanta. Masuru Ibuka e Akio Morita, fondatori della Sony, presentano nel 1979 un microregistratore a cassette destinato in pochi anni, con la riduzione del formato e del prezzo, a rappresentare uno dei più grandi successi di tutta l'industria del suono, il cosiddetto walkman. Azionato a batteria e funzionante principalmente a cuffie, il walkman permette una personalizzazione dell'ascolto e

una trasportabilità senza precedenti. Offrendo alla gente la possibilità di portare la musica sempre con sé, il walkman diverrà uno dei prodotti di più grande successo commerciale degli anni Ottanta, divenendo a tutti gli effetti l'icona di una generazione. Tale apparecchio, figlio della miniaturizzazione elettronica, ovviamente stimola in maniera notevole il mercato delle cassette (e dell’hardware, parallelamente, visto che nel decennio successivo la Sony venderà più di 50 milioni di walkman29 e molti di più verranno venduti dalle imprese concorrenti) e sancisce definitivamente un processo di individualizzazione del consumo. Inoltre questo strumento permette all'ascoltatore di prepararsi un suo programma d'ascolto, registrando su una cassetta la sequenza di brani che preferisce. Quest'ultimo aspetto preoccupa non poco l'industria discografica e a ragione: la pratica di registrare la musica su cassetta viene considerata come l'origine della pirateria che caratterizzerà il mercato dagli anni Novanta in poi. L’home taping, come viene definita, e la pirateria sono le due facce di una medesima situazione la cui origine risiede nel nuovo potere conferito al mercato consumer dalla musicassetta. E la radio, che fino a quel momento non era altro che un alleato della discografia, promuovendo e mandando in riproduzione i dischi prodotti dalle industrie fonografiche, si trasformerà in inconsapevole e involontario strumento di duplicatori non autorizzati.

La cassetta, però, visto il suo accessibile costo e la possibilità di registrare in maniera amatoriale nuovi brani permette a nuovi generi musicali, come il rap, di svilupparsi grazie alla documentazione su cassetta; in India diventa il mezzo di ascolto più diffuso, creando scompiglio nell'egemonia delle multinazionali, mentre in dimensioni più rilevanti, problemi analoghi si verificano in Europa e Stati Uniti, nonostante la posizione forte dell'LP nel mercato generale. La cassetta, inoltre, risulta una minaccia in relazione ai diritti coperti dalle società autori-editori: nessun provento rischia di essere percepito anche in termini di diritti connessi, e la quota di budget personale che si impiega per acquistare cassette è naturalmente sottratta a quella dei dischi.

Per cercare di contrastare questi primi problemi di pirateria legata alla cassetta, la Philips e la Sony predispongono un'offensiva tecnologica destinata a sconvolgere gli assetti della riproduzione del suono negli anni a venire. La rivoluzione digitale, sotto un certo profilo, segna un parziale ritorno alla produzione parallela dell'hardware e del software

relativi al disco che ne ha contrassegnato la storia sino agli anni dell'alta fedeltà. Le ambizioni totalizzanti, intermediatiche e intersettoriali delle concentrazioni internazionali degli anni Sessanta hanno riavvicinato oggetti lontani, aggiungendone altri, con la creazione di nuovi denominatori comuni. L'elettronica e l'informatica, il rapporto sempre più stretto tra audio e video, la cosiddetta comunicazione globale, hanno ricongiunto, anche se non sempre,

hardware e software: nel caso di Philips e Sony è l'hardware ad aver “comprato” il software.

Il gruppo Philips iniziò prima a produrre elettrodomestici, e dopo i dischi (in proprio), o a distribuire quelli prodotti da altri. Invece, il gruppo Sony, per entrare nel mercato discografico, comprò addirittura la multinazionale Columbia/CBS. Controllando a monte l'hardware, i due colossi hanno potuto creare un'efficace relazione con il software, condizionando l'oneroso aggiornamento dei concorrenti rispetto al brevetto dei nuovi standard.

