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La prima generazione: il caso della Corte costituzionale italiana

2. La previsione della Corte costituzionale nella Carta del

Una volta analizzata la transizione “formale”, pare opportuno passare ad esaminare il processo che ha portato alla previsione della Corte costituzionale nella Carta del 1948. Dopo qualche riferimento alle esperienze di giustizia costituzionale sotto il Fascismo e nel corso del periodo transitorio, si procederà all’analisi dell’acceso dibattito relativo all’introduzione di un organo di giustizia costituzionale sia nei lavori della Commissione Forti e nei Congressi dei vari partiti, sia in quelli dell’Assemblea costituente. In ultimo verrà effettuato qualche cenno alla VII disp. trans. e fin. della Costituzione, nella quale venne previsto, sino all’entrata in funzione della Corte costituzionale, un sindacato diffuso di costituzionalità.

2.1. Esperienze di giustizia costituzionale sotto il Fascismo e nel corso del periodo transitorio

La Corte costituzionale prevista dalla Costituzione del ’48 non costituisce la prima esperienza in assoluto di giustizia costituzionale in Italia. Facendo partire la nostra indagine dal

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BIN R.,PITRUZZELLA G., Diritto costituzionale, Giappichelli, Torino, XII ed., 2011, pag. 123. 194 G

HISALBERTI C., Storia costituzionale d’Italia 1848-1994, cit., pag. 422. 195 B

IN R., PITRUZZELLA G., Diritto costituzionale, cit., pag. 123. Su tale questione cfr. anche POMBENI P., La Costituente. Un problema storico-politico, cit., pag. 81; BOGNETTI G., The American Constitution and Italian Constitutionalism. An Essay in Comparative Constitutional History, Clueb, Bologna, 2008, pagg. 66-67.

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periodo fascista196, già nel 1925 si registrano alcune significative prese di posizione favorevoli all’introduzione di un organo di controllo di legittimità degli atti dell’esecutivo, come, ad esempio, quelle del procuratore generale della Corte di Cassazione Appiani e del leader socialista riformista Turati197.

Se questi due episodi non ebbero alcun seguito, di lì a poco venne, invece, emanato un provvedimento che avrebbe potuto offrire una base solida al sindacato giurisdizionale di costituzionalità: la legge 2693/1928, che istituiva il Gran Consiglio del Fascismo, prevedeva, infatti, all’art. 12, che tale organo dovesse fornire un parere obbligatorio di tipo preventivo su tutte le questioni costituzionali, e a tal fine erano state individuate sette categorie comprendenti una serie di materie considerate, per l’appunto, di rilievo costituzionale. In assenza, dunque, del controllo da parte del Gran Consiglio, il giudice era tenuto a ritenere la legge invalida e di conseguenza a non applicarla. E’ stato osservato come da un punto di vista tecnico “il sindacato, almeno in astratto, restava di tipo formale poiché il giudice era legittimato a non applicare le leggi in questione in presenza di una violazione appunto del sistema formale previsto dall’art. 12. Alla base c’era però effettivamente anche un sindacato di tipo materiale, quantomeno per ciò che concerneva il diretto collegamento tra le materie dotate di rilievo costituzionale e il procedimento aggravato creato per tutelarne il loro aspetto sostanziale”198.

Nel corso del periodo transitorio va ricordata un’importante sentenza emessa dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite civili, la 121/1947199. In tale pronuncia la Cassazione aveva dichiarato l’incostituzionalità, con effetti inter partes, dell’art. 4 del d.lgs. 44/1946 del Presidente del Consiglio, con cui erano state convalidate e ratificate le disposizioni del decreto ministeriale del 26 luglio 1944: secondo la Corte, infatti, tali disposizioni violavano i limiti della potestà legislativa attribuita al Governo con il d.l.l. 98/1946 integrativo e modificativo del decreto luogotenenziale 151/1944, dal momento che andavano ad incidere sulla “materia costituzionale”, la quale era, invece, sottratta alla disponibilità dell’esecutivo. La Cassazione precisava che con l’espressione “materia costituzionale” si dovessero intendere i “fondamentali principi dell’ordinamento giuridico costituzionale”, fra cui, in primis, vi era quello del “rispetto della divisione e coordinazione dei poteri”. La Corte affermava, poi, con forza la necessità che gli organi del potere giudiziario effettuassero il sindacato di legittimità costituzionale sugli atti normativi emanati dal Governo in base ai decreti 151/1944 e 98/1946. Va evidenziato come in un periodo in cui si discuteva su come creare un sistema di controllo di costituzionalità e a quale organo affidarlo, tale sentenza “sembrava fugare molti dubbi e anticipare alcune riflessioni come quelle legate, ad esempio, alla previsione della VII disposizione transitoria alla Costituzione”200.

