• Non ci sono risultati.

La terza generazione: il caso della Corte costituzionale della Repubblica ceca

3. La Corte costituzionale della Repubblica ceca: un organo “voluto ma contestato”

3.3. L’ostilità verso la Corte costituzionale

Nonostante la sua istituzione non sia mai stata messa in discussione, la Corte costituzionale della Repubblica ceca non ebbe una vita facile, soprattutto nei primi dieci anni (circa) della sua attività. Tale organo, infatti, al pari di molte altre Corti costituzionali del Centro e dell’Est Europa create in seguito alla caduta del regime comunista, ha vissuto quella particolare situazione che è stata definita come il “paradosso dell’accettazione e del rigetto delle Corti costituzionali”795. Esso, infatti, da un lato, ha certamente goduto di supporto e popolarità tra la popolazione, ma, d’altro lato, sono stati presenti sin dal principio forti ed evidenti segni di ostilità nei suoi confronti, in particolar modo da parte della magistratura, del Parlamento, del Presidente (non Havel, ma il suo successore, Klaus) e di parte della dottrina.

Le ragioni del contrasto tra la Corte costituzionale e la magistratura riguardavano, in particolare, il potere della Corte di verificare la costituzionalità delle decisioni adottate dai giudici ordinari, comprese quelle delle supreme magistrature. L’art 87, lett. d) Cost. afferma, infatti, che la Corte è chiamata a decidere sui ricorsi costituzionali effettuati contro le decisioni definitive o altre azioni delle pubbliche autorità che violino diritti e libertà fondamentali costituzionalmente garantiti; l’art. 89 c. 2 precisa, poi, che le decisioni della Corte sono vincolanti per tutti gli organi e per tutti gli individui. I giudici ordinari, e segnatamente le supreme magistrature, ritenevano di dover essere esclusi dalla categoria delle “pubbliche autorità”, e si rifiutavano di considerare le decisioni della Corte costituzionale come vincolanti anche nei loro confronti: a loro avviso, infatti, il sistema giuridico continentale non si basava sul principio del precedente vincolante796. Il problema della natura vincolante delle decisioni delle Corti costituzionali nei confronti dei giudici ordinari era un problema piuttosto comune negli ordinamenti dell’Europa centrale ed orientale, ma nella Repubblica ceca assunse dimensioni preoccupanti. L’apice della crisi venne raggiunto nel celebre caso dei Testimoni di Geova, i quali si rifiutavano di prestare sia il servizio militare sia il servizio civile sostitutivo: avvenne, infatti, che i giudici della Corte Suprema non accettarono la decisione della Corte costituzionale797, con la conseguenza di “porre il sistema di giustizia in una situazione di

793

LACH K.,SADURSKI W., Constitutional Courts of Central and Eastern Europe: Between Adolescence and Maturity, cit., pag. 227.

794

La vicenda è descritta nel dettaglio da KÜHN Z., KYSELA J., Nomination of Constitutional Justices in Post- Communist Coutries: Trial, Error, Conflict in the Czech Republic, cit., pag. 194 ss.

795

HOLLÄNDER P., The Role of the Czech Constitutional Court: Application of the Constitution in Case Decisions of Ordinary Courts, in Parker School Journal of East European Law, vol. 4, 1997, pag. 445.

796

KÜHN Z., Making Constitutionalism Horizontal: Three Different Central European Strategies, in SAJÓ A., UITZ R. (a cura di), The Constitution in Private Relations: Expanding Constitutionalism, Eleven International Publishing, Utrecht, 2005, pag. 224.

797

La sentenza della Corte costituzionale è la 38/1999 Pl US. La controversia può essere riassunta nei seguenti termini: la Corte costituzionale aveva stabilito che il continuo rifiuto di prestare il servizio militare o il servizio civile sostitutivo per ragioni religiose dovesse essere considerato un singolo crimine continuato nel tempo, e non una serie di differenti crimini. Per tale ragione essa aveva ritenuto che la continua serie di rifiuti integrasse un solo crimine, applicando così il

157

stallo”798. Lo scontro tra Corte Suprema e Corte costituzionale era tale che si iniziò ad utilizzare, anche sulla stampa, l’espressione “guerra delle Corti”. Le tensioni tra i due organi si sono certamente affievolite (anche se non del tutto risolte799) a partire dall’inizio del nuovo secolo, dal momento che i giudici ordinari hanno iniziato a riconoscere la natura vincolante delle decisioni della Corte costituzionale.

