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La costruzione giurisprudenziale dello Stato autonomico: prima fase (1980-1983)…

La seconda generazione: il caso del Tribunale costituzionale spagnolo

3. Le quattro linee d’intervento del Tribunale costituzionale per garantire una “transition in action”

3.4. Il Tribunale costituzionale e l’organizzazione territoriale dello Stato

3.4.3. La costruzione giurisprudenziale dello Stato autonomico: prima fase (1980-1983)…

Tra le pronunce più significative della prima fase vanno senz’altro ricordate quelle in cui il Tribunale costituzionale precisa la natura politica delle Comunità Autonome: queste ultime, infatti, godono di un’autonomia (politica, per l’appunto) che si distingue da quella di cui sono titolari gli altri enti territoriali indicati dall’art. 137 Cost. (vale a dire municipi e province), la quale è un’autonomia di tipo prettamente amministrativo689. L’assunzione statutaria di competenze legislative nel quadro stabilito dalla Costituzione indica che le Comunità Autonome dispongono di un ambito proprio di decisione, dal momento che le loro leggi hanno lo stesso rango e la stessa forza della legge statale. Nella sentenza 4/1981, il giudice costituzionale aveva precisato, poi, che “autonomia non significa sovranità, e che poiché ogni organizzazione dotata di autonomia costituisce una parte del tutto, il principio di autonomia non potrà in nessun caso opporsi a quello di unità: è proprio dentro a quest’ultimo, infatti, che esso acquista il suo reale significato”. Sempre riferendosi alla natura dell’autonomia che la Costituzione attribuisce alle Comunità Autonome, il Tribunale costituzionale afferma altresì che violava il principio di autonomia la previsione da parte dello Stato di “controlli generici ed indeterminati” sull’attività delle Comunità Autonome, dal momento che “implicano dipendenza gerarchica” di queste ultime rispetto all’Amministrazione statale (sent. 6/1982)690.

Nelle sue prime sentenze, inoltre, il Tribunal sancisce il dovere di collaborazione tra i vari organi pubblici di cui si compone lo Stato e, in modo particolare, tra Stato e Comunità Autonome. Nella sentenza 18/1982, ad esempio, il giudice costituzionale afferma che “il dovere di collaborazione proviene dal dovere generale di aiuto reciproco tra Autorità statali ed autonomiche”, e precisa che “tale dovere… risulta essere implicito nell’essenza stessa della forma di organizzazione territoriale dello Stato presente nella Costituzione”691. Il giudice delle leggi afferma altresì che il dovere di aiuto reciproco e di collaborazione è collegato al principio di coordinazione, e che esso “è persino suscettibile di alterare l’ordine normale delle competenze quando non sia possibile attendere l’attuazione delle autorità di norma competenti in caso di urgenza e necessità” (sent. 95/1984)692. E’ di tutta evidenza che l’intento del Tribunale costituzionale è stato quello di contribuire a colmare le mancanze dello Stato autonomico, fra cui in particolare l’assenza di una seconda Camera rappresentativa delle Comunità Autonome.

La sentenza più significativa, tuttavia, della prima fase di costruzione giurisprudenziale dello

688 Tale periodizzazione viene proposta, ad esempio, da A

JA E., PÉREZ TREMPS P., Tribunal constitucional y organización territorial del Estado autonómico, cit., pagg. 153-154.

689 Cfr., in particolare, la sentenza 84/1982. 690

Sulla giurisprudenza del Tribunale costituzionale relativamente alla natura politica delle Comunità Autonome si vedaROURA S., Federalismo y justicia constitucional en la Constitución española de 1978. El Tribunal constitucional y las Comunidades Autónomas, cit., pag. 131 ss.

691 Tali principi verranno ripresi anche successivamente, come ad esempio nelle sentenze 33/1982 e 64/1982. 692

Sulla giurisprudenza del Tribunale costituzionale relativa al dovere di collaborazione cfr. AJA E., PÉREZ TREMPS P., Tribunal constitucional y organización territorial del Estado autonómico, cit., pagg. 166-167 e CRUZ VILLALÓN P., La jurisprudencia del Tribunal constitucional sobre autonomías territoriales, in A.A.V.V., Estudios sobre la Constitución española. Homenaje al Profesor Eduardo García de Enterría, cit., pag. 3365 ss.

