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La prima generazione: il caso della Corte costituzionale italiana

3. Il periodo 1948-1956: la transizione “sostanziale” bloccata

3.3. Il “congelamento” della Costituzione e la continuità dello Stato

3.3.1. La sentenza 7 febbraio 1948 della Corte di Cassazione

Per riuscire a comprendere la giurisprudenza della magistratura ordinaria in materia costituzionale nel periodo che va dal 1948 al 1956 è necessario prendere le mosse dalla sentenza del 7 febbraio 1948246 della Corte di Cassazione (emanata, dunque, a poco più di un mese dall’entrata in vigore della Costituzione), seguita a breve dalla sentenza 303/1948 del Consiglio di Stato247. Tale pronuncia, infatti, influenzerà in modo determinante l’operato dei giudici nel lasso di tempo appena ricordato. L’oggetto della controversia riguardava la retroattività delle leggi penali anteriori alla Costituzione. I ricorrenti si erano, infatti, rivolti alla Cassazione per chiedere che, in applicazione dell’art. 25 Cost., venisse dichiarata l’abrogazione del d.l.l. 159/1944 (che stabiliva sanzioni retroattive per i delitti fascisti). Per risolvere il caso la Cassazione stabilì per la prima volta la distinzione tra norme costituzionali programmatiche o direttive e norme costituzionali precettive248, queste ultime a loro volta suddivise in norme di immediata applicazione e norme di non immediata applicazione249. Secondo la Suprema Corte l’art. 25 c. 2 Cost. (secondo cui “nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso”) era da considerarsi una norma programmatica, “per non aver nulla stabilito in tema di successione di leggi più favorevoli, limitandosi a riaffermare il 1° comma soltanto dell’art. 2 cod. pen… [Tale norma] impegna soltanto il futuro legislatore ordinario, e non abroga le leggi penali preesistenti, che contengono sanzioni penali per fatti commessi anteriormente alla loro entrata in vigore”250. Bartole, riprendendo alcune osservazioni di Crosa e di Pierandrei, mette in luce che tale tesi “prende a

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Cassazione Sez. Un. Pen., 7 febbraio 1948, in Foro it., II, 1948, pag. 58 ss., con nota di AZZARITI G., La retroattività di leggi penali anteriori alla nuova Costituzione.

247 La sentenza è pubblicata in Giur. it, III, 1948, pag. 81 ss., con nota di E

SPOSITO C., Leggi vecchie e Costituzione nuova.

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Va osservato come il riferimento alle “norme programmatiche” non poteva considerarsi certo una novità dal momento che già diversi membri della Costituente avevano indicato il carattere programmatico di determinate parti della Costituzione (cfr. PALADIN L., Per una storia costituzionale dell’Italia repubblicana, cit., pag. 75).

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Le norme programmatiche o direttive sono quelle che “non contengono né per i singoli un precetto cogente né per il legislatore un invito a legiferare, ma solo principi direttivi sui quali dovrà orientarsi, se e quando il legislatore lo riterrà conveniente, la legislazione ordinaria”; le norme precettive di applicazione immediata, invece, “entrano immediatamente in vigore anche nei confronti dei singoli, impedendo la emanazione di leggi ordinarie discordanti e modificando o abrogando quelle anteriori che siano in contrasto”; le norme precettive di applicazione differita, infine, “impediscono la emanazione di leggi ordinarie in contrasto, ma che non possono entrare in vigore immediatamente nei confronti dei singoli, perché la loro entrata in vigore è condizionata alla emanazione di leggi di attuazione, che il precetto costituzionale espressamente prescrive al legislatore ordinario” (CALAMANDREI P., La Costituzione e le leggi per attuarla, cit., pag. 228). La letteratura relativa alla distinzione e agli effetti delle norme programmatiche e di quelle precettive è sterminata. Fra gli scritti più importanti si ricorda: CRISAFULLI V., La Costituzione e le sue disposizioni di principio, Giuffrè, Milano, 1952; AZZARITI G., Problemi attuali di diritto costituzionale, Giuffrè, Milano, 1951; ESPOSITO C., Leggi vecchie e Costituzione nuova, cit., pag. 81 ss.; BARILE P.,PREDIERI A., Efficacia abrogativa delle norme della Costituzione italiana, in CALAMANDREI P.,LEVI A., Commentario sistematico alla Costituzione italiana, Barbera, Firenze, 1950, pag. 69 ss.; VIRGA P., L’entrata in vigore della nuova Costituzione, in Nuova Rassegna, 1949, pag. 67 ss.

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I primi 3 commi dell’art. 2 c.p. recitano: “1) Nessuno può essere punito per un fatto che, secondo la legge del tempo in cui fu commesso, non costituiva reato. 2) Nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato; e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali. 3) Se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo, salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile”.

