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Potenziale applicazione nel campo del fitorimedio di cloni di pioppo e salice per il recupero di suoli contaminati da minerali pesanti in aree urbane e periurbane

Mario Broll

Session 5 Urban and periurban forests and ecosystem services

S. 5.04 Potenziale applicazione nel campo del fitorimedio di cloni di pioppo e salice per il recupero di suoli contaminati da minerali pesanti in aree urbane e periurbane

Luana Giordano, Achille Giorcelli, Pier Mario Chiarabaglio, Guglielmo Lione, Paolo Gonthier, Maria Lodovica Gullino

Parole chiave: metalli pesanti; fitorimedio; pioppo; salice; aree urbane e periurbane.

I suoli delle aree urbane e periurbane svolgono molteplici funzioni dal punto di vista ambientale, sociale ed economico. Tali funzioni sono seriamente minacciate dal crescente inquinamento da metalli pesanti, i cui effetti negativi mettono a rischio la salute di piante e animali, ma soprattutto dell’uomo. La bonifica di vaste porzioni di territorio dai metalli pesanti è rallentata dai costi elevatissimi delle tecnologie convenzionali, per lo più di tipo chimico e fisico, che peraltro sono invasive inducendo alterazioni irreversibili delle proprietà del suolo e della microflora. Pertanto, sta crescendo l’interesse nei confronti dello sviluppo e della messa a punto di strategie innovative, ecosostenibili e a basso impatto ambientale per preservare, migliorare e ripristinare la struttura e la funzionalità dei suoli urbani e periurbani contaminati. Tra queste, il fitorimedio (phytoremediation), che nella sua accezione più generale comprende diverse strategie basate sull’impiego di piante per estrarre/adsorbire, degradare o sequestrare un’ampia gamma di contaminanti, è senza dubbio una delle più promettenti. Storicamente gli studi condotti in tale ambito hanno riguardato quasi esclusivamente l’impiego di piante erbacee iperaccumulatrici. L’uso di piante arboree per la bonifica di suoli contaminati (dendroremediation) è più recente. Infatti, se da un lato è nota la scarsa tolleranza delle piante arboree nei confronti di elevate concentrazioni di metalli pesanti, dall’altro gli organi legnosi potrebbero accumulare efficacemente tali contaminanti nel lungo periodo. In tale contesto, alcune specie di pioppo (Populus spp.) e di salice (Salix spp.) sono state proposte quali potenziali candidati per l’impiego nel fitorimedio grazie all’elevata capacità di accumulare non solo i metalli pesanti ma anche numerosi altri composti organici tossici, nonchè per la rapidità di accrescimento e di produrre elevate quantità di biomassa. Obiettivo di questo studio è stato saggiare il comportamento di 11 cloni di pioppo e 8 cloni di salice allevati in coltura idroponica in presenza di alcuni dei principali metalli pesanti valutando il grado di tolleranza, il potenziale fitoestrattivo e le modalità di accumulo e distribuzione dei metalli stessi nei diversi tessuti vegetali. A tale scopo, talee di pioppo e salice sono state dapprima allevate in serra in vasi di plastica contenenti agriperlite per circa 2 mesi e successivamente trasferite in coltura idroponica secondo un disegno sperimentale a blocchi randomizzati. Le talee di ciascun clone sono state suddivise in 4 gruppi omogenei e ciascun gruppo è stato trattato per due mesi con una soluzione 50 μM di uno dei seguenti sali di metalli pesanti: solfato di cadmio (CdSO4), nitrato di piombo (PbN2O6), solfato di rame pentaidrato [(CuSO4)·5H2O]

e solfato di zinco eptaidrato [(ZnSO4)·7H2O]. Per ciascun trattamento sono state allestite 4 repliche e talee

non trattate sono state incluse nell’esperimento in qualità di controlli di riferimento. All’inizio e alla fine della prova sono stati condotti rilievi per la quantificazione dei principali parametri associati alla produzione di biomassa (diametro e altezza dei fusti, numero di foglie, contenuto in clorofilla, ecc.). I sintomi di fitotossicità sono stati valutati confrontando le piante trattate con quelle non trattate nel corso della prova sperimentale. Al termine della prova sperimentale, le foglie, i fusti e le radici sono state raccolte separatamente, per quantificare l’accumulo e la distribuzione dei metalli pesanti mediante analisi chimiche. Infine, i cloni di pioppo e salice sono stati raggruppati mediante analisi cluster sulla base di criteri di natura produttiva (produzione di biomassa) e

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fisiopatologica (sintomi di fitotossicità e resistenza a patogeni ed insetti), nonché sulla base del potenziale fitoestrattivo e della modalità di accumulo e distribuzione dei metalli stessi nei diversi tessuti vegetali.