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Stato autonomico (e che segna altresì la fine di tale periodo) è la 76/1983, con cui il Tribunale si pronuncia sul ricorso preventivo di legittimità costituzionale del già ricordato progetto di Legge organica di armonizzazione del processo autonomico. Il giudice costituzionale, oltre a dichiarare che tale progetto non poteva essere approvato né come legge organica né come legge “armonizadora”, dichiara l’incostituzionalità di numerosi articoli, annullando gran parte del Titolo I della legge. Secondo il Tribunale, infatti, si trattava di norme interpretative volte a stabilire il significato di una serie di disposizioni costituzionali relative, in particolare, al riparto delle competenze. Il giudice delle leggi ritiene che “il legislatore statale non [possa] incidere direttamente sulla delimitazione delle competenze mediante l’interpretazione dei criteri che costituiscono la base della stessa. Certamente ogni processo di sviluppo normativo della Costituzione implica sempre un’interpretazione delle corrispondenti disposizioni costituzionali, realizzata da colui che emana la norma di sviluppo. Il legislatore ordinario, tuttavia, non può emanare norme meramente interpretative, la cui unica finalità sia quella di precisare il solo senso, tra i vari possibili, che deve essere attribuito ad un determinato concetto o precetto della Costituzione; riducendo, infatti, le diverse possibilità o alternative del testo costituzionale ad una sola, esso di fatto completa l’opera del potere costituente e si colloca da un punto di vista funzionale sul suo stesso piano, oltrepassando la linea divisoria tra potere costituente e potere costituito”. Secondo Cruz Villalón, l’aspetto “grave di tali norme non è tanto il fatto che siano “meramente interpretative”, ma che tale interpretazione pretenda di avere efficacia vincolante per il legislatore autonomico”693.

Nella sentenza si precisa come l’opera di interpretazione spetti, invece, al Tribunale costituzionale stesso, il quale è chiamato, “nella sua funzione di interprete supremo della Costituzione…, a custodire la distinzione permanente tra la positivizzazione del potere costituente e l’attuazione dei poteri costituiti, i quali non potranno mai oltrepassare i limiti e le competenze da esso stabiliti”. Il Tribunal, quindi, si pone quale arbitro tra Stato e autonomie, evidenziando così una volta ancora il suo ruolo centrale (a discapito soprattutto del legislatore centrale) nel processo di transizione in materia di organizzazione territoriale.

3.4.4. … e seconda fase (1983-1992)

Nella seconda fase di costruzione giurisprudenziale dello Stato autonomico le decisioni del Tribunale costituzionale hanno riguardato più specificatamente alcuni ambiti settoriali, come ad esempio quello economico694. Il giudice delle leggi, in particolare, ha cercato di conciliare il pluralismo territoriale e l’unità economica, facendo ricorso soprattutto alla clausola contenuta nell’art. 149, c. 1, punto 13 Cost., la quale attribuisce allo Stato la competenza esclusiva sui “principi fondamentali e il coordinamento della pianificazione generale dell’attività economica”. Tale clausola ha costituito lo “strumento a disposizione del Tribunale per giustificare l’intervento statale in materie che apparivano, nei diversi Statuti, riservate esclusivamente alle Comunità Autonome”695. Si pensi, ad esempio, che nella sentenza 75/1989 il giudice costituzionale affermò che “l’esercizio autonomico di una competenza esclusiva in un determinato sottosettore economico non esclude l’esistenza di una competenza statale per stabilire le basi e il coordinamento di tale sottosettore; l’esercizio autonomico di tale competenza esclusiva, inoltre, può essere condizionato da misure statali, che, nell’esercizio di una competenza propria e differenziata, possono dispiegarsi

693

CRUZ VILLALÓN P., La curiosidad del jurista persa, y otros estudios sobre la Constitución, cit., pag. 429; si veda altresì CRUZ VILLALÓN P., ¿Reserva de Constitución? Comentario al fundamento jurídico cuarto de la sentencia del Tribunal Constitucional 76/1983, de 5 de agosto, sobre la LOAPA, in Revista española de derecho constitucional, n. 9, 1983, pagg. 185 ss.

694

Cfr. LOPEZ GUERRA L., La segunda fase de construcción del Estado de las Autonomías (1983-1993), cit. 695

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autonomamente in diversi campi o materie, sempre che il fine perseguito risponda effettivamente ad un obiettivo di pianificazione economica”.

