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Gli anni successivi all’entrata in vigore della Costituzione: una democrazia ancora fragile

La seconda generazione: il caso del Tribunale costituzionale spagnolo

1. La transizione “formale”: dal 20 novembre 1975 al 29 dicembre

1.4. Gli anni successivi all’entrata in vigore della Costituzione: una democrazia ancora fragile

Una volta promulgata la Costituzione, vennero sciolte le Camere e convocate le elezioni per il 1° marzo 1979. Esse confermarono l’UCD quale prima forza politica del paese con il 34,95% dei voti, seguito dal PSOE con il 30,50%. Migliorò leggermente la propria posizione il Partito comunista (10,66%), mentre subì un calo di consensi Alleanza Popolare, non riuscendo a raggiungere nemmeno il 6%. Registrarono buoni risultati, invece, i partiti nazionalisti o regionalisti.

Nonostante la vittoria, il Presidente Suárez mostrò subito di avere notevoli difficoltà, oltre che a tenere unito il partito, a portare avanti il proprio programma: infatti, “una volta abbandonata l’“alta politica” [vale a dire garantire la transizione alla democrazia] che lo aveva portato agli indici più alti di popolarità e di prestigio, non fu in grado… di far fronte ai problemi di ordinaria amministrazione e di Governo… in questa nuova fase post-costituzionale”495. Per questi e altri motivi il 29 gennaio 1981 Suàrez rassegnò le dimissioni, e venne sostituito da Leopoldo Calvo- Sotelo. Il PSOE, al contrario, dava l’impressione di un partito compatto e godeva di un forte appoggio popolare.

Gli anni successivi all’entrata in vigore della Costituzione, al pari di quelli precedenti, furono particolarmente difficili: “la profonda crisi economica, il terrorismo e il protrarsi dell’integralismo franchista proiettavano [infatti] l’immagine di una democrazia fragile”496. A ciò si aggiungeva il problema delle nazionalità, questione sempre di attualità nella storia spagnola dei precedenti centocinquanta anni, e intensificatasi nel periodo della transizione in ragione delle rivendicazioni (soprattutto) catalane e basche finalizzate al recupero delle forme di autonomia ottenute nel corso della Seconda Repubblica (1931-1936). Come si mostrerà più avanti497, la Costituzione del 1978 (che – giova ricordarlo – non fu votata da diversi parlamentari della minoranza basca e catalana), introducendo “uno schema complesso e pieno di ambiguità”498, non riuscì a fornire una soluzione efficace alla questione dell’organizzazione territoriale dello Stato. Anzi, tale questione non riguardava più esclusivamente la Catalogna e i Paesi Baschi, ma “raggiunse una dimensione nazionale, dal momento che alcuni partiti regionalisti di nuova creazione sollevarono artificialmente il problema in altre regioni”499.

492 G

UNTHER R.,PUHLE H.J.,DIAMANDOUROS P.N., Introduction, inGUNTHER R.,DIAMANDOUROS P.N, PUHLE H.J., The Politics of Democratic Consolidation. Southern Europe in Comparative Perspective, cit., pag. 14.

493

BLANCO VALDÉS R.L.,SANJURJO RIVO V., Per comprendere la transizione politica spagnola (un contributo), cit., pag. 447; così anche ROSENFELD M., Constitution Making, Identity Building and Peaceful Transition to Democracy: Theoretical Reflections Inspired by the Spanish Example, in Cardozo Law Review, n. 19, 1998, pag. 1891 ss., che la definisce “peaceful”.

494

Basti pensare al fatto che in diverse parti la Legge per la riforma politica si rifaceva al passato franchista (si rinvia al par. 1.1.).

495

BARRERA C., Historia del proceso democrático en España. Tardofranquismo, transición y democracia, Fragua, Madrid, 2002, pag. 150.

496

TORRES DEL MORAL A., Principios de Derecho constitucional español, cit., pag. 19. 497 Si rinvia al par. 3.4.

498

MARAVALL J.M.,SANTAMARIA J., Transición política y consolidación de la democracia en España, cit., pag. 213. 499

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Le enormi difficoltà del Paese sfociarono nel tentativo di colpo di Stato del 23 febbraio 1981. Nella seconda votazione per l’investitura di Calvo-Sotelo quale Presidente del Governo, il colonnello della Guardia Civil Antonio Tejero, assieme a circa quattrocento guardias civiles, fece irruzione all’interno del Congresso prendendo i deputati in ostaggio. Poco tempo dopo si sollevò a Valencia il capitano generale della Terza regione militare Jaime Milans del Bosch, il quale ordinò di entrare in città con i carri armati, dichiarò lo stato d’emergenza, ma non riuscì a convincere gli altri militari ad assecondare l’operazione. Ciò fu dovuto anche all’opposizione del Re nei confronti del tentativo di golpe: il Monarca, infatti, si assicurò della fedeltà dei vertici militari, e all’una e mezzo del mattino del 24 febbraio comparve in televisione schierandosi apertamente contro i golpisti. A quel punto Milans del Bosch, isolato, annullò i suoi piani e venne arrestato; Tejero, invece, resistette all’interno del Congresso fino a mezzogiorno.