2.2. Il dibattito precedente ai lavori dell’Assemblea costituente

Il dibattito relativo all’opportunità o meno di introdurre un effettivo sistema di giustizia costituzionale in Italia ebbe inizio già durante i lavori della Commissione Forti, all’interno della

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Sulla storia del controllo di costituzionalità delle leggi in Italia cfr. BATTAGLINI M., Contributi alla storia del controllo di costituzionalità delle leggi, Giuffrè, Milano, 1957; BIGNAMI M., Costituzione flessibile, Costituzione rigida e controllo di costituzionalità in Italia (1848-1956), Giuffrè, Milano, 1997.

197

Gli interventi di Appiani e Turati sono riportati da TRANFAGLIA N., Per una storia politica della Corte costituzionale, in Dallo Stato liberale allo Stato fascista, Feltrinelli, Milano, 1973, pag. 193.

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CAMPANELLI G., Incontri e scontri tra Corte suprema e Corte costituzionale in Italia e in Spagna, Giappichelli, Torino, 2005, pag. 60.

199

Cassaz., Sez. Un. Civ., 28 luglio 1947, n. 1212, in Foro it., I, 1947, pag. 545 ss. 200

CAMPANELLI G., Incontri e scontri tra Corte suprema e Corte costituzionale in Italia e in Spagna, cit., pagg. 81 e 82.

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quale si registrarono una pluralità di proposte che si riprodussero in gran parte anche in sede di Assemblea costituente. Vi era, infatti, chi auspicava l’istituzione di una Corte di garanzia costituzionale (Selvaggi), chi, invece, propendeva per un sistema diffuso di giustizia costituzionale (Gueli), e ancora chi sosteneva che dovessero essere le Sezioni Unite della Corte di Cassazione a decidere sulla costituzionalità delle leggi (Azzariti). Nella relazione finale della Commissione, tuttavia, cadde la “candidatura” della Cassazione, e prevalse l’idea che a garantire la legittimità costituzionale delle leggi dovesse essere un organo ad hoc, per l’appunto una Corte costituzionale, non appartenente al potere giudiziario: “per la prima volta, quindi, seppure in via ipotetica, in una sede ufficiale si auspicava la creazione di una Corte diversa nel ruolo e nelle funzioni dalla Corte di Cassazione”201. Va rilevato, inoltre, come, a differenza di quello che sarebbe poi risultato l’orientamento prevalente in sede di Assemblea costituente, i membri della Commissione Forti erano concordi sull’attribuire a ciascun cittadino la facoltà di adire direttamente l’organo di giustizia costituzionale202, con efficacia erga omnes della pronuncia.

Nello stesso periodo, inoltre, si stavano svolgendo “i congressi dei principali partiti politici italiani e in molti di essi il tema dell’amministrazione della giustizia e della nuova legge fondamentale fu… sottoposto all’attenzione dei membri delle assemblee”203. In linea generale si registrava, da parte di tutte le forze politiche, un atteggiamento favorevole all’istituzione di una Corte costituzionale, con l’importante eccezione, tuttavia, del partito comunista204. Va detto che anche all’interno dei partiti che guardavano con favore al nuovo organo si registravano posizioni diverse, che riguardavano, tra l’altro, l’opportunità o meno di introdurre la possibilità in capo ai cittadini di ricorrere direttamente alla Corte205. Le divergenze non avevano a che fare, tuttavia, solamente con aspetti di tipo prettamente “tecnico”: ciò che, infatti, “divideva già i vari partiti in maniera più netta era la natura del controllo che avrebbe dovuto esercitare la Corte ed è significativo che democristiani e liberali si preoccupassero di sottolineare subito la propria avversione ad ogni sindacato che non fosse esclusivamente giurisdizionale, il che ovviamente importava conseguenze non di scarso rilievo sulla scelta dei giudici e sulla competenza del nuovo organismo”206.