Anche parte della dottrina ha ritenuto, soprattutto in passato, che i giudizi della Corte costituzionale non fossero vincolanti. Přibáňricorda, infatti, l’opinione di alcuni Autori, secondo la quale “il legislatore non è in alcun modo obbligato ad agire entro i vincoli stabiliti dalla giurisprudenza della Corte, anzi esso può ignorare le sue decisioni. Teoricamente sarebbe possibile per il legislatore adottare una legge il cui contenuto sia stato dichiarato incostituzionale dalla Corte in una delle sue precedenti sentenze. La sovranità parlamentare quale principio fondamentale del sistema costituzionale si può manifestare ignorando qualsiasi decisione giudiziaria e le relative conseguenze”800. Dalle parole si è poi passati ai fatti: tale posizione dottrinale, infatti, è stata seguita in alcune circostanze dal Parlamento, dal momento si sono registrati casi in cui il legislatore ha manifestamente ignorato precedenti decisioni emanate dalla Corte costituzionale. Uno dei casi più interessanti riguarda la legge 268/1998 sulla “Cancellazione del pagamento salariale aggiuntivo per la seconda metà del 1998 per i rappresentanti del potere statale e di determinati organi statali, giudici, avvocati dello Stato e membri del Presidium della Commissione di sicurezza”. Tale legge faceva parte di una serie di provvedimenti legislativi volti a far fronte alle difficoltà economiche in cui versava il Paese in quel periodo. La soppressione di una mensilità aggiuntiva era vista con favore dalla popolazione, dal momento che rappresentava uno strumento per contribuire a combattere la crisi. Nella sentenza 13/1999, tuttavia, la Corte costituzionale dichiarò l’incostituzionalità della legge nella parte in cui venivano compresi i giudici tra i soggetti ai quali era soppressa la mensilità aggiuntiva, sostenendo che tale misura violasse il principio – costituzionalmente garantito – dell’indipendenza della magistratura801. Nonostante tale decisione, poco tempo dopo l’Assemblea dei Deputati approvò una nuova legge di austerità, la quale riguardava i medesimi soggetti e aveva lo stesso contenuto di quella appena dichiarata incostituzionale nella parte che in cui venivano ricompresi i giudici. Il Senato rimandò il testo della legge all’Assemblea, affermando che essa avrebbe dovuto rispettare quanto stabilito dalla Corte costituzionale. La Camera bassa, tuttavia, decise di ignorare sia la raccomandazione del Senato sia la decisione del giudice costituzionale, approvando la legge nella sua versione originale802.

principio ne bis in idem; la Corte Suprema, al contrario, riteneva che ogni rifiuto costituisse un crimine a sé stante. 798

PŘIBÁŇ J., Judicial Power vs. Democratic Representation: The Culture of Constitutionalism and Human Rights in the Czech Legal System, cit., pag. 381.

799

KÜHN Z., Making Constitutionalism Horizontal: Three Different Central European Strategies, cit., pag. 225 ricorda, infatti, che anche dopo il 2000 si sono registrati episodi di “disubbidienza” da parte dei giudici ordinari nei confronti delle decisioni della Corte costituzionale.

800

Questa la posizione di Vladimír Mikule e Vladimír Sládecek ricordata da PŘIBÁŇ J., Judicial Power vs. Democratic Representation: The Culture of Constitutionalism and Human Rights in the Czech Legal System, cit., pag. 381.

801

Al fine di sostenere la sua argomentazione la Corte costituzionale cita l’art. 3 della Costituzione degli Stati Uniti, il quale afferma che “i giudici della Corte Suprema e quelli delle Corti di grado inferiore conserveranno il loro ufficio finché non se ne renderanno indegni con la loro condotta, e ad epoche fisse riceveranno per i loro servizi un’indennità che non potrà essere diminuita finche essi rimarranno in carica”.

802

Una descrizione dettagliata di tale vicenda si trova in PŘIBÁŇ J., Judicial Power vs. Democratic Representation: The Culture of Constitutionalism and Human Rights in the Czech Legal System, cit., pagg. 387-388. Bartole ricorda che anche il Parlamento bulgaro “ha spinto la sua arroganza sino ad accusare la Corte di legislazione negativa e a riadottare leggi dichiarate incostituzionali con il solo risultato di vedersele cassare di nuovo” (BARTOLE S., Le nuove democrazie dell’Europa centro-orientale alle loro prime prove, in BARTOLE S., GRILLI DI CORTONA P. (a cura di), Transizione e consolidamento democratico nell’Europa centro-orientale. Élites, istituzioni partiti, Giappichelli, Torino, 1998, pag. 202.

158

Come ricordato in precedenza803, poi, anche lo stesso Presidente Klaus si dimostrò fortemente critico nei confronti della Corte costituzionale accusandola di eccessivo “attivismo”.

4. L’azione della Corte costituzionale: tra “giustizia di transizione” e tutela dei diritti

Outline

Documenti correlati