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modello l’art. 2 del c.p., per contrapporre la completezza di questo rispetto all’incompletezza del precetto costituzionale, senza tenere conto che si tratta di normative finalizzate ad obiettivi diversi, e che comunque la norma sull’applicazione della legge più favorevole non costituisce affatto lo sviluppo logico e necessario della norma costituzionale… Non spetta all’interprete stabilire fino a che punto il legislatore debba legiferare”251.

Con tale decisione, la Cassazione, da un lato, fece salve le (poco efficaci) norme in materia di repressione dei delitti fascisti252, e, dall’altro, adottò un orientamento destinato a durare sino all’entrata in funzione della Corte costituzionale. Dalla distinzione tra norme programmatiche e norme precettive, infatti, discese poi il principio secondo cui soltanto le norme precettive e di immediata applicazione (altresì dette “complete”) fossero in grado di determinare l’abrogazione delle norme precostituzionali in contrasto con la nuova Carta fondamentale. Le disposizioni, dunque, del Codice penale, di quello di procedura penale o del TULPS incompatibili con la Costituzione spesso non venivano colpite poiché la Costituzione non contrapponeva altri precetti di immediata applicazione idonei alla loro sostituzione. “Occorre[va] attendere, per la loro abrogazione, che il legislatore ordinario provved[esse] ad emanare nuovi precetti particolari, ispirati ai nuovi principi costituzionali, che sostitui[ssero] quelli divenuti incompatibili”253.

Va altresì sottolineato che l’affermazione della Cassazione (contenuta sempre nella sentenza del 7 febbraio 1948) secondo cui “in linea generale, può dirsi che le norme, le quali riconoscono e garantiscono diritti di libertà civile… sono, di massima, oltre che precettive, anche di immediata applicazione”, verrà ben presto (come si vedrà nel prossimo paragrafo) smentita non solo dalla giurisprudenza degli altri organi giurisdizionali, ma anche dalle proprie decisioni: quella, infatti, che sembrava essere una “presunzione di precettività”254, si risolse, invece, in un numero elevato di casi, in una “presunzione di programmaticità”. Certo è che, considerata l’epoca, la Cassazione emanò una sentenza che – paradossalmente – per certi versi poteva essere considerata addirittura abbastanza innovatrice, soprattutto se raffrontata con alcune posizioni dottrinarie: secondo alcuni Autori, infatti, la Costituzione era da considerarsi indirizzata esclusivamente al “legislatore futuro”255.

251

BARTOLE S., Interpretazioni e trasformazioni della Costituzione repubblicana, il Mulino, Bologna, 2004, pag. 46. 252

Secondo GUAZZAROTTI A., L’autoapplicabilità delle norme. Un percorso costituzionale, Jovene, Napoli, 2011, pag. 159, “la strategia della Cassazione (stemperare il contrasto ricorrendo al concetto di non autoapplicabilità) valeva a non mettere subito in discussione la “legittimazione” della neonata Costituzione, in termini di sua intrinseca coerenza. Sarebbe stato paradossale, infatti, che l’atto costituzionale con cui si instaurava un ordinamento antitetico a quello fascista potesse determinare l’annullamento delle norme da poco varate proprio per segnare la discontinuità con il passato regime”.

253

BATTAGLIA A., I giudici e la politica, Laterza, Bari, 1962, pagg. 127-128. Tale orientamento della Cassazione risulta essere del tutto opposto a quello adottato dalla magistratura in seguito all’entrata in vigore dello Statuto albertino nel 1848: “allora le Cassazioni regionali affermarono ripetutamente che “la sola apparizione dello Statuto portava abrogazione immediata, ipso iure, di tutto ciò che allo Statuto fosse contrario” (ID., I giudici e la politica, cit., pag. 128). Ciò avvenne anche perché lo Statuto albertino, all’art. 81, prevedeva una clausola di abrogazione espressa. Va detto che sull’efficacia delle clausole di abrogazione espressa si registrano pareri contrastanti.BATTAGLIA A, I giudici e la politica, cit., pag. 124, ad esempio, ritiene che “l’effetto fulminante delle abrogazioni disposte esplicitamente dal legislatore è cosa ben diversa dal lento riconoscimento delle abrogazioni tacite dichiarate dal giudice”. PALADIN L., Per una storia costituzionale dell’Italia repubblicana, cit., pag. 79, al contrario, è piuttosto scettico: “clausole così genericamente formulate lasciano pur sempre ai giudici il compito di determinare la portata dell’effetto abrogativo”. 254

Secondo l’espressione di PALADIN L., Per una storia costituzionale dell’Italia repubblicana, cit., pag. 76. 255

Si veda VIRGA P., Origine, contenuto e valore delle dichiarazioni costituzionali, in Rass. dir. pubbl., I, 1948, pag. 278 ss.; AZZARITI G., La mancata attuazione della Costituzione e l’opera della magistratura, in Foro it., IV, 1956.

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3.3.2. Il sindacato diffuso di costituzionalità nel periodo 1948-1956 come “canale di

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