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I paesaggi dell’infanzia e l’emergenza del fantasma nelle opere del Ciclo Indiano

2. POETICA DELL’INFANZIA

2.3. I paesaggi dell’infanzia e l’emergenza del fantasma nelle opere del Ciclo Indiano

La pubblicazione di Il rapimento di Lol V. Stein, nel 1964, inaugura quello che viene chiamato il ciclo indiano, composto, oltre che dal romanzo appena citato, da Il Vice-console (1965), L’amore (1971) e India

song (1973) e dai film La femme du Gange (1973), India Song (1975) e Son nom de Venise dans Calcutta désert (1976). Si tratta di opere in cui dell’infanzia dell’autrice emerge soprattutto la geografia, in gran parte trasfigurata, mentre la storia familiare, che era stata al centro di Una diga sul Pacifico, viene lasciata da parte. I paesaggi, i nomi delle città e i loro elementi caratterizzanti, però, cominciano ad assumere un esplicito valore simbolico, completamente estraneo a ogni interesse referenziale. Bisogna notare che a questo livello della produzione durassiana il linguaggio si è ormai fatto più scarno e alla descrizione si è sostituito il principio dell’evocazione poetica, che tende verso l’astrazione degli elementi significativi della realtà per elevarli a livello simbolico. Cousseau scrive:

«Cette tension de la pensée vers la simplicité idéale ramène la parole à l’essence même du poétique: rendre l’objet non dans sa

présence mais dans son absence, “en sa presque disparition vibratoire” (Mallarmé)»62.

Gli elementi dell’infanzia dell’autrice, attraverso il lavoro della trasfigurazione poetica, cominciano ad assumere quindi più un valore simbolico che un valore referenziale; l’infanzia, cioè, attingendo ad immagini cariche di significato per l’esperienza di Duras, comincia ad assumere i caratteri di una dimensione mitica, simbolica, che opera all’interno della scrittura. Si possono riscontrare comunque degli elementi di continuità rispetto alla produzione precedente nel trattamento riservato alle figure infantili, come, ad esempio, la funzione contrappuntistica che continuano ad avere le figlie di Lol V. Stein. Inoltre, osservando proprio i personaggi di Lol V. Stein, della mendicante indiana e del Vice- Console di Lahore in Il Vice-Console e quello della protagonista di L’amore, è possibile scorgere una peculiarità che li avvicina alla dimensione dell’infanzia: anche se non sono dei bambini, le loro storie sono profondamente segnate da un avvenimento della loro infanzia, dal quale cercano di staccarsi o al

61 Ivi, p. 67. (“una funzione essenziale di specchio in rapporto all’eroina, apparendo come la proiezione esteriore dell’intimità

della figura materna e rivelando in maniera simbolica il suo percorso psicologico”. Tr. mia)

62 Ivi, p. 302. (“Questa tensione del pensiero verso la semplicità ideale riconduce la parola all’essenza stessa del poetico:

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quale non cessano di ritornare. Lol V. Stein torna incessantemente sulla scena del ballo di S.Thala, in cui il fidanzato Michael Richardson l’aveva tradita ballando con Anne-Marie Stretter; la mendicante indiana si perde viaggiando continuamente lontano da casa e rievocando ripetutamente la scena in cui la madre l’aveva cacciata ordinandole di non tornare più a causa della sua precoce gravidanza; il Viceconsole si innamora di Anne-Marie Stretter, cercando di uscire per la prima volta dalla freddezza che lo contraddistingueva fin dall’infanzia. Anne Cousseau definisce questi personaggi «retenus dans

l’enfance»:

«l’enfance […] affecte leur destin, dynamise et infléchit leur devenir narratif, et surtout détermine comme attribut leur être-

personnage de manière souvent complexe: la volonté de quitter l’enfance, comme celle de la reconstruire conduit à une structuration double, ou du moins confuse, du personnage, en partie inclus dans la sphère de l’enfance»63.

Questa osservazione mette in evidenza il fatto che in molti testi durassiani è in gioco un movimento di andare e venire verso l’infanzia intesa come origine, un movimento ambiguo che non si risolve mai completamente e che struttura la complessità della scrittura stessa. In questo movimento sono coinvolte le questioni più importanti che l’opera di Duras solleva, come la formazione della soggettività, il rapporto con il dolore e la funzione della memoria. Jean Pierrot interpreta lo schema di questi romanzi, che prevede il ritorno di un dolore sofferto dai personaggi in passato e poi dimenticato, in relazione all’emergenza di un fantasma nella biografia della stessa Duras intorno a quegli anni. Secondo il critico francese si tratterebbe del fantasma dell’amore incestuoso della scrittrice per uno dei fratelli che, interdetto fino a quel momento dal divieto dell’incesto, riappare con forza in occasione della morte del fratello64. Tuttavia, questa interpretazione non può trovare riscontro diretto in alcuna affermazione della

scrittrice perché lei stessa ammette di non sapere come ha scritto questi testi:

«Je suis encore aujourd’hui dans l’incapacité de vous dire comment j’ai écrit Agatha, Le ravissement de Lol V. Stein, Le Vice-consul, Hiroshima… Je suis dans l’impossibilité totale de vous dire comment ça s’est fait, ça s’est passé. Mais, quand je les

relis je suis étonnée, je me dis: “Qu’est-ce qui m’est arrivé?” Je ne comprend pas très bien. C’est comme ça, écrire. Il faut le dire très simplement. On n’est pas complétement responsable de ce qu’on écrit»65.

Comunque sia, l’interpretazione di Pierrot rileva che a livello di queste opere nella scrittura di Duras il rapporto con il passato, con la memoria e con l’infanzia comincia a essere problematico; l’infanzia non è più un tema dei romanzi, ma comincia ad operare all’interno della scrittura come dimensione simbolica fondamentale.

63 Ivi, p. 35. (“l’infanzia assegna il loro destino, muove e piega il loro divenire narrativo, e soprattutto determina come

attributo il loro essere-personaggi in maniera spesso complessa: la volontà di lasciare l’infanzia, come quella di ricostruirla conduce a una strutturazione duplice, o quanto meno confusa, del personaggio, in parte trattenuto nella sfera dell’infanzia”. Tr. mia)

64 Jean Pierrot, Marguerite Duras, cit., pp. 185-199.

65 Marguerite Duras à Montréal, Éditions Spirale, Montréal 1981, p. 23. (“Ancora oggi sono incapace di dirvi come ho scritto

Agatha, Il rapimento di Lol V. Stein, Il viceconsole, Hiroshima… Mi trovo nell’impossibilità totale di dirvi come questo è stato fatto, come ciò è accaduto. Ma quando li rileggo sono stupita, mi dico: ‘Cosa mi è successo?’ Non capisco bene. È così, scrivere. Bisogna dirlo molto semplicemente. Non si è completamene responsabili di ciò che si scrive”. Tr. mia)

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