I risultati hanno evidenziato che i cloni di pioppo e di salice hanno un comportamento piuttosto variabile sia in termini di potenziale fitoestrattivo che di modalità di accumulo e distribuzione nei diversi tessuti vegetali in relazione al metallo pesante. In generale, lo zinco è stato il metallo più adsorbito, mentre cadmio, piombo e rame sono stati adsorbiti a concentrazioni significativamente più basse. Sebbene alcuni metalli pesanti siano stati più efficientemente sequestrati dalle foglie che dagli organi legnosi, alcuni cloni di pioppo e salice hanno mostrano ottime capacità di adsorbimento a livello dei fusti. Nel complesso, i diversi metalli pesanti non hanno determinato effetti fitotossici sostanziali.

Questo studio ha permesso di individuare potenziali candidati per il recupero di suoli contaminati, con particolare attenzione ai cloni capaci di allocare i metalli pesanti nei tessuti legnosi piuttosto che nelle foglie. Ulteriori studi saranno necessari per valutare non solo gli effetti di concentrazioni crescenti di metalli pesanti, ma anche il comportamento degli stessi cloni in condizioni di campo. Questi potrebbero supportare i processi decisionali per la gestione sostenibile degli ecosistemi urbani e periurbani nel breve e nel lungo periodo. In futuro, le aree bonificate potrebbero fornire servizi ecosistemici utili alla comunità.

Perspectives of Phytoremediation with poplar and willow clones to restore soils contaminated with different heavy metals in urban and periurban areas

Keywords: heavy metals; phytoremediation; poplar; willow; urban and periurban area.

Soils in urban and periurban areas play a key multifunctional role under the environmental, social and economic perspectives. This role is seriously threatened by heavy metals pollution, whose detrimental effects endanger plants and animals, including humans. The design of effective, eco-friendly and sustainable strategies is pivotal to preserve, improve or restore the structure and the functioning of urban soils contaminated by heavy metals. Although different physical and chemical remediation approaches have been proposed to control heavy metal pollution, including soil excavation and land filling, their long-term sustainability poses some major concerns. Indeed, most of the above methods are expensive, time- consuming, technically challenging and can trigger irreversible alterations to soil properties and microflora. Hence, alternative strategies with low environmental impact have been sought to thwart heavy metal pollution, with emphasis on phytoremediation. In its broader acceptation, phytoremediation includes different strategies hinging on the use of plants to extract/absorb, degrade, or sequester contaminants such as heavy metals. Although a vast body of literature has mainly focused on herbaceous hyperaccumulating plants, the use of trees to clean up contaminated soils (dendroremediation) has been proposed in the last decades, based on the principle that ligneous organs might be more effective in the long-term retention of heavy metals. In this regard, fast-growing and high biomass-producing species, such as poplars (Populus spp.) and willows (Salix spp.), seem to represent promising candidates. Hence, this study was aimed at testing the response to some major heavy metal contaminants of 11 poplar and 8 willow clones by investigating their tolerance, phytoextraction potential and pattern of heavy metal accumulation between ligneous and green organs.

Homogeneous rooted stem cuttings were pre-cultivated in plastic pots filled with perlite under greenhouse conditions for 2 months and subsequently transferred in hydroponic systems with a randomized block design. Cuttings of each clone were split into four homogeneous groups, each one treated in hydroponics with 50 μM of one of the following salts of heavy metals: cadmium sulphate (CdSO4), lead nitrate (PbN2O6), copper sulfate

pentahydrate [(CuSO4)·5H2O] and zinc sulfate heptahydrate [(ZnSO4)·7H2O] for 2 months. Treatments were carried

out in four replicates and untreated control cuttings were included as baseline reference. Variables related to biomass production (stem diameter and height, number of leaves, chlorophyll content, etc.) were measured both at the beginning and at the end of the experiment. Phytotoxicity symptoms were also assessed and compared between treated and untreated plants. At the end of the trial, treated and untreated plants were harvested, and leaves, stem and roots were separated and their heavy metal accumulation was quantified with chemical analyses. Poplar and willow clones were ranked and clustered based on productive and pathological variables, encompassing biomass-production, phytotoxicity symptoms, pathogens and pests resistance as well as phytoextraction potential and the accumulation of heavy metals in different tissues.

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Results showed that poplar and willow clones displayed highly variable phytoextraction efficiency and accumulation patterns depending on the heavy metal. While zinc was in general the most accumulated metal, cadmium, copper and lead were absorbed with lower concentrations. Although some heavy metals tended to be more efficiently sequestered by leaves than by ligneous organs, some poplar and willow clones achieved good performances in the absorption at stem level. On the whole, most of the treated poplar and willow clones did not show substantial phytotoxic effects compared to untreated plants.

A first screening of the best scoring clones resulted in the selection of potential candidates for the restoration of soils contaminated with heavy metals, with special emphasis on clones with high accumulation of heavy metals in the harvestable woody tissues. Further studies will be necessary to test the effects of increasing levels of contaminations by single or multiple heavy metals as well as to assess the performance of clones in the field. In the next future, dendroremediation might provide an effective strategy to requalify urban and periurban areas, hence boosting their role as providers of key ecosystem services.

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