La seconda generazione: il caso del Tribunale costituzionale spagnolo
3. Le quattro linee d’intervento del Tribunale costituzionale per garantire una “transition in action”
4.2. La messa in discussione della transizione democratica, la transizione in corso e la crisi di legittimazione del Tribunale costituzionale
Un’analisi del ruolo del Tribunale costituzionale nel processo di transizione democratica in Spagna non sarebbe completa se non venisse dato conto del fatto che sia la transiciòn sia il Tribunal risultano essere, ormai da diversi anni, bersagli di dure critiche. Per quel che concerne la prima, Sánchez Navarro ricorda come esista in Spagna una corrente di pensiero che ritiene che “i mali della democrazia spagnola [siano] riconducibili proprio all’inesistenza di un’autentica transizione”703: quel che avvenne nel Paese, in sostanza, sarebbe stato un mero cambio di forma e non di contenuto704. Tale opinione non sembra essere in alcun modo condivisibile. Il risultato della transizione fu, infatti, l’entrata in vigore di una Costituzione che segnava una rottura totale rispetto al precedente passato autoritario, e alla quale è stata data piena attuazione: da uno Stato in cui tutto il potere era concentrato nelle mani di una sola persona, privo di qualsiasi forma di pluralismo politico e di decentramento territoriale, e caratterizzato da una fortissima restrizione delle libertà fondamentali, si è passati ad un ordinamento in cui i rappresentanti vengono eletti mediante elezioni libere e trasparenti, vi è un effettivo funzionamento del principio della separazione dei poteri (sia in senso verticale sia in senso orizzontale), ed è garantita una reale tutela dei diritti fondamentali della persona. Tra l’altro, se davvero si fosse trattato di un mero cambio di forma, non si spiegherebbe il perché la transizione democratica spagnola sia stata spesso considerata un vero e proprio “modello ispiratore” per diversi Stati dell’America Latina e dell’Europa centrale ed orientale che stavano
702 Si veda il Cap. 2 par. 3. 703
SÁNCHEZ NAVARRO Á.J., La transición española en sus documentos, cit., pag. 62. 704
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affrontando, per l’appunto, una transizione da una forma di stato autoritaria ad una democratica705. Negli ultimi anni il concetto di transizione è stato spesso legato a quello di trasformazione o di evoluzione della forma di stato del Paese. Ciò non pare essere per nulla sorprendente, dal momento che, come più volte ripetuto, l’organizzazione territoriale dello Stato ha sempre rappresentato una questione estremamente delicata ed importante nella storia spagnola. Nella “Dichiarazione di Barcellona” del 1998, ad esempio, diversi partiti e coalizioni nazionaliste auspicavano che la Spagna diventasse una confederazione706. Nell’autunno del 2003, poi, con la formazione in Catalogna di un Governo “social-catalanista” fortemente intenzionato a modificare lo Statuto allora vigente, ha avuto inizio nell’ordinamento spagnolo quello che è stato definito “secondo processo autonomico”707: a partire da quel momento, infatti, gli Statuti di diverse Comunità Autonome (Andalucia, Valencia, Baleari, Castilla y León, Aragona, Catalogna e Extremadura) sono stati oggetto di profonde riforme. Secondo Cruz Villalón questo secondo processo autonomico dovrebbe condurre a un “secondo Stato delle Autonomie” caratterizzato da un sistema federale708.
Con l’andare avanti di tale processo di trasformazione dello Stato sono progressivamente aumentate le difficoltà del Tribunale costituzionale nel garantire la corretta applicazione delle norme su cui si basa la distribuzione delle competenze tra lo Stato e le Comunità Autonome. L’esempio per eccellenza di queste difficoltà è probabilmente rappresentato dal fatto che il giudice costituzionale abbia impiegato ben quattro anni per pronunciarsi sulla legittimità costituzionale del nuovo Statuto della Catalogna, approvato nel 2006. Va sottolineato, tra l’altro, come diversi esponenti politici, ma anche autorevoli costituzionalisti709, avessero richiesto che il Tribunale si dichiarasse incompetente a giudicare la costituzionalità dello Statuto. Nella sentenza 31/2010 il Tribunal ha dichiarato lo Statuto parzialmente incostituzionale, determinando un ulteriore aumento delle tensioni tra Catalogna e Stato centrale.