2.3. Il dibattito in Assemblea costituente

Nei lavori della II Sottocommissione, creata all’interno della Commissione dei Settantacinque, la discussione sulla “Suprema Corte costituzionale” (come era stata definita inizialmente) verteva intorno a tre proposte: quella dell’azionista Piero Calamandrei, quella del

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CAMPANELLI G., Incontri e scontri tra Corte suprema e Corte costituzionale in Italia e in Spagna, cit., pag. 91. 202

In modo analogo, dunque, a ciò che sarebbe poi stato previsto in Germania (verfassungsbeschwerde) e in Spagna (recurso de amparo). Sui lavori della Commissione Forti in materia si veda MINISTERO PER LA COSTITUENTE (a cura di), Commissione per la riorganizzazione dello Stato. Relazione all’Assemblea costituente. Problemi costituzionali. Organizzazione dello Stato, Roma, 1946. Interessanti riflessioni sui lavori della Commissione in materia si trovano poi in PIZZORUSSO A., Art. 134 Cost., in AA.VV., Garanzie costituzionali, in BRANCA G. (a cura di), Commentario della Costituzione, Zanichelli-Il Foro italiano, Bologna-Roma, 1981, pag. 67.

203 T

RANFAGLIA N., Per una storia politica della Corte costituzionale, cit., pag. 197. 204

Togliatti, infatti, il 19 dicembre 1945, in occasione del V Congresso nazionale del PCI, affermava: “Non siamo in linea di principio contro nessuna misura di questo genere. Pensiamo però che una simile istituzione la quale ha un valore per quei paesi dove è storicamente sorta, in accordo con tutto il costume giuridico e politico, trasportata nel nostro, probabilmente non avrebbe più nessun valore… E’ evidente che se vogliamo avere garanzie reali di difesa della democrazia dobbiamo cercarle in un’altra direzione…”.

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Anche se con sfumature diverse, parevano favorevoli alla c.d. “azione popolare” i democristiani, i socialisti, gli azionisti e i repubblicani.

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democristiano Giovanni Leone e quella di Gennaro Patricolo, del gruppo misto. L’articolato progetto di Calamandrei prevedeva due tipologie di controllo sulla legittimità delle leggi: un controllo in via incidentale e con efficacia limitata al caso deciso, il quale doveva spettare ai giudici ordinari e in ultima istanza alla prima sezione della Suprema Corte costituzionale; uno in via principale, e con efficacia generale ed astratta, attribuito, invece, solamente alla Suprema Corte costituzionale a Sezioni Unite. Da evidenziare come, in quest’ultimo caso, la possibilità di adire la Corte doveva spettare, oltre agli enti stabiliti dalla legge, a qualsiasi cittadino207.

Nella sua proposta, Leone evidenziò la necessità della creazione di una Corte di giustizia costituzionale che si collocasse al di fuori dei tre poteri dello Stato, e propose (in modo analogo a quanto auspicato da Calamandrei) di attribuire all’iniziativa popolare, seppur entro determinati limiti, il potere di adire l’organo di giustizia costituzionale208.

Anche Patricolo ribadiva l’importanza del fatto che la Suprema Corte costituzionale si collocasse al di fuori dei tre tradizionali poteri dello Stato, ed inoltre sosteneva come la richiesta del giudizio sulla costituzionalità delle leggi potesse provenire da un membro del Parlamento o del Governo, dal potere giudiziario, da una Regione o da almeno cinquecento cittadini.

Si passò quindi alla discussione in sede di Assemblea plenaria della Commissione dei Settantacinque. I lavori iniziarono con una proposta di Luigi Einaudi che andava in senso del tutto opposto rispetto a quanto si era dibattuto sino a quel momento. Egli, infatti, richiamando espressamente l’esperienza di judicial review statunitense, proponeva l’introduzione nell’ordinamento italiano di un sindacato diffuso di costituzionalità delle leggi. Attribuiva, inoltre, alla Corte di Cassazione a sezioni riunite il compito di risolvere i conflitti di attribuzione fra i poteri dello Stato, fra lo Stato e le Regioni e fra le Regioni209. La proposta di Einaudi non trovò, tuttavia, alcun seguito.