L’opposizione del Re Juan Carlos al tentativo di colpo di Stato rappresentò uno dei principali interventi del Sovrano volti a favorire l’instaurazione di una forma di stato democratica. A questo, infatti, se ne possono aggiungere altri, quali la nomina di Suárez come Presidente del Governo, o i numerosi discorsi nei quali veniva auspicato un futuro democratico per il Paese500. Il ruolo de Re fu considerato talmente decisivo nel processo di transizione che egli venne considerato il “motore”501 e il “pilota”502 del cambiamento. Ciò che pare importante sottolineare è il fatto che non era per nulla scontato che questo si sarebbe verificato. Al contrario, diversi elementi potevano far pensare che sarebbe accaduto l’opposto. Si pensi, ad esempio, al discorso pronunciato da Franco davanti alle Cortes in occasione della nomina di Don Juan Carlos quale successore alla Jefatura del Estado: “la decisione che stiamo prendendo oggi contribuirà, in grande misura, a che tutto rimanga fissato, e ben fissato, per il futuro”. “Deve essere chiaro – continuava il Caudillo – e ben compreso, dagli spagnoli di oggi e da quelli delle future generazioni, che questa Monarchia è quella che … venne instaurata con la Legge di Successione del … 1947; Monarchia del Movimento Nazionale, continuatrice perenne dei suoi principi, istituzioni e della gloriosa tradizione spagnola. Per questo, al fine di dare attuazione alle disposizioni successorie, verrà instaurata, nel suo giorno, la Corona nella persona che oggi proponiamo come successore, mediante l’approvazione di [questa] legge”. In seguito ad un discorso di tal tipo, difficilmente ci si sarebbe potuti meravigliare se il Re avesse mantenuto un atteggiamento poco propenso all’apertura e favorevole, invece, al “continuismo franquista”. Il “grande paradosso”, fu, invece, che “il Re utilizzò i poteri assoluti che gli erano stati trasmessi dal Generale Franco per smantellare il Franchismo e costruire un nuovo regime democratico e parlamentare”503.

Nelle elezioni del 28 ottobre 1982 si assistette ad un ribaltamento del panorama politico: il PSOE, infatti, divenne la prima forza politica del Paese, ottenendo la maggioranza assoluta dei

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Si pensi, ad esempio, al suo primo discorso dopo la proclamazione, nel quale il Re affermò: “Oggi comincia una nuova tappa nella Storia della Spagna”. Si consideri, poi, il discorso pronunciato dinanzi al Congresso degli Stati Uniti nel giugno 1976, in cui il Sovrano sostenne che compito della Monarchia era quello di tutelare “la totalità del popolo spagnolo e ciascun cittadino, garantendo mediante il diritto e l’esercizio delle libertá civili l’impero della giustizia”, nonché di assicurare “l’accesso ordinato al potere delle diverse alternative di Governo, secondo la volontà del popolo liberamente espressa”.

501

DE AREILZA J.M., A lo largo del siglo. 1909-1991, Planeta, Barcelona, 1992, pag. 238. 502

POWELL C., El piloto del cambio. El Rey, la monarquía y la transición a la democracia, Planeta, Barcelona, 1991. 503

TAJADURA TEJADA J., La legitimidad de la Monarquía parlamentaria, in LEÓN BASTOS C.,WONG MERAZ V.A. (a cura di), Homenaje al Doctor Jorge Carpizo en Madrid, Porrúa, México, 2010, pag. 932. Nello stesso lavoro l’Autore sottolinea altresì come, dal 22 novembre 1975 (giorno in cui Don Juan Carlos accede alla Jefatura del Estado) al 29 dicembre 1978 (giorno di promulgazione della Costituzione), la Spagna si trasforma da una Monarchia assoluta ad una Monarchia democratica e parlamentare. Per questo motivo, secondo Tajadura Tejada, non ha senso continuare a parlare di “restaurazione monarchica”, dal momento che in realtà “non vi fu alcuna restaurazione, ma una instaurazione, per la prima volta nella storia spagnola, di una Monarchia democratica” (pag. 912) (corsivo nostro).

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seggi, mentre l’UCD ebbe un vero e proprio crollo, passando da 168 deputati a soli 11; in maniera analoga, anche il Partito comunista ottenne scarsi risultati, perdendo più di un milione di voti. Alleanza Popolare, invece, registro parecchi consensi, diventando il primo partito di opposizione504.

Tali elezioni, poiché avevano determinato per la prima volta un’alternanza al Governo tra la destra e la sinistra, vennero considerate una “pietra miliare”505 nella storia della transizione spagnola506. Esse “diedero vita ad una maggioranza parlamentare e di Governo… che poté far fronte, con il forte consenso elettorale, ai compiti che la necessità di stipulare ampi compromessi durante la fase centrale della transizione democratica aveva lasciato ancora incompiuti”507. I primi governi di Felipe González, divenuto Presidente del Gobierno, ebbero, infatti, il merito di aver dato avvio ad un processo riformatore finalizzato a far diventare la Spagna lo Stato sociale e democratico di diritto a cui fa riferimento l’art. 1 della Costituzione del 1978.