A causa delle difficoltà sempre maggiori che il Tribunal sta affrontando nel garantire, da un lato, l’autonomia delle Comunità Autonome e, dall’altro, la sovranità dello Stato, Cruz Villalón ha persino ipotizzato, fra le possibili soluzioni, di risolvere i conflitti che derivano dalla ripartizione delle competenze non attraverso “le linee proprie della giurisdizione, che sono quelle del fondamento giuridico, ma mediante una “configurazione “politica”, in cui ciò che conta davvero è la negoziazione, la transazione e, dove possibile, l’accordo. Ma senza la necessità di un fondamento giuridico, che sarebbe in gran parte illusorio”. L’accettazione della “opción política” comporterebbe il riconoscimento del fatto che “il linguaggio giuridico ha un valore esclusivamente relativo, indiziario, come punto di inizio per la negoziazione”710.
E’ di tutta evidenza che, rebus sic stantibus, tale ipotesi pare essere difficilmente praticabile. Tuttavia, non si può negare come il solo fatto che sia stata proposta, sebbene quale extrema ratio,
705 Cfr. S
ÁNCHEZ NAVARRO Á.J., La transición española en sus documentos, cit., pagg. 21-22; LINZ J.J.,STEPAN A., GUNTHER R., Democratic Transition and Consolidation in Southern Europe, With Reflections on Latin America and Eastern Europe, cit., pag. 102; LOPEZ GUERRA L., The application of the Spanish Model in the Constitutional Transitions in Eastern and Central Europe, in Cardozo Law Review, n. 19, 1998; GONZÁLES ENRÍQUEZ C., Crisis y cambio en Europa del este: la transición húngara a la democracia, Centro de investigaciones sociológicas, Madrid, 1993, pagg. 50-80 e 340-368.
706
Cfr. AJA E., PÉREZ TREMPS P., Tribunal constitucional y organización territorial del Estado autonómico, cit., pag. 143 ss.
707
CRUZ VILLALÓN P., La reforma del Estado de las autonomías, in Revista d’estudis autonómics i federals, n. 2, 2006, pag. 79.
708
CRUZ VILLALÓN P., La reforma del Estado de las autonomías, cit., pag. 84 ss. 709
Si veda, ad esempio, l’articolo di Javier Pérez Royo su El País del 1° maggio 2010, dal titolo “Por qué no”. 710
CRUZ VILLALÓN P., La dificultad del Tribunal constitucional como garante de la autonomía territorial, in Revista catalana de dreit públic, n. 39, 2009, pag. 33.
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una via alternativa al controllo giurisdizionale è sintomatico della situazione per nulla facile in cui versa attualmente il giudice delle leggi spagnolo. Tale ipotesi, inoltre, sorprende non poco soprattutto se si considera la straordinaria importanza del ruolo svolto dal Tribunale costituzionale proprio nel processo di transizione democratica, in particolare per quel che concerne proprio l’organizzazione territoriale dello Stato.
Resta ora da vedere se il giudice delle leggi sarà in grado di rispondere in modo efficace alle nuove sfide che l’evoluzione del sistema delle autonomie ha determinato negli ultimi anni, in particolar modo a partire dal secondo processo autonomico. Sebbene a distanza di più di trent’anni e con problematiche per molti versi differenti rispetto al 1978, è infatti pur sempre in materia di organizzazione territoriale che la Spagna si gioca la partita più difficile. Certo è che al Tribunale costituzionale l’esperienza non manca.
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