Il progetto che venne proposto all’Assemblea costituente prevedeva già quelle disposizioni che sarebbero poi state accolte in via definitiva, pur con qualche modifica, nel testo della Costituzione. Si diceva, infatti, che la Corte costituzionale avrebbe giudicato della costituzionalità di tutte le leggi, che avrebbe risolto i conflitti di attribuzione fra i poteri dello Stato, fra lo Stato e le Regioni, fra le Regioni, e infine che avrebbe giudicato il Presidente della Repubblica ed i Ministri accusati a norma della Costituzione. Nella relazione al progetto si precisava come non fosse stata accolta l’idea di affidare il controllo di costituzionalità alla magistratura ordinaria poiché, come custode supremo della Costituzione, era parso opportuno “un organo speciale e più alto”.

Va sottolineato come il dibattito in Assemblea costituente fu “maggiormente rivolto all’aspetto politico, rispetto a quello propriamente tecnico”. Le posizioni delle forze politiche, in effetti, erano piuttosto nette. Da un lato vi erano i ““vecchi” e autorevoli esponenti del precedente regime liberale”210, i quali, criticando la Corte costituzionale, “confermavano un più radicale dissenso generale sull’assetto compromissorio”211 della nuova Carta costituzionale212. Ma era soprattutto la sinistra, e segnatamente la sinistra comunista, a paventare il peggio quando si riferiva alla introduzione del nuovo organo di giustizia costituzionale. In primo luogo essa temeva che la Corte avrebbe svolto un ruolo sostanzialmente “conservatore”, invece che di sostegno alle politiche

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Atti Ass. cost., II sottocommissione, II sez., 14 e 15 gennaio 1947. 208 Atti Ass. cost., II sottocommissione, II sez., 14 e 15 gennaio 1947. 209

Commissione per la Costituzione in seduta Plenaria, 1° febbraio 1947. 210

Così RUGGERI A.,SPADARO A., Lineamenti di giustizia costituzionale, Giappichelli, Torino, 2001, pag. 42. 211 R

UGGERI A.,SPADARO A., Lineamenti di giustizia costituzionale, cit., pag. 42.

212 Si pensi a quanto sostenuto da Nitti: “In fondo, quale sarebbe l’occupazione abituale di questa Corte Suprema, di cui nessuno sente il bisogno, che non esiste in nessun Paese, e di cui nessuno sa le possibilità di esistenza e di sviluppo? Io dunque vedo in questa nuova istituzione… un danno, e una inutile illusione…” (Atti ass. cost., 8 marzo 1947).

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riformatrici213: al riguardo è stato sottolineato da Zagrebelsky (che scrive nel 1977) come la preoccupazione di affidare ad un organo “tecnico” la funzione di controllo di costituzionalità si spiegava in ragione del fatto che “in una società come la nostra il diritto era ed è ancora prevalentemente strumento di conservazione, più che di trasformazione”, e che spesso “le Corti costituzionali costituirono l’ultimo argine, in nome di una legittimità superiore, contro il mutamento”214. I comunisti ritenevano, inoltre, inammissibile che in una democrazia un organo di natura tecnica, non eletto dai cittadini, potesse dichiarare l’incostituzionalità di una legge emanata dal Parlamento, organo sovrano eletto dal popolo. Anzi, se c’era una istituzione a cui affidare tale funzione, questa doveva essere proprio il Parlamento215. Le sinistre, insomma, temevano che la Corte costituzionale “avrebbe finito con lo svuotare di senso l’idea di supremazia parlamentare e, con essa, il principio di legittimazione popolare del potere”216.

Di segno completamente opposto erano le posizioni delle altre forze politiche, le quali, invece, erano favorevoli all’introduzione di una Corte costituzionale. Tra i maggiori sostenitori di tale organo vi era la DC, la quale aveva compreso perfettamente come l’esistenza di una Corte costituzionale fosse indispensabile per garantire la rigidità della nuova Costituzione, e che senza di essa la Carta si sarebbe ridotta “a una romantica dichiarazione dei diritti dell’uomo, a un semplice cahier dei desideri”217. La Corte sarebbe servita, inoltre, contro i possibili abusi del potere legislativo218, e inoltre – rispondendo così indirettamente alle critiche avanzate da sinistra – non avrebbe di certo menomato il potere del Parlamento, avendo pur sempre questo la possibilità di riapprovare la legge mediante il procedimento aggravato di revisione costituzionale219.