Si può osservare, poi, come in alcuni casi il Tribunal abbia in parte modificato la propria giurisprudenza al fine di adeguarsi all’evoluzione dell’ordinamento. Un caso di particolare interesse riguarda la legislazione “di base” dello Stato. Nella sentenza 68/1988, in particolare, il giudice delle leggi mette in luce il fatto che nei primi anni in cui era in vigore la Costituzione, allo Stato non era possibile esercitare un’attività legislativa “talmente intensa da riuscire immediatamente a configurare tutte le linee base contemplate dalla Costituzione e dagli Statuti”. Per tale ragione, aveva una “rilevanza eccezionale” il “concetto materiale di “norma di base””, mentre rimaneva in secondo piano la “componente formale”696. Il Tribunale precisa, quindi, che ora che era stata superata tale situazione iniziale, la componente formale aveva acquistato una sempre maggiore importanza e che rappresentava una “garanzia di certezza giuridica nell’articolazione delle competenze statali e autonomiche…”697.

In questa seconda fase, inoltre, si verifica un progressivo calo dei conflitti di competenza. Ciò si spiega non solo per il diverso momento storico attraversato dallo Stato autonomico, il cui processo di costituzione si era concluso, ma anche in ragione dell’attività svolta dal Tribunale costituzionale stesso: esso, infatti, ha contribuito in modo decisivo alla “risoluzione pacifica, per mezzo di una via accettata a priori dalle parti, dei tipici conflitti territoriali della fase di decentramento di uno Stato fortemente centralizzato”698. Considerato il fatto, insomma, che l’organizzazione territoriale dello Stato rappresentava una delle questioni più delicate presenti nel Paese, è probabile che se non vi fosse stata la possibilità di ricorrere al Tribunal, molti conflitti politici si sarebbero aggravati.

E’ proprio in ragione delle funzioni ricordate nei paragrafi precedenti che De Vega ha affermato come “il Tribunale costituzionale [abbia cessato] di essere… mero custode della volontà del potere costituente per passare ad essere, semplicemente e direttamente, il suo sostituto: infatti, gli atti di interpretazione costituzionale, che sono gli unici che ad esso sarebbero legittimamente spettati, si sono convertiti in autentici atti di legislazione costituzionale, i quali inesorabilmente vanno al di là della sua condizione di interprete e custode della Costituzione”. Il Tribunale costituzionale, insomma, si è convertito “in una sorta di potere costituente permanente”699.

4. Riflessioni conclusive

696 Corsivo nostro. Il concetto materiale di “norma di base” comportava il fatto che la definizione, da parte del legislatore statale, di ciò che era “di base” non stava a significare che effettivamente la norma avesse tale carattere, ma che sarebbe spettato, nel caso, al Tribunale costituzionale verificare se essa era materialmente di base o meno. Il riferimento alla componente formale, invece, significava che spettava alla legge stessa il compito di “dichiarare espressamente la portata di base della norma”, ovvero che la legge dovesse essere dotata di “una struttura in grado di mostrare, direttamente o indirettamente, ma senza particolare difficoltà, la sua vocazione o pretensione all’essere di base”.

697

Tale vicenda richiama da vicino la questione italiana dell’autoqualificazione delle leggi cornice: PAOLETTI A., Leggi-cornice e regioni. Crisi di un modello, Giuffrè, Milano, 2001, pagg. 21-22, sottolinea infatti “la grande incertezza presente nella dottrina…, che raramente ha provveduto a stilare un elenco completo e dettagliato delle singole leggi cornice, limitandosi per lo più ad enumerare una serie di leggi o norme a titolo meramente esemplificativo. A questo riguardo uno dei criteri adottati è stato quello del dato formale della autoqualificazione fornita dal legislatore ordinario ai suoi atti-fonte o alle disposizioni in essi contenute o ad entrambi”.

698 B

LANCO VALDÉS R.L., La politica e il diritto: vent’anni di giustizia costituzionale e di democrazia in Spagna (appunti per un bilancio), cit., pag. 28. L’Autore ricorda, poi, l’andamento anno per anno dei conflitti sollevati dallo Stato contro le Comunità Autonome e viceversa: 2 (1980), 13 (1981), 48 (1982), 31 (1983), 65 (1984), 82 (1985), 94 (1986), 65 (1987), 64 (1988), 31 (1989), 27 (1990), 7 (1991), 7 (1992).

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