La Philips, già nei primi anni Settanta, intende realizzare un nuovo supporto portatile e robusto per immagazzinare dati. Le strade da poter percorrere sono diverse, anche soprattutto grazie alla nuova tecnologia digitale. Nonostante il neonato digitale sia molto promettente, molti sono convinti che l’analogico sia ancora superiore, soprattutto in virtù della (massima) qualità alla quale si è giunti in quel periodo. Verso la fine degli anni Settanta alla Philips si aggiunge la Sony, in una joint-venture tra due multinazionali tra loro potenzialmente rivali, finalizzata alla definizione di uno standard condiviso per il nuovo formato. Molti sono i parametri da definire, e i due team di ricercatori spesso si trovano a realizzare proposte che sono tra loro contrastanti, per esempio sulla diversa ampiezza che

deve avere questo nuovo formato: Philips spinge per i 115 mm e Sony per i 100 mm30,

ovviamente pensando già allo sviluppo di lettori portatili. Il Compact Disc attuale viene presentato in forma di prototipo nel Marzo del ’79 dalla Philips e definitivamente perfezionato e standardizzato in collaborazione con Sony nell’Aprile 1981. In particolare ad inizio 1980 la capacità viene portata a 74 minuti e 33 secondi dai 60 minuti previsti in principio.

Già nel 1980, quindi, inizia ufficialmente la produzione dei primi dischetti in standard Compact Disc e vengono inaugurati i grandi stabilimenti CD della Polygram/Philips ad Hannover e della CBS/Sony a Tokyo. Il 1° Ottobre 1982 entrano in commercio in Giappone i primi due modelli di lettori CD rispettivamente progettati da Sony e da

Denon/Hitachi, seguiti entro poche settimane da altre aziende come NEC, Marantz, Sanyo e ovviamente Philips.

Il Compact Disc viene inteso anche come una risposta alla dilagante diffusione della copia privata dei dischi su cassetta: nel 1982, poco dopo la presentazione del nuovo prodotto, il mercato statunitense registra un venduto annuale di 273 milioni di LP contro 125 di cassette, ma nel 1986 le cassette vendono 350 milioni di pezzi contro 11 milioni di LP31.

La nascita del CD segna una profonda rivoluzione tra le aziende produttrici di dischi. Rispetto all'accoppiata disco-giradischi, molte cose sono cambiate. Intanto la miniaturizzazione, tendenza comune alla maggior parte degli oggetti industriali: il nuovo formato disco misura dodici centimetri contro i 30 dell'LP. Poi c'è la sostanziale differenza di una lettura non fisica del disco: rispetto all'appoggio della puntina sul solco ora si procede attraverso una lettura ottica, mediante laser, dell'informazione contenuta del disco. Inoltre la registrazione sonora del CD viene realizzata in un modo che rompe radicalmente con tutti i procedimenti anteriori, denominati analogici. Nella registrazione analogica l'onda sonora viene successivamente convertita in diversi stati, ognuno dei quali è una rappresentazione (un'analogia appunto) che dovrebbe essere quanto più fedele possibile, ma è chiaro che ciascuna di queste conversioni è suscettibile di generare una perdita di qualità sonora. Nella registrazione digitale l'onda sonora, una volta trasformata in segnale elettrico, è misurata a scala infinitesimale e tradotta in numeri binari. Questo flusso di 1 e di 0 viene registrato su nastro magnetico per poi essere tradotto e inciso sul cd senza alcun contatto meccanico, cioè tramite la riflessione di un fascio di raggi laser, ricostituendo così il segnale analogico senza subire alcun deterioramento.

Nel nuovo formato le grandi compagnie intravedono la via di uscita della crisi di vendite verificatasi. Uno dei più evidenti effetti dell’introduzione di questo nuovo formato è la concentrazione delle attività delle major nella riedizione in cd del catalogo precedentemente esistente in altri formati, a scapito di nuove produzioni. Il disco digitale, con le sue capacità di migliore resa sonora e di allungamento della durata d'ascolto, promuove sul piano culturale il primo grande movimento contemporaneo di riedizione degli archivi e la costruzione sistematica della memoria sonora.

Superate le prime abituali perplessità del pubblico, il CD si avvia negli anni Ottanta a

rimpiazzare definitivamente il long-playing, quasi del tutto abbandonato dopo quarant'anni di esistenza che ne hanno fatto il mezzo in assoluto più longevo della storia del disco, e quello sul quale si è impressa la memoria più ampia di informazioni musicali.

L’affermazione del CD segna un nuovo periodo di estrema prosperità dell’industria anche per merito di un fenomeno inedito, definito effetto stock32: i consumatori ricomprano nel nuovo formato digitale quanto già possedevano in formato LP.

Come ogni transizione, anche quella del microsolco analogico al CD non risulta semplice: il problema è che in questo periodo circolano milioni di giradischi. Il pubblico è inizialmente restio a sostituire i lettori a braccio con quelli a lettura ottica, ma è proprio questa la strategia di mercato prevista da Philips e Sony, che ora intendono attuare. Nel 1990 i lettori CD saranno 20 milioni33, e negli anni successivi i giradischi scompariranno o resteranno nelle case o presso gli utenti come secondo apparecchio ormai storico.