Da un punto di vista più tecnico, va ricordato come i lavori della Costituente terminarono con il respingimento dell’emendamento Mortati (con cui si prevedeva di introdurre il ricorso diretto da parte del singolo alla Corte220) e, più in generale, con la questione dell’accesso al giudizio di costituzionalità che doveva ancora essere completato. Al riguardo, venne approvato nel dicembre del 1947 il c.d. “emendamento Arata”, il quale prevedeva di rinviare ad una successiva legge (che divenne la l. cost. n. 1 del 1948) proprio le modalità di introduzione del giudizio della Corte.

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Ravagnan, ad esempio, affermava: “Se si pensa, infatti, che nella Costituzione dovranno essere contemplate, ad esempio, varie forme di proprietà (privata, statale, ecc.), è da prevedere che la maggioranza dei voti andrà, alle elezioni, a quei partiti che comprenderanno nel loro programma profonde riforme della struttura economica del Paese; e di conseguenza si avrà un Parlamento configurato in modo che le leggi da esso approvate incideranno sulla proprietà privata e forse, in determinati settori, la modificheranno. In tali condizioni, se un qualsiasi cittadino, appartenente alla opposizione, potesse mettere in moto il meccanismo della Corte costituzionale, … tutta quest’attività legislativa riformatrice sarebbe paralizzata, in quanto un organo porrebbe sotto tutela tutti gli altri, pur senza trarre il suo potere dalla volontà della maggioranza” (Atti Ass. Cost., II sottocommissione, II sez., 13 gennaio 1947). I timori espressi nei confronti della Corte proprio in materia di rapporti economici, e segnatamente concernenti il diritto di proprietà, con il passare del tempo sono stati definiti da parte della dottrina “giustificati” (TARELLO G., Cultura giuridica e politica del diritto, il Mulino, Bologna, 1988, pag. 318 ss.).

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ZAGREBELSKY G., Giustizia costituzionale, il Mulino, Bologna, 1977, pagg. 324 e 325. L’Autore si riferisce, in particolare, alla sfortunata esperienza di giustizia costituzionale della Repubblica di Weimar ed al contrasto tra Corte Suprema statunitense e il Presidente Roosevelt nel periodo del New Deal.

215 Queste le considerazioni di Nenni: “Sulla costituzionalità delle leggi non può deliberare che l’Assemblea nazionale, il Parlamento, non potendo accettarsi altro controllo che quello del popolo. La progettata Corte potrà essere formata degli uomini i più illustri, i più ferrati in materia di diritto costituzionale, ma per non essere essi gli eletti del popolo, non hanno diritto di giudicare gli atti del Parlamento” (Atti ass. cost., 10 marzo 1947).

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RUGGERI A.,SPADARO A., Lineamenti di giustizia costituzionale, cit., pag. 43. 217 Così Paolo Rossi (Atti ass. cost., 28 novembre 1947).

218

Cfr. Codacci Pisanelli (Atti ass. cost., 28 novembre 1947). 219

Si veda Ambrosini (Atti Ass. cost., 28-29 novembre 1947). 220

In questo senso si rovesciano le posizioni sostenute nella Seconda Sottocommissione da diverse forze politiche, fra cui anche la stessa Democrazia cristiana, la quale, come ricordato, auspicava l’introduzione di un’azione popolare.

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2.4. La VII disposizione transitoria e finale

In ultimo va ricordata l’approvazione, senza particolari discussioni, della VII disp. trans. e fin. della Costituzione, la quale prevedeva che sino a quando non fosse entrata in funzione la Corte costituzionale, le decisioni di legittimità costituzionale avrebbero avuto luogo nelle forme e nei limiti delle norme preesistenti all’entrata in vigore della Costituzione (sancendo dunque un controllo diffuso di costituzionalità). A causa dei ritardi nell’emanazione delle norme costituzionali e ordinarie, la Corte iniziò la propria attività solamente nel 1956, e dunque per ben otto anni i giudici ordinari ebbero la possibilità di esercitare il sindacato di costituzionalità delle leggi. Di fatto, tuttavia, tale sindacato venne esercitato in un numero estremamente ristretto di casi.

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