Da un punto di vista dei rapporti internazionali, va ricordato che nel 1977 la Spagna aderì (in seguito ad un’approvazione unanime sia del Congresso sia del Senato) al Consiglio d’Europa: in particolare, nel 1979 ratificò la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo508, e nel 1981 riconobbe il diritto al ricorso individuale previsto dall’art. 25 della Convenzione509. A metà del 1982, poi, nonostante la forte opposizione del PSOE e del Partito comunista, entrò a far parte della NATO. Secondo Calvo-Sotelo, allora Presidente del Governo, tale passo avrebbe favorito l’ingresso del Paese nella Comunità economica europea. Va detto, peraltro, che il cammino verso l’ingresso in Europa era iniziato già con il Governo Suárez, il quale aveva nominato nel febbraio 1978 proprio Calvo-Sotelo quale Ministro per i rapporti con la CEE. Non senza qualche difficoltà510, la Spagna riuscì a soddisfare i criteri previsti dal Consiglio europeo di Copenhagen del 1978 (che consistevano nel rispetto dei principi della democrazia pluralista e dei diritti dell’uomo), e così, il 1° gennaio 1986, divenne membro, assieme al Portogallo, della Comunità economica europea. Va sottolineato come nei pareri resi dalla Commissione sulle domande di adesione di tali Paesi (oltre che della Grecia), la circostanza che fossero state emanate Costituzioni democratiche precedeva la valutazione dei singoli settori dell’integrazione economica; d’altro canto, la Commissione non analizzò in concreto il contenuto delle Carte costituzionali né il grado della loro effettiva attuazione, ma si limitò ad evidenziare il fatto che l’adesione di tali Paesi “non [poteva] che “rafforzare l’ideale europeo”, contribuendo a stabilizzare la democrazia in quei Paesi appena usciti dalla dittatura”511.

504

Sulle elezioni del 1982 cfr. MARAVALL J.M., La política de la transición, Taurus, Madrid, 1985, pag. 84 ss. 505

MARAVALL J.M.,SANTAMARIA J., Transición política y consolidación de la democracia en España, cit., pag. 229. 506

Non è un caso che, come ricordato al par. 1, secondo parte della dottrina esse segnino il punto conclusivo del processo di transizione stesso. L’idea, tuttavia, secondo cui l’alternanza al Governo sia sintomatica di un regime democratico consolidato è stata criticata, dal momento che “porterebbe ad alcune applicazioni assurde nel mondo reale: secondo questo criterio, i regimi democratici del Giappone e dell’Italia (che hanno entrambi resistito e prosperato, ma i cui Governi sono stati dominati da un singolo partito per oltre quattro decenni) non potrebbero essere considerati come consolidati sino agli anni Novanta” (GUNTHER R.,PUHLE H.J.,DIAMANDOUROS P.N., Introduction, cit., pag. 12). 507

BLANCO VALDÉS R.L.,SANJURJO RIVO V., Per comprendere la transizione politica spagnola (un contributo), cit., pag. 464.

508 All’epoca, ai fini dell’ingresso nel Consiglio, la promessa dello Stato di sottoscrivere la CEDU era considerata esclusivamente un elemento di apprezzamento di tipo politico.

509 Si ricorda, infatti, che il riconoscimento facoltativo del diritto al ricorso individuale sia venuto meno solo con l’entrata in vigore nel 1998 del Protocollo n. 11.

510 Si pensi, ad esempio, a quando, a metà degli anni Settanta, “i negoziati con la Spagna, per la conclusione di un nuovo accordo commerciale, furono interrotti in conseguenza della violazione dei più elementari diritti dell’uomo” (CAPPUCCIO L., Le condizioni costituzionali di adesione all’Unione Europea, in www.forumcostituzionale.it.). 511

Cfr. CAPPUCCIO L., Le condizioni costituzionali di adesione all’Unione Europea, cit., la quale opportunamente sottolinea come la scelta di non esaminare il contenuto delle Costituzioni “trascura la non necessaria corrispondenza tra il riconoscimento formale di alcuni principi e la loro concreta applicazione” (in tal senso è sufficiente pensare a quanto accaduto in Italia: si rinvia al Cap. 2 par. 3.3.).

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L’ingresso nella Comunità rappresentò in ogni caso un traguardo di notevole importanza, soprattutto alla luce del fatto che era da lunghissimo tempo che gli spagnoli identificavano nella CEE il “sogno democratico”512: in questo senso, l’entrata in Europa “portò un senso di completamento della transizione democratica” e “fornì una forma di convalidazione esterna alla nuova democrazia spagnola”513. A ciò si aggiunge il fatto che la prospettiva di entrare a far parte della CEE rappresentò uno stimolo non indifferente per velocizzare il processo di democratizzazione in corso nel